TAR Campobasso, sez. I, sentenza 2023-05-23, n. 202300169

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Campobasso, sez. I, sentenza 2023-05-23, n. 202300169
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Campobasso
Numero : 202300169
Data del deposito : 23 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 23/05/2023

N. 00169/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00476/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 476 del 2018, proposto dall’Immobiliare Arlem s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avv. C P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

il Comune di Vinchiaturo, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avv.ssa A F F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

- della nota del Comune di Vinchiaturo del 22 novembre 2018, recante il diniego del rimborso degli oneri di urbanizzazione versati dalla ricorrente;

- di ogni altro atto presupposto, connesso e comunque consequenziale, che incida sfavorevolmente sulla posizione giuridica della ricorrente;

nonché per la condanna alla restituzione dell’indebito, ai sensi degli artt. 2033 e 2041 cod.civ., per la complessiva somma di euro 13.556,63.

Visti il ricorso, le memorie e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio e le memorie del Comune di Vinchiaturo;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 maggio 2023 il dott. Massimiliano Scalise e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO



1 - Col ricorso introduttivo del presente giudizio l’Immobiliare ARLEM s.r.l. (di seguito “Arlem”) ha agito in giudizio per ottenere la restituzione, da parte del Comune di Vinchiaturo, degli oneri di urbanizzazione a questo versati per un importo pari a euro 13.556,63, previo annullamento della nota dello stesso Comune del 22 novembre 2018 recante il diniego del loro rimborso.

2 – In particolare, la ricorrente ha esposto: i) che il 25 agosto 1997 il Comune rilasciava, in favore della Arlem Arredamenti s.r.l. (poi divenuta Immobiliare Arlem s.r.l.) una concessione edilizia per la realizzazione di un capannone per l’esposizione dei mobili;
ii) di aver successivamente richiesto il rilascio di una nuova concessione edilizia per la costruzione di un fabbricato espositivo nello stesso luogo, concessione rilasciata dal Comune il 5 aprile 2000;
iii) che in detta seconda concessione si attestava il pagamento, da parte della società richiedente, di euro 13.143,19 per oneri di urbanizzazione, e si prevedeva che “ i lavori devono essere iniziati entro un anno dalla data della presente concessione ed ultimati entro tre anni dalla stessa data ”;
iv) che i lavori assentiti, però, non venivano eseguiti neanche in parte;
v) che essa società il 27 novembre 2013 aveva inoltrato istanza di rimborso del contributo pagato al Comune, in conseguenza della mancata realizzazione dei lavori oggetto della concessione;
vi) che il Comune con PEC del 27 novembre 2018 rigettava tale richiesta di rimborso, adducendo che il credito rivendicato risultava già prescritto alla data di inoltro dell’istanza;
vii) di essere insorta dinanzi a questo T.A.R. avverso tale diniego, chiedendone la caducazione e la condanna del Comune alla restituzione dei predetti importi versati.

3 – Con il proprio ricorso la società in epigrafe ha dedotto che: i) il termine prescrizionale del diritto alla restituzione degli oneri versati non avrebbe mai cominciato nella fattispecie il proprio decorso, in quanto a tale fine sarebbe stata indispensabile l’adozione, da parte del Comune, della espressa declaratoria della decadenza del titolo concessorio per mancato inizio dei lavori, in assenza della quale gli effetti della prescrizione sarebbero rimasti sospesi;
ii) in ogni caso, la decadenza del titolo concessorio si sarebbe potuta concretizzare solo allo spirare dei tre anni previsti, a far tempo dal rilascio del titolo, per l’ultimazione dei lavori;
iii) la nota comunale impugnata sarebbe quindi viziata per difetto di istruttoria e di motivazione, per non aver tenuto in considerazione i surrichiamati elementi;
iv) la medesima nota sarebbe, infine, essa stessa interruttiva della prescrizione, in quanto conterrebbe un riconoscimento implicito della debenza al privato degli importi da rimborsare.

4 – Il Comune di Vinchiaturo si è costituito in resistenza al ricorso e con memoria ha confutato in maniera articolata le deduzioni ricorsuali. Fra l’altro, ha sostenuto che il dies a quo della prescrizione del diritto alla ripetizione degli oneri di urbanizzazione coincideva con la data a partire dalla quale la loro restituzione avrebbe potuto essere richiesta, e cioè con la scadenza del termine annuale fissato dal titolo concessorio per l’inizio dei lavori assentiti, termine la cui scadenza era efficace, ai fini indicati, anche in difetto di una espressa pronuncia decadenziale dell’Amministrazione.

