TAR Roma, sez. 5B, sentenza 2024-02-12, n. 202402738
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Pubblicato il 12/02/2024
N. 02738/2024 REG.PROV.COLL.
N. 03155/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Quinta Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3155 del 2020, proposto da -OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avvocato A R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza Giuseppe Mazzini 8;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria
ex lege
in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
del provvedimento del 16.01.2020 del Ministero dell’Interno di rigetto dell’istanza di concessione della cittadinanza italiana protocollata con il numero -OMISSIS- e notificato alla ricorrente in data 17.02.202 nonché di tutti i provvedimenti antecedenti concomitanti e conseguenti, nonché presupposti con quello impugnato e non conosciuti dalla ricorrente
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 dicembre 2023 la dott.ssa A G e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La ricorrente ha presentato istanza intesa ad ottenere la concessione della cittadinanza italiana, ai sensi dell’art. 9, comma 1, della legge n. 91/1992, in data 9 giugno 2015.
Esperita l’istruttoria di rito, l’Amministrazione, previa comunicazione del preavviso di rigetto ex art. 10-bis della legge n. 241/1990, ha respinto la domanda per mancanza del possesso del “ requisito della capienza reddituale, che deve essere continuativo e sussistere in sede di attualizzazione sino al momento del giuramento, condizione di efficacia della concessione della naturalizzazione, stante l’obbligo della permanenza dei requisiti ai sensi dell’art. 4, comma 7 d.P.R. 12 ottobre 1993, n. 572, come confermato dall’art. 8 del d.P.R. 18 aprile 1994, n. 362 ”.
Avverso l’atto impugnato la ricorrente insorge con il presente mezzo di gravame, deducendone l’illegittimità per i seguenti motivi di ricorso:
I. Eccesso di potere – violazione di legge – incostituzionalità del decreto 113/2018 , in quanto il provvedimento è stato adottato dopo oltre quattro anni dalla presentazione della domanda, quando invero la richiedente aveva già conseguito la cittadinanza (alla scadenza dell’allora vigente termine biennale) in ragione della previsione dell’art. 8, comma 2, della Legge 91/1992, abrogata a seguito dell’entrata in vigore del decreto-legge n. 113/2018, che ha anche elevato il termine di definizione del procedimento a quarantotto mesi.
II. Eccesso di potere - difetto di istruttoria – difetto di motivazione- erroneità dei presupposti , in quanto l’odierna ricorrente, che aveva maturato il diritto all’ottenimento del beneficio della cittadinanza italiana già dal mese di maggio 2017, a tale data soddisfaceva pienamente tale requisito in quanto i redditi relativi agli anni 2014-2015- 2016- 2017 sono nettamente superiori ai parametri cui si conforma l’autorità procedente. La diminuzione della capacità reddituale della ricorrente negli ultimi anni è dipeso dalle lungaggini di liquidazione dei compensi professionali da parte del Ministero di Giustizia per gli incarichi di interprete che le vengono conferiti dalla Procura della Repubblica.
Il Ministero dell’interno, costituito in giudizio per resistere al ricorso, ha depositato documenti del fascicolo del procedimento e una relazione difensiva, contestando nel merito le censure ex adverso svolte e concludendo per il rigetto della domanda di annullamento del diniego impugnato.
All’udienza pubblica del 18 dicembre 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Si controverte sul mancato riconoscimento della cittadinanza italiana per naturalizzazione di cui alla legge n. 91 del 1992, articolo 9, comma 1, lett. f) per carenza di redditi sufficienti ad assicurare all’interessato un’adeguata capacità di sostentamento proprio e dei familiari a carico e di partecipazione alla spesa pubblica necessaria ad assicurare i servizi pubblici essenziali.
Con il primo motivo di ricorso la parte sostiene di aver già conseguito la cittadinanza al momento dell’adozione dell’atto impugnato, intervenuto dopo quattro anni dalla presentazione della domanda, vista l’allora vigenza dell’art. 8, comma 2, della legge n. 91/1992, abrogato dal decreto-legge n. 113/2018, che ha anche elevato il termine di conclusione del procedimento a quattro anni.
