TAR Catania, sez. I, sentenza 2021-11-08, n. 202103324

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. I, sentenza 2021-11-08, n. 202103324
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 202103324
Data del deposito : 8 novembre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 08/11/2021

N. 03324/2021 REG.PROV.COLL.

N. 00399/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 399 del 2009, integrato da motivi aggiunti, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato S T, con domicilio eletto presso il suo studio in Catania, via Firenze, 225;

contro

- l’Assessorato dei beni culturali e dell’identità siciliana della regione Siciliana e l’Assessorato dell’economia e delle finanze della Regione Siciliana, in persona dei rispettivi Assessori pro tempore , rappresentati e difesi dall’Avvocatura dello Stato presso i cui uffici distrettuali sono per legge domiciliati in Catania, via Vecchia Ognina, 149;

per l’annullamento

1) del decreto Dipartimento dei beni culturali e ambientali del -OMISSIS-;

2) di ogni altro atto o provvedimento antecedente o provvedimento successivo comunque presupposto connesso o consequenziale, ivi compresi ove occorra:

a) della nota del -OMISSIS-;

b) del decreto interassessoriale del 28.5.1999, n. 6137;

c) del D.A. del 29.11.78 n. 2487;

d) della nota dell’Assessorato Regionale al Bilancio del 20.1.2003 n.131;

e) della nota del -OMISSIS-della Soprintendenza BB.CC.AA. di Catania e l’annessa scheda di applicazione dell’indennità pecuniaria ex art.167 del d. lgs. n. 42/04 (e successive modifiche);

f) della nota della Soprintendenza dei BB.CC.AA. di Catania del -OMISSIS-.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Assessorato dell’economia e dell’Assessorato dei beni culturali e dell’identità siciliana della Regione Siciliana;

Viste le memorie delle parti;

Visti gli atti tutti della causa;

Vista l’ordinanza n. -OMISSIS-con la quale è stata accolta l’istanza cautelare di parte ricorrente;

Designato relatore il dott. G L G;

Uditi nell’udienza pubblica del 14 settembre 2021 i difensori delle parti come specificato nel verbale;

Rilevato in fatto e ritenuto in diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

1.- Oggetto delle domande di annullamento proposte dal ricorrente con il ricorso introduttivo e i motivi aggiunti è il provvedimento n. -OMISSIS-del Dipartimento dei beni culturali della Regione Siciliana (e atti correlati in epigrafe indicati), con il quale detta Amministrazione ha ingiunto alla parte privata il pagamento della somma di € 6.263,33 quale «indennità per il profitto conseguito con la realizzazione delle opere abusive», quantunque in presenza di un danno al paesaggio pari a zero.

Dette opere hanno costituito oggetto della concessione edilizia in sanatoria rilasciata a seguito di apposita istanza del ricorrente.

2.1.- In via preliminare il ricorrente ha esposto, quanto alla scansione diacronica delle fasi procedimentali e di successione della proprietà del bene abusivamente realizzato, che l’istanza di condono è stata presentata nel 1986 ed è stata definita nel 2007, immediatamente dopo la vendita del medesimo bene.

2.2.- L’impugnato provvedimento è successivo sia alla concessione in sanatoria, sia all’atto di compravendita.

3.- Con i cinque motivi in cui si articola il ricorso introduttivo parte ricorrente ha dedotto l’illegittimità del provvedimento gravato sotto diversi profili. Ha, segnatamente, censurato:

a) l’erroneità del decreto datato -OMISSIS-poiché rivolto a soggetto – il ricorrente – non più proprietario del bene di cui trattasi, poiché venduto in data -OMISSIS-;

b) l’omissione della comunicazione di avvio del procedimento la quale avrebbe pregiudicato le facoltà partecipative del privato;

c) la violazione del d.m. 26 settembre 1997 recante la «Determinazione dei parametri e delle modalità per la qualificazione della indennità risarcitoria per le opere abusive realizzate nelle aree sottoposte a vincolo» in considerazione della mancata esplicitazione delle ragioni per le quali non sarebbe stata applicata l’indennità nella misura minima, come asseritamente previsto in caso di c.d. danno pari a zero;

d) la mancata considerazione della circostanza, attestata dal Comune di Gravina di Catania, secondo cui la porzione di terreno interessata dall’edificazione abusiva, non ricadrebbe in zona vincolata ai sensi del d. lgs. n. 42 del 2004, di guisa che, anche sotto tale profilo, nessun pregiudizio al paesaggio sarebbe stato generato;

e) l’illogicità e irragionevolezza della «sanzione» applicata in considerazione dell’assenza di un danno al paesaggio, avuto riguardo alla asserita natura «risarcitoria» o indennitaria della pretesa.