5 – In vista dell’udienza pubblica di discussione le parti hanno, con memorie e repliche, meglio articolato e puntualizzato le rispettive tesi.



6 - All’udienza del 10 maggio 2023, all’esito della discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

7 – Il Tribunale deve preliminarmente affermare la giurisdizione del Giudice amministrativo sulla presente controversia, che concerne la pretesa di parte ricorrente di ottenere il rimborso del contributo di costruzione in materia edilizia a suo tempo versato al resistente Comune.

Difatti, secondo una consolidata giurisprudenza, dalla quale il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi, ogni controversia attinente alla spettanza e liquidazione del contributo per gli oneri di urbanizzazione è riservata alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo ai sensi dell'art. 133, comma 1, lett. f), cod. proc. amm.;
siffatto contenzioso, è stato altresì precisato, ha per oggetto l'accertamento di un rapporto di credito a prescindere dall’esistenza di atti dell’Amministrazione, e non è quindi soggetto alle regole delle azioni impugnatorie degli atti amministrativi e ai rispettivi termini di decadenza (cfr. ex plurimis Cons. St., IV, n. 5096/2018;
id., VI, n. 2294/2015;
T.A.R. Lombardia, Milano, II, n. 223/2022;
id., n. 858/2020;
T.A.R. Abruzzo, L'Aquila, n. 610/2017).

8 – Il costante insegnamento giurisprudenziale ha parimenti chiarito, sul piano sostanziale, che, nel caso in cui il privato rinunci al permesso di costruire, o comunque non lo utilizzi, ovvero quando sia intervenuta la decadenza del titolo edilizio, sorge per ciò stesso in capo all’Amministrazione, ai sensi dell'art. 2033 o dell'art. 2041 cod. civ., l’obbligo di restituzione delle somme da essa in precedenza percepite a titolo di contributo per oneri di urbanizzazione, e conseguentemente il correlativo diritto del privato a pretenderne il rimborso (cfr. ex multis Cons. St., II, n. 3456/2017;
CGA n. 427/2017).

La giurisprudenza è concorde pure nel ritenere che il diritto alla restituzione sorga non solamente nel caso in cui la mancata realizzazione delle opere sia stata totale, ma anche ove il permesso di costruire sia stato utilizzato solo parzialmente, per cui l’avvalimento solo parziale delle facoltà edificatorie comporta il sorgere, in capo al titolare, del diritto alla rideterminazione del contributo e alla restituzione della sua pertinente quota, da calcolarsi con riferimento alla porzione non realizzata (cfr. Cons. St., II, n. 4633/2021).

Il contributo concessorio, infatti, è strettamente connesso all'attività di trasformazione del territorio, e pertanto, ove tale circostanza non si verifichi, il relativo pagamento risulta privo della causa dell'originaria obbligazione di dare, e per conseguenza l'importo versato va restituito.

Resta da dire infine, in chiave introduttiva, che il contributo per gli oneri di urbanizzazione, previsto in coerenza con la natura onerosa del permesso di costruire, costituisce un corrispettivo di diritto pubblico, perché legato, sia pure in senso non sinallagmatico, al titolo autorizzatorio, ma “ nell'ambito di un rapporto obbligatorio a carattere paritetico e soggetto, in quanto tale, al termine di prescrizione decennale ” (cfr. in tal senso Cons. St:, Ad. Plen., n. 12/2018;
in senso analogo T.A.R. Campania, Napoli, VIII, n. 3553/2019).

9 – Tutto ciò premesso, assume rilevanza focale, al fine di vagliare la legittimità del diniego di restituzione impugnato, e quindi la fondatezza della pretesa restitutoria azionata dalla ricorrente, la questione dell’identificazione del dies a quo della prescrizione decennale del credito alla restituzione degli importi versati a titolo di oneri di urbanizzazione.

