TAR Napoli, sez. I, sentenza 2021-11-24, n. 202107483

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. I, sentenza 2021-11-24, n. 202107483
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202107483
Data del deposito : 24 novembre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/11/2021

N. 07483/2021 REG.PROV.COLL.

N. 02103/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2103 del 2015, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Presidio Ospedaliero Casa di Cura Pineta Grande S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati S A, M P, con domicilio eletto presso lo studio S A in Napoli, via Palizzi,113;

contro

Azienda Sanitaria Locale Caserta, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato A N, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

A) Per quanto attiene il ricorso introduttivo:

- della nota prot. n. 3144 del 28.1.2015 dell’ASL CE – Servizio Centralizzato Controllo e Liquidazione Case di Cura, comunicata alla ricorrente in data 29.1.2015 ed avente ad oggetto il “Monitoraggio Tetti di Spesa Decreto n. 3 del 26.01.2015 – periodo Gennaio Dicembre 2014”, con cui, comunicando il fatturato presentato dalla Casa di Cura Clinica Pineta Grande per l’importo di € 50.714.527,36, di cui fatturato totale con NC pari ad € 50.394.356,46 a fronte del Tetto fissato dal Decreto n. 3/2015 pari ad € 39.270.000,00, corrispondente al 128,00% del tetto annuo, veniva richiamato il decreto del Commissario ad Acta secondo cui “ogni sforamento del budget di cui sopra, a qualunque titolo operato, è privo di copertura di spese e, pertanto, in questa fase, in nessun modo liquidabile;
i volumi di prestazioni erogabili vanno distribuiti possibilmente in maniera omogenea nell’arco dell’anno”;

B) Nonché dei seguenti atti impugnati con i primi motivi aggiunti:

-della nota prot. n. 18930 del 15.4.2015 dell’ASL CE Servizio Centralizzato Controllo Informatico Case Di Cura, comunicata alla ricorrente in data 16.4.2015 ed avente ad oggetto “Richiesta nota di credito a storno del fatturato eccedente il limite di spesa programmato e sottoscritto” per l’importo di € 10.850.069,12;

-della nota prot. n. 18544 del 13.04.2015 dell’ASL CE Servizio Centralizzato Controllo Informatico Case di Cura, comunicata alla ricorrente in data 15.04.2015 ed avente ad oggetto “Richiesta nota prot. 159/2015 del 01.04.2015 (protocollo FAX ASL n. 1346 del 2.4.2015);

C) Nonché dei seguenti atti impugnati con i secondi motivi aggiunti:

- della nota di debito 442 del 04.08.2015, avente ad oggetto la “N.D. Anno 2014 – Determina 1958 del 16.04.2015”, notificata in data 02.09.2015 prot. n. 208/2015, notificata in data 02.09.2015 prot. n. 208/2015, per un totale di € 11.598.449,15;

- Di ogni atto connesso e/o presupposto, antecedente e o consequenziale in ogni caso lesivo della posizione della ricorrente.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Azienda Sanitaria Locale Caserta;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza straordinaria del giorno 13 ottobre 2021, tenutasi da remoto ai sensi dell’art. 87 comma 4 bis c.p.a., come introdotto dall'art. 17, comma 7, lett. a) n. 6 del d.l. 9 giugno 2021, n. 80, convertito in legge 6 agosto 2021, n. 113, la dott.ssa S P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.La casa di cura Pineta Grande s.r.l., struttura che eroga in regime di accreditamento con il S.S.R., tra le altre, anche attività sanitaria di emergenza, nonché inserita nella rete

SIRES

118 della Regione Campania fin dall’anno 2005, ha impugnato, proponendo anche domanda cautelare, la nota della ASL di Caserta n. 3144 del 28 gennaio 2015 avente ad oggetto il “ Monitoraggio Tetti di Spesa Decreto n. 3 del 26.01.2015 – periodo Gennaio Dicembre 2014 ”, con la quale con riferimento al fatturato presentato dalla ricorrente pari a € 50.714.527,36, a fronte del tetto fissato con Decreto n. 3/2015 pari ad € 39.270.000,00, e corrispondente pertanto al 128,00% del tetto annuo, veniva richiamato il decreto del Commissario ad Acta secondo cui “ ogni sforamento del budget di cui sopra, a qualunque titolo operato, è privo di copertura di spese e, pertanto, in questa fase, in nessun modo liquidabile;
i volumi di prestazioni erogabili vanno distribuiti possibilmente in maniera omogenea nell’arco dell’anno
”.