4.- Con il ricorso per motivi aggiunti il ricorrente ha dedotto la prescrizione del credito azionato dall’Amministrazione risultando, in tesi, maturato il termine quinquennale e decennale da farsi decorrere, in tesi, dal momento della realizzazione dell’abuso edilizio e non dal rilascio del titolo in sanatoria.

5.- Si è costituito in giudizio l’Assessorato dei beni culturali e dell’identità siciliana della Regione Siciliana il quale, non senza dubitare della tempestività del ricorso, ha concluso per la sua infondatezza nel merito.

6.- Con separato atto dell’Avvocatura dello Stato si è, altresì, costituito l’Assessorato all’economia della Regione Siciliana il quale ha chiesto dichiararsi, nei propri confronti, il difetto di legittimazione passiva.

7.- Con ordinanza n. -OMISSIS-è stata accolta l’istanza cautelare proposta dalla parte ricorrente, «con particolare rilievo alla dedotta intervenuta prescrizione del diritto alla riscossione del credito vantato dall’ente resistente, che si sostanzia in una “indennità” (prevista dall’art. 167, co. 4 e 5, d. lgs. 42/2004), e non in una sanzione amministrativa».

8.- All’udienza pubblica del 14 settembre 2021, presenti i procuratori delle parti, il ricorso, dopo la rituale discussione, è stato posto in decisione.

9.- In via preliminare il Collegio – previa declaratoria di difetto di legittimazione passiva dell’Assessorato all’economia della Regione Siciliana, estraneo al profilo sostanziale della vicenda procedimentale e contenziosa – deve muovere dalla verifica della ricevibilità del ricorso introduttivo e dei motivi aggiunti, con riferimento alla data di notificazione degli stessi, e ciò alla luce della regola, richiamata più volte da questo Tribunale (cfr., da ultimo, sentenza n. 385 del 2021) e ormai codificata nell’art. 76, comma 4, cod. proc. amm., che richiama l’art. 276, comma 2 c.p.c., secondo cui la trattazione delle questioni in rito, nel caso di specie quella della rituale instaurazione del rapporto processuale, deve precedere quella del merito del ricorso.

L’eccezione della parte pubblica è fondata solo con riferimento al ricorso per motivi aggiunti.

Il provvedimento impugnato, infatti, risulta essere stato consegnato (e non è contestato che a riceverlo sia stata la parte ricorrente) al destinatario in data-OMISSIS-, ciò che è provato dall’avviso di ricevimento della relativa lettera raccomandata spedita a mezzo del servizio postale statale, il quale contiene l’indicazione di tale data (cfr. allegato 2 produzione di parte pubblica datata 2 luglio 2021).

Anche il timbro circolare apposto dall’incaricato alla distribuzione (apposto dopo la consegna del plico e anteriormente alla spedizione dell’avviso al mittente della raccomandata) indica la data del-OMISSIS- (Cass. civ., sez. VI, n. 22407 del 2019, secondo cui «l'avviso di ricevimento, riprodotto in ricorso ed allo stesso allegato, appare idoneo ad attestare l'avvenuta ricezione dell'atto […] in data […], come emerge dal timbro postale apposto sull'avviso e dalla annotazione della data da parte dell'incaricato alla distribuzione, essendo invece necessaria l'apposizione di stampigliatura meccanografica o timbro datario solo per asseverare la data di spedizione, affinché l'avviso di ricevimento sia idoneo ad assolvere la medesima funzione probatoria che la legge assegna alla ricevuta di spedizione»).Ne discende che mentre si rivela tempestivo il ricorso introduttivo spedito per la notificazione il 2 febbraio 2009, non è altrettanto tempestivo il ricorso per motivi aggiunti, spedito il 3 febbraio 2009, ossia oltre il termine decadenziale di 60 giorni all’epoca fissato dalla l. n. 1034 del 1971.

Ne discende l’irricevibilità, per tardività della spedizione dell’atto per la notificazione, del ricorso per motivi aggiunti.

10.- Il ricorso introduttivo, alla stregua di quanto si dirà, è infondato: in tal senso ritiene il Collegio che la valutazione sommaria sulla cui base è stata accolta l’istanza cautelare debba recedere alla luce dell’approfondimento proprio di questa fase di merito.

11.- Un primo motivo è volto a censurare l’erroneità del provvedimento dell’Amministrazione poiché rivolto a soggetto che, sebbene incontestatamente identificato quale trasgressore ai sensi dell’art. 167, comma 5 d. lgs. n. 42 del 2004, al momento dell’emanazione dell’atto non era più titolare del diritto di proprietà sul bene oggetto di istanza di sanatoria.

Il motivo è infondato.

