TAR Salerno, sez. II, sentenza 2024-05-16, n. 202401079
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Pubblicato il 16/05/2024
N. 01079/2024 REG.PROV.COLL.
N. 01768/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1768 del 2023, proposto da
G L, rappresentato e difeso dagli avvocati P G T, F N, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Angri, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato R V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
G P, rappresentata e difesa dall'avvocato S G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l’opposizione di terzo
alla sentenza del TAR Campania, Salerno, sez. II, n. 301 del 6 febbraio 2023.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Angri e di G P;
Visti gli artt. 35, co. 1, e 85, co. 9, cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 marzo 2024 il dott. Olindo Di Popolo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Col ricorso in epigrafe, Longobardi Giovanni (in appresso, L. G.) esperiva opposizione di terzo avverso la sentenza n. 301 del 6 febbraio 2023, con la quale questa Sezione, in accoglimento del ricorso iscritto a r.g. n. 805/2021, proposto da Pastore Giulia (in appresso, P. G.), aveva annullato il provvedimento del Responsabile dell’Unità Operativa Complessa Promozione, Sviluppo e Gestione Territoriale del Comune di Angri prot. n. 8601 del 4 marzo 2021, recante l’annullamento d’ufficio del permesso di costruire (PdC) in sanatoria n. 451/C ter del 16 febbraio 2018 e del PdC n. 3783 del 14 febbraio 2020.
2. L’antefatto sostanziale e processuale del presente giudizio può essere così compendiato.
2.1. L’immobile riguardato dai titoli edilizi (PdC in sanatoria n. 451/C ter del 16 febbraio 2018 e PdC n. 3783 del 14 febbraio 2020) rimossi in autotutela col provvedimento del 4 marzo 2021, prot. n. 8601, a sua volta annullato con l’opposta sentenza n. 301 del 6 febbraio 2023, consisteva in un manufatto a rustico ubicato in Angri, via Alveo Sant’Alfonso, n. 13, e censito in catasto al foglio 13, particella 2593.
In dettaglio, a tenore del verbale di accertamento n. 3257 del 14 ottobre 2003 a cura del tecnico comunale all’uopo incaricato, si trattava di un «monolocale terraneo, composto da muratura in blocchi di lapillo e copertura in lamiere metalliche … di forma quadrangolare», coprente «una superficie di sedime di mq 160 circa, con una cubatura di mc 480», nonché «già compiutamente realizzato nel suo involucro, ma allo stato grezzo e senza intonaci né infissi né pavimentazione alcuna».
2.2. Tale manufatto era stato, dapprima, condonato PdC in sanatoria n. 451/C ter del 16 febbraio 2018, rilasciato ai sensi dell’art. 32 del d.l. n. 269/2003, conv. in l. n. 326/2003, e, poi, sottoposto a demo-ricostruzione col riconoscimento del ‘bonus volumetrico’ del 35% ex art. 5 della l. r. Campania n. 19/2009 (c.d. Piano Casa regionale), in forza del PdC n. 3783 del 14 febbraio 2020.
2.3. L’autoannullamento dei rilasciati titoli edilizi era motivato alla luce delle risultanze degli espletati sopralluoghi dell’11 e 13 settembre 2020, ove si era riscontrata «la presenza di un manufatto diruto in blocchi di lapilcemento privo di copertura e di ogni tipo di finimento, con murature perimetrali dirute e blocchi mancanti tali da non consentire di determinare l’altezza, e l’assenza di pavimentazione, massetto, fondazioni e pilastri con presenza di vegetazione internamente ed esternamente», nonché, precipuamente, in base al rilievo – emergente dalle riproduzioni fotografiche allegati in sede di sequestro dell’immobile disposto il 14 ottobre 2003 – dell’«assenza di un cordolo di coronamento della muratura perimetrale a sostegno della copertura, in contrasto con quanto riportato nel certificato di idoneità statica acquisito con prot. 23199 del 2 agosto 2017».
