TAR Catanzaro, sez. I, sentenza 2015-04-22, n. 201500703

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catanzaro, sez. I, sentenza 2015-04-22, n. 201500703
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catanzaro
Numero : 201500703
Data del deposito : 22 aprile 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01411/2013 REG.RIC.

N. 00703/2015 REG.PROV.COLL.

N. 01411/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1411 del 2013, proposto da P R, C F, R G, M G, D C F, P G, S G, C R, N P, D'Andrea Giuseppe, O I, T C, S A, G C, B A, D L G, F M, C M, G G J, D’Angelo Antonio, C C, D B P, L C, elettivamente domiciliati in Catanzaro, via F. Acri . 88, presso lo studio dell’avv. Giuseppe Pitaro, che li rappresenta e difende;

contro

- il Comune di Paola, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Oreste Morcavallo e Giovanni Spataro, domiciliato presso la Segreteria del Tribunale ai sensi dell’art. 25 c.p.a.;
- la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente in carica,
- il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro in carica;
rappresentati e difesi dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Catanzaro, presso la quale sono domiciliati;

per l’annullamento

della deliberazione n. 14 del 21 giugno 2013 del Consiglio comunale di Paola, avente ad oggetto “ Rif. ordinanza n. 1152/2013 del Consiglio di Stato - sez. V - verifica applicabilità art. 243 bis TUEL e provvedimento conseguenziali. Sussistenza presupposti art. 244 TUEL: dichiarazione di dissesto del comune di Paola ”.


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Paola, della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero dell’Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del 20 marzo 2015 il Cons. Giovanni Iannini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. Con deliberazione n. 14 del 21 giugno 2013 il Consiglio comunale di Paola ha approvato la seguente proposta di deliberazione del Responsabile del Servizio Finanziario del Comune:

Di dare atto che il Comune di Paola ha valutato la possibilità di ricorrere al piano di riequilibrio finanziario pluriennale di cui all’art. 243 bis T U E L , per risolvere i propri squilibri finanziari, per come richiesto dall’ordinanza Consiglio di Stato, Sezione V , n. 1152/2013 Reg. Prov. C A U . N. 1202 del 27/03/2013;

Di dare atto che il Comune di Paola ha tenuto conto dei rilievi di cui all’ordinanza n. 62 del 07/02/2013 del Tar Calabria - sez. II in ordine alla dimostrazione della sussistenza dei presupposti per la dichiarazione di cui all’art. 244 TUEL ed alla acquisizione ed allegazione preventiva all’atto deliberativo della relazione dell’Organo di revisione economico finanziaria di cui all’art. 246 TUEL (in precedenza la relazione di tale Organo era stata allegata successivamente, con la nota prot. n. 18123 del 02/11/2012 e la nota n° 18124 del 02/11/2012 di trasmissione della delibera di C.C. n. 3/2012 al Ministero dell’Interno ed alla Procura regionale presso la Corte dei conti della Calabria, ai sensi dell'art. 246 co2 TUEL);

Di prendere atto dell’impossibilità di applicare al Comune di Paola (CS) 1’art. 243 bis TUEL in quanto, a seguito dell’ampia ed approfondita istruttoria condotta dagli Uffici, e visto il parere del Collegio dei revisori, è emerso che ricorre tale fattispecie;

Dì prendere atto della conseguente necessità di adottare immediatamente i corretti provvedimenti occorrenti a risolvere la situazione di grave squilibrio strutturale del bilancio del Comune;

Di dare atto che, a seguito della nuova istruttoria esperita e, dunque, dopo avere riconsiderato i fatti e le indicazioni provenienti dall’AGA nei diversi gradi del giudizio cautelare celebratosi in ordine alla sospensione degli effetti della delibera consiliare n.33/2013, e dopo avere riesaminato tutti gli atti e i documenti relativi, si perviene alla conferma della esistenza dello stato di dissesto, del quale ricorrono i presupposti;

Di procedere, pertanto, nuovamente, alla dichiarazione di dissesto finanziario del Comune di Paola ex art.244 TUEL quale atto dovuto, a seguito, per l’appunto, della verificata impossibilità di garantire l'assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili ed alla impossibilità di fare validamente fronte, con le modalità di cui all’articolo 193 TUEL, nonché con le modalità di cui all'articolo 194 TUEL, per le fattispecie ivi previste, ai crediti esistenti liquidi ed esigibili di terzi;

di demandare, ai sensi del comma 2 dell’art. 146 del D.lgs 267/2000, al Segretario Generale ed alla Responsabile del Settore Contabilità - tributi e patrimonio, linvio, entro 5 giorni dalla data di esecutività del presente atto al Ministero dell’Interno, alla Procura regionale per la Calabria della Corte dei Conti, nonché alla Sezione Regionale di Controllo per la Calabria della Corte dei Conti unitamente alla relazione dell’Organo di revisione economico — finanziaria contenente l’analisi delle cause che hanno provocato e determinato il dissesto ”.

