TAR Palermo, sez. III, sentenza 2020-06-11, n. 202001153

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Palermo, sez. III, sentenza 2020-06-11, n. 202001153
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Palermo
Numero : 202001153
Data del deposito : 11 giugno 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 11/06/2020

N. 01153/2020 REG.PROV.COLL.

N. 00471/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 471 del 2016, proposto da
Società Commerciale Geloso S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati P L C e A P, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato D M C in Palermo, via Arimondi, n. 2/Q;

contro

I.r.f.i.s.- Fin Sicilia (Finanziaria per Lo Sviluppo della Sicilia) S.P.A, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato G I, con domicilio eletto presso il suo studio in Palermo, via Libertà n. 171;

per l'annullamento

- della determinazione dell'

IRFIS

Finsicilia S.p.A. portata dalla nota protocollo n. 9574 del 25.11.2015 notificata a mezzo PEC in pari data con la quale nell'ambito dell'approvazione della rendicontazione del progetto presentato dall'esponente ai sensi della L. 488/92 e ss.mm. e ii. (10° Bando DM n. 108143 del 10.12.2001) non è stata riconosciuta l'ammissione all'agevolazione richiesta di alcuna delle voci di spesa ivi indicate ed è stata richiesta la restituzione della somma di € 121.304,32;

- di ogni altro atto ad esso prodromico e/o conseguente.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’I.r.f.i.s. - Fin Sicilia (Finanziaria per lo Sviluppo della Sicilia) S.P.A;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore il dott. B S nell'udienza pubblica del giorno 9 giugno 2020, tenutasi mediante collegamento da remoto in videoconferenza, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La società ricorrente è stata destinataria di un finanziamento agevolato ex L. n. 488/1992 concesso in via provvisoria dal Ministero delle Attività Produttive (attualmente, Ministero dello Sviluppo Economico) con D.M. n. 108143 del 10.12.2001 per l’esecuzione di un programma di investimenti volto alla realizzazione di un nuovo impianto.

A seguito dell’ultimazione del programma l’impresa beneficiaria ha prodotto la documentazione finale di spesa, esaminata la quale l’I.r.f.i.s. - FinSicilia s.p.a., banca concessionaria per l’espletamento delle attività di istruttoria e di erogazione delle agevolazioni previste dalla l. n. 488/1992, ha notificato alla società ricorrente – con nota prot. n. 9574 del 25.11.2015 – l’atto di liquidazione a saldo e conguaglio, col quale, riscontrando l’esistenza di spese non ammissibili a finanziamento, ha intimato la restituzione della complessiva somma di euro 121.304,32 entro sessanta giorni.

La parte ricorrente ha quindi impugnato, chiedendone l’annullamento, l’atto di liquidazione a saldo e conguaglio adottato dalla banca concessionaria, deducendo con un unico articolato motivo la “ violazione e falsa applicazione del bando per la concessione delle agevolazioni e dell’Allegato n. 7, punto XII della Circolare n. 900315 del 14.7.2000. Eccesso di potere per travisamento di fatti-illogicità manifesta ”, nella parte in cui non sono state ammesse ad agevolazione alcune voci di spesa inerenti all’acquisto di “ cassoni intercambiabili ” in quanto considerati “ accessorio di mezzi mobili di trasporto targati ” esclusi dal finanziamento (cfr. foglio 8 della Relazione sullo stato finale del programma di investimenti).

Si è costituita in giudizio l’I.r.f.i.s. - FinSicilia s.p.a. con atto depositato in data 4.3.2016 con il quale ha eccepito preliminarmente il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e, nel merito, ha dedotto l’infondatezza del ricorso, di cui ha chiesto il rigetto.

All’udienza pubblica del 9 giugno 2020, previo deposito di nuovi documenti e di memorie, la causa è stata trattenuta per la decisione ai sensi dell’art. 84, comma 5, del d.l. n. 18/2020.

DIRITTO

La natura pregiudiziale dell’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalla difesa dell’I.r.f.i.s. ne impone l’esame preliminare rispetto alle censure oggetto del ricorso introduttivo e alle ulteriori difese della parte resistente.

L’eccezione è fondata per le ragioni di seguito esposte.

Secondo il costante orientamento della Suprema Corte di Cassazione, in materia di contributi e sovvenzioni pubbliche, il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo deve essere attuato distinguendo la fase procedimentale di valutazione della domanda di concessione - nella quale la legge, salvo il caso in cui riconosca direttamente il contributo o la sovvenzione, attribuisce alla P.A. il potere di riconoscere il beneficio, previa valutazione comparativa degli interessi pubblici e privati in relazione all'interesse primario, apprezzando discrezionalmente l' an , il quid ed il quomodo dell'erogazione, e al richiedente la posizione di interesse legittimo - da quella successiva alla concessione del contributo, in cui il privato è titolare di un diritto soggettivo perfetto, come tale tutelabile dinanzi al giudice ordinario, attenendo la controversia alla fase esecutiva del rapporto di sovvenzione e all'inadempimento degli obblighi cui è subordinato il concreto provvedimento di attribuzione (Cass., Sez. U., 20 luglio 2011, n. 15867;
Cass., Sez. U., 17 febbraio 2016, n. 3057;
Cass., Sez. U., 22 giugno 2017, n. 15638;
Cass., Sez. U., 18 settembre 2017, n. 21549).