In altre parole, stando alla ricognizione compiuta dall’amministrazione comunale, entro il prefissato termine del 31 marzo 2003, il fabbricato controverso non avrebbe presentato, avuto precipuo riguardo alla copertura, i connotati del completamento a rustico, idonei a procurargli il condono richiesto con istanza del 10 dicembre 2004, prot. n. 28713.
2.4. Il pronunciato annullamento giurisdizionale di siffatta determinazione in autotutela era motivato da questa Sezione in base al triplice rilievo: a) dell’inosservanza del termine di reazione in autotutela (18 mesi) ex art. 21 nonies, comma 1, della l. n. 241/1990 (nella versione applicabile ratione temporis) a decorrere dal rilascio del PdC in sanatoria n. 451/C ter del 16 febbraio 2018;b) del deficit valutativo-motivazionale circa l’interesse pubblico prevalente alla rimozione degli emessi titoli edilizi rispetto all’antagonistico interesse del soggetto privato alla loro conservazione, «senza che» potesse «fondatamente invocarsi … l’asseritamente infedele rappresentazione dello stato dei luoghi in sede di istanza di condono prot. n. 28713 del 10 dicembre 2004, in quanto, alla stregua della perspicua descrizione contenuta verbale di accertamento n. 3257 del 14 ottobre 2003 e dell’altrettanto eloquente riproduzione fotografica a relativo corredo, il fabbricato sottoposto a sanatoria risultava, all’epoca, completato a rustico»;c) della sussistenza dei requisiti temporali per il riconoscimento del richiesto condono edilizio, trattandosi di opera che, «siccome provvista di murature perimetrali e di copertura», era da considerarsi «completata a rustico e, quindi, fino a prova contraria, ultimata entro il prefissato termine del 31 marzo 2003».
3. A sostegno dell’esperito rimedio ex artt. 108 s. cod. proc. amm. avverso la sentenza n. 301 del 6 febbraio 2023, il L. deduceva, in estrema sintesi, che l’opposta sentenza di accoglimento: a) in violazione dell’art. 41, comma 2, cod. proc. amm., sarebbe stata pronunciata, nonostante il ricorso iscritto a r.g. n. 805/2021 non gli fosse stato notificato nella qualità di controinteressato e litisconsorte necessario, derivantegli dall’essere stato nominato negli atti del procedimento in autotutela e dall’aver segnalato all’amministrazione comunale l’illegittimità dei titoli edilizi rilasciati in favore della P.;b) con error in iudicando, avrebbe considerato ultimato a rustico entro la data del 31 marzo 2003 un manufatto che, ancora alla data del 23 giugno 2004 (coeva all’esibita ortofoto IGM F.185) risultava fisicamente inesistente nell’area di intervento, coperta soltanto da vegetazione.
4. Costituitosi in giudizio, l’intimato Comune di Angri eccepiva l’inammissibilità dell’opposizione per carenza di interesse a proporla.
Si costituiva, altresì, in resistenza P. G., la quale eccepiva la tardività, l’inammissibilità per difetto di legittimazione attiva e l’infondatezza dell’esperito rimedio ex artt. 108 s. cod. proc. amm.
5. All’udienza pubblica del 13 marzo 2024, la causa era trattenuta in decisione.
6. Venendo ora a scrutinare il ricorso, va disattesa l’eccezione di tardività sollevata dalla P., non avendo quest’ultima assolto l’onere della prova in tal senso su di essa incombente (cfr. TAR Campania, Napoli, sez. IV, n. 7037/2006).
7. E’, invece, accreditabile la sollevata eccezione di inammissibilità per carenza di interesse ad agire in capo all’opponente.
7.1. Al riguardo, giova rammentare che l’art. 108 cod. proc. amm., che disciplina la figura dell'opposizione c.d. ordinaria (introdotta nell'ordinamento per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 177/1995, in allineamento con la parallela disciplina dell’art. 404 cod. proc. civ.), stabilisce che «un terzo può fare opposizione contro una sentenza del tribunale amministrativo regionale o del Consiglio di Stato pronunciata tra altri soggetti, ancorché passata in giudicato, quando pregiudica i suoi diritti o interessi legittimi».
