TAR Napoli, sez. IV, sentenza 2012-05-14, n. 201202209

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. IV, sentenza 2012-05-14, n. 201202209
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201202209
Data del deposito : 14 maggio 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 07280/2010 REG.RIC.

N. 02209/2012 REG.PROV.COLL.

N. 07280/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7280 del 2010, proposto da:
U P, rappresentato e difeso dagli avv. S M, C R, con domicilio eletto presso Norma Marranzini in Napoli, via G.T. Blanch N. 12;

contro

Ministero dell'Economia e delle Finanze in persona del Ministro p.t.-n.c.

per l'ottemperanza

DEL GIUDICATO FORMATOSI A SEGUITO DEL DECRETO V.G. N.6537/2008 DELLA CORTE DI APPELLO DI NAPOLI QUARTA SEZIONE


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 4 aprile 2012 il Cons. Anna Pappalardo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con il decreto in epigrafe, la Corte di appello di Napoli accoglieva il ricorso proposto dal Picariello per ottenere, a seguito della irragionevole durata di una procedura per la riliquidazione del trattamento pensionistico presso la Corte dei conti –sezione giurisdizionale della Campania, l’equa riparazione prevista dalla legge 24 marzo 2001, n. 89.

Conseguentemente condannava il Ministero intimato .a pagare al ricorrente la somma di euro 16.600,00 oltre agli interessi legali dalla domanda sino al soddisfo, nonché al pagamento delle spese processuali, che liquidava in euro 450 per onorari, 435 per diritti e 30 per spese, oltre agli accessori di legge.

Il provvedimento veniva notificato in forma esecutiva all’amministrazione in data 10.6.2010.

Nell’inerzia dell’Amministrazione e decorsi i termini di legge, il ricorrente proponeva ricorso per ottemperanza .

Il Ministero intimato non si costituiva in giudizio.

Alla camera di consiglio del 4 aprile 2012 il ricorso è stato ritenuto in decisione.

DIRITTO

Parte ricorrente agisce per ottenere l’esecuzione del decreto della Corte di Appello di Napoli con il quale il Ministero intimato è stato condannato al pagamento in suo favore di una somma a titolo di equa riparazione prevista dalla legge 24 marzo 2001, n. 89.

Preliminarmente rileva il Collegio che ai sensi dell’art. 73, terzo comma, cod. proc. amm. è stato dato avviso al difensore della ricorrente, unico comparso alla camera di consiglio odierna, della tardività del deposito del presente ricorso.

Infatti, ai sensi dell’art. 87, comma 3, del nuovo codice del processo amministrativo, nei giudizi che si trattano in camera di consiglio “tutti i termini processuali sono dimezzati rispetto a quelli del processo ordinario, tranne quelli per la notificazione del ricorso introduttivo, del ricorso incidentale e dei motivi aggiunti.”.

Questa disposizione non vale con riguardo ai soli giudizi cautelari e a quelli relativi all’esecuzione delle misure cautelari collegiali (art. 87, commi 2 e 3).

Poiché il giudizio in esame non è riconducibile nell’ambito dei giudizi espressamente esclusi dall’applicazione del richiamato articolo 87, comma 3, il termine perentorio di trenta giorni, previsto per il deposito dei ricorsi ordinari dal comma 1 dell’articolo 45, è dimidiato.

Risulta dagli atti che, a fronte di una notifica andata a buon fine il 25.11.2010, lo stesso mezzo di gravame è stato depositato soltanto il 23.12.2010, così violando il termine perentorio stabilito dal combinato degli articoli 45 e 87 del c.p.a..

Va tuttavia riconosciuto il beneficio dell’errore scusabile, in relazione al tardivo deposito del presente ricorso per ottemperanza, atteso che la divisata attività processuale è stata compiuta nei mesi immediatamente seguenti l’entrata in vigore del nuovo codice del processo amministrativo, con riferimento a rito in cui il dimezzamento dei termini costituisce assoluta novità introdotta dal codice stesso.

