TAR Venezia, sez. III, sentenza breve 2022-02-28, n. 202200369

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Venezia, sez. III, sentenza breve 2022-02-28, n. 202200369
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Venezia
Numero : 202200369
Data del deposito : 28 febbraio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/02/2022

N. 00369/2022 REG.PROV.COLL.

N. 00145/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 145 del 2022, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati C V, L S, A T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Venezia, piazza S. Marco, 63;

per l'annullamento

previa sospensione del provvedimento di revoca del permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo e contestuale diniego del permesso di soggiorno ordinario, emesso in data 4.11.2021 dal Questore di -OMISSIS-e notificato all'interessato in data 30.11.2021, nonché avverso ogni altro atto anche non conosciuto dal ricorrente, sia esso connesso, presupposto, intermedio, conseguente e/o applicativo.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 23 febbraio 2022 il dott. P N e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

In data 16.06.2021 la Questura di -OMISSIS-, con nota prot. n. -OMISSIS-, ha avviato il procedimento amministrativo volto alla revoca del titolo di soggiorno n. -OMISSIS- ed al contestuale diniego al rilascio del permesso di soggiorno ordinario, nei confronti del ricorrente, titolare di permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo, rilasciato nel 2010, e successivamente aggiornato.

Pur a seguito della presentazione di memoria difensiva da parte del difensore del ricorrente, la Questura ha emesso, in data 4.11.2021, il provvedimento di revoca del permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo e contestuale diniego del permesso di soggiorno ordinario, con un’articolata e ampia motivazione nella quale è stato dato conto:

- dell'esistenza delle sentenze emesse dal Tribunale di -OMISSIS-in data 12/04/2019 e 29/01/2020 in forza delle quali lo straniero è stato condannato rispettivamente a 3 anni 6 mesi e 1 anno e 6 mesi di reclusione per -OMISSIS-

- del fatto che il soggetto ha tenuto comportamenti che costituiscono una minaccia concreta, effettiva e sufficientemente grave ai diritti fondamentali della persona che incidono anche sulla pubblica incolumità ex art. 9, comma 4, d.lgs. n. 286/98;

- della storia personale del ricorrente, a partire dal suo ingresso in Italia, rammentando che nel corso dell'istruttoria svolta nel 2012, per l'aggiornamento del permesso di soggiorno, già risultavano a carico dello straniero una serie di segnalazioni all’Autorità Giudiziaria, tra le quali: 1) notizia di reato del 26/02/2006 del Comando Stazione Carabinieri -OMISSIS-) per violazione degli artt. 572 — 582 e 612 CP (-OMISSIS-cui è seguita sentenza del Tribunale -OMISSIS-del 18/01/2011 che ha condannato lo straniero ad anni l mesi 6 di reclusione ritenendolo responsabile della violazione di cui all'art. 572 CP per aver -OMISSIS-, pronuncia impugnata avanti alla Corte -OMISSIS- che in data 13/12/2016 ha dichiarato non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato;
2) notizia di reato del 20/07/2008 del Comando Stazione Carabinieri -OMISSIS-per violazione degli arti. 614 — 612 - 582 CP (-OMISSIS-domicilio) iscritta al

RGNR

Procura di -OMISSIS-al n. -OMISSIS-, ma archiviato in quanto il reato si era estinto per prescrizione;
4) notizia di reato del 10/02/2011 del Nucleo Operativo Radiomobile di -OMISSIS- per violazione degli arti. 482 — 489 CP -OMISSIS-ex art. 12 c.5 D.Lgs. 286/98, cui è seguita sentenza del Tribunale di -OMISSIS-del 09/03/2015 che ha condannato il soggetto alla pena di anni l mesi 6 di reclusione e 5.000,00 di multa per violazione degli artt. 81cpv, 110 CP, art. 12 comma 5 D.Lgs. 286/98 perché, al fine di trarre profitto dalle condizioni dì clandestinità di taluni soggetti extracomunitari, ne ha favorito, insieme ad altri, la permanenza nel territorio attivando, per ì medesimi, la procedura di sanatoria finalizzata al rilascio del contratto di soggiorno;
la pronuncia è stata impugnata avanti alla Corte d'Appello di -OMISSIS-ha dichiarato non doversi procedere nei confronti degli imputati in ordine al reato oggetto di impugnazione perché estinto per prescrizione (cfr. sentenza n. 464 del 30/01/2019);

