TAR Genova, sez. I, sentenza 2017-01-30, n. 201700058
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Pubblicato il 30/01/2017
N. 00058/2017 REG.PROV.COLL.
N. 00473/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 473 del 2016, proposto da:
S F, in proprio e quale legale rappresentante della Hotel Stella S.r.l., rappresentato e difeso dagli avv. A M e A M, presso i quali è elettivamente domiciliato nel loro studio in Genova, via Corsica, 21/18;
contro
Comune di Rapallo, in persona del Sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dall’avv. M A Q, presso il quale è elettivamente domiciliato nel suo studio in Genova, via Roma, 4/3;
e con l'intervento di
ad adiuvandum
:
Associazione Proprietari Alberghieri della Liguria - APAL, rappresentata e difesa dall’avv. Monica Busoli, presso la quale è elettivamente domiciliata nel suo studio in Genova, via Corsica, 21/18;
per l'annullamento
della deliberazione del Consiglio comunale di Rapallo n. 13 del 23/3/2016, notificata il 9/4/2016, portante rigetto dell’istanza per lo svincolo dalla destinazione d’uso ad albergo dell’immobile che ospita l’Hotel Stella,
nonché di ogni atto presupposto, conseguente o connesso e in particolare, per quanto occorrer possa, del verbale n. 22 in data 15/3/2016 della III Commissione consiliare permanente di approvazione della proposta di rigetto dell’istanza di svincolo.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Rapallo;
Visto l’atto di intervento ad adiuvandum dell’APAL
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 dicembre 2016 il dott. R G e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il ricorrente è legale rappresentante della Società che gestisce l’Hotel Stella di Rapallo e proprietario dell’immobile che ospita detto albergo.
La struttura alberghiera in questione, ubicata nel centro abitato, è composta da 28 camere e classificata tre stelle.
Con istanza del 22 luglio 2015, il ricorrente aveva chiesto che l’immobile fosse svincolato dalla destinazione d’uso ad albergo, ai sensi dell’art. 2 della l.r. Liguria n. 1/2008.
Queste le ragioni a supporto dell’istanza:
a) la conformazione dell’edificio e la mancanza di spazi disponibili non consentono di adeguare la struttura agli standard alberghieri necessari per garantire un’equilibrata gestione imprenditoriale;
b) l’ambito territoriale in cui è ubicato l’edificio non è idoneo allo svolgimento dell’attività alberghiera.
Il Comune di Rapallo ha respinto la richiesta di svincolo con la deliberazione consiliare n. 13 del 23 marzo 2016, così motivata:
a) il sito della struttura alberghiera, compreso nella fascia di 300 metri dalla costa nonché prossimo agli stabilimenti balneari, al porto turistico e al centro storico, non può essere considerato inidoneo all’esercizio dell’attività;
b) non è stata allegata l’esistenza di vincoli ostativi alla realizzazione di interventi di adeguamento dell’immobile;
c) l’albergo, classificato e in attività, non può essere ritenuto inadeguato alle esigenze del mercato;
d) a seguito delle modifiche introdotte dalla l.r. n. 4/2013, non deve più essere valutato, ai fini della decisione in tema di svincolo alberghiero, il requisito inerente alla sostenibilità economica della gestione.
L’interessato ha impugnato la menzionata deliberazione con ricorso ritualmente notificato il 7 giugno 2016 e depositato il successivo 17 giugno, deducendo vizi propri di tale atto e vizi derivanti dall’illegittimità costituzionale della normativa regionale applicata nella fattispecie.
Viene anche sollevata una questione di compatibilità con la normativa europea.
Si è costituito in giudizio l’intimato Comune di Rapallo, contrastando la fondatezza del ricorso.
E’ intervenuta ad adiuvandum l’Associazione proprietari alberghieri della Liguria.
La domanda cautelare è stata riunita al merito.
In prossimità della pubblica udienza, le parti in causa hanno depositato memorie difensive.
