TAR Trieste, sez. I, sentenza breve 2021-05-18, n. 202100154
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Pubblicato il 18/05/2021
N. 00154/2021 REG.PROV.COLL.
N. 00102/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 102 del 2021, proposto da
Michelus Case Snc di I P e M E, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato F S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell'Interno - Ufficio Territoriale del Governo di Gorizia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale Trieste, domiciliataria ex lege in Trieste, piazza Dalmazia, 3;
Comune di Gorizia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato S P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l'annullamento
previa concessione della misura cautelare sospensiva,
del provvedimento prefettizio di diniego, n. 0004412/Area I (Pol. Amm.) del 02 febbraio 2021 emesso in esito al ricorso gerarchico promosso dalla società odierna ricorrente in data 29 dicembre 2020 e alla stessa notificato via pec in data 02 febbraio 2021;
dell'ordinanza sindacale contingibile ed urgente n. 8/TUAM del 03 dicembre 2020 (prat. 04.06.08/5) del Comune di Gorizia oggetto del ricorso gerarchico predetto;
di tutti gli atti antecedenti, preparatori, presupposti, ad esso connessi, collegati o consequenziali anche non conosciuti, utilizzati a fini procedimentali
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione del Ministero dell'Interno – Ufficio territoriale del Governo di Gorizia e del Comune di Gorizia;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti l’art. 25 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137 e l’art. 4, comma 1, periodi quarto e seguenti del d.l. 30 aprile 2020, n. 28 (convertito con l. 25 giugno 2020, n. 70);
Relatore nella camera di consiglio del giorno 12 maggio 2021, tenutasi da remoto attraverso la piattaforma Microsoft Teams , il dott. L E R e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ordinanza emessa ai sensi dell’art. 54, comma 4, del T.U.E.L. (d.lgs. 267 del 2000) il Sindaco del comune Gorizia, sul riscontro di una situazione di grave pericolo integrata dall’esistenza di una grande quantità di rifiuti plastici ad elevato rischio di combustibilità, abbandonati all’interno di un capannone di proprietà della Michelus Case Snc (odierna ricorrente), ha ordinato alla stessa società di predisporre e depositare un piano per lo smaltimento dei rifiuti entro 45 giorni, di procedere alla completa rimozione degli stessi entro i successivi 120 giorni, di depositare una relazione che attesti l’avvenuta corretta esecuzione dell’intervento entro ulteriori 10 giorni.
1.1. La società ha presentato ricorso gerarchico al Prefetto di Gorizia. Nel provvedimento di rigetto, pur riconoscendosi l’estraneità della ricorrente rispetto all’attività di produzione e abbandono dei rifiuti, si afferma che, per effetto dell’acquisto della proprietà dell’immobile, la stessa avrebbe assunto la qualifica di “ detentore” del materiale in esso depositato, ai sensi dell’art. 10 del d.lgs. 22 del 1997 (ora art. 188 del d.lgs. 152 del 2006), con i conseguenti oneri. Quanto alla sussistenza dei caratteri di contingibilità e urgenza della misura, contestati dalla ricorrente, il Prefetto ritiene irrilevante che la situazione di pericolo fosse già nota da tempo, valorizzando la sua permanente attualità.
2. La Michelus Case Snc ricorre al Tar contro detti provvedimenti, evidenziando, tra le altre, le seguenti circostanze:
- che il deposito rifiuti è stato effettuato dalla Ecological Service Srl, fallita nel 1998, in qualità di conduttrice dell’immobile, locato dalla precedente proprietaria Centergross Sas;
- che la situazione di inquinamento era nota da tempo alle amministrazioni, come provato dalla nota del Comune del 02.11.1998, che escludeva la sussistenza di una responsabilità in capo alla Centergross Sas, dell’Azienda per i Servizi Sanitari del 10.07.1998, dall’ordinanza ex art. 14 d.lgs. 22 del 1997 emessa dal Comune in data 26.11.1998;
- che si riscontra quindi la perdurante inerzia di tutti gli enti preposti per 22 anni, dal 1998 al 2020, fino al sopralluogo operato dai Vigili del fuoco in data 22.05.2020;
- che la Società ricorrente aveva esposto la propria disponibilità ad adottare una serie di misure, tra le quali la cessione a titolo gratuito dell’immobile ove sono depositati i rifiuti in questione al Comune di Gorizia.