La disposizione è interpretata nel senso che la legittimazione a proporre opposizione di terzo nei confronti della decisione del giudice amministrativo resa tra altri soggetti va riconosciuta ai controinteressati pretermessi, ai controinteressati sopravvenuti, ai controinteressati non facilmente identificabili e, in generale, ai terzi titolari di una situazione giuridica autonoma e incompatibile, rispetto a quella riferibile alla parte risultata vittoriosa per effetto della sentenza oggetto di opposizione, con esclusione, di conseguenza, dei titolari di un diritto dipendente, ovvero di soggetti interessati di riflesso (cfr. Cons. Stato, ad. plen., n. 2/2007;sez. V, n. 5477/2014;n. 2597/2018;Cons. giust. amm. sic, sez. giur., n. 27/2021;TAR Campania, Napoli, sez. VII, n. 3190/2018).
La proposizione dell'opposizione di terzo ordinaria contro una sentenza del giudice amministrativo, ancorché non passata in giudicato, è subordinata alla sussistenza di un pregiudizio, determinato dalla pronunzia impugnata, ai diritti o agli interessi legittimi del ricorrente.
La posizione qualificata e differenziata che legittima l'opposizione di terzo si rinviene in capo al litisconsorte necessario pretermesso e al titolare di una situazione soggettiva autonoma e incompatibile rispetto a quella riferibile alla parte risultata vittoriosa per effetto della pronuncia opposta (cfr. Cons. Stato, ad. plen., n. 2/2007).
Tali soggetti, pur non avendo partecipato al relativo giudizio, sono, nondimeno, portatori di un interesse qualificato al mantenimento dell'atto impugnato.
Si deve, invece, escludere la legittimazione attiva all'opposizione di terzo ordinaria di coloro la cui situazione giuridica non sia qualificata o differenziata, oppure sia collegata da un rapporto di dipendenza o di derivazione con quella di altri soggetti parti in causa.
A differenza della parte necessaria pretermessa, il titolare della posizione secondaria, accessoria e riflessa e comunque non qualificata, pur potendo intervenire nel giudizio, non è legittimato ad impugnare con opposizione di terzo ordinaria la sentenza lesiva per il titolare della posizione principale (cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 544/2018;n. 5817/2019;Cons. giust. amm. sic, sez. giur., n. 1076/2019).
In sintesi, quindi, ai fini dell'accesso all'opposizione di terzo, la giurisprudenza esige la titolarità di una posizione soggettiva autonoma giuridicamente qualificata rispetto al thema decidendum e, per converso, esclude la legittimazione di coloro che versino in una posizione non qualificata e differenziata.
7.2. Sulla premessa delle coordinate ermeneutiche dianzi declinate, la posizione di terzo opponente rivestita dal L. non è, nella sostanza, diversa dalla posizione del soggetto che impugni il titolo edilizio rilasciato in favore del proprietario confinante, dacché specularmente antagonistica all’impugnazione da quest’ultimo esperita avverso l’autoannullamento del titolo edilizio rilasciato in proprio favore.