Il ricorso, quindi, è stato chiamato all’udienza del 15 dicembre 2016 e, previa trattazione orale, è stato ritenuto in decisione.
DIRITTO
1) E’ contestata la legittimità della deliberazione con cui il Consiglio comunale di Rapallo ha respinto l’istanza di svincolo dalla destinazione d’uso ad albergo dell’immobile, di proprietà del ricorrente, che ospita la struttura denominata Hotel Stella.
2) Parte ricorrente denuncia, in primo luogo, vizi di legittimità propri del provvedimento impugnato.
2.1) Sotto un primo profilo, viene denunciata la violazione dell’art. 2, comma 2, lett. b), della l.r. Liguria n. 1/2008, recante misure per la salvaguardia e la valorizzazione degli alberghi.
Tale disposizione prevede che possano essere svincolate dalla destinazione d’uso ad albergo le strutture collocate “in ambiti territoriali inidonei allo svolgimento dell’attività alberghiera, con esclusione comunque di quelli storici, di quelli in ambito urbano a prevalente destinazione residenziale e degli immobili collocati nella fascia entro 300 metri dalla costa”.
Il Comune di Rapallo ha escluso che sussistessero le condizioni richieste per lo svincolo in quanto la struttura alberghiera del ricorrente è compresa nella fascia di 300 metri dalla costa e, comunque, è ubicata in prossimità degli stabilimenti balneari, del porto turistico e del centro storico.
Sostiene il ricorrente che non sarebbero stati adeguatamente valutati i fattori di dequalificazione del contesto, siccome interessato da un eccessivo traffico veicolare, e che l’accennato limite di 300 metri varrebbe solo per gli alberghi esterni al centro abitato.
La tesi di parte ricorrente contrasta con il chiaro tenore letterale della disposizione applicata nella fattispecie che, facendo riferimento agli “immobili collocati nella fascia entro 300 metri dalla costa”, nulla prevede in ordine alla collocazione dei medesimi rispetto al centro abitato.
Peraltro, la prossimità al litorale costituisce un indubbio fattore di pregio per tutte le strutture alberghiere della riviera, non solo per quelle extraurbane, sicché non appare razionale la distinzione proposta dalla parte ricorrente.
In base alla legge regionale, pertanto, gli immobili compresi nella fascia di 300 metri dalla costa non possono essere considerati inidonei allo svolgimento dell’attività alberghiera.
Essendo incontestato che l’immobile del ricorrente ricade nella fascia suddetta, la censura deve essere respinta.
2.2) Viene denunciata, quindi, la violazione dell’art. 2, comma 2, lett. a), della l.r. n. 1/2008, secondo cui lo svincolo dalla destinazione d’uso ad albergo può essere disposto nel caso di “oggettiva impossibilità a realizzare interventi di adeguamento complessivo dell’immobile, a causa dell’esistenza di vincoli monumentali, paesaggistici, architettonici od urbanistico-edilizi non superabili, al livello di qualità degli standard alberghieri e/o alla normativa in materia di sicurezza (quali accessi, vie di fuga, scale antincendio e simili) e/o di abbattimento delle barriere architettoniche”.
Il Comune ha escluso che le circostanze evidenziate nell’istanza di svincolo - l’oggettiva impossibilità di realizzare aree comuni, una piscina e un giardino – possano essere ricondotte alle ipotesi previste dalla legge regionale.
Sostiene il ricorrente, invece, che, facendo riferimento agli standard alberghieri, il legislatore regionale avrebbe utilizzato una formula elastica che comprende tutte le caratteristiche capaci di definire la competitività di una struttura alberghiera sul mercato.
Anche in questo caso, la tesi di parte ricorrente si discosta dal tenore letterale della legge che, con la locuzione “standard alberghieri”, si riferisce ai requisiti qualitativi e strutturali necessari per la classificazione della struttura e non alle dotazioni maggiormente richieste dal mercato del turismo.
Nelle valutazioni di una parte della clientela, peraltro, la disponibilità di tali dotazioni può risultare recessiva rispetto alla vantaggiosa ubicazione dell’albergo nel centro cittadino.