9.1 – Al riguardo, il Collegio non ha motivo di discostarsi dall’orientamento giurisprudenziale consolidato nel senso che, ai fini della decorrenza dell'ordinario termine di prescrizione decennale relativo alla restituzione di somme pagate a titolo di oneri di urbanizzazione e di costo di costruzione, il relativo dies a quo deve essere individuato nel momento in cui tale diritto al rimborso può essere effettivamente esercitato dal privato, vale a dire alla data di scadenza del termine di decadenza del titolo edilizio (cfr. ex plurimis T.A.R. Puglia, Lecce, I, n. 1289/2022;
T.A.R. Umbria, I, n. 648/2022;
T.A.R. Trentino-Alto Adige, Trento, I, n. 103/2021;
T.A.R. Lazio, Roma, II- quater , n. 134/2020;
T.A.R. Umbria, n. 582/2018;
T.A.R. Abruzzo, L'Aquila, n. 610/2017;
T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, Sez. II, n. 489/2013).

Ora, nella fattispecie in esame, essendo incontestato che i lavori oggetto della concessione non sono mai stati eseguiti neppure in parte, tale momento non può che coincidere con il decorso dell’anno dal rilascio della concessione. A far tempo da tale data, infatti, si è determinata la decadenza del titolo edilizio, per la vana scadenza del termine da esso stesso assegnato per l’inizio dei lavori. E sin da tale momento la ricorrente ha avuto la possibilità legale di esercitare il proprio diritto al rimborso di quanto versato a titolo di oneri di urbanizzazione.

A tale stregua, tenuto conto che la concessione è stata rilasciata il 5 aprile 2000, e che i relativi lavori non hanno mai avuto inizio, la ricorrente avrebbe quindi potuto richiedere la restituzione degli importi corrisposti già dal 5 aprile 2001, mentre invece essa ha lasciato trascorrere ben più di 10 anni prima di richiedere per la prima volta il rimborso di cui si tratta. La società, infatti, ha provveduto in tal senso soltanto il 27 novembre 2013, ad una data, cioè, in cui ormai la prescrizione del diritto si era irretrattabilmente compiuta.

Per quanto precede, legittimamente la nota comunale impugnata è pervenuta a denegare la restituzione degli importi richiesti dalla ricorrente.

L’interpretazione normativa alla base di tale nota è difatti del tutto coerente con la disciplina civilistica in tema di decorrenza della prescrizione, e segnatamente con l’art. 2935 cod.civ., a mente del quale “ la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere ”. Difatti: i) a tal fine deve aversi riguardo unicamente al momento in cui matura la possibilità legale di far valere il diritto soggetto a prescrizione;
ii) risultano perciò del tutto irrilevanti sia le ipotetiche difficoltà di fatto dell’interessato, sia le situazioni di ignoranza o incertezza, non importa se colpevole o non, in ordine all’esistenza del diritto e alla possibilità di esercitarlo (cfr. ex multis Cass.Civ., III, n. 2913/2002;
id. n. 6209/1999;
id., n. 5682/1985).

In particolare, secondo l’insegnamento giurisprudenziale, “ l’impossibilità di far valere il diritto, alla quale l'articolo 2935 del codice civile attribuisce rilevanza di fatto impeditivo della decorrenza della prescrizione, è solo quella che deriva da cause giuridiche che ne ostacolino l'esercizio e non comprende anche gli impedimenti soggettivi o gli ostacoli di mero fatto, per i quali il successivo articolo 2941 del codice civile prevede solo specifiche e tassative ipotesi di sospensione, non rientra l'ignoranza, da parte del titolare, del fatto generatore del suo diritto, il dubbio soggettivo sull'esistenza di tale diritto, né il ritardo indotto dalla necessità del suo accertamento ” (cfr. Cass Civ., II, n.40104/2021).

9.2 - Alla luce di tanto, risulta destituita di fondamento la tesi della ricorrente per cui ai fini della decorrenza del termine di prescrizione sarebbe stata necessaria la previa adozione, da parte dell’Amministrazione, di un espresso provvedimento dichiarativo della decadenza del titolo concessorio (provvedimento in difetto del quale gli effetti della prescrizione sarebbero rimasti sospesi).

