TAR Roma, sez. 3S, sentenza 2020-08-17, n. 202009229
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Pubblicato il 17/08/2020
N. 09229/2020 REG.PROV.COLL.
N. 01461/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Stralcio)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1461 del 2012, proposto da
Provincia Religiosa di San Pietro - Ordine Opedaliero di San Giovanni di Dio - Fatebenefratelli - Villa San Pietro, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato S B, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, corso Trieste, 88;
contro
Regione Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato R B, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Marcantonio Colonna, 27;
Presidente Regione Lazio - Commissario ad Acta per il Piano di Rientro Dai Disavanzi Regionali per la Spesa Sanitaria, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Asl 105 - Rm/E non costituito in giudizio;
nei confronti
Azienda Policlinico Umberto I di Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Paola Baglio, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale del Policlinico, 155;
Aurelia Hospital, European Hospital non costituiti in giudizio;
per l'annullamento
decreto 113/11: ripartizione del fsr 2011 - finanziamento delle aziende sanitarie locali ex art 2 co 2-sexies lett d) d lgs 502/92 e ss.mm - determinazione del finanziamento delle funzioni assistenziali ospedaliere.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Lazio e di Presidente Regione Lazio - Commissario ad Acta per il Piano di Rientro dai Disavanzi Regionali per la Spesa Sanitaria e di Azienda Policlinico Umberto i di Roma;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 24 luglio 2020 la dott.ssa Claudia Lattanzi, tenutasi secondo le modalità di cui all’art.84 del D.L. n.18/2020, conv. in legge n. 24/2020,;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
L'ospedale ricorrente, ospedale classificato accreditato obbligatoriamente con il servizio sanitario nazionale nell'ambito dell'AUSL Roma E, ha impugnato il decreto 113/2011 del Presidente della Regione del Lazio, in qualità di Commissario ad Acta, avente per oggetto il “ Riparto del F.S.R. per l'anno 2011 Finanziamento delle Aziende Sanitarie Locali, art 2 comma 2 - sexies lett. D), del D.Lgs. 502/92 e successive modificazioni ed integrazioni. Determinazione delle funzioni assistenziali ospedaliere, art. 8 sexies, comma 2 D.Lgs. 502/92 ”.
Il ricorrente ha dedotto i seguenti motivi: 1. Violazione dell'art. 8 sexies del d.lgs n. 502/92 e del d.m. del 30.6.97. Violazione dei principi di efficienza e buona amministrazione. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, difetto di motivazione e illogicità. 2. Violazione del principio di irretroattività degli atti amministrativi. Violazione del principio di buona amministrazione. Eccesso di potere per sviamento. 3. Violazione del principio di buona amministrazione ex art. 97 Cost. e del diritto alla salute ex art. 32 Cost. Violazione dei principi procedimentali di cui alla l. 241/90. Violazione dell'art. 32 comma 8 della legge n. 449 del 27.12.1997, dell'art. I comma 32 della l. 23.12.1996, n. 662, dell'art. 2 comma 8 della l. 28 dicembre 1995 n. 549 e dell'art. 8 quinquies del d.igt. 502/92. Eccesso di potere per difetto d'istruttoria. Eccesso di potere, per sviamento. Eccesso di potere per contraddittorietà. 4. Errore in iudicando. Violazione dell'art. 9 del d.l. n. 203 del 30.9.2005, convertito in l n. 248 del 2.12.05. Eccesso di potere per sviamento e imparzialità. 5. Incostituzionalità in subordine, per violazione degli arti. 3, 41 e 97 Cost., del d.l. n. 203 del 30.9.2005, convertito in I. n. 248 del 2.12.05, e confermato dai commi 17 e 71 dell'art. 2 della 1. n. 191/2009 (legge finanziaria 2010).