Nel ricorso, essa deduce i seguenti motivi di illegittimità, riferiti ad un tempo sia al provvedimento prefettizio che all’ordinanza sindacale confermata dal primo:
2.1. “ Violazione di legge ed eccesso di potere per contraddittorietà tra istruttoria svolta e provvedimento finale di diniego, e per contraddittorietà tra atti” , per avere l’ordinanza erroneamente menzionato l’art. 188 del d.lgs. 152 del 2006 e attribuito alla ricorrente la qualifica di detentore dei rifiuti fondata sulla mera presenza materiale degli stessi nel capannone di proprietà. Esso si pone altresì in contrasto con l’istruttoria, da cui risulta l’estraneità della ricorrente rispetto all’illecito di cui si tratta;
2.2. “Violazione di legge, in quanto adottato in assenza dei presupposti prescritti ex art. 54, 4° comma TUEELL 267/2000 e s.m.i. e, cioè, del fine volto a prevenire ed eliminare gravi pericoli all’incolumità pubblica e alla sicurezza urbana” , per mancanza dei caratteri di contingibilità ed urgenza, essendo il provvedimento adottato per porre rimedio ad una situazione nota al Comune di Gorizia da ben 22 anni;
2.3. “Violazione del principio di affidamento e del principio di buona fede”, perché con precedenti atti (in particolare nota, prot. n. 07.01.05/51 del 02 novembre 1998) il Comune di Gorizia aveva ritenuto insussistente la responsabilità della Centergross sas, dante causa dell’attuale ricorrente, che ha quindi acquistato l’immobile nella convinzione della legittimità della propria posizione;
2.4. “Difetto di legittimazione passiva di tipo sostanziale-procedimentale dell’odierna ricorrente che non è la legittima destinataria dell’ordinanza sindacale n. 8/TUAM citata e di tutti quelli connessi o collegati”, perché l’art. 192, comma 3 del d.lgs. 152 del 2006 individua come legittimo destinatario dell’ordine di rimozione dei rifiuti il solo soggetto responsabile dell’abbandono ( “chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2” ), non il proprietario incolpevole;
2.5. “Eccesso di potere per sviamento del potere e per ingiustizia manifesta”, perché il Comune di Gorizia ha adottato il provvedimento per un fine diverso da quello proprio e cioè per evitare le spese di rimozione e smaltimento dei rifiuti, che non potrebbero essere fatte gravare sul soggetto responsabile dell’abbandono;
2.6. “Violazione di legge (art. 192, 3° comma, II parte del d.lgs 152/2006 e s.m.i.) per omesso controllo sull’esecuzione dell’ordinanza sindacale n. 8/TUAM del 03 dicembre 2020 e omessa predisposizione delle misure necessarie per l’esecuzione coattiva della stessa da parte del Comune di Gorizia”, perché la riconosciuta assenza di qualsiasi imputabilità soggettiva della condotta di abbandono alla ricorrente avrebbe dovuto condurre il Prefetto all’annullamento dell’ordinanza.
3. Il Comune di Gorizia, nelle proprie difese, evidenzia che l’ordinanza sindacale è stata emessa ai sensi dell’art. 54, comma 4 del T.U.E.L. Ne consegue l’infondatezza di tutti i motivi di ricorso fondati sull’interpretazione di norme del Testo Unico in materia ambientale (d.lgs. 152 del 2006), che non è stato applicato nella fattispecie. Quanto invece alle contestazioni circa l’insussistenza dei presupposti per l’esercizio del potere di ordinanza, per il Comune sarebbe a tal fine sufficiente il dato – accertato dai Vigili del fuoco – dell’attualità del pericolo, non rilevando il carattere risalente dell’abbandono dei rifiuti e la non riconducibilità della situazione alla responsabilità della società ricorrente.