La predetta disposizione stabilisce che «Il proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo dell'immobile o dell'area interessati dagli interventi di cui al comma 4 presenta apposita domanda all'autorità preposta alla gestione del vincolo ai fini dell'accertamento della compatibilità paesaggistica degli interventi medesimi. L'autorità competente si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni. Qualora venga accertata la compatibilità paesaggistica, il trasgressore è tenuto al pagamento di una somma equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione».

Il dato letterale è chiaro nell’individuare nel trasgressore il soggetto obbligato al pagamento della «sanzione pecuniaria», e ciò, nel caso di specie, al di là dei mutamenti dell’assetto proprietario del bene.

In tal senso è irrilevante la natura della pretesa (ossia se meramente sanzionatoria o indennitaria), ciò che, invece, troverebbe rilievo nella – diversa – ipotesi di sanzione applicata al nuovo proprietario/possessore del bene rispetto al quale occorrerebbe soffermarsi, alla luce della più recente giurisprudenza del Giudice d’appello, sul presupposto aspetto della natura della pretesa e connesso trasmissibilità o meno dell’obbligo agli aventi causa.

12.- Un secondo motivo è volto a censurare l’illegittimità della omessa comunicazione di avvio del procedimento, ciò che avrebbe impedito il dispiegarsi delle facoltà partecipative del ricorrente.

Il motivo è infondato.

In disparte la circostanza della omessa indicazione di specifici profili che avrebbero potuto ragionevolmente condurre ad un diverso esito del procedimento in ipotesi dell’intervenuta comunicazione di avvio, il Collegio ritiene di aderire al consolidato principio giurisprudenziale secondo cui «nell'ipotesi in cui sia stato rilasciato un condono edilizio per opere edilizie realizzate in un’area di valore paesaggistico, l'applicazione della sanzione ambientale prevista dall'art. 167, d.lgs. n. 42 del 2004 non deve essere preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento, trattandosi di procedimento ad istanza di parte, che è avviato con la domanda di condono edilizio» (cfr., tra le più recenti, Cons. giust, amm. sic., sez. giur., 23 settembre 2020, n. 797).

13.- Un terzo motivo, da esaminarsi congiuntamente al quinto (la cui trattazione è qui anticipata) per la correlata omogenità sostanziale, riguarda l’asserita omessa motivazione delle ragioni per le quali non sarebbe stato ingiunto il pagamento di una somma pari al minimo, siccome previsto dal d.m. 26 settembre 1997, come asseritamente previsto per l’ipotesi di danno paesaggistico inesistente. In tal senso l’Amministrazione avrebbe irrogato una sanzione pecuniaria illogica e irragionevole poiché, per stessa ammissione dell’Assessorato resistente, nel caso concreto il danno cagionato al paesaggio dalla costruzione è valutato in euro zero: assetto della pretesa, questo, che sarebbe disallineato rispetto alla asserita natura indennitaria della stessa.

Sostiene, in tal senso, il ricorrente che mancherebbe uno dei parametri per l’applicazione della sanzione sul rilievo che l’art. 167 d. lgs. n. 42 del 2004 farebbe riferimento alla maggior somma tra danno cagionato e profitto conseguito. Da ciò discenderebbe l’illegittimità del decreto interassessoriale n. 6137 del 1999 e del d.m. 26 settembre 1997, fermo restando il carattere asseritamente indennitario della sanzione che, in assenza di danno, ne impedirebbe l’applicazione.

I motivi non sono meritevoli di positiva considerazione.

In via preliminare va rilevata l’inammissibilità dell’impugnazione dei due surrichiamati decreti in considerazione che, quanto al primo, parte ricorrente non ha intimato il Ministero dei beni culturali, quanto al secondo non risulta essere stato evocato in giudizio l’Assessorato territorio e ambiente della Regione Siciliana al quale, congiuntamente all’Assessorato dei beni culturali, va attribuita la qualità di autorità emanante.

Il provvedimento impugnato ha evidenziato che la determinazione del profitto conseguito per la realizzazione delle opere abusive è avvenuta ai sensi dell’art. 3 comma 2 del d.m. sopra indicato il quale è stato emanato al fine di rendere celermente applicabile (cfr. art. 10, comma 5-ter d.l. n. 669 del 1996 conv. con l. n. 30 del 1997) l’art. 2, comma 46 della l. n. 662 del 1996, ai sensi del quale «Per le opere eseguite in aree sottoposte al vincolo di cui alla L. 29 giugno 1939, n. 1497, e al D.L. 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla L. 8 agosto 1985, n. 431, il versamento dell'oblazione non esime dall'applicazione dell'indennità risarcitoria prevista dall'articolo 15 della citata legge n. 1497 del 1939» e il cui art. 4 ne prevede chiaramente l’estensione ai casi di danno pari a zero.