- del fatto che lo straniero è stato ovvero è tuttora coinvolto in alcuni giudizi penali, alcuni dei quali pendenti altri definiti in senso favorevole al ricorrente;

- dell’iter procedimentale e processuale che ha condotto alle due condanne più sopra menzionate, venendo in esame la commissione dei reati di cui agli artt. 572, 582, 585 e 570 c.p. -OMISSIS-) avvenuti dal 2013 al 2015 ad nei confronti -OMISSIS-, valorizzando il tenore testuale della pronuncia di primo grado del Tribunale sottolineando come l’attendibilità intrinseca ed estrinseca delle dichiarazioni della moglie in giudizio, non risultasse <<incrinata né da interessi altri e diversi da quello di ottenere giustizia (quale ad es. quello economico, vista anche la revoca della costituzione di parte civile) né dalle dichiarazioni rese dall'imputato nel corso del suo esame e dai testi della difesa. Ed invero l'imputato si è limitato, nel corso del suo esame, a negare ogni addebito, adducendo asserite e non dimostrate problematiche psicologiche della ….., senza fornire però una spiegazione alternativa logica e credibile degli episodi narrati dalla p.o. soprattutto in riferimento alle lesioni personali certificate che, vista la natura, non possono essere certo frutto di atti autolesionistici della p.o.>>;
nel caso della seconda condanna, peraltro, il procedimento penale è stato introdotto a seguito di-OMISSIS-;
anche in tal caso la Questura ha valorizzato gli elementi emergenti dalla motivazione della sentenza a favore della soluzione condannatoria;

- che il ricorrente è risultato ulteriormente imputato nel procedimento penale n. -OMISSIS- per i reati di -OMISSIS-, istruito presso la Procura della Repubblica di -OMISSIS-a seguito delle querele sporte dalla stessa nei suoi confronti in data antecedente all'episodio del 13/05/2018, per la conclusione del quale è stata calendarizzata udienza per il 17/03/2022, nonché presso la Procura della Repubblica di -OMISSIS-è tuttora pendente il procedimento penale n. -OMISSIS- per il reato di minaccia ex art. 612 c.p. e per la conclusione del quale è fissata udienza avanti al Giudice di Pace per il -OMISSIS-;

- relativamente ai rapporti dello straniero in ambito familiare, di aver acquisito una serie di informazioni da parte dell'Azienda -OMISSIS-, essendo emerso che nel corso del giudizio civile relativo alla crisi familiare, i genitori <<hanno trovato una ragionevole modalità di gestione e di dialogo rispetto al trasloco, al cambio residenza, le denunce sono state ritirate e risulta in generate che vi sia finalmente una situazione di definizione dei ruoli, delle abitazioni e dunque una maggior capacita di esercizio positivo della genitorialítà>>
e <<il servizio consultoriale fornito dall'Azienda -OMISSIS- - si è concluso nel 2020 anche per la presenza di altri servizi di riferimento fondamentali per la gestione ed il supporto del figlio disabile con il quale c'è un costante rapporto di aiuto>>;

- in tal senso, secondo l’Amministrazione, <<il sistema sanitario pubblico è intervenuto ed è tuttora presente, con diversificate forme di intervento, con l’affiancamento ed il sostegno>>
della ex moglie <<nella gestione delle criticità e delle necessità del proprio nucleo familiare>>;

- del fatto che il complessivo comportamento dello straniero è meritevole di particolare censura sia dal punto di vista sociale che giuridico tanto che <<la presenza di rilevanti vincoli ed oneri familiari non è in grado di superare la gravità delle sue implicazioni ai danni della sicurezza e della tutela dei suoi stessi congiunti e, più in generale, della sicurezza pubblica>>;
<<le circostanze di fatto che caratterizzano le sue condotte, oltre a rivelare in capo allo stesso una particolare propensione agli atteggiamenti persecutori più volte descritti, dimostrano oggettivamente che il cittadino straniero non ha condiviso il sistema giuridico-sociale su cui si fonda il Paese che lo ospita il quale, condannando ogni forma di violenza basata sul genere e la violenza domestica, lotta con ogni mezzo, anche in ambito internazionale, per sradicare la violenza contro donne e minori>>;

Avverso il provvedimento indicato in epigrafe, quindi, parte ricorrente ha proposto impugnazione, con ricorso depositato in data 28 gennaio 2022, chiedendone l’annullamento sulla scorta dei seguenti motivi:

1. Il provvedimento impugnato sarebbe viziato da nullità per violazione degli artt. 3 e 10 bis , l. n. 241 del 1990, in considerazione della mancata corrispondenza tra la comunicazione di avvio del procedimento ed il successivo atto di revoca/rifiuto, in quanto la motivazione del provvedimento conclusivo fa riferimento, oltre a due sentenze indicate nel preavviso (e per le quali pende appello), anche a precedenti procedimenti a carico dell’odierno ricorrente, tutti con sentenza di non doversi procedere o con provvedimento di archiviazione, già note e vagliate nel 2012, non valorizzabili ai fini della contestata revoca;
nel provvedimento di rigetto risulterebbero indicati ulteriori procedimenti, sempre non rinvenibili nella fase endoprocedimentale del preavviso di rigetto, che avrebbero potuto essere già indicati in sede di preavviso, e comunque si tratterebbe di procedimenti risultanti allo stato pendenti e uno si sarebbe concluso con sentenza di assoluzione;

2. l’Amministrazione avrebbe violato l’art. 9 T.U.I., avendo ritenuto il ricorrente pericoloso per l’ordine pubblico e la sicurezza dello Stato in conseguenza dei reati commessi, senza alcuna considerazione in punto di effettiva pericolosità sociale dell'autore e unicamente in ragione dell'astratto disvalore penale espresso dalle fattispecie contestategli;
la Questura avrebbe, quindi, illegittimamente equiparato il disposto della norma in commento (art. 9) a quello dell'art. 4, comma 3, d.lgs. 286/98, valevole per la diversa ipotesi di rilascio di permesso di soggiorno ordinario;
inoltre, la Questura non avrebbe applicato il terzo periodo del comma 4, del citato art. 9, non avendo tenuto conto del fatto che ad oggi il ricorrente è incensurato, i procedimenti più risalenti si sono conclusi con provvedimenti di archiviazione e di non doversi procedere, gli ex coniugi hanno raggiunto un 'Accordo' transattivo che definisce tutte le controversie sorte a causa della fine del loro rapporto coniugale;
la persona offesa ha rimesso tutte le querele sporte;
anche il ricorrente ha rimesso tutte le querele sporte nei confronti della ex moglie;
gli ex coniugi hanno l'affido condiviso della prole, hanno regolato i propri rapporti economici, hanno regolato il diritto di visita del padre;

3. sarebbe poi censurabile il fatto che la Questura di -OMISSIS-non solo ha proceduto alla revoca del titolo di soggiorno per lungo soggiornanti, ma ha anche ritenuto di non concedere il rilascio di un titolo di soggiorno ordinario, in asserita violazione del comma 9 dell'art. 9 T.U.I., non sussistendo i presupposti per l’adozione di un provvedimento espulsivo ai sensi del comma 10 dell’art. 9;
la Questura avrebbe, in sede di motivazione del provvedimento, fatto riferimento non corretto all'art. 4, comma 3, T.U.I. in quanto avrebbe dovuto trovare applicazione la disposizione di cui all'art. 5, comma 5, non essendo stata valorizzata la risalenza nel tempo del reato, l'effettività dei vincoli familiari in Italia del ricorrente, la lunga durata del soggiorno vantato, né il fatto che lo straniero è titolare di un contratto di lavoro a tempo indeterminato, oltre al fatto che il permesso di soggiorno per motivi familiari della moglie risulterebbe strettamente dipendente dal titolo di soggiorno del ricorrente.

Si è costituito in giudizio il Ministero resistente contestando l’ammissibilità e la fondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto.

All’esito dell’udienza del 23 febbraio 2022 la causa è stata trattenuta in decisione e viene decisa in forma semplificata sussistendone i presupposti.

1. In primo luogo, occorre rilevare come non possa configurarsi alcuna violazione dell’art. 10 bis , l. n. 241 del 1990, poiché nessuna comunicazione di preavviso di motivi ostatavi è stata effettuata dall’Amministrazione - che si è limitata a comunicare l’avvio del procedimento ex artt. 7 e 8, l. n. 241 del 1990 -, né avrebbe potuto essere diversamente, se solo si considera che il procedimento conclusosi con il provvedimento impugnato è stato avviato d’ufficio, nell’esercizio del potere di autotutela spettante all’Amministrazione resistente, senza che, quindi, possa trovare applicazione l’art. 10 bis , l. n. 241 del 1990.