La censura non coglie nel segno.
L’invocato art. 8, comma 2, della legge n. 91/1992, precludeva l'adozione di un provvedimento di rigetto dell'istanza di concessione della cittadinanza allorquando fossero trascorsi due anni dalla presentazione della domanda corredata dalla prescritta documentazione. Si trattava di una previsione che anche prima dell’abrogazione da parte dell'art. 14, comma 1, lett. a), decreto-legge n. 4 ottobre 2018, n. 113, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° dicembre 2018, n. 132 si riferiva esclusivamente alle ipotesi di acquisto della cittadinanza per matrimonio di cui all'articolo 5 della medesima legge, che sono regolate da un diverso procedimento e richiedono presupposti diversi, essendo preordinate alla tutela dell’unità familiare.
Quindi, la disposizione di cui all'art. 8, comma 2, sopra citata, durante la sua vigenza, non poteva dirsi applicabile alle fattispecie come quelle in esame, in cui la domanda di concessione della cittadinanza sia stata presentata dal cittadino straniero il cui coniuge non sia in possesso della cittadinanza italiana, in virtù di quanto disposto dal precedente comma 1 dello stesso art. 8 che, rinviando agli artt. 6 e 7 della stessa legge n. 91/1992, tende a riferirsi ai soli casi in cui la concessione della cittadinanza sia richiesta dal coniuge di colui che è cittadino italiano ( ex multis , T.A.R. Lazio, Sez. II - quater, sentenze nn. 7671/2017;9973/2016;3962/2015).
Ne deriva quindi l’infondatezza del primo motivo di censura.
Quanto al secondo motivo di ricorso, con cui parte ricorrente mira a dimostrare il possesso del richiesto requisito reddituale, parimenti infndato, giova premettere un richiamo ai principali punti d’arrivo della giurisprudenza in materia di autosufficienza reddituale dell’aspirante cittadino (cfr. TAR Lazio, sez. V bis, n. 1590/22, 1698/22, 1724/22, 2945/22, 3692/22, 4619/22;n. 7980/2022;n. 7889/2022;n. 7888/2022).
L'acquisizione dello status di cittadino italiano per naturalizzazione è oggetto di un provvedimento di concessione, che presuppone l'esplicarsi di un'amplissima discrezionalità in capo all'Amministrazione e non riguarda un circoscritto rapporto rilevante nelle relazioni tra privati o nella relazione con la PA, ma rileva piuttosto sul piano politico, in quanto comporta l’attribuzione di una frazione di sovranità.
In questo procedimento la p.a. esercita un potere valutativo che si traduce in un apprezzamento di opportunità in ordine al definitivo inserimento dell'istante all'interno della comunità nazionale (cfr. TAR Lazio, Roma, Sez. V bis, sentenza n. 1590/2022, Sez. I ter, sentenza n. 3227/2021 e sentenze ivi richiamate), ciò in quanto al conferimento dello status civitatis è collegata una capacità giuridica speciale propria del cittadino che comporta non solo diritti, ma anche doveri nei confronti dello Stato-comunità, con implicazioni d’ordine politico-amministrativo.
L’amministrazione ha pertanto il compito di verificare che nel soggetto istante risiedano e si concentrino le qualità ritenute necessarie per ottenere la cittadinanza, quali l’assenza di precedenti penali, la sussistenza di redditi sufficienti a sostenersi, una condotta di vita che esprime integrazione sociale e rispetto dei valori di convivenza civile.
In tal modo, l'inserimento dello straniero nella comunità nazionale è considerato legittimo quando l'Amministrazione ritenga che quest'ultimo possieda ogni requisito atto ad inserirsi in modo duraturo nella comunità, mediante un giudizio prognostico che escluda che il richiedente possa successivamente creare problemi all’ordine e alla sicurezza nazionale, disattendere le regole di civile convivenza, violare i valori identitari dello Stato, gravare sulla finanza pubblica (cfr. ex multis Tar Lazio, Roma, Sez. V bis, sentenza n. 2945/2022;Sez. I ter, sentenza n. 12006/2021 e sez. II quater, sentenza n. 12568 del 2009).