Sostiene il ricorrente: che il sistema di remunerazione disegnato dal decreto non si basa sulla ricognizione dei costi realmente sostenuti dall'ospedale ricorrente in relazione alle attività;che, in relazione alle varie attività, il sistema previsto dalle varie tabelle non riconosce l’intero pagamento dei costi sostenuti dalle strutture, ma si limita a prevedere una somma complessiva per la remunerazione della specifica attività, distribuita tra le varie strutture sulla base di determinati criteri presuntivi;che il sistema non chiarisce come la somma totale per ogni singola funzione — ritenuta un limite irrevocabile — possa essere distribuita tra i vari soggetti erogatori nell’ipotesi in cui la loro rendicontazione finale porti a dei risultati diversi dalle somme attribuite inizialmente con il decreto;quanto alla quota relativa al finanziamento dei maggiori costi per le attività di emergenza, urgenza e per le reti regionali dell'emergenza (tabella I): che il sistema attribuisce un peso particolarmente rilevante al valore della produzione per acuti, differente dalla produzione delle prestazioni d'emergenza;che il sistema è illegittimo anche nell'attribuzione degli specifici punti assegnati in considerazione in relazione al peso totale struttura;quanto alla Quota relativa al finanziamento per il maggior costo per le attività di terapia intensiva, di terapia intensiva neonatale e di unità coronaria (tabella 2): che dalla tabella 2 non emerge in alcun modo quali siano gli standard organizzativi e di costo predefiniti dei fattori produttivi per tipologia di posto letto, limitandosi la tabella ad individuare il numero dei posti letto assegnati alla struttura e non precisando gli standard di costo dei fattori produttivi relativi ai singoli posti letto;che non è stato considerato il rapporto, per ciascun istituto di cura, fra il numero delle giornate di degenza erogate dalle unità di terapie intensiva ed il numero di degenza erogate in generale;quanto alla Quota relativa al finanziamento dei maggiori costi connessi alle attività dei programmi di assistenza a malattie rare (tabella 3): che non è inserito nella tabella 3, nonostante che esso sia "Centro Regionale per il trattamento della sclerosi multipla;che il decreto impugnato non precisa le ragioni per cui sono beneficiari di finanziamento solo i Centri Regionali di cui alla DGR n. 20 del 17.1.2005;quanto alla Quota relativa al finanziamento dei maggiori costi assistenza nelle strutture con presenza percorsi formativi universitari delle facoltà di medicina (tabella 7): che tra i soggetti che beneficiano dei finanziamenti, non vi è l'ospedale ricorrente, nonostante sia sede della Laurea di primo livello di Infermieristica e Ostetricia, convenzionate con la Sapienza;quanto alla Quota relativa al finanziamento dei maggiori costi connessi alle attività dei centri regionali di riferimento (tabella 5): che nella predetta tabella non è incluso l'ospedale ricorrente, nonostante sia Centro Regionale per il trattamento dell'artrite reumatoide, Centro Regionale per il trattamento delle Malattia di Alzheimer;che gli atti con cui vengono determinate le tariffe sanitarie non possono essere retroattivi;che non vi è stata alcuna contrattazione;che il costo del personale deve includere anche i costi sostenuti per i rinnovi contrattuali e l'indennità di esclusiva;che qualora si ritenesse che le predette norme non estendano il predetto beneficio del finanziamento degli oneri contrattuali, ivi compresa l'indennità di esclusiva, anche agli ospedali classificati, è evidente che ci sono fondate ragioni per affermare la sua incostituzionalità.
Si sono costituite la Regione e l’Azienda Policlinico Umberto I controdeducendo nel merito.
All’udienza del 24 luglio 2020, tenutasi secondo le modalità di cui all’art.84 del D.L. n.18/2020, conv. in legge n. 24/2020, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Il ricorso è infondato.
In primo luogo appare opportuno richiamare la costante giurisprudenza di questo Tribunale (da ultimo si veda la sentenza 7779/2020) con la quale si evidenzia la erroneità della tesi che si fonda sulla completa equiparazione tra gli ospedali privati classificati e gli ospedali pubblici, in quanto gli ospedali religiosi non sono completamente assimilati alle strutture ospedaliere pubbliche, rilevando in contrario il fatto che restano, tra l'altro, enti di diritto privato con autonomia gestionale e sono sottratti al sistema della finanza pubblica di cui alla legge n. 468/1978.
Soprattutto perché essi, in base all’art. 79 del d.l. n. 112/2008 (convertito nella legge n. 133/2008) esercitano le attività assistenziali con oneri a carico del SSN esclusivamente nei limiti di quanto stabilito dagli specifici accordi di cui all'art. 8 quinquies del d.lgs. n. 502/1992 (cfr. C.d.S., Sez. III, 16 gennaio 2017, n. 109), e dunque, essendo equiparate, ma non totalmente assimilabili, alle strutture ospedaliere pubbliche, sono soggetti al rispetto del tetto di spesa predeterminato fissato dalla Regione Lazio e non si pongono in rapporto di diretta concorrenzialità con gli ospedali pubblici.
Secondo un orientamento ormai consolidato della giurisprudenza amministrativa (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, n. 697/2013), risulta evidente che la Regione debba farsi carico degli oneri finanziari connessi alla erogazione di prestazioni sanitarie da parte delle aziende ospedaliere pubbliche e che, comunque, “ non sussiste un obbligo di ripiano neppure nei confronti delle Aziende ospedaliere pubbliche, posto che nei confronti di esse la decisione della Regione di procedere al ripiano delle perdite non è configurabile come un riconoscimento di maggiori oneri rispetto a quelli programmati, bensì come ristoro del capitale netto ” (Consiglio di Stato n. 697/2013 citata);la Regione, quindi, interviene per il ripianamento delle Aziende ospedaliere pubbliche in qualità di titolare dell'azienda che rientra nei beni patrimoniali pubblici.