2. Avverso tale deliberazione hanno proposto gravame i signori P R, C F, R G, M G, D C F, P G, S G, C R, N P, D'Andrea Giuseppe, O I, T C, S A, G C, B A, D L G, F M, C M, G G J, D’Angelo Antonio, C C, D B P, L C, cittadini residenti del Comune di Paola e, alcuni di essi, anche consiglieri comunali.

I ricorrenti hanno premesso che il ricorso oggetto del presente giudizio fa seguito ad altro proposto avverso la deliberazione n. 33 del 29 ottobre 2012 del Consiglio comunale di Paola, recante dichiarazione di dissesto finanziario dell’Ente. Hanno precisato che questo Tribunale, con ordinanza n. 62 del 7 febbraio 2013, ha sospeso quest’ultima deliberazione, avendo rilevato che la proposta di deliberazione consiliare non risultava sottoposta al Collegio dei revisori dei conti e che, conseguentemente, era assente la relazione dettagliata di tale organo, prevista dall’art. 246 comma 1 TUEL e che dal testo della deliberazione non era dato evincere i presupposti previsti per la dichiarazione di dissesto.

I ricorrenti hanno aggiunto che il Consiglio di Stato, investito dell’appello proposto avverso l’ordinanza di questo Tribunale, con ordinanza n. 1152 del 27 marzo 2013, nel respingere l’appello, ha rilevato la possibilità di prendere in esame la questione relativa all’applicazione dell’art. 243 bis del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267.

Ciò premesso, i ricorrenti hanno lamentato che. a distanza di circa tre mesi dall’ordinanza del Consiglio di Stato, il Comune ha nuovamente deliberato lo stato di dissesto, ancora una volta in modo affatto discrezionale. Essi hanno, quindi, dedotto l’illegittimità della nuova deliberazione e ne hanno chiesto l’annullamento, con ogni consequenziale statuizione in ordine alle spese di giudizio.

In via istruttoria i ricorrenti hanno richiesto che sia disposta consulenza tecnica d’ufficio al fine di verificare l’insussistenza delle condizioni del dissesto economico - finanziario, alla luce della possibilità di ricorrere ai benefici previsti dall’art. 243 bis del d.lgs. n. 267/2000 e dal d.l. n. 35/2013, nonché a causa della mancanza di atti deliberativi di riconoscimento dei debiti fuori bilancio.

3. Si è costituito il Comune di Paola che ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per carenza di legittimazione e di interesse dei ricorrenti e ne ha dedotto, comunque, l’infondatezza, chiedendone il rigetto, con vittoria di spese e competenze di giudizio.

4. Si sono costituiti, infine, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dell’Interno, che hanno eccepito il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, spettando la cognizione della controversia alla Corte dei conti. Le Amministrazioni statali hanno eccepito, inoltre, il proprio difetto di legittimazione e rilevato, comunque, l’infondatezza del ricorso.

5. Alla pubblica udienza del 20 marzo 2015, uditi i procuratori delle parti, come da verbale, la causa è stata assegnata in decisione.

6. Occorre partire dall’esame dell’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, sollevata dalla difesa erariale, che, a sostegno del proprio assunto, ha richiamato una recente sentenza di questa Sezione (26 maggio 2014 n. 798), che, in relazione a una fattispecie concernente la dichiarazione di dissesto di un comune, ha declinato la giurisdizione in favore della Corte dei conti.

L’eccezione è infondata.

La norma da prendere in considerazione è quella di cui all’art. 243 quater del d.lgs. n. 267/2000, che, con riferimento al piano di riequilibrio finanziario, prevede che la delibera di approvazione o di diniego del piano può essere impugnata entro 30 giorni, nelle forme del giudizio ad istanza di parte, innanzi alle Sezioni Riunite della Corte dei conti in speciale composizione.

Con la sentenza n. 798 del 26 maggio 2014 questo Tribunale ha affermato: “ Recentemente, la Corte di Cassazione a sezioni unite con la pronuncia 13 marzo 2014 n. 5805, ha chiarito che, nell’ambito dell’art. 243-quater TUEL, pur se testualmente riferito solo all’impugnazione delle delibere di approvazione o diniego del piano di riequilibrio finanziario, rientrano, per la medesima ratio, anche i provvedimenti che negano in radice ingresso alla possibilità dell’ente locale di accedere alla procedura di riequilibrio finanziario dando precedenza al procedimento volto alla dichiarazione di dissesto e come nello stesso ambito giurisdizionale siano da ricomprendere tutte le doglianze prospettate nei confronti dei provvedimenti della sezione di controllo della Corte dei Conti, trattandosi di doglianze sempre afferenti alle modalità di esercizio di tale controllo.