Ne consegue, che con riferimento alla comunicazione di avvio del procedimento non trova applicazione il principio di “corrispondenza” tra motivi ostativi e motivazione del provvedimento conclusivo del procedimento, fermo restando peraltro che <<il corretto svolgimento del contraddittorio procedimentale non esige la completa disclosure da parte dell'Amministrazione, in sede di adempimento dell'onere partecipativo di cui all'art. 10 bis l. n. 241/1990, delle ragioni astrattamente fondanti l'adozione del provvedimento conclusivo: proprio perché, infatti, la relazione partecipativa si colloca nella fase della gestazione del provvedimento conclusivo, sarebbe contrario ai principi di efficienza ed economicità dell'attività amministrativa se l'Amministrazione fosse tenuta ad enucleare compiutamente i motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza, in una sorta di integrale anticipazione del contenuto motivazionale del futuro ed eventuale provvedimento di diniego. Del resto, proprio perché rispondono ad esigenze differenziate ed attingono ad interessi aventi distinta valenza, la diversa calibratura dell'onere motivazionale con riferimento alla comunicazione dei motivi ostativi, da un lato, ed al provvedimento conclusivo, dall'altro, si spiega con la finalità meramente dialettico-partecipativa della prima e con l'incidenza ultima, propria solo del secondo, nella sfera giuridica dell'interessato>>
(Cons. Stato, sez. III, 01 giugno 2020, n. 3438).

2. Con riferimento agli ulteriori motivi di ricorso, va rammentato che ai sensi dell’art. 9, comma 7, lett. c), d.lgs. n. 286 del 1998, il permesso di soggiorno per stranieri lungo soggiornanti è revocato “quando mancano o vengano a mancare le condizioni per il rilascio, di cui al comma 4”.

Ai sensi del comma 4, il permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo non può essere rilasciato agli stranieri pericolosi per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato. Nel valutare la pericolosità si tiene conto anche dell'appartenenza dello straniero ad una delle categorie indicate nell'articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, come sostituito dall'articolo 2 della legge 3 agosto 1988, n. 327, o nell'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall'articolo 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646, ovvero di eventuali condanne anche non definitive, per i reati previsti dall'articolo 380 del codice di procedura penale, nonché, limitatamente ai delitti non colposi, dall'articolo 381 del medesimo codice. Ai fini dell'adozione di un provvedimento di diniego di rilascio del permesso di soggiorno di cui al presente comma il questore tiene conto altresì della durata del soggiorno nel territorio nazionale e dell'inserimento sociale, familiare e lavorativo dello straniero.

L’art.9, comma 4 (comma modificato dall'articolo 3, comma 1, del D.Lgs. 13 febbraio 2014, n. 12), quindi, prevede, tra gli elementi di valutazione della pericolosità sociale dello straniero, le condanne, anche non definitive, per reati previsti dall'art. 380 c.p.p. nonché, limitatamente ai delitti non colposi, dall'art. 381 c.p.p. e non può negarsi che la tipologia dei reati e delle persone offese dal reato, nonché le modalità dei fatti, l’entità delle condanne, possano assumere un peso preponderante nel complessivo giudizio di pericolosità sociale che il Questore è chiamato primariamente a formulare, tenuto conto che la norma in modo perentorio vieta di rilasciare il permesso di soggiorno UE agli stranieri “pericolosi per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato” che abbiano riportato alcuni tipi di condanne più gravi, anche non definitive, e soggiungendo che, in aggiunta, “ai fini dell'adozione di un provvedimento di diniego … il questore tiene conto altresì della durata del soggiorno nel territorio nazionale e dell'inserimento sociale, familiare e lavorativo dello straniero”.

Al riguardo, va rammentato l’insegnamento secondo il quale <<secondo il consolidato orientamento di questo Consiglio di Stato formatosi in tema di valutazione della pericolosità sociale in sede di diniego o revoca del permesso di soggiorno UE di lungo periodo, con particolare riferimento agli effetti di condanne ostative per reati in materia di stupefacenti e al bilanciamento dei diversi fattori relativi alla tutela di situazioni familiari e lavorative, l'attuale previsione dell'art. 9, commi 4 e 7, lett. c), D.Lgs. n. 286 del 1998 (nella versione applicabile ratione temporis in ragione della data di adozione dell'impugnato decreto di revoca) richiede che il diniego o la revoca del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo siano sorretti da un giudizio di pericolosità sociale dello straniero, con una motivazione articolata non solo in relazione alla circostanza dell'intervenuta condanna, ma incentrata su più elementi, segnatamente tenendo conto anche della durata del soggiorno nel territorio nazionale e dell'inserimento sociale, familiare e lavorativo dell'interessato, con esclusione di ogni 'automatismo' in conseguenza di condanne penali riportate (v. in tal senso, ex plurimis, ;
v., altresì, Corte Cost. 27 marzo 2014, n. 58)” (così la sentenza di questo Consiglio di Stato, sez. III 01-10-2020, n. 5755;
Sez. VI, n. 4708/2016)>>
(Cons. Stato, sez. III, 13 aprile 2021, n. 3022).