E, in quanto tale, va apprezzata alla luce del principio enunciato in via nomofilattica da Cons. Stato, ad. plen. n. 22/2021, secondo cui, «nei casi di impugnazione di un titolo autorizzatorio edilizio, ferma restando la distinzione e l'autonomia tra la legittimazione e l'interesse al ricorso quali condizioni dell'azione, è necessario che il giudice accerti, anche d'ufficio, la sussistenza di entrambi;e il criterio della vicinitas, quale elemento di individuazione della legittimazione, non vale da solo ed in automatico a dimostrare la sussistenza dell'interesse al ricorso, che va inteso come specifico pregiudizio derivante dall'atto impugnato: La vicinitas, cioè lo stabile collegamento con la zona interessata dall'intervento, può fondare la legittimazione ad agire a condizione che ad essa si accompagni la lesione concreta ed attuale della posizione soggettiva di chi impugna il provvedimento. In altri termini, lo stabile collegamento con l'area interessata dall'intervento edilizio non è sufficiente a comprovare anche l'interesse a ricorrere che è, invece, derivante da un concreto pregiudizio per l'interessato. La vicinitas, pertanto, non rappresenta un dato decisivo per riconoscere l'interesse ad agire (che nel giudizio di legittimità davanti al giudice amministrativo si identifica con l'interesse ad impugnare), nel senso che di per sé non è sufficiente, dovendosi dimostrare che l'intervento contestato abbia capacità di determinare una lesione attuale e concreta in capo al ricorrente» (TAR Veneto, Venezia, sez. II, n. 1090/2021;TAR Campania, Salerno, sez. II, n. 766/2022).
Ciò posto, va verificato caso per caso se l'eventuale caducazione del titolo edilizio possa comportare effetti di riduzione in pristino rispetto all'opera edilizia, che si rivelino concretamente utili per il proponente, e non meramente emulativi, non essendo sufficiente la mera finalità demolitoria: l'interesse a ricorrere consiste (deve consistere) in un'utilità ulteriore che il ricorrente mira a conseguire proponendo la sua azione. L'ordinamento non tutela infatti azioni meramente emulative.
Si tratta di un principio espressamente enucleato per le azioni a tutela della proprietà immobiliare (art. 833 cod. civ.), che vale (a maggior ragione) per i ricorsi in materia edilizia.
In subiecta materia, non è, cioè, sufficiente lo stabile collegamento dell'immobile del terzo con quello interessato dai lavori a radicarne la legittimazione ad agire, dal momento che il pregiudizio della situazione soggettiva protetta non può essere considerato sussistente in re ipsa in ragione dell'abuso edilizio dedotto (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 7609/2022).
7.3. Ora, nel caso in esame, non sono in concreto ravvisabili elementi suffraganti il quid pluris (in termini di vulnus specifico derivante dall'intervento assentito), rispetto alla mera vicinitas, richiesto per il riconoscimento dell'interesse ad agire, né risultano evidenze che dimostrino l'utilità concreta che sarebbe derivata all’opponente dalla reiezione del ricorso iscritto a r.g. n. 805/2021 e dal conseguente mantenimento della determinazione autoannullatoria del PdC in sanatoria n. 451/C ter del 16 febbraio 2018 e del PdC n. 3783 del 14 febbraio 2020.
Ed invero, il L. fonda genericamente il proprio controinteresse di litisconsorte necessario pretermesso «sul prevedibile deprezzamento dell’immobile di proprietà», sulla «diminuzione di aria, luce, visuale o panorama» dello stesso, sulle «menomazioni dei valori urbanistici, degradazioni ambientali in ragione dell’aumentato carico urbanistico, del sovraffolamento, dell’aumento del traffico»
7.4. In questo senso, il Collegio ritiene di dover aderire al seguente arresto, sancito da Cons. giust. amm. sic, sez. giur., n. 490/2023, con riferimento ad una fattispecie omologa (di opposizione di terzo all’annullamento giurisdizionale di un diniego edilizio nei confronti del proprietario confinante), dove il proponente – al pari del L. – aveva finalizzato l’esperito rimedio ex artt. 108 s. cod. proc. amm. «alla conservazione delle caratteristiche, condizione di fruibilità e valore dell'immobile» in sua titolarità.
In tale ipotesi, si sono esclusi i presupposti per l’opposizione di terzo, perché il «non si qualificava quale litisconsorte necessario pretermesso in quanto titolare di una situazione autonoma e incompatibile con quella accerta nella sentenza impugnata, ma più propriamente come soggetto interessato in via derivata o di riflesso alla posizione degli altri soggetti parte in causa».