Peraltro, come riconosciuto dalle medesime Sezioni Unite in fattispecie (analoga alla presente) di procedimento per la concessione e l'erogazione di finanziamenti e sovvenzioni a favore delle attività produttive nelle aree depresse del Paese previste dal d.l. 22 ottobre 1992, n. 415, convertito in legge 19 dicembre 1992, n. 488 (Cass. Sez. U., 10 luglio 2006, n. 15618), la riduzione del finanziamento per spese non ammissibili si esprime in atti nei quali la P.A. non esercita discrezionalità alcuna, dovendosi soltanto uniformare ai principi vincolanti della normativa vigente, con conseguente devoluzione della controversia al giudice ordinario.

Negli stessi termini Cass., S.U., 30.03.2018, n. 8049 ha confermato la giurisdizione del giudice ordinario in una controversia relativa alla riduzione, operata dal soggetto incaricato dell'attuazione di un Patto territoriale, dell'importo dei finanziamenti già erogati in favore di un'impresa titolare di iniziative attuative del Patto medesimo, per spese ritenute non ammissibili, siccome inerenti la realizzazione di alcune opere non pertinenti al programma di investimento, esprimendosi detta riduzione in atti nei quali la P.A. non esercita alcuna discrezionalità, dovendosi soltanto uniformare ai principi della normativa vigente.

Il superiore indirizzo ermeneutico – come già osservato in passato da questo Tribunale – trova positiva conferma nell’art. 8 bis del D.L. 2 luglio 2007, n. 81 (convertito dalla Legge 3 agosto 2007, n. 127), il quale al comma 1, nello stabilire che il decreto di concessione definitiva delle erogazioni di cui alla legge n. 488/1992 è sostituito dall'atto di liquidazione a saldo e conguaglio emesso dalle banche concessionarie, lo ha espressamente definito “ a contenuto non discrezionale ” (cfr. T.A.R. Sicilia-Palermo, sent. n. 1595/2009), con ciò accreditandosi normativamente l’assunto secondo cui con l’emanazione del decreto di concessione provvisoria la p.a. esaurisca il proprio margine di discrezionalità amministrativa in ordine alla erogazione degli interventi agevolativi, venendosi a consolidare in capo al privato una situazione giuridica di diritto soggettivo perfetto al finanziamento, rispetto al quale la liquidazione finale della somma dovuta ad opera della banca concessionaria si pone in termini di adempimento vincolato.

I superiori rilievi trovano, inoltre, riscontro nella recente giurisprudenza del Consiglio di Stato, alla cui stregua “ la rideterminazione dell'ammontare del contributo in ragione della non riconoscibilità di alcune spese rispetto al progetto iniziale inerisce alle modalità esecutive e attuative dell'investimento oggetto di agevolazione e si inserisce nella fase esecutiva del rapporto, che trova la sua fonte nei decreti originari di concessione delle agevolazioni contenenti la liquidazione provvisoria del contributo e nel cui ambito sono configurabili esclusivamente situazioni giuridiche di diritto soggettivo e non di interesse legittimo ”, con conseguente affermazione della giurisdizione del giudice ordinario (così C. di S., sez. VI, 12.06.2017, n. 2863 nel confermare l’appellata sentenza del TAR della Puglia-Bari n. 786/2016 concernente riduzione e recupero di contributi indebitamente erogati, in seguito ad un atto di liquidazione e conguaglio adottato dalla banca concessionaria).

Ebbene, nel caso di specie, avuto riguardo al petitum sostanziale, ciò di cui si duole il privato è che – una volta concessogli con decreto del Ministero dello sviluppo economico un contributo in conto capitale di un certo importo per l'incentivazione della sua attività imprenditoriale – la banca concessionaria per l’espletamento delle attività di istruttoria e di erogazione delle agevolazioni previste dalla l. n. 488/1992 abbia proceduto ad una riduzione del finanziamento stesso in rapporto a spese ritenute non ammissibili rispetto al programma di investimento in base al decreto ministeriale di concessione provvisoria e alla normativa ivi richiamata.

Alla luce degli orientamenti sopra richiamati, tanto della giurisprudenza di legittimità quanto della giurisprudenza amministrativa, deve ritenersi che l’atto impugnato incida su una situazione consolidata di diritto soggettivo, inerendo esclusivamente alla fase esecutiva del rapporto agevolativo già assentito in via amministrativa, e che quindi la relativa giurisdizione spetti al giudice ordinario.

Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione di questo giudice amministrativo, dovendo nella fattispecie essere riconosciuta la giurisdizione del giudice ordinario, dinanzi al quale il giudizio dovrà essere riproposto a cura della parte ricorrente, ex art. 11, comma 2, c.p.a., entro il termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della presente sentenza.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo sulla base dei parametri previsti dal d.m. n. 55/2014, tenuto conto del valore della controversia e della definizione in rito, avendo riguardo ai valori minimi e senza tener conto della fase istruttoria in quanto nessuna attività difensiva rilevante è stata concretamente svolta.

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