Ne consegue la legittimità della ragione di diniego fondata sull’inesistenza dei presupposti previsti dalla citata lett. a).
2.3) Sono infondati, pertanto, i motivi di gravame relativi a pretesi vizi propri del provvedimento impugnato.
3) In secondo luogo, il ricorrente denuncia il vizio di illegittimità derivata dall’incostituzionalità della normativa applicata nella fattispecie.
3.1) Sotto un primo profilo, si afferma che il regime vincolistico previsto dalla citata l.r. n. 1/2008 determinerebbe l’istituzione di “una sorta di impresa coattiva quale unica alternativa all’inutilizzo dell’immobile”, in violazione della libertà di iniziativa economica e del diritto di proprietà privata di cui agli artt. 41 e 42 Cost.
Il contrasto con i precetti costituzionali risulterebbe accentuato per effetto delle modifiche introdotte dalla l.r. n. 4/2013 che, attraverso la soppressione del riferimento alla sostenibilità economica della gestione, hanno reso il vincolo alberghiero indipendente da qualsiasi valutazione di tipo economico.
In subordine, il ricorrente afferma che la normativa regionale sarebbe incostituzionale perlomeno nella parte in cui esclude che il proprietario o il gestore possano optare liberamente per un altro tipo di struttura ricettiva, ad esempio trasformando l’albergo in residenza turistico-alberghiera.
La questione di legittimità costituzionale sollevata dalla parte ricorrente è manifestamente infondata.
E’ appena il caso di rammentare, in via preliminare, come la prima normativa relativa al vincolo alberghiero fosse contenuta nel r.d.l. 2 gennaio 1936, n. 274, il quale prevedeva che gli edifici interamente o prevalentemente destinati ad uso di albergo, pensione o locanda non potessero, in difetto di autorizzazione ministeriale, essere venduti o locati per uso diverso da quello alberghiero (cfr. art. 1).
Il regime vincolistico sugli immobili destinati ad albergo costituisce, pertanto, uno strumento risalente nel tempo la cui ratio si identificava nella volontà di accordare una tutela prioritaria allo sviluppo del settore turistico, ritenuto strategico per l’economia nazionale.
L’istituto in parola si è poi consolidato con la legge quadro sul turismo n. 217 del 1983 e, a seguito della riforma del titolo V della Costituzione, la sua disciplina è stata attratta alla competenza legislativa esclusiva delle Regioni.
Il legislatore ligure, valutate le esigenze sussistenti nel proprio contesto territoriale, ha optato per l’imposizione del vincolo alberghiero e, con la legge n. 1 del 2008, ha stabilito che sono soggetti a specifico vincolo di destinazione d’uso ad albergo, con divieto di modificare tale destinazione se non alle condizioni ivi previste, gli immobili sedi degli alberghi classificati e in esercizio ai sensi della normativa in materia nonché gli immobili già classificati albergo, la cui attività sia cessata ma che non siano stati oggetto di interventi di trasformazione in una diversa destinazione d’uso, e quelli in corso di realizzazione in forza di uno specifico titolo edilizio.
Tale opzione comporta una compressione del diritto di proprietà privata che si giustifica in ragione della funzione sociale assolta dal vincolo alberghiero, coincidente con il miglioramento del mercato turistico, il mantenimento dell’integrità del patrimonio turistico-ricettivo e la tutela dei livelli occupazionali nel settore, tutti obiettivi di primario rilievo per la collettività.
Il fine del vincolo, in estrema sintesi, è quello di mantenere la destinazione alberghiera per tutelare l’interesse pubblico del turismo, un settore economico caratterizzato dall’elevata capacità di generare attività d’impresa, produrre ricchezza e creare posti di lavoro.
