TAR Milano, sez. II, sentenza 2023-07-19, n. 202301900

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Milano, sez. II, sentenza 2023-07-19, n. 202301900
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Milano
Numero : 202301900
Data del deposito : 19 luglio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 19/07/2023

N. 01900/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00488/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 488 del 2023, proposto da
-OMISSIS-, rappresentati e difesi dagli avvocati M C G e F F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del dell’avv. Festa in Milano, Via Giuditta Sidoli, n. 1;

contro

MINISTERO DELLA SALUTE, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Milano, Via Freguglia, n. 1;

per l'ottemperanza

del giudicato formatosi sul Decreto Ingiuntivo n. -OMISSIS- reso in data 1 febbraio 2022 dal Tribunale di Milano Sezione Lavoro.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Salute;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 11 luglio 2023 il dott. Stefano Celeste Cozzi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con il decreto ingiuntivo in epigrafe indicato il Tribunale di Milano ha condannato il Ministero della Salute al pagamento in favore dei ricorrenti della somma di euro 5.960,09 oltre interessi come da domanda e spese.

I ricorrenti riferiscono che l’Amministrazione non ha dato esecuzione al decreto. Per questo motivo propongono ricorso per ottemperanza.

Si è costituito in giudizio, per resistere al ricorso, il Ministero della Salute.

La causa è stata trattenuta in decisione in esito alla camera di consiglio dell’11 luglio 2023.

Il ricorso è fondato.

Il decreto ingiuntivo per il quale si chiede l’ottemperanza è passato in giudicato non essendo stato opposto nel termine di quaranta giorni previsto dall’art. 641, primo comma, cod. proc. civ., così come risulta dal certificato di cancelleria depositato in giudizio dai ricorrenti in data 23 giugno 2023. A questo proposito si precisa che, secondo la giurisprudenza, il decreto ingiuntivo non opposto, in quanto definisce la controversia al pari della sentenza passata in giudicato (essendo impugnabile solo con la revocazione o con l'opposizione di terzo nei limitati casi di cui all'articolo 656 cod. proc. civ.) ha valore di cosa giudicata anche ai fini della proposizione del ricorso per l’ottemperanza (cfr. fra le tante, Consiglio di Stato, sez. III, 9 giugno 2014, n. 2894).

Lo stesso decreto è stato inoltre notificato all’Amministrazione in forma esecutiva in data 26 luglio 2022.

Risultano dunque integrati i presupposti – previsti dall’art. 112, secondo comma, lett. a), cod. proc. amm. e dall’art. 14 del d.l. n. 669 del 1996, convertito con modificazioni nella legge n. 30 del 1997 – necessari per la proposizione del giudizio di ottemperanza.

Va infine osservato che l’inadempimento non è stato contestato dall’Amministrazione costituitasi in giudizio.

Deve essere pertanto dichiarato l'obbligo del Ministero della Salute di dare esecuzione al decreto ingiuntivo indicato in epigrafe.

Tenuto conto dell’entità del debito, all’Amministrazione va assegnato il termine di giorni 90 (novanta) dalla comunicazione in via amministrativa o dalla notificazione a cura di parte della presente decisione per provvedere in favore dei ricorrenti nei termini sopra indicati.

Nel caso d’inutile decorso del termine assegnato per l’ottemperanza, è sin d’ora nominato quale Commissario ad acta il Direttore della Direzione Generale della Vigilanza sugli enti e della sicurezza delle cure del Ministero della Salute, con possibilità di delega ad altro dirigente o funzionario della stessa Direzione. Questi ne assumerà le funzioni solo qualora investito direttamente dai ricorrenti con propria istanza, trascorso il termine assegnato all’Amministrazione per adempiere, e provvederà, entro i successivi novanta giorni, all’esecuzione dell’incarico.

Una volta espletate tutte le operazioni, il Commissario ad acta invierà a questa Sezione una dettagliata relazione sugli adempimenti realizzati e sull’assolvimento del mandato ricevuto.

Tenuto conto che le funzioni commissariali sono affidate ad un dipendente pubblico già inserito nella struttura debitrice non si darà luogo alla liquidazione di alcun compenso al commissario ad acta.

Infine, in relazione alla domanda di condanna al pagamento della penalità di mora, l’art. 114, comma 4, lett. e), c.p.a., nel testo modificato dall’articolo unico, comma 781, lettera a), della legge 28 dicembre 2015, n. 208, in vigore dal 1 gennaio 2016, stabilisce che il giudice dell’ottemperanza, quando accoglie il ricorso, “salvo che ciò sia manifestamente iniquo, e se non sussistono altre ragioni ostative, fissa, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dal resistente per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del giudicato;
tale statuizione costituisce titolo esecutivo. Nei giudizi di ottemperanza, aventi ad oggetto il pagamento di somme di denaro, la penalità di mora di cui al primo periodo decorre dal giorno della comunicazione o notificazione dell'ordine di pagamento disposto nella sentenza di ottemperanza;
detta penalità non può considerarsi manifestamente iniqua quando è stabilita in misura pari agli interessi legali”.

Nella fattispecie sussistono i presupposti per riconoscere ai ricorrenti la penalità richiesta, con la decorrenza indicata nella richiamata disposizione;
il termine finale, viceversa, va individuato nel momento in cui l’Amministrazione intimata eseguirà il pagamento imposto dalla sentenza, ovvero, pur non avendo adempiuto, non disporrà comunque più del potere, perché effettivamente trasferito al commissario ad acta (C.d.S., IV, 3 novembre 2015, n. 5014;
conf. C.d.S., III, 16 settembre 2014, n. 4711;
C.d.S., V, 3 maggio 2012, n. 2547).

La misura dell’astreinte va calcolata, per ciascun giorno di ritardo, in una percentuale della somma liquidata nei provvedimenti da eseguire, e composta dal capitale, incluse le spese di giudizio, ed escludendo invece tutti gli interessi comunque maturati, i.v.a., c.p.a. e altri contributi.

Tale percentuale può essere fissata nel saggio d’interesse legale vigente in ciascun giorno di ritardo del pagamento, limite considerato “non manifestamene iniquo” dal citato disposto dell’art. 114.

Le spese seguono la soccombenza.

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