Adduce a supporto del ricorso le seguenti doglianze:

I. Violazione dei principi generali in materia di programmazione sanitaria. Violazione dell’art. 3 della legge 7.8.1990 n. 241: eccesso di potere per disparità di trattamento. Violazione dell’art. 3 della legge 7.8.1990 n. 241;
travisamento dei presupposti di fatto e di diritto – eccesso di potere – contraddittorietà e sviamento – Violazione dei principi di buon andamento e buona amministrazione – Violazione legge n. 241 del 1990 e dei principi del giusto procedimento
”.

Contesta parte ricorrente che l’assegnazione del tetto fissato dalla Azienda sanitaria sarebbe privo delle valutazioni comparative e dell’individuazione di elementi oggettivi e criteri predeterminati atti a sorreggere sul piano motivazionale la distribuzione delle risorse fra le varie strutture accreditate.

Dallìillegittimità dei tetti di spesa cosi determinati, parte ricorrente fa discendere che le prestazioni erogate dal centro avrebbero dovuto pertanto essere remunerate dall’ASL “ in quanto necessarie ed improcrastinabili a prescindere da qualsiasi tetto di spesa ”.

“II.Illegittimità dei provvedimenti impugnati per violazione della normativa in materia di prestazioni erogate da presidi ospedalieri e per eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà e violazione del principio del contraddittorio.”

La ricorrente premette di essere stata con Delibera della Giunta Regionale n. 284 del 25 febbraio 2005 autorizzata in via definitiva ad erogare prestazioni di emergenza-urgenza a carico del S.S.R, e che tale provvedimento aveva espressamente statuito, richiamando le D.G.R. n. 41 del 2004, di modifica della precedente DGR n. 48 del 2003, la non sottoposizione ai limiti di spesa delle prestazioni effettuate in emergenza - urgenza, ivi compresi i ricoveri riconducibili all’area d’emergenza-urgenza (provenienti dal pronto soccorso – 118 - altri ospedali), al contrario di quanto invece previsto per le prestazioni di ricovero non ricomprese tra quelle di emergenza – urgenza le quali sarebbero state oggetto di appositi contratti da stipularsi tra la Casa di Cura e la ASL Caserta 2 ex art. 8 quinques del D.Lgs 502/92.

Sostiene in generale che per le strutture parificate all’apparato sanitario pubblico non è neppure ipotizzabile una limitazione delle prestazioni e una fissazione di un tetto di spesa, esulando dal regime di accreditamento;
nello specifico, insiste affinchè le prestazioni di emergenza-urgenza seguite da ricovero, effettuate spesso nei confronti di pazienti trasferiti dal 118 o da altri ospedali e rispetto alle quali la ricorrente non poteva opporre alcuna limitazione di tipo gestionale o di programmazione, dovessero essere remunerate secondo le tariffe indicate nella stessa D.G.R.C. n. 284/2005, ossia le tariffe applicate agli ospedali pubblici, ricevendo l’ASL di Caserta un’integrazione del proprio fondo sanitario proprio in ragione di tali ricoveri.