9.2.1 - La tesi dell’asserita indispensabilità, ai fini in discussione, di un espresso provvedimento di decadenza del titolo edilizio risulta smentita:

- dal tenore della normativa applicabile ratione temporis alla fattispecie in scrutinio (art. 4 l. n. 10/1977), ai sensi della quale: i) l’effetto decadenziale è ricollegato al mero decorso del termine senza che i lavori siano iniziati o ultimati;
ii) non è necessaria a tal fine l’intermediazione di provvedimenti amministrativi di alcun tipo;
in questo senso, la giurisprudenza ha condivisibilmente affermato che: a) “ una volta inutilmente decorso il termine per il compimento dei lavori, la decadenza si produce di diritto, qualora il termine stesso non sia stato prorogato, senza bisogno di alcuna pronuncia da parte dell'autorità, a differenza della proroga che richiede un provvedimento motivato ” (cfr. Cons. St., II, n. 1451/2021 e in senso analogo id., IV, n. 5899/2019);
b) “ l’effetto decadenziale del permesso di costruire si riconnette al mero dato fattuale del mancato avvio o della mancata conclusione dei lavori entro i termini fissati dalla legge, giacché la decadenza del permesso di costruire costituisce effetto automatico del trascorrere del tempo ” (cfr. in tal senso Cons. St., I, n. 1932/2020);

- dalla considerazione della valenza riconnessa in giurisprudenza al provvedimento di decadenza eventualmente adottato dall’Amministrazione: il riconoscimento della natura meramente dichiarativa e ricognitiva di tale provvedimento (sostanziantesi nell’accertamento di un effetto che consegue già ex lege dal presupposto legislativamente indicato) conferma ulteriormente, infatti, che lo stesso non è necessario né per il perfezionamento della fattispecie della decadenza del titolo edilizio, né per l’insorgere del presupposto per far valere il diritto alla restituzione degli oneri di urbanizzazione versati (cfr. da ultimo T.A.R. Campania, Salerno, I, n. 2705/2022);

- dalla non riconducibilità della fattispecie invocata dalla ricorrente a nessuna delle ipotesi di sospensione della prescrizione previste dagli artt. 2941 e 2942 cod.civ., da ritenersi tassative e insuscettibili di applicazione analogica (cfr. ex multis Cass. Civ., SS.UU. n. 575/2003);

- dall’insussistenza di qualsiasi ragionevole incertezza risentita dalla ricorrente in merito al momento del verificarsi della decadenza, nonché al momento dal quale poter richiedere la restituzione degli oneri di urbanizzazione versati, considerato che: i) è incontestato che i lavori oggetto della concessione non hanno mai avuto inizio;
ii) il titolo edilizio recava espressa e inequivoca menzione dei termini per iniziare e ultimare i lavori a pena di decadenza del titolo stesso;

- dalla irragionevolezza, infine, delle conseguenze che deriverebbero dalla tesi della ricorrente, atteso che, a voler ipoteticamente seguire quest’ultima, il verificarsi della decadenza, e il momento a partire dal quale dover chiedere la restituzione degli oneri di urbanizzazione versati, dipenderebbero non solo da un comportamento del titolare stesso, ma anche dalla condotta dell’Amministrazione, la quale potrebbe in taluni casi adottare un provvedimento espresso e in altri casi no, con il rischio del verificarsi di ipotesi di disparità di trattamento tra situazioni che nella sostanza si presenterebbero tuttavia identiche (cfr. in tal senso T.A.R. Lazio, Roma, II, n. 10766/2019);
per converso, proprio l’espressa previsione normativa, a opera dell’art. 4 della l.n. 10/1977, dei termini per iniziare e ultimare i lavori, e delle conseguenze obiettive della loro violazione, anche in punto di maturazione del diritto alla restituzione degli oneri di urbanizzazione versati, è conforme al principio della certezza del diritto e idonea a prevenire qualunque rischio di disparità di trattamento.

9.2.2 - Neppure è conducente il richiamo da parte della ricorrente, a suffragio delle sue tesi, della sentenza del Consiglio di Stato, IV, n. 349/2021. Detta pronuncia, infatti, pur riferendosi, peraltro in modo non contestualizzato, all’avvento della declaratoria della decadenza del titolo edilizio come momento cui ancorare il dies a quo della prescrizione del diritto alla restituzione degli oneri urbanistici versati, nella sua ratio decidendi (cfr. par. 7.3) ha valorizzato ai medesimi fini la data di mancata ultimazione dei lavori nel termine indicato dalla concessione. Pertanto, anche tale sentenza non si è discostata, nella sostanza, dall’orientamento giurisprudenziale cui il Tribunale con la presente decisione aderisce.

9.2.3 – Parimenti priva di pregio risulta l’affermazione della ricorrente che la decorrenza della prescrizione potrebbe avere inizio solo con lo spirare dei tre anni dal rilascio del titolo edilizio senza che i lavori siano stati ultimati (c. d. decadenza per inosservanza del termine finale).