4. La Prefettura ha evidenziato come la società ricorrente, pur non avendo materialmente realizzato la condotta di abbandono, non sarebbe comunque del tutto estranea alla fattispecie avendo acquistato l’immobile nella consapevolezza dei rifiuti in esso depositati e quindi tenuta alla loro gestione in virtù del principio di autoresponsabilità. Essa avrebbe assunto, ai sensi del d.lgs. 152 del 2006, la qualifica di “detentore”, obbligato ad eseguire le operazioni di rimozione e smaltimento, e a sostenere le relative spese.
5. Il giudizio viene definito nel merito all’esito della trattazione dell’istanza cautelare ai sensi dell’art. 60 c.p.a., come espressamente consentito dalla legge (art. 25, comma 2, d.l. 137 del 2020) anche nel contesto del processo c.d. da remoto.
6. Il Tribunale giudica fondato il quinto motivo articolato dal ricorrente, per essere il provvedimento impugnato viziato da eccesso di potere, sotto forma di sviamento, avendo il Sindaco esercitato il potere di ordinanza contingibile e urgente al di fuori delle finalità proprie dello stesso.
7. Come riconosciuto da costante giurisprudenza, il potere riconosciuto dall’art. 54, comma 4 del T.U.E.L. deve trovare fondamento in una situazione eccezionale di pericolo effettivo, non altrimenti fronteggiabile con i mezzi ordinari apprestati dall’ordinamento, ciò costituendo il naturale corollario della “configurazione residuale, quasi di chiusura, di tale tipologia provvedimentale” ( Cons. St., sez. IV, 11 gennaio 2021, n.344;Id., sez. V, 22 marzo 2016, n. 1189;Id. sez. V, 21 febbraio 2017, n. 774;Id. sez. V, 2 ottobre 2020, n.5780 ).
8. Nel caso di specie la situazione poteva essere fronteggiata con mezzi tipizzati, cioè quelli di cui al T.U. in materia ambientale (d.lgs. 152 del 2006). A tali strumenti, naturalmente preposti a risolvere questo tipo di problematica, faceva riferimento anche la nota della Regione del 15.06.2020 (all. 14 al ricorso), che invitava il Comune a procedere “ai sensi degli artt. 191 e 192 del D.Lgs 152/06” . Come affermato da Tar Campania, Napoli, sez. V, 03 febbraio 2020, n. 494, pertanto, “la sussistenza della previsione normativa di cui all'art. 192, d.lgs. n. 152/2006, che detta specifiche norme in caso di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti, esclude la possibilità, da parte delle Pubbliche Amministrazioni, di ricorrere al potere extra ordinem proprio dei provvedimenti contingibili e urgenti”. Infatti, “il potere sotteso all'adozione di un'ordinanza contingibile e urgente ha necessariamente contenuto atipico e residuale e può essere esercitato solo quando specifiche norme di settore non conferiscono il potere di emanare atti tipici per risolvere la situazione di emergenza”
9. Nello specifico, la scelta del Comune di adottare un’ordinanza contingibile e urgente, come emerge dagli atti dell’istruttoria, appare dettata dal riscontro delle difficoltà – se non della radicale impossibilità - di accertare i più rigorosi presupposti sostanziali per le misure ambientali, fissati dagli artt. 188 e 192 del d.lgs. 152 del 2006, con il conseguente rischio di dover sopportare direttamente, almeno in prima battuta, le ingenti spese di rimozione.