La limitazione del diritto di proprietà (che, in ogni caso, consegue alla scelta di una destinazione produttiva operata a monte dal privato) e, indirettamente, dell’iniziativa economica privata appare legittimata, quindi, dalla funzione sociale cui essa è teleologicamente orientata, nel perseguimento di interessi pubblici per loro natura prevalenti sulla volontà e sull’interesse del proprietario o dell’imprenditore.
Nella Regione Liguria, peraltro, tale funzionalizzazione della proprietà privata per fini sociali appare perfettamente consonante con la spiccata vocazione turistica del territorio, non potendosi dubitare, in conseguenza, della razionalità di una scelta legislativa che pone quale interesse pubblico prioritario la tutela e l’incentivazione del mercato turistico.
Non sussiste, in definitiva, il denunciato contrasto con gli artt. 41 e 42 Cost., poiché i limiti imposti con la legge regionale istitutiva del vincolo alberghiero appaiono razionalmente orientati a garantire la funzione sociale della proprietà privata e sono riconducibili ai programmi e controlli che la legge determina per indirizzare l’attività economica, non importa se pubblica o privata, e coordinarla ai fini sociali.
Né risulta rilevante la pretesa soppressione, da parte della legge regionale n. 4 del 2013, del requisito inerente alla sostenibilità economica della gestione alberghiera, poiché il ricorrente non ha affatto dimostrato la “non convenienza economica” della struttura ricettiva: anzi, la relazione allegata all’istanza di svincolo (pag. 8) riferisce la costante produzione di utili negli ultimi sette anni.
E’ del tutto evidente, infine, come le strutture ricettive alternative agli alberghi tradizionali ( residence e simili) incidano in modo assai meno significativo sull’economia locale, soprattutto per quanto concerne la creazione di posti di lavoro, sicché non può essere considerata irrazionale la scelta legislativa che non consente al proprietario o al gestore di optare discrezionalmente per l’uno o l’altro tipo di attività ricettiva.
3.2) Il ricorrente sostiene, quindi, che la censurata normativa regionale violerebbe gli artt. 3 e 42 Cost., laddove conferisce al vincolo alberghiero “durata tendenzialmente illimitata”, senza prevedere la contestuale corresponsione di un indennizzo o di altre misure compensative.
Infatti, stante l’assoluto il divieto di utilizzi alternativi dell’immobile, si dovrebbe configurare un vincolo urbanistico a contenuto espropriativo della maggior parte delle facoltà coessenziali al diritto di proprietà privata.
Occorre rammentare come, già con la sentenza n. 4 del 1981, la Corte costituzionale avesse escluso che il diritto di proprietà potesse essere compresso sine die per effetto del vincolo alberghiero.
Ha puntualizzato il Consiglio di Stato, con la sentenza della quarta Sezione n. 1449 del 15 marzo 2012, che l’apposizione ad un fabbricato di un vincolo di destinazione d’uso alberghiero in tanto può ritenersi costituzionalmente compatibile in quanto non sia destinato a perpetuarsi indefinitamente nel tempo, cosicché il rispetto del canone di temporaneità e di modificabilità, lungi dall’essere una possibilità liberamente valutabile dal legislatore regionale, appartiene alla stessa ragion d’essere dell’istituzione di tale vincolo e deve ritenersi ad esso intrinseco.
Con la stessa sentenza, peraltro, il giudice amministrativo d’appello ha precisato che la l.r. Liguria n. 1/2008 “contiene previsioni che rendono esplicita la temporaneità del vincolo stesso, prevedendo all’art. 2, comma 4, il suo venir meno in presenza di alcune circostanze (in particolare, articolando altresì il modulo procedimentale necessario, la legge precisa che il vincolo possa venir meno in presenza di una delle seguenti cause: a) oggettiva impossibilità dell’immobile ad adeguare le sue caratteristiche distributive, funzionali e dimensionali al livello degli standard qualitativi del settore alberghiero, a causa dell’esistenza di vincoli paesaggistici, monumentali od urbanistico-edilizi non superabili;b) collocazione della struttura in un contesto le cui caratteristiche urbanistiche o territoriali determinino la incompatibilità o la insostenibilità della funzione alberghiera)”.