Richiama a supporto dell’impossibilità per la ricorrente di rifiutarsi dall’erogare prestazioni di pronto soccorso l’ordinanza cautelare n. 1583 del 2012 con la quale questa Sezione in accoglimento dell’istanza cautelare presentata dall’odierna ricorrente aveva sospeso la nota dell'Asl Caserta 2 prot. n. 2583 del 2 ottobre 2012 con la quale si diffidava la casa di cura Pineta Mare srl dall'erogare prestazioni con oneri a carico del servizio sanitario pubblico, nella parte in cui le si inibiva l’erogazione di tutte le prestazioni sia di emergenza-urgenza che di Pronto Soccorso, “ Rilevato che gli atti in base ai quali è svolta l’attività di Pronto soccorso risultano esecutivi e vincolanti, per cui allo stato la ricorrente non appare legittimata a rifiutare l’erogazione delle relative prestazioni ”.

Sostiene pertanto di aver continuato ad erogare per tutto il 2012, 2013 e 2014 prestazioni a pazienti giunti in emergenza-urgenza onde non incorrere in responsabilità penale.

1.2 Si è costituita l’Azienda sanitaria locale CE chiedendo il rigetto del ricorso perché infondato.

1.3 Con successivi ricorsi per motivi aggiunti la ricorrente ha chiesto altresì l’annullamento delle note di credito a storno del fatturato eccedente il limite di spesa e della successiva nota di debito, meglio indicate in epigrafe., adducendo i medesimi motivi di impugnazione.

1.4 Le parti da ultimo hanno depositato memorie con cui hanno insistito sulle rispettive ragioni.

1.5 All’udienza del 13 ottobre 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.

2. Il ricorso è infondato per cui può prescindersi dall’eccezione di inammissibilità sollevata dalla ASL di Caserta per difetto di giurisdizione del giudice adito.

2.1 Preliminarmente va ritenuta inammissibile la prima censura rivolta avverso la presupposta attività di programmazione e di assegnazione del tetto di spesa, esplicata con il decreto n. 3/2015 del Commissario ad Acta il quale non è stato fatto oggetto di gravame, né tantomeno può ritenersi che il ricorso sia esteso anche a tale provvedimento, non risultando ad ogni modo notificato anche a tale organo straordinario presso la competente Avvocatura Distrettuale dello Stato.

2.2 Tanto premesso, il secondo motivo di ricorso è infondato.

Con esso parte ricorrente sostiene che in quanto struttura equiparata ad Ospedale pubblico non era neppure ipotizzabile la fissazione di un tetto di spesa nei propri confronti e meno che mai per le prestazioni di emergenza-urgenza seguite da ricovero, effettuate in gran parte nei confronti di pazienti trasferiti dal 118 o da altri ospedali e rispetto alle quali la ricorrente non avrebbe potuto opporre alcun diniego, dovendo pertanto le stesse essere remunerate secondo quanto indicato nella D.G.R.C. n. 284/2005 in base alle tariffe applicate per gli ospedali pubblici.

Parte ricorrente muove dall’assunto che la Regione, con la richiamata delibera n. 284 del 2005, le avrebbe già riconosciuto la qualifica di presidio dell’azienda sanitaria locale (all’epoca USL), circostanza che renderebbe illegittimi gli atti impugnati.

L’assunto non è condivisibile e si fonda su una erronea interpretazione di tale delibera regionale.

Con la stessa la Regione non ha affatto qualificato la casa di cura ricorrente quale presidio ospedaliero dell’unità sanitaria locale, ma l’ha semplicemente autorizzata all’esercizio delle funzioni di pronto soccorso sul territorio regionale.

Ed invero, la Regione, su istanza della stessa ricorrente (del 12 novembre 2003) all’epoca solo provvisoriamente accreditata, ma che aveva già reso prestazioni di Pronto soccorso in ragione della necessità di colmare a carenze riscontrate in alcuni territori della Campania (vengono all’uopo richiamati precedenti deliberazioni dell’ASL Caserta e provvedimenti prefettizi) ha così deliberato:

“ … Di autorizzare la Casa di Cura “Pineta Grande” sita in Castel Volturno (CE) all’esercizio delle funzioni di Pronto soccorso sul territorio, con la organizzazione di cui al decreto sindacale di autorizzazione del Sindaco del Comune di Castel Volturno (CE) del 3.7.2003 prot. n. 21922 e fermo restando le condizioni di necessità che dovranno essere oggetto di periodica verifica;