9.1 È infatti lo stesso Comune a riconoscere (si veda la nota del 07.09.2020 rivolta alla prefettura e prodotta sub all. 21) le criticità riscontrate nell’applicazione dei rimedi tipizzati. In particolare, “non sussistono i presupposti per l’emanazione di un’ordinanza ai sensi dell’art. 192, comma 3, del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i., posto che l’attuale proprietario è palesemente incolpevole ed atteso che il responsabile dell’abbandono è stato chiaramente individuato nell’ordinanza sindacale dd. 26/11/1998 - prot. 52345/98, con la quale è stato altresì escluso ogni profilo di colpa anche nei confronti del precedente proprietario” ;al contempo “non sono state individuate disposizioni che prevedano possibilità per il Comune di assumere provvedimenti ordinatori e sostitutivi nel caso in cui il detentore dei rifiuti non provveda secondo quanto previsto dal citato art. 188 del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i.”.
10. Con l’ordinanza ex art. 54, comma 4 d.lgs. 267 del 2000, il Comune di Gorizia, fondandosi sul rinnovato riscontro (a seguito dell’intervento in loco dei Vigili del fuoco in data 22.05.2020) della pericolosità di un deposito di rifiuti esistente almeno dal luglio del 1998 (e da pari data conosciuto, come si dirà), ha potuto perseguire l’effetto di imputare alla Società ricorrente gli oneri e i costi di rimozione, attraverso un iter procedimentale decisamente meno tortuoso di quello che sarebbe disceso dall’applicazione delle norme in materia ambientale. Un siffatto agire appare però contrario ai principi di collaborazione e buona fede (art. 1, comma 2- bis della l. 241 del 1990) che devono guidare i rapporti tra amministrazione e cittadini, oltre che, come detto, viziato da eccesso di potere per sviamento.
11. Anche nella presente sede processuale il Comune si premura di chiarire che il provvedimento non ha inteso in alcun modo fare riferimento alla normativa in materia ambientale - “è importante sottolineare fin da subito che si tratta di un'ordinanza ex art. 54 del D.Lgs. n. 267/2000 (TUEL) e non di un'ordinanza ex art. 192 del D.Lgs. n. 152/2006 (Testo unico in materia ambientale)” – alle cui disposizioni l’adito Tar non dovrebbe quindi guardare per sindacare la legittimità della misura. Tuttavia, tanto l’ordinanza sindacale (pag. 7) che – soprattutto – il provvedimento di rigetto del ricorso gerarchico, valorizzano nelle rispettive motivazioni la qualità di “detentore” dei rifiuti (ai sensi dell’art. 188 del d.lgs. 152 del 2006 e della normativa europea), rivestita dalla Società ricorrente. Su tale circostanza la Prefettura argomenta, in via del tutto prevalente, anche nella memoria depositata nella presente sede processuale.
11.1. L’elemento della detenzione del rifiuto ai sensi della normativa ambientale, di incerta consistenza e difficile riscontro, appare però del tutto irrilevante ai fini dell’emissione di un’ordinanza ex art. 54 comma 4, T.U.E.L. – la quale può essere rivolta ad un soggetto sul mero presupposto della “materiale disponibilità” di un bene (cfr. Cons. St. sez. II, 22 gennaio 2020, n.536 ) – e sarebbe utile piuttosto ad individuare il soggetto tenuto alle operazioni di trattamento, ai sensi dell’art. 188 del d.lgs. 152 del 2006. Proprio l’ambiguità e la contraddittorietà intrinseca della motivazione dimostra l’evidente contaminazione tra strumenti differenti, realizzata dall’amministrazione comunale e giudicata legittima dalla Prefettura in sede di ricorso gerarchico, indice della volontà di fare ricorso al potere di ordinanza per “semplificare” la propria azione e sfuggire alle più ristrette maglie applicative del potere tipizzato, attraverso un’ordinanza “ibrida” non del tutto riconducibile né all’una e né all’altra funzione.