Di conseguenza le Sezioni unite hanno affermato la giurisdizione esclusiva della Corte dei Conti sulle controversie avente ad oggetto l’impugnazione della deliberazione con cui le Sezioni di controllo accertano la sussistenza delle condizioni previste per la dichiarazione dello stato di dissesto finanziario del comune, dandone notizia al prefetto per i provvedimenti conseguenti, essendo limitata la giurisdizione del giudice amministrativo alla sola impugnazione del provvedimento prefettizio .

La fattispecie esaminata in quella occasione, tuttavia, era diversa da quella oggetto del presente giudizio, giacché in quel caso, a monte della dichiarazione di dissesto, vi era la deliberazione della Sezione di controllo della Corte dei conti, che aveva negato all’Ente la possibilità di accedere alla procedura di riequilibrio finanziario. Da qui la necessità di proporre gravame innanzi alle Sezioni Riunite della Corte dei conti.

Nel caso del Comune di Paola, invece, è stata la stessa Amministrazione comunale ad escludere la sussistenza delle condizioni per accedere alla procedura di riequilibrio finanziario e a deliberare lo stato di dissesto. La tutela degli interessi legittimi che si assumono lesi dal provvedimento comunale va, quindi, ricondotta alla giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo.

7. Il Collegio ritiene di non poter condividere l’assunto secondo il quale le Amministrazioni statali intimate e, segnatamente, il Ministero dell’Interno siano prive di legittimazione nel giudizio avente ad oggetto la dichiarazione di dissesto.

Le norme di legge attribuiscono un ruolo eminente al Ministero dell’Interno nell’ambito dei procedimenti conseguenti alla dichiarazione di dissesto. Basti pensare, fra l’altro, ai compiti attribuiti al Ministero in materia di nomina e verifica dell’attività dell’organo di liquidazione e di acquisizione e gestione dei mezzi finanziari necessari per il risanamento, oltre che in materia di liquidazione e pagamento della massa passiva.

Proprio in considerazione di tale ruolo, deve affermarsi che la dichiarazione di dissesto determina effetti diretti a carico del Ministero, al quale, pertanto, deve essere riconosciuta legittimazione.

8. Si è rilevato che il Comune ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione e di interesse in capo ai ricorrenti.

Il Comune ha rilevato, innanzi tutto, che tra i ricorrenti vi sono alcuni consiglieri comunali, tra i quali anche l’ex sindaco del Comune e ha sottolineato che, secondo la giurisprudenza costante, la legittimazione dei componenti del consiglio comunale è limitata al caso in cui la deliberazione consiliare incida sulle prerogative connesse all’ufficio pubblico ricoperto, pregiudicando un diritto della persona investita della carica elettiva.

Ad analoga conclusione dovrebbe giungersi riguardo alla posizione dei ricorrenti che hanno agito nella qualità di cittadini residenti nel Comune. Fatta eccezione per i casi in cui la legge prevede un’azione popolare, la legittimazione e l’interesse a ricorrere potrebbero riconoscersi solo ai titolari di una posizione giuridica differenziata e qualificata e per la lesione di un interesse concreto e attuale. Nel caso di specie i ricorrenti lamenterebbero in maniera generica un grave danno per la collettività, che, a causa della dichiarazione di dissesto, verrebbe privata in tutto o in parte di alcuni servizi e subirebbe inevitabili aumenti dei tributi locali.

Ulteriore profilo di inammissibilità per carenza di interesse viene ravvisata nella mancata impugnazione di atti presupposti, quale la relazione del Collegio dei revisori dei conti, di cui al verbale n. 10 del 27 maggio 2013, della relazione del Responsabile del settore contabilità, tributi e patrimonio, della relazione dell’organo di revisione relativa al rendiconto 2011.

Le eccezioni sono prive di fondamento.

La giurisprudenza, richiamata anche dai ricorrenti nelle memorie prodotte, ha affermato che tutte le singole persone fisiche residenti nel Comune sono legittimate ad impugnare la deliberazione che dichiara il dissesto finanziario dell’ente comunale, atteso che la dichiarazione di dissesto costituisce la premessa per ulteriori provvedimenti sfavorevoli, contro i quali esse non avrebbero poi modo di difendersi, quali la riduzione dei servizi offerti dal Comune alla cittadinanza, l’aumento delle tariffe dei restanti servizi, l’aumento dell’aliquota dell’imposta comunale sugli immobili (Cons. St., sez. V, 17 maggio 2006 n. 2837).