Il requisito in esame impone al richiedente lo status civitatis di dimostrare la disponibilità di adeguati mezzi economici di sostentamento nonché il regolare adempimento degli obblighi fiscali e la possibilità di adempiere ai doveri di solidarietà economica e sociale (cfr., da ultimo, TAR Lazio, Sez I ter, n. 13690/2021;id., n. 1902/2018;Cons. Stato Sez. I, parere n. 240/2021;id., n. 2152/2020;Sez. III, n. 1726/2019: cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, n. 766/2011 e 974/2011).
L’accertamento del possesso di adeguati mezzi di sostentamento dell’istante non è solo funzionale a soddisfare primarie esigenze di sicurezza pubblica, considerata la naturale propensione a deviare del soggetto sfornito di adeguata capacità reddituale (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 3 febbraio 2011, n. 766;id., 16 febbraio 2011, n. 974) – ratio che è alla base delle norme che prescrivono il possesso di tale requisito per l’ingresso in Italia, per il rinnovo del permesso di soggiorno e per il rilascio della carta di soggiorno – ma è anche funzionale ad assicurare che lo straniero possa conseguire l’utile inserimento nella collettività nazionale, con tutti i diritti e i doveri che competono ai suoi membri, cui verrebbe ad essere assoggettato;in particolare, tra gli altri, al dovere di solidarietà sociale di concorrere con i propri mezzi, attraverso il prelievo fiscale, a finanziare la spesa pubblica, funzionale all’erogazione dei servizi pubblici essenziali (cfr., ex multis , Tar Lazio, I ter, 31 dicembre 2021, n. 13690;id., 19 febbraio 2018, n. 1902;Cons. Stato, sez. III, 18 marzo 2019, n. 1726).
La valutazione del requisito reddituale va effettuata tenendo conto sia di quello già maturato al momento della presentazione della domanda (cfr., TAR Lazio, sez. I ter, 14 gennaio 2021, n. 507;id., 31 dicembre 2021, n. 13690) – che deve essere corredata dalla dichiarazione dei redditi dell’ultimo triennio, come prescritto dal DM 22.11.1994, adottato in attuazione dell’art. 1 co. 4 del DPR 18 aprile 1994, n. 362 – sia di quello successivo, dovendo essere mantenuto fino al momento del giuramento, come previsto dall’art. 4, co. 7, DPR 12.10. 1993, n. 572 (cfr. Consiglio di Stato sez. I, parere n. 240/2021;TAR Lazio, sez. V bis, n. 1724/2022;sez. I ter, n. 507/2021 e n. 13690/2021, cit.;sez. II quater, 2 febbraio 2015, n. 1833;id., 13 maggio 2014, n. 4959;id., 3 marzo 2014, n. 2450;id., 18 febbraio 2014, n. 1956;id., 10 dicembre 2013, n. 10647 nel senso che lo straniero deve dimostrare di possedere una certa stabilità e continuità nel possesso del requisito;questo non viene meno in caso di flessioni meramente transitorie e suscettibili di recupero in breve tempo cfr. da ultimo, Cons. Stato, sez. III, 14 gennaio 2015, n. 60;idem, sez. I, n. 1791/2021 e 1959/20;TAR Lazio, sez. I ter, n. 6979/2021).
Il legislatore, tuttavia, non ha fissato una soglia di reddito minima, rimettendone l’individuazione all’Amministrazione sulla base di parametri indefettibili di garanzia dell’autosufficienza economica del richiedente e della sua reale capacità di partecipare alla spesa pubblica necessaria ad assicurare i servizi pubblici essenziali in Italia.
A tal fine, l’Amministrazione ha attinto alla legislazione vigente in materia di esenzione totale dalla partecipazione alla spesa sanitaria in favore del cittadino italiano titolare di pensione di vecchiaia, secondo quanto specificato nella Circolare del Ministero dell'Interno