- di stabilire che solo le prestazioni di ricovero di emergenza - urgenza rese dalla Casa di Cura in base alla organizzazione posseduta, anche erogate in variazione del dimensionamento e delle caratteristiche tipologiche e funzionali della struttura in ottemperanza del disposto della DGR 1270/03 e s.m.i. dovranno essere remunerate dalla ASL CE 2;

- che il riferimento tariffario da utilizzare per la remunerazione delle prestazioni di emergenza- urgenza rese e riconosciute dalla ASL Caserta 2 è quello riportato nell’allegato B della DGR C n. 8708/95 e successivi aggiornamenti e adeguamenti;

-di stabilire, altresì, che le prestazioni di ricovero non ricomprese tra quelle di emergenza – urgenza dovranno essere oggetto degli appositi contratti da stipularsi tra la casa di cura e la ASL Caserta 2 in applicazione delle DD.GG.RR: 2451/03, 3133/03, 041/04. 048/04 e 2105/04 ed in correlazione al volume di prestazioni di emergenza – urgenza erogate... ”.

Il contenuto dell’invocata deliberazione da un lato sanava la precedente situazione individuando anche il tariffario di riferimento per le prestazioni di pronto soccorso già erogate e dall’altro, in maniera chiara, autorizzava l’esercizio delle funzioni di Pronto soccorso, rinviando per esse sempre al regime di accreditamento.

Che siffatte prestazioni fossero rese in regime di accreditamento trova peraltro conferma nella sentenza di questa Sezione del 13 marzo 2017 n. 1501 che ha successivamente rigettato il ricorso avverso il provvedimento di diffida della ASL di Caserta a “ non erogare prestazioni in regime di accreditamento in difetto di sottoscrizione del relativo contratto di servizio, in applicazione del principio di cui all’art. 8 quinquies, commi 2 quater e 2 quinquies del d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 502 ”, dapprima sospeso con la richiamata ordinanza cautelare.

2.3 Peraltro, come ha avuto modo di chiarire questa Sezione “ Una diversa conclusione, peraltro, contrasterebbe con i principi normativi ricavabili dall’art. 1 commi 5 e 6 della legge 132/1968 (cd. Legge Mariotti) e dagli artt. 41, comma 1, e 43, comma 2, della Legge 833/1978, i quali richiedono, come elemento distintivo degli ospedali (privati) equiparati alle strutture pubbliche, una equipollenza ordinamentale.

Si rammenta al riguardo che il menzionato art. 43, comma 2, L. n. 833/1978 espressamente chiarisce che: “Gli istituti, enti ed ospedali di cui all'articolo 41, primo comma, che non abbiano ottenuto la classificazione ai sensi della legge 12 febbraio 1968, n. 132 , e le istituzioni a carattere privato che abbiano un ordinamento dei servizi ospedalieri corrispondente a quello degli ospedali gestiti direttamente dalle unità sanitarie locali, possono ottenere dalla regione, su domanda da presentarsi entro i termini stabiliti con legge regionale, che i loro ospedali, a seconda delle caratteristiche tecniche e specialistiche, siano considerati, ai fini dell'erogazione dell'assistenza sanitaria, presidi dell'unità sanitaria locale nel cui territorio sono ubicati, sempre che il piano regionale sanitario preveda i detti presidi. I rapporti dei predetti istituti, enti ed ospedali con le unità sanitarie locali sono regolati da apposite convenzioni.”.

La riforma sanitaria del 1978 ha, quindi, confermato il quadro normativo proprio della legge n. 132 del 1968 (cd. Legge Mariotti), subordinando l’equiparazione di un istituto privato ad una struttura pubblica all’esistenza di un preciso requisito;
in altri termini, di: “un ordinamento dei servizi ospedalieri corrispondente a quello degli ospedali gestiti direttamente dalle unità sanitarie locali”.