Sul punto, va rimarcato l’incontestato dato che i lavori oggetto della concessione di cui si tratta non hanno mai avuto inizio, sicché il termine decadenziale applicabile nella specie non può che coincidere con quello previsto per l’inizio dei lavori, scadenza chiaramente distinta da quella assegnata per la loro ultimazione tanto nella sistematica dell’art. 4 l.n.10/1977, quanto nel titolo edilizio in discorso.

Del resto, il motivo della previsione all’interno del citato art. 4 di due distinti termini di decadenza della concessione, uno legato al mancato inizio dei lavori e l’altro alla loro mancata ultimazione, consiste proprio nella loro attitudine a regolamentare fattispecie differenti: il primo, quella del mancato inizio dei lavori oggetto della concessione (come nel caso di specie), e il secondo quella del loro avvio non seguito, però, dal completamento delle opere.

9.2.4 – Ancora, altrettanto infondata risulta la tesi della ricorrente che la nota comunale impugnata recherebbe un implicito riconoscimento del credito azionato col ricorso, e assumerebbe perciò valenza interruttiva della sua prescrizione.

Sul punto è sufficiente osservare che, ai sensi dell’art. 2944 del cod.civ., “ la prescrizione è interrotta dal riconoscimento del diritto da parte di colui contro il quale il diritto stesso può essere fatto valere ”, cioè da un atto che implichi l’ammissione dell’esistenza del diritto (cfr. ex multis Cass. Civ., II, n. 12833/1999).

Sennonché, nella nota comunale impugnata non si rinviene nessuna delle componenti richieste dall’art. 2944 del cod.civ., atteso che la stessa, lungi dall’ammettere la perdurante esistenza del diritto, ha negato la restituzione degli oneri di urbanizzazione proprio sul presupposto dell’avvenuta estinzione per prescrizione del relativo diritto al rimborso.

Senza dire, infine, che, poiché il dies a quo prescrizionale è coinciso, per quanto si è detto, con la scadenza di un anno dal rilascio della concessione del 5 aprile 2000, alla data della menzionata nota comunale (22 novembre 2018) la prescrizione decennale si era già ineludibilmente maturata.

9.2.5 – Infine, anche a voler ritenere applicabile nella fattispecie in scrutinio la proroga biennale dei termini iniziale e finale relativi alle concessioni, proroga disposta dall’art. 30 del d.l. n. 69/2013, conv. in l.n. 98/2013, la prescrizione sarebbe da ritenersi ugualmente maturata.

Difatti, atteso che – come già diffusamente illustrato – nella specie assume rilievo unicamente il termine di mancato inizio dei lavori, la relativa decadenza della concessione sarebbe da ritenersi intervenuta il 5 aprile 2003 (ossia l’anno successivo al rilascio del titolo edilizio, come previsto dall’art. 4 della l.n. 10/1977, oltre ai due anni di proroga ex art. 30 del d.l. n. 69/2013).

Conseguentemente, a far tempo da tale data, la ricorrente poteva attivarsi per richiedere la restituzione degli importi versati. Sennonché, la prima richiesta di restituzione degli oneri di urbanizzazione risale al 27 novembre 2013 ed è, quindi, stata comunicata una volta maturato il termine decennale prescrizionale.

In definitiva, alla data del 27 novembre 2013, data in cui è stata inviata la prima richiesta di restituzione degli oneri di urbanizzazione, il relativo diritto di credito della ricorrente era già indefettibilmente prescritto, anche a voler considerare la proroga di due anni suddetta.

10 – In definitiva, il ricorso va respinto poiché sulla base di quanto qui complessivamente illustrato esso risulta infondato.

La impugnata nota del Comune di Vinchiaturo del 22 novembre 2018 risulta immune dalle censure dedotte in quanto, in sintesi: i) essa ha correttamente individuato il dies a quo della prescrizione decennale del diritto al rimborso degli oneri urbanistici, ancorandolo alla scadenza del termine iniziale di decadenza della concessione, ossia allo scadere dell’anno dal rilascio del titolo edilizio, senza che i relativi lavori siano mai iniziati;
ii) tale conclusione è stata assunta sulla base di un’istruttoria corretta e completa, ed è stata illustrata con una motivazione trasparente e ragionevole.

Cionodimeno sussistono giuste ed eccezionali ragioni, legate alla peculiarità della controversia, per giustificare la compensazione integrale delle spese di giudizio fra le parti.

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