Assetto, questo, che, in ogni caso, avrebbe escluso i profili di illegittimità del d.m. paventati dal ricorrente considerato, peraltro, che se è vero che il parametro di quantificazione prescelto non deve essere avulso dalla natura e consistenza del pregiudizio (ciò di cui si fa carico il d.m.), per altro verso l’applicazione dell’indennità di cui trattasi, cui è preordinata l’istanza del ricorrente, ha una funzione di deterrenza derivante dall’effetto afflittivo.

Detto decreto è stato «richiamato» dal decreto interassessoriale n. 6137 del 1999 – alla cui applicazione l’Amministrazione era tenuta – il quale nel determinare il quantum dell’indennità ha fatto unicamente riferimento alla tipologia di interesse paesaggistico del territorio determinando il valore in misura pari al 6% del valore d’estimo dell’opera abusiva, trattandosi di opere che risultano qui eseguite in area di notevole interesse paesaggistico.

Ora, come si è detto, neppure detto decreto, non avente natura regolamentare (cfr. parere Cons. giust. amm. sic., sez. cons. n. 777 del 1998) è stato ritualmente impugnato, né lo stesso può ritenersi in ogni caso disapplicabile per assenza di un frontale contrasto con la disciplina primaria.

E’ dunque legittima, in mancanza di danno al paesaggio arrecato dall’abuso edilizio, l’indennità quantificata sulla base del profitto conseguito (Cons. Stato 2 giugno 2000, n. 3184) ed il cui importo non deriva da un apprezzamento discrezionale della Soprintendenza, bensì da un criterio meramente matematico collegato al valore d’estimo dell’opera abusiva come previsto dal d.m. 26 settembre 1997 e dal decreto interassessoriale n. 6137 del 28 maggio 1999 (cfr. Cons. giust. amm. sic., sez. riun., parere 12 settembre 2017, n. 1027/2017).

Quanto alle ulteriori contestazioni circa la quantificazione e relativo difetto di motivazione, le prescrizioni del decreto interassessoriale sopracitato al quale l’Amministrazione si è riportata, le quali azzerano ogni forma di discrezionalità sul punto, escludevano ogni ulteriore onere motivazionale, fermo restando che il d.m. 25 settembre 1997 si limita a stabilire il divieto di una quantificazione al di sotto del minimo (e non al di sopra, rispetto alla quale il calcolo di cui al punto VI della scheda n. -OMISSIS-, in atti, è immune da censure su errori di calcolo).

14.- Apposita doglianza, spiegata nella parte in fatto e nel quarto motivo di ricorso, è indirizzata ad evidenziare come l’immobile abusivo oggetto del provvedimento impugnato in realtà non ricadrebbe in area vincolata, circostanza di cui il Comune-OMISSIS-avrebbe reso espressa e formale attestazione.

Il motivo è infondato.

L’Amministrazione regionale dei beni culturali ha, diversamente, evidenziato che il vincolo sussiste sin dal 1967 e della sua sussistenza è stato dato atto anche nel parere reso nell’ambito del procedimento di approvazione del progetto in sanatoria, circostanze, queste, che rendono del tutto irrilevante la certificazione resa dal medesimo Comune, peraltro privo di competenza in materia.

16.- Da ultimo, ferma restando la statuizione di irricevibilità del ricorso per motivi aggiunti, va evidenziato che lo stesso veicola una doglianza – quale quella involgente la prescrizione della pretesa – che si mostra, comunque, infondata nel merito.

La più recente giurisprudenza del giudice d’appello (cfr. Cons. giust. amm. sic., sez. giur., n. 95 del 2021, anch’essa qui richiamata per gli effetti dell’art. 88 comma 2, lett. d cod. proc. amm.) – dalla quale il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi e che smentisce sia la tesi di parte ricorrente sia quella dell’Amministrazione (la quale ha evidenziato la asserita imprescrittibilità della pretesa) – è ancora nel senso di individuare il termine di prescrizione dal rilascio della concessione edilizia in sanatoria.

Poiché nel caso di specie il provvedimento impugnato è intervenuto nell’arco di circa un anno dal rilascio della concessione edilizia, nessuna prescrizione risulta essere maturata.

17.- Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso introduttivo va rigettato mentre il ricorso per motivi aggiunti va dichiarato irricevibile, con conseguente, ovvia, cessazione degli effetti della concessa misura cautelare.

18.- Le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;
le stesse vanno compensate nei confronti dell’Assessorato dell’economia della Regione Siciliana in ragione della specifica posizione procedimentale e processuale.

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