La nuova formulazione del citato comma 4, sostituito dall’art. 1 della l.r. n. 4/2013, riproduce sostanzialmente le previsioni che consentivano, al verificarsi di determinate circostanze di fatto, lo svincolo dalla destinazione d’uso alberghiera, sicché non risulta venuto meno l’intrinseco carattere di temporaneità del vincolo in questione.
Lo stesso vincolo non rientra nello schema espropriativo, poiché non comporta né l’ablazione del bene né il sostanziale svuotamento del contenuto economico del diritto di proprietà: esso sfugge, in conseguenza, alla garanzia costituzionale dell’indennizzo.
3.3) Sono inconsistenti le ulteriori questioni di legittimità costituzionale solevate dalla parte ricorrente.
3.3.1) Pur realizzando inevitabili ricadute sul contesto territoriale, l’istituzione del vincolo alberghiero non è intesa a definire l’assetto del territorio alla stregua dell’attività pianificatoria propria degli strumenti urbanistici, bensì alla realizzazione di “politiche turistiche” funzionali allo sviluppo economico.
Infatti, tale strumento rappresenta essenzialmente, come già precisato, una forma di intervento pubblico che mira a indirizzare l’attività economica nell'ambito regionale, in relazione alla vocazione turistica del territorio.
Ne consegue che la sua imposizione, ossia l’individuazione delle tipologie di immobili da assoggettare a vincolo di destinazione d’uso ad albergo, costituisce una scelta legislativa riservata alla singola Regione, anziché un risultato cui pervenire attraverso moduli procedimentali che, secondo i principi della pianificazione urbanistica, prevedano il coinvolgimento degli enti locali.
E’ infondata, pertanto, la censura concernente la pretesa violazione dell’autonomia dei Comuni.
3.3.2) La normativa ligure in tema di vincolo alberghiero introduce significative restrizioni del potere di utilizzazione o disposizione dei beni, in vista dell'interesse pubblico connesso alla loro effettiva destinazione.
Si tratta, peraltro, di semplici limitazioni delle forme di godimento del diritto di proprietà che non consentono di ravvisare la configurazione di una nuova forma di proprietà immobiliare né alcuno sconfinamento nella materia dell’ordinamento civile riservata alla competenza esclusiva dello Stato.
3.3.3) Nelle località della riviera ligure, l’ubicazione dell’albergo nella fascia di 300 metri dalla costa non costituisce affatto una circostanza “contingente e casuale”, bensì un fattore di forte attrattiva nei confronti di una domanda turistica normalmente orientata a privilegiare le strutture maggiormente prossime al litorale.
Appare del tutto razionale, pertanto, la scelta di escludere dallo svincolo gli immobili compresi nella fascia suddetta.
3.3.4) Non sussiste il denunciato contrato con i principi in tema di liberalizzazione delle attività economiche, poiché le limitazioni correlate all’istituzione del vincolo alberghiero sono coerenti, come già rilevato, con l’art. 41 Cost. che, pur tutelando l'assetto concorrenziale del mercato, consente limitazioni della libertà di iniziativa economica giustificate da ragioni di utilità sociale quali lo sviluppo economico e il diritto al lavoro.
La censurata normativa regionale, peraltro, non pone alcuna barriera all’ingresso nel mercato turistico, sicché non ha ragione d’essere la doglianza che mette in luce la pretesa invasione nell’ambito, riservato alla competenza dello Stato, della tutela della concorrenza.
4) La completa assenza dell’oggetto anticoncorrenziale esclude, infine, che possa ritenersi integrata, attraverso la normativa in questione, alcuna intesa restrittiva della concorrenza nel settore commerciale dell’ospitalità turistica.
Non si ravvisa, in conseguenza, la necessità di disporre rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia in ordine alle questioni sollevate dalla parte ricorrente.
5) Per tali ragioni, il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
La peculiarità e, in parte, la novità delle questioni affrontate giustificano la compensazione delle spese di lite.