Peraltro, ai fini della concedibilità del beneficio de quo, non osta neppure l’argomento della necessità di stretta interpretazione dell’art. 37 cod. proc. amm., legata alla presenza di oggettive ragioni di incertezza su questioni di diritto o di gravi impedimenti di fatto, sostenuta dal Giudice di appello rilevando condivisibilmente come un uso troppo ampio della discrezionalità giudiziaria che essa presuppone può compromettere il principio di parità delle parti (cfr. Cons. Stato, ad. plen., 2 dicembre 2010 n. 3).

Invero, nella peculiare tipologia di giudizio in questione, che ha per oggetto l’ottemperanza ad una sentenza passata in giudicato, il mancato rispetto del termine non conduce automaticamente alla estinzione della azione, potendo la stessa essere riproposta nei limiti del termine di prescrizione.

Di qui – in relazione alla natura dell’actio iudicati che non è legata al termine di decadenza, ma di prescrizione di dieci anni- la conclusione che il termine in questione ,pur perentorio , consente il ricorso al beneficio dell’errore scusabile senza che possa dirsi alterata la par condicio processuale.

Nel merito, il Collegio osserva quanto segue.

Può ritenersi che nella fattispecie si siano integrate le condizioni delle azioni esecutive intentate nei confronti della Amministrazione condannata al pagamento di una somma di denaro.

L’art. 112, co. 2, c.p.a., ha codificato un consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui il decreto di condanna emesso ai sensi dell'art. 3 della legge n. 89 del 2001 ha natura decisoria in materia di diritti soggettivi ed è, sotto tale profilo, equiparato al giudicato, con conseguente idoneità a fungere da titolo per l'azione di ottemperanza (cfr.Cons. Stato, Sez. IV, 6 maggio 2010, n. 2653;
Id, 23 dicembre 2010, n. 9342).

D’altra parte, risultano rispettati i termini di cui al ricordato art. 14, co. 1, del decreto-legge n. 669 del 1996,come convertito in l. n. 30/1997, nella formulazione risultante dalle modificazioni ed integrazioni derivanti dagli artt. 147 l. n. 388/2000 e 44 d.l. n. 269/2003 come convertito in l. n. 326/2003, il quale – con previsione avallata dalla Corte Costituzionale con ordinanza n. 463 del 30 dicembre 1998 e applicabile anche nei giudizi di ottemperanza innanzi al giudice amministrativo (v. C.d.S., Sez. IV, 12 maggio 2008, n. 2158 ) – testualmente dispone: “Le amministrazioni dello Stato e gli enti pubblici non economici completano le procedure per l’esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali e dei lodi arbitrali aventi efficacia esecutiva e comportanti l’obbligo di pagamento di somme di danaro entro il termine di centoventi giorni dalla notificazione del titolo esecutivo. Prima di tale termine il creditore non può procedere ad esecuzione forzata né alla notifica di atto di precetto”.

Ciò posto, stante l’idoneità del titolo giudiziale all’esecuzione coatta e perdurando l’inerzia dell’Amministrazione, va dichiarato l’obbligo del Ministero di conformarsi al decreto della Corte di Appello di cui in epigrafe, provvedendo al pagamento in favore del ricorrente, entro il termine di giorni sessanta decorrenti dalla data di ricezione della comunicazione in via amministrativa (o, se anteriore, dalla data di notificazione a istanza di parte) della presente decisione, dei sopra precisati importi dovuti per il predetto titolo (con esclusione delle spese per l’atto di diffida, non supportate da titolo esecutivo e comunque comprese nelle spese relative al presente giudizio di ottemperanza, liquidate infra), oltre agli interessi moratori successivi (sulla sola sorte capitale) al tasso legale.

In caso di ulteriore inadempimento va nominato sin d’ora quale Commissario ad acta, il Dirigente della Ragioneria Territoriale dello Stato o un funzionario da questi delegato, il quale provvederà nell’ulteriore termine di 60 giorni, con riserva di liquidazione delle competenze commissariali a carico dell’intimato Ministero, all’esito della procedura di liquidazione.

Le spese di lite seguono la soccombenza, conformemente alla legge, e sono liquidate in dispositivo.

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