Oltre al requisito sopra enunciato, il legislatore ha altresì subordinato il riconoscimento alla verifica di compatibilità con il Piano regionale sanitario.

Proprio per questa ragione, in un precedente analogo alla fattispecie in esame, questo TAR – con la sentenza 7 novembre 2016, n. 5120 - ha precisato che il riconoscimento della qualità di presidio ospedaliero richiede una valutazione di compatibilità con il Piano regionale sanitario che deve essere espletato dai competenti uffici regionali.

La menzionata sentenza ha altresì sottolineato il potere di accertamento in carico alla Regione, cui spettano la titolarità e la responsabilità complessive della gestione del servizio sanitario (cfr., tra l'altro, Cons. Stato, 17 settembre 2019, n. 6938).

In sostanza, il potere di effettuare siffatto riconoscimento, costituisce una prerogativa propria della Regione che la legislazione le riserva alla luce della programmazione regionale in ambito sanitario.

2.4 La disposizione legislativa è stata in seguito confermata dal d lgs 502/1992, che all’art. 4, comma 12, ha precisato: “nulla è innovato nella vigente disciplina per quanto concerne ... gli istituti ed enti che esercitano l’assistenza ospedaliera di cui agli articoli 40, 41 e 43 secondo comma della legge 1978 n. 833” nonché dalla riforma sanitaria del 1999, di cui al d. lgs. 229/1999.

In particolare, con la riforma del 1999, il legislatore – nel confermare l’impianto normativo previgente – ha fondato l’impianto ordinamentale del Servizio sanitario nazionale (SSN) sul sistema dell’accreditamento istituzionale, in base al quale tutte le strutture sanitarie pubbliche e private devono soddisfare precisi requisiti ulteriori di qualificazione e di funzionalità rispetto agli indirizzi di programmazione regionale.” ( Tar Campania, Napoli, Sez. I, sent. 16 luglio 2021 n. 4946).

2.4 A tanto si aggiunga che ad ogni modo anche per gli istituti integrati nel servizio sanitario nazionale ai sensi dei richiamati artt. 41, 42 e 43 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 ed equiparati agli ospedali pubblici ai fini dell'accesso dei cittadini nei rispettivi ambulatori con le medesime modalità previste per le strutture direttamente gestite dalle Aziende sanitarie, sia previsto il raccordo con la programmazione sanitaria e che le attività e le funzioni assistenziali, nonché i rapporti con il servizio sanitario, debbano trovare la propria disciplina in appositi accordi.

Secondo la giurisprudenza consolidata (vedi ex multis Cons. Stato, Sez. III, n. 2591/2014 e 735/2013), la posizione degli ospedali privati c.d. classificati è equiparata a quella delle strutture sanitarie pubbliche limitatamente ad aspetti organizzativi ben definiti dal legislatore, quali i requisiti tecnici e funzionali, nonché la programmazione, il finanziamento degli investimenti e gli elementi costitutivi delle tariffe delle prestazioni erogate.

In secondo luogo va tenuto conto del fatto che, prima del 2009, il D.LGS. n. 502/1992, art 8 quinquies (nel testo modificato dal d.lg. n. 229/1999) prevedeva che le Regioni definissero attraverso ’Accordi’ con le strutture pubbliche ed equiparate e stipulassero ‘contratti’ con quelle private le caratteristiche essenziali del servizio sanitario e delle prestazioni sanitarie con riguardo al volume massimo delle prestazioni che le strutture sanitarie si impegnano ad assicurare, ai requisiti del servizio ed al corrispettivo preventivato a fronte delle attività concordate, da verificare a consuntivo secondo le indicazioni dettate dalla Regione in ordine alla remunerazione delle prestazioni eventualmente erogate in eccedenza rispetto al programma preventivo concordato.