11.2. Si rileva poi che anche all’interno del sistema disegnato dal T.U. in materia ambientale, gli strumenti dettati in materia di gestione e trattamento dei rifiuti rispondono a presupposti e finalità differenti, che non possono essere impropriamente sovrapposti. Così Tar Lombardia, sez. III, 9 maggio 2020, n. 777 ha rilevato l’illegittimità di un’ordinanza di rimozione ex art. 192 del d.lgs. n. 152 del 2006 emessa nei confronti del detentore dei rifiuti, tenuto ai diversi obblighi sanciti dall’art. 188 del medesimo decreto (“ è pertanto in rapporto a tale attività di gestione e all'instaurarsi, con la presa in consegna, dell'obbligo per il ricorrente, in qualità di detentore di rifiuti, di provvedere direttamente al loro trattamento, oppure di consegnarli ad un intermediario, ad un commerciante, ad un ente o impresa che effettua le operazioni di trattamento dei rifiuti, o ad un soggetto pubblico o privato addetto alla raccolta dei rifiuti (ex art. 188 del d.lgs. n. 152 del 2006), che il Comune convenuto avrebbe dovuto (e dovrà, in relazione all'effetto conformativo della presente pronuncia),nell'ambito delle sue competenze e delle sue autonome valutazioni, rimodulare il suo intervento ”). A fronte di un sistema così specificamente disciplinato, che prevede misure differenziate e parametrate a seconda del ruolo rivestito dal soggetto e del suo grado di responsabilità, è ancor più evidente l’inappropriatezza del ricorso ad uno strumento atipico e residuale, come l’ordinanza contingibile e urgente. Questa avrebbe l’effetto di assimilare fattispecie differenti e soggette a diversa disciplina, di fatto equiparando, sotto lo “schermo” di una situazione di pericolo, la posizione del ricorrente – che potrebbe al più essere qualificato “detentore” dei rifiuti – a quella dell’autore materiale delle condotte di abbandono illecito, pur sul pacifico e riconosciuto presupposto della sua estraneità materiale ai fatti.
12. Sotto altro profilo, se pure è vero che il carattere risalente della fonte di pericolo non è di per sé ostativo all’emanazione di un’ordinanza ex art. 54, comma 4 T.U.E.L., non può non attribuirsi rilievo, quali indici rivelatori dell’eccesso di potere, alle circostanze valorizzate dalla società ricorrente, in quanto rappresentative della colpevole inerzia delle amministrazioni, protrattasi per oltre vent’anni.
12.1. La situazione che il Comune ha deciso di fronteggiare in via d’urgenza nel dicembre 2020 era infatti già nota almeno a partire dal luglio 1998, come risulta dalla nota dell’Azienda Sanitaria Isontina del 10.07.1998 (all. 13 al ricorso). Ancora, nella motivazione dell’ordinanza ex art. 14 del d.lgs. 22 del 1997 (all. 15), emessa nei confronti della società responsabile dell’abbandono dei rifiuti in data 26.11.1998, il Comune valorizza un pericolo descritto in termini del tutto corrispondenti a quello che ventidue anni dopo ha fondato l’emanazione dell’ordinanza impugnata, correlato al rischio di incendio per la facile combustibilità dei materiali e alla vicinanza di un distributore di carburante, della ferrovia e dell’ospedale.
12.2. Anche tali elementi, pur non comportando l’illegittimità dell’ordinanza per diretto contrasto con la norma attributiva del potere (con conseguente infondatezza del secondo motivo di ricorso, fondato sulla violazione dell’art. 54, comma 4 del T.U.E.L.), portano a ritenere che la riscontrata urgenza e indifferibilità dell’intervento sia stata quantomeno accentuata, per non dire strumentalizzata, al fine di giustificare il ricorso al rimedio atipico ed eccezionale, quale modalità più lineare ed economica per tentare una risoluzione della problematica.
13. Per le ragioni esposte, il ricorso deve essere accolto, con conseguente annullamento degli atti impugnati.
13.1. Rimangono assorbiti i restanti motivi di ricorso, con cui si deducono vizi riferiti ad un potere – quello fondato sul d.lgs. 152 del 2006 – che l’amministrazione Comunale, come dalla stessa riconosciuto, non ha inteso esercitare attraverso l’ordinanza del 03.12.2020.
13.2. In considerazione della novità della questione, il Tribunale ritiene di compensare le spese di lite.