«Al riguardo – soggiunge la pronuncia richiamata – occorre evidenziare che in nessun caso il vicino si configura come controinteressato (in senso tecnico) all'impugnazione di un diniego edilizio (nella specie, diniego di proroga del termine per ultimazione dei lavori). Di conseguenza, il vicino non è legittimato ad impugnare con opposizione di terzo la sentenza che abbia annullato detto diniego edilizio, in quanto per il vicino la sentenza inter alios costituisce un mero fatto giuridico, per cui se ritiene che l'atto sia illegittimo lo può impugnare (la sentenza non lo vincola), ma deve rivolgersi contro l'atto e non avverso la sentenza».
7.45 Nello stesso senso, ma sotto altra angolazione argomentativa, è da reputarsi condivisibile l’indirizzo pretorio che esclude la sussistenza di un controinteresse qualificato, legittimante all’esperimento del rimedio ex artt. 108 s. cod. proc. amm., con riferimento all’annullamento giurisdizionale del diniego di rilascio di un titolo edilizio (anche in sanatoria), cui è ontologicamente equiparabile – come detto – la rimozione in autotutela di un titolo edilizio già rilasciato.
Ed invero, per ius receptum, nel caso di impugnazione di un simile provvedimento declinatorio o caducatorio, non sono configurabili controinteressati nei confronti dei quali sia necessario instaurare un contradditorio, atteso che la qualifica di controinteressato va riconosciuta non già a chi abbia un interesse anche legittimo, a mantenere in vita il provvedimento impugnato (e tanto meno a che ne subisca conseguenze soltanto indirette o riflesse), ma solo a chi dal provvedimento stesso riceva un vantaggio diretto ed immediato, ossia un positivo ampliamento della propria sfera giuridica, che detto provvedimento, per il suo carattere negativo, è insuscettibile di procurare (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. IV, n. 1473/2013;TAR Liguria, Genova, sez. I, n. 417/2020)
Tale linea interpretativa non può trovare eccezione in ragione del fatto che il L. sarebbe titolare di un diritto di proprietà sull'immobile confinante con quello interessato dall'attività di edificazione. Ciò, in quanto la pretesa del terzo proprietario dell'immobile confinante volta ad evitare trasformazioni del territorio da cui possano indirettamente derivare pregiudizi per le proprie prerogative dominicali, quando si relaziona con il potere autoritario dell'amministrazione preposta al governo del territorio, non riceve più la tutela assoluta e incondizionata tipica del diritto soggettivo di proprietà, ma beneficia di un diverso tipo di tutela, condizionata e relativa, essendo tale pretesa astrattamente sacrificabile in nome dell'esigenza di tutela dell'interesse pubblico alla cui cura è finalizzato il potere attribuito all'amministrazione (cfr. Cons. Stato, sez. VI, n. 168/2016). Posto, dunque, che la qualità di controinteressato va riconosciuta non a chi abbia un interesse, anche legittimo, a mantenere in vita il provvedimento impugnato (e tanto meno a chi ne subisca conseguenze soltanto indirette o riflesse), ma solo a chi dal provvedimento medesimo riceva un vantaggio diretto e immediato, ossia un positivo ampliamento della propria sfera giuridica, si deve concludere che, nel caso di specie, non era ravvisabile in capo all’opponente, nonostante fosse proprietario dell'immobile confinante ed avesse in passato rassegnato esposti, la qualità di controinteressato nel giudizio di annullamento del provvedimento del 4 marzo 2021, prot. n. 8601 (neppure menzionante il proprio nominativo) (cfr., in termini, TAR Campania, Napoli, sez. II, n. 1675/2013;sez. VIII, n. 2690/2020).
8. In conclusione, stante la ravvisata carenza di interesse a proporla, l’opposizione in epigrafe va dichiarata inammissibile.
9. Quanto alle spese di lite, appare equo disporne l’integrale compensazione tra le parti.