2.6. Pertanto, come ha chiarito la giurisprudenza ormai consolidata (vedi anche Cons. Stato, Sez. III, n. 697/2013), prima del D.L. n.112/2008, sussisteva la possibilità che le prestazioni erogate oltre i volumi preventivamente concordati negli accordi fossero remunerate in qualche misura, cioè secondo i criteri stabiliti dalla Regione (in applicazione del D.LGS. n. 502/1992, art.8 quinquies, comma 1, lettera d).

2.6.1. Ma il D.L. n. 112/2008 modifica, tra l’altro, con effetto dal 2009, proprio la disciplina della remunerazione delle prestazioni erogate oltre il volume preventivamente concordato ed infatti introduce nel citato art 8 quinquies il comma 2 quater, che prevede in capo alle Regioni la competenza a stipulare ‘accordi’ anche con gli ospedali di cui all’art. 41 della legge n. 833/1978 (istituti ed enti ecclesiastici civilmente riconosciuti che esercitano assistenza ospedaliera).

Il citato comma 2 quater, mentre, per un verso, dispone che, in conformità a tali ‘Accordi’, l’attività assistenziale, attuata in coerenza con la programmazione sanitaria regionale, «sia finanziata a prestazione in base ai tetti di spesa ed ai volumi di attività predeterminati annualmente dalla programmazione regionale nel rispetto dei vincoli di bilancio», per altro verso, contestualmente, esclude che «il corrispettivo preventivato a fronte delle attività concordate» sia sottoposto a verifica «a consuntivo sulla base dei risultati raggiunti e delle attività effettivamente svolte».

Inoltre, con espresso riferimento alle attività assistenziali delle strutture equiparate, lo stesso D.L. n. 112/2008, modificando anche l’art. 1, comma 18, del d.lg. n. 502/1992, ha stabilito altresì, che «le attività e funzioni assistenziali delle strutture equiparate di cui al citato art. 4, comma 12, con oneri a carico del servizio sanitario nazionale, sono esercitate esclusivamente nei limiti di quanto stabilito negli specifici accordi di cui all’art.8 quinquies».

Pertanto, a fronte di questo nuovo quadro normativo, «conseguentemente il corrispettivo preventivato in sede di programmazione regionale e negli accordi contrattuali diventa, di fatto, un tetto di spesa invalicabile» (giurisprudenza consolidata, vedi ex multis Cons. Stato, Sez. III, n. 735/2013, citata). ” (Cons. Stato, Sez. III, 18 settembre 2017 n. 4374).

3. Da quanto sopra, si desume la legittimità delle note impugnate.

3.1 La Casa di cura ricorrente si configura come una struttura privata a scopo di lucro, autorizzata e accreditata per l’erogazione di prestazioni di assistenza ospedaliera con ricovero ordinario diurno in specifiche discipline mediche e chirurgiche, avente altresì la particolarità di svolgere anche le funzioni di Pronto Soccorso nella Rete dell’emergenza Urgenza (cd SIRES).

La società ricorrente è, quindi, una casa di cura, ossia una società commerciale che opera nella forma giuridica della società a responsabilità limitata, nei cui confronti la Regione, l’ente competente a compiere una valutazione di compatibilità con il piano regionale sanitario, non ha invero mai riconosciuto – perché non lo avrebbe consentito il quadro normativo sopra illustrato - la natura di “presidio USL”, ossia di ospedale gestito dalla ASL.

Tanto chiarito, inconferente appare la certificazione rilasciata dal direttore del Dipartimento della ASL Caserta in data 3 luglio 2015 in cui si attesta che la casa di cura “ per le funzioni sanitarie autorizzate e accreditate, è equiparabile e soddisfa i requisiti propri dei presidi ospedalieri pubblici ”. Non può infatti ritenersi che una siffatta certificazione possa tener luogo del procedimento relativo alla necessaria alla verifica di compatibilità con il Piano regionale sanitario.

3.2 La remunerazione dell’attività svolta dalla Casa di cura ricorrente, al pari delle altre case di cura accreditate nell’ambito del territorio dell’ASL, è subordinata alla stipula con l’ASL competente per territorio di appositi accordi, ai sensi dell’art.

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