Invece, le altre strutture sanitarie (come la ricorrente), pur equiparate, sono, comunque, soggetti di proprietà privata, al cui titolare (che ha piena autonomia di gestione) compete di provvedere alla copertura di eventuali perdite;inoltre dal quadro normativo emerge che le strutture in questione, in quanto soggetti distinti dall'Amministrazione pubblica, non hanno obblighi di rendicontazione e non sono soggette alle dirette interferenze pubbliche nelle scelte aziendali, ma solo ai vincoli della programmazione pubblica, che si estrinsecano mediante l'assegnazione di finanziamenti agli investimenti oppure la determinazione dei tetti di spesa (così ancora Consiglio di Stato n. 109/2017).
Per quanto riguarda la dedotta illegittimità della retroattività della determinazione delle tariffe, si richiama la decisione dell’Adunanza Plenaria n. 8/2006, la quale ammette che si possano determinare tetti di spesa con effetti retroattivi, considerato che “ in un sistema nel quale è fisiologica la sopravvenienza dell'atto determinativo della spesa, solo in epoca successiva all'inizio di erogazione del servizio, gli interessati potranno aver riguardo - fino a quando non risulti adottato un provvedimento - all'entità delle somme contemplate per le prestazioni dei professionisti o delle strutture sanitarie dell'anno precedente, diminuite, ovviamente, della riduzione della spesa sanitaria effettuata dalle norme finanziarie dell'anno in corso ”.
L’Adunanza Plenaria inoltre, con la sentenza n. 4 del 2012 ha espressamente statuito che “ l'esercizio, con effetto ex tunc, del potere di programmazione si svolga in guisa da bilanciare l'esigenza del contenimento della spesa con la pretesa degli assistiti a prestazioni sanitarie adeguate e, soprattutto, con l'interesse degli operatori privati ad agire con un logica imprenditoriale sulla base di un quadro, nei limiti del possibile, certo e chiaro circa le prestazioni remunerabili e le regole applicabili (Cons. Stato, sez. V, 11 agosto 2010, n. 5632) ”.
È stato inoltre rilevato che “ la retroattività in corso d'anno dei tetti di spesa è legittima e intrinseca al sistema sanitario pubblico, in cui è fisiologico che il budget da ripartire sia calcolato ad anno già in corso alla stregua dei risultati di finanza pubblica e dei tagli di conseguenza eventualmente necessari ” (Cons. St., sez. III, 29 novembre 2018, n.6802)
“Deve altresì aggiungersi che i principi regolatori della negoziazione con le strutture erogatrici vengono fissati a livello regionale di anno in anno, mediante appositi provvedimenti che esauriscono la loro efficacia nell'annualità di riferimento, connotandosi di una transitorietà incompatibile con la genesi, in capo agli operatori del settore, di un ragionevole affidamento sulla protrazione, anche per gli anni successivi, dei relativi effetti: ciò che, del resto, sarebbe confliggente con l'esigenza di esercizio efficiente del potere di programmazione, il quale esige il costante adattamento alle esigenze di fabbisogno ed ai limiti finanziari intrinsecamente mutevoli nel tempo, anche in forza delle sopravvenute disposizioni nazionali intese a fissare (ed aggiornare) gli obiettivi in termini di risparmio di spesa.
Peraltro, proprio la caratteristica di transitorietà, connaturata al potere di programmazione, preclude la formazione in capo alle strutture erogatrici, nelle more del suo esercizio, di un serio affidamento in ordine alla prosecuzione del regime previgente, al pari del fatto che l'entrata in vigore delle nuove regole di programmazione, lungi dall'intervenire, con effetti sovvertitori, su un assetto regolatorio già consolidato ed operativo, si limita a colmare un vuoto normativo, solo provvisoriamente disciplinato dalla proroga dei criteri di remunerazione dettati per le annualità precedenti ” (Cons. St., sez. III, 13 maggio 2020, n.3044).
Ciò premesso deve essere respinto il profilo di censura con il quale si deduce il mancato coinvolgimento delle strutture ospedaliere, ai sensi dell’art. 7 e ss della legge n. 241/1990, nella individuazione dei parametri di riferimento finalizzati alla individuazione delle strutture beneficiarie del finanziamento, in quanto a causa dei ristretti limiti di spesa delle Regioni, appare evidente come nel caso di specie non residuasse oramai spazio alcuno per tale attività istruttoria o per una individuazione concordata di tali parametri.
Per le restanti censure << possono essere richiamati i consolidati assunti giurisprudenziali per cui la facoltà, per le Regioni, di determinare criteri per la remunerazione delle prestazioni erogate al di sopra del tetto di spesa previsto dall'art.