Nel provvedimento in contestazione, l’Amministrazione resistente ha motivato ampiamente, tenendo conto e ponderando i diversi elementi e le circostanze rilevanti ai fini del giudizio di pericolosità e della valutazione complessiva imposta dal citato art. 9, comma 4, con motivazione che il Collegio ritiene congrua e sufficiente a giustificare il diniego impugnato.

In primo luogo, infatti, se è vero che le condanne più recenti sono ancora sub judice in appello, è altresì vero che tali condanne per reati di violenza nei confronti della propria precedente famiglia, sono state ampiamente motivate dal giudice penale di primo grado, come è stato correttamente valorizzato dall’Amministrazione nel provvedimento impugnato.

Tali condanne e i fatti che li hanno originati, in particolare se considerati alla luce degli altri procedimenti penali - alcuni dei quali conclusi con sentenze di condanna di primo grado, ancorché superate in appello per soli motivi inerenti l’intercorsa prescrizione del reato- che hanno interessato o che interessano tuttora il ricorrente, fanno emergere indubbiamente una personalità non conforme ai principi e alle regole fondamentali della convivenza propri dello Stato Italiano, specialmente tenuto conto del fatto che la maggior parte dei comportamenti contestati coinvolgono l’integrità fisica, psicologica e morale di familiari o congiunti, in particolare dei figli e della ex moglie.

In tal senso, gli accordi intervenuti con la ex moglie in sede di giudizio civile relativo alla crisi familiare non incidono sulla gravità dei fatti e dei comportamenti posti in essere dal ricorrente, per come emersi e per come accertati in sede di giudizio penale.

Non può, infatti, desumersi dal mero raggiungimento di un accordo transattivo/conciliativo - ancorché contempli le rimessioni delle querele - la non attendibilità degli accertamenti compiuti dal Tribunale ordinario: la finalità di definire quanto prima le controversie civilistiche, anche rinunciando alla tutela in sede penale, nei limiti della disponibilità della parte, è, infatti, spesso giustificata dalla necessità di rendere stabile e non conflittuale una condizione, quella successiva alla separazione o al divorzio, che può andare a detrimento dei figli minori, senza che ciò implichi necessariamente l’erroneità degli accertamenti compiuti dal Tribunale penale.

Parimenti, neppure la circostanza che il ricorrente abbia presentato delle querele nei confronti della ex moglie, è idonea ad incidere sulla rilevanza dei fatti per come accertati dal Tribunale penale, né induce necessariamente a ritenere che gli accertamenti compiuti da quest’ultimo non siano corretti.

La Questura, nel motivare il provvedimento impugnato, non si è limitata, quindi, a dar conto della natura ostativa dei reati contestati al ricorrente, ma ha svolto un accurato esame e valutato il comportamento tenuto dallo stesso, non solo nell’ambito dei fatti che hanno portato alle condanne in questione, ma anche prima e relativamente ad altre circostanze che indubbiamente fanno ritenere fondato il giudizio di pericolosità sociale formulato.

L’Amministrazione, poi, ha correttamente tenuto in considerazione i rapporti familiari che interessano il ricorrente, anche con riguardo alla “nuova” famiglia, ritenendo, d’altronde, nel caso di specie, subvalente la tutela di tali rapporti, rispetto alla pericolosità dimostrata dal ricorrente.

Tale giudizio, secondo il Collegio, è corretto e conforme alla normativa più sopra menzionata, atteso che <<in caso di condanna per reati di particolare gravità, caratterizzati da un comportamento criminale intollerabile per lo Stato che offre ospitalità, la formazione di una famiglia in Italia non può costituire uno scudo o una garanzia assoluta di immunità dal rischio di revoca o di diniego di rinnovo del titolo di soggiorno>>
( ex plurimis , Cons. Stato, Sez. III, 24 marzo 2021, n. 2500;
id. 05 giugno 2020, n.3204 e 4 maggio 2018, n. 2654).

