TAR Roma, sez. 2S, sentenza 2024-04-12, n. 202407168

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2S, sentenza 2024-04-12, n. 202407168
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202407168
Data del deposito : 12 aprile 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/04/2024

N. 07168/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00994/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Stralcio)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 994 del 2019, proposto da
3 A s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato A C, con domicilio digitale in atti;

contro

Comune di Ardea, in persona del Sindaco pro tempore , non costituito in giudizio;

per l'annullamento

dell’ordinanza del Comune di Ardea n. 5 del 9 novembre 2018, notificata il 13 dello stesso mese, con cui il Settore Sportello Unico Attività Produttive ha ordinato alla società ricorrente l'immediato divieto di prosecuzione dell'attività di “ Costruzione e montaggio di opere di falegnameria, di carpenteria, di urbanistica, di prodotti finiti, lavorati e semilavorati in legno ” in Ardea, via Laurentina KM 35,800, perché priva del prescritto titolo autorizzativo, e di tutti gli atti e provvedimenti presupposti e connessi e conseguenti.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod. proc. amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 19 gennaio 2024 la dott.ssa Eleonora Monica e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il presente gravame la società ricorrente – esercente l’attività di costruzione e montaggio di opere di falegnameria, carpenteria, ebanisteria, prodotti finiti e semilavorati in legno per mobili, per arredamento e ogni altro prodotto in legno presso l’immobile di proprietà comunale, sito in Ardea (RM), via Laurentina Km 35.800 - impugna gli atti con cui l’amministrazione comunale le ha vietato la prosecuzione dell’attività perché esercitata senza il prescritto titolo autorizzativo, in violazione all’art. 25 della l.r. n. 33/1999.

Parte ricorrente chiede l’annullamento di tale atto, assumendone l’illegittimità per i seguenti motivi:

1. Violazione e falsa applicazione dell’art. 13 della L. 689/1981. Mancata comunicazione della deroga all’art. 7 L. 241/1990, in ragione dell’omesso preventivo invio della comunicazione di avvio del procedimento, sull’assunto che ciò avrebbe “ impedito, di fatto, alla 3 A S.r.L. di avanzare osservazioni e memorie, ovvero di sanare eventuali irregolarità ”;

2. Violazione e falsa applicazione dell’art. 17 della L. 689/1981. Mancato rispetto del termine per la trasmissione del verbale all’autorità amministrativa , per aver emesso il Comune il provvedimento avversato prima dello spirare del termine di 60 giorni dalla notifica del presupposto verbale di contestazione di violazione amministrativa n. 176/2018, stabilito per il pagamento della relativa sanzione ivi irrogata;

3. Violazione e falsa applicazione dell’art. 19 comma 6 bis L. 241/1990, in relazione all’aver il Comune informato la società ricorrente dell’irricevibilità per carenza documentale della s.c.i.a. da costei presentata il 20 novembre 2018, solo dopo lo spirare del termine di trenta giorni ivi stabilito, ovvero in data 21 dicembre 2018;

4. Violazione e falsa applicazione dell’art. 1 e dell’art. 21 octies l. 241/90, nonché dell’art. 97 Cost. Eccesso di potere per disparità di trattamento. Eccesso di potere per irragionevolezza, illogicità e contraddittorietà dell'atto. Ingiustizia manifesta , “ atteso che da anni, in località Le Salzare, gli esercizi di varia natura continuano ad operare nonostante si trovino nella medesima situazione amministrativa del ricorrente ” e che “ l’ente non ha dato modo al ricorrente di sanare una propria posizione, imponendo un atto repressivo ”.

La Sezione con ordinanza n. 1548/2019 respingeva l’istanza cautelare “ Considerato che il ricorso non è assistito da sufficienti profili di fondatezza ”.

Parte ricorrente con successiva memoria insisteva per l’accoglimento del gravame proposto.

All’udienza di smaltimento del 19 gennaio 2024, la causa veniva trattata e, quindi, trattenuta in decisione.

Il ricorso è manifestamente infondato sulla scorta delle osservazioni già formulate dalla Sezione in sede di cautelare, assumendo rilievo dirimente che la ricorrente eserciti l’attività per cui è causa in assenza del titolo autorizzativo invece prescritto dall’art. 25 della l.r. Lazio n. 33/2009.

Tale circostanza oltre ad emergere dall’esame della gravata ordinanza n. 5 del 9 novembre 2018 e, soprattutto, del verbale n. 176/2018 del 18 settembre 2018 e della relazione di sopralluogo della polizia locale del 16 ottobre 2018, non risulta in alcun modo contestata da parte ricorrente che, infatti – nel lamentarsi solo di non essere stata posta in condizione di poter “ regolarizzare ” la sua posizione - omette di comprovare in atti di essere in possesso del titolo necessario per l’esercizio dell’attività di falegnameria.

Né alcun rilievo assume la dedotta violazione dell’art. 7 della l. n. 241/1990, di per sé inidonea a determinare l’automatica illegittimità del provvedimento finale in ragione della preclusione dell’annullamento giurisdizionale prevista dall’art. 21 octies , comma 2, della stessa l. n. 241/1990, attesa la correttezza sostanziale del provvedimento impugnato, non avendo parte ricorrente fornito elementi deduttivi e istruttori tali da (quanto meno) far dubitare che, in caso di osservanza delle disposizioni procedimentali in concreto violate, il contenuto dispositivo dell’atto non sarebbe stato identico a quello in concreto assunto (in tal senso, Consiglio di Stato sez. II, 28/08/2023, n.7988).

Ugualmente del tutto ininfluente appare la lamentata violazione del termine di 60 giorni, concesso alla ricorrente nel verbale n. 176/2018 per il pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria ivi irrogatale, attesa la sua inidoneità ad influire sull’accertata carenza del titolo autorizzativo e sul conseguente obbligo dell’amministrazione di ordinare la cessazione dell’attività illegittimamente esercitata.

Lo stesso è a dirsi, per la censura con cui la società si duole che il Comune le abbia comunicato l’irricevibilità della s.c.i.a. (presentata dalla ricorrente 20 novembre 2018, dunque successivamente all’adozione dell’atto di divieto impugnato) solo con provvedimento del 21 dicembre 2018, oltre il termine dimidiato di 30 giorni, atteso che – fermo restando il potere dell’amministrazione di verificare l’oggetto della s.c.i.a. nel termine di 60 giorni non vertendosi in tema di s.c.i.a. edilizia – tale provvedimento e la presupposta delibera di Giunta n. 21 del 21 marzo 2018 non risultino tra gli atti avversati nell’ambito del presente giudizio.

Né è rinvenibile nella fattispecie alcun vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento, peraltro solo genericamente prospettato con riferimento a non meglio definite attività limitrofe.

In conclusione, per quanto fin qui detto, il ricorso deve essere integralmente respinto.

Attesa la mancata costituzione del Comune, non vi è motivo di statuire sulle spese di lite.

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