Quanto sopra, in particolare, tenuto conto del fatto che i comportamenti contestati sono per lo più proprio rivolti a danno del nucleo familiare precedente e reiterati nel corso del tempo, sicché i vincoli familiari, in questo specifico caso, non costituiscono un elemento di giudizio “a favore” del ricorrente, ma, se possibile, aggravano ulteriormente il disvalore della condotta dallo stesso tenuta nel territorio dello Stato.

Il Consiglio di Stato ha sottolineato, infatti, che <<la formazione di una famiglia sul territorio italiano non può costituire scudo o garanzia assoluta di immunità dal rischio di revoca o diniego di rinnovo del permesso di soggiorno, ossia del titolo in base al quale lo straniero può trattenersi sul territorio italiano. Piuttosto, in casi speciali e situazioni peculiari, che eventualmente espongano i figli minori del reo a imminente e serio pregiudizio, l’ordinamento – ferma la valutazione amministrativa in punto di pericolosità e diniego di uno stabile titolo di soggiorno – offre, in via eccezionale, e a precipua tutela dei minori, uno specifico strumento di tutela, affidato al giudice specializzato dei minori. In forza del disposto dell’art. 31, comma 3, del TU immigrazione, infatti “Il Tribunale per i minorenni, per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell'età e delle condizioni di salute del minore che si trova nel territorio italiano, può autorizzare l'ingresso o la permanenza del familiare, per un periodo di tempo determinato, anche in deroga alle altre disposizioni della presente legge>>
(Cons. Stato, sez. III, 28 ottobre 2020, n. 6599).

In considerazione del ponderato e valido giudizio di pericolosità reso dall’Amministrazione, correttamente quest’ultima ha concluso per la non applicabilità della fattispecie di cui al comma 9 dell’art. 9, d.lgs. n. 286 del 1998, ai sensi del quale, <<allo straniero, cui sia stato revocato il permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo e nei cui confronti non debba essere disposta l'espulsione è rilasciato un permesso di soggiorno per altro tipo in applicazione del presente testo unico>>.

Ai sensi del successivo comma 10, infatti, <<nei confronti del titolare del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, l'espulsione può essere disposta: a) per gravi motivi di ordine pubblico o sicurezza dello Stato;
b) nei casi di cui all'articolo 3, comma 1, del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155;
c) quando lo straniero appartiene ad una delle categorie indicate all'articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, ovvero all'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, sempre che sia stata applicata, anche in via cautelare, una delle misure di cui all'articolo 14 della legge 19 marzo 1990, n. 55>>.

Al riguardo, la previsione di cui all'art. 9, co. 9 d.lgs. n. 286/1998 non è applicabile, come ivi chiaramente indicato, nei confronti di coloro che, come l'esponente, debbono essere espulsi dal territorio dello Stato (nella specie, ai sensi dell'art. 13, comma 2, lettera c, del d.lgs. n. 286/98).

Deve osservarsi che il giudizio di pericolosità formulato nei confronti dello straniero, tanto più in quanto lo stesso è risultato immune dai vizi dedotti dalla parte ricorrente alla stregua delle più rigorose previsioni di legge concernenti la revoca del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, non può non precludere il rilascio di un titolo di soggiorno di carattere alternativo (quanto agli specifici presupposti e alla relativa durata), ma accomunato al primo dalla identica esigenza di non consentire la permanenza nel territorio dello Stato di soggetti resisi responsabili di condotte delittuose ed ascrivibili per tale motivo al novero dei soggetti pericolosi (in questo senso, C. Stato, 07/01/2020, n. 123).

Va, infine, sottolineato che il provvedimento impugnato non determina un grave vulnus di tutela per gli interessi dei figli minori del ricorrente, atteso che quest’ultimo può adire il giudice specializzato dei minori previsto ai sensi dell’art. 31, comma 3, del TU immigrazione, ai sensi del quale <<Il Tribunale per i minorenni, per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell'età e delle condizioni di salute del minore che si trova nel territorio italiano, può autorizzare l'ingresso o la permanenza del familiare, per un periodo di tempo determinato, anche in deroga alle altre disposizioni della presente legge>>.

3. Per tutte le ragioni sopra esposte, il ricorso deve essere respinto.

Le spese di lite devono essere compensate attesa la particolarità della controversia.

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