In considerazione di ciò, non assume rilievo l’ulteriore eccezione relativa al difetto di legittimazione dei ricorrenti aventi la qualità di consiglieri comunali e che sono dissenzienti rispetto alle deliberazioni dell’organo di cui fanno parte. Tutti i ricorrenti, infatti, sono cittadini residenti del Comune di Paola. Il fatto che ricoprano la carica di consiglieri comunali non può condurre a negare loro la legittimazione quali residenti nel Comune in questione.

Quanto alla mancata impugnazione della relazione del Collegio dei Revisori dei conti, del Responsabile del settore contabilità, tributi e patrimonio e dell’organo di revisione relativa al rendiconto 2011, si tratta, evidentemente, di atti privi di valenza provvedimentale, di talché le doglianze mosse avverso il contenuto di essi devono essere rivolte all’atto avente carattere provvedimentale, costituito dalla deliberazione con la quale è stato dichiarato il dissesto finanziario.

9. Prima di esaminare i motivi posti a base del gravame proposto dai ricorrenti è bene richiamare i contenuti essenziali delle motivazioni alla base della dichiarazione di dissesto finanziario, articolate, essenzialmente, su due direttrici: l’impossibilità di percorrere la strada della procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, di cui all’art. 243 bis del d.lgs. n. 267/2000, suggerita dalla menzionata ordinanza del Consiglio di Stato;
la sussistenza delle condizioni in presenza delle quali è dovuta la dichiarazione di dissesto finanziario ai sensi dell’art. 244 del d.lgs. n. 267/2000.

9.1 Riguardo agli ostacoli ad intraprendere la procedura di riequilibrio finanziario, vengono evidenziati, tra gli altri, i seguenti profili:

- la Corte dei conti, fin dalla deliberazione n. 111 del 21 maggio 2008, relativa al rendiconto 2006, e, da ultimo, con la deliberazione n. 113 del 13 luglio 2012, relativa al rendiconto dell’esercizio 2010, ha rilevato situazioni pregiudizievoli per la sana e corretta gestione finanziaria dell’Ente e, con l’ultima deliberazione menzionata, ha assegnato al Comune un termine di tre mesi per adottare le misure correttive necessarie;

- l’impossibilità di adottare le misure correttive imposte dalla Corte dei conti, evidenziata dalla persistenza delle criticità già rilevate anche nel rendiconto del 2011, ha indotto il Comune all’adozione della delibera n. 33 del 29 ottobre 2010, recante dichiarazione di dissesto finanziario, oggetto delle misure cautelari del giudice amministrativo;

- gli ultimi documenti contabili approvati sono il bilancio di previsione 2011 e il rendiconto del 2011, per cui l’Ente è sprovvisto di bilancio di previsione 2012, del rendiconto per tale anno, nonché del bilancio di previsione 2013;

- dalla relazione del Capo Settore Uffici Ragioneria e Tributi e da quella del Collegio dei revisori si desume che:

a) la situazione finanziaria generale dell’Ente non consente di adottare i provvedimenti di riequilibrio di bilancio, sia in termini di competenza che di cassa, ai sensi dell’art. 193 del d.lgs. n. 267/2000;

b) l’importo rilevato dello squilibrio di bilancio sarebbe aggravato in caso di procedura di riequilibrio finanziario, stante la necessità di inserire il fondo svalutazione crediti;

c) la permanenza delle criticità rilevate dalla Corte dei conti potrebbe costituire causa di mancata approvazione del piano di riequilibrio finanziario pluriennale;

d) l’avvio della procedura di riequilibrio non comporta la sospensione dei termini per l’approvazione del bilancio di previsione e, secondo quanto specificato nelle Linee guida approvate dalla Sezione autonomie della Corte dei conti, l’approvazione nei termini di legge del bilancio di previsione e dell’ultimo rendiconto è presupposto necessario per accedere alla procedura di riequilibrio.

Su tale basi è stata esclusa la possibilità di accedere alla procedura di riequilibrio di cui all’art. 243 bis del d.lgs. n. 267/2000.

9.2 Con riferimento alla necessità della dichiarazione di dissesto finanziario, l’organo consiliare ha richiamato, tra le altre cose, le conclusioni cui è giunto il Collegio dei revisori dei conti, qui di seguito riportate:

Il collegio alla luce di quanto precedentemente indicato rileva che:

• l ’Ente non ha provveduto ad approvare il bilancio di previsione per l’anno 2012 in quanto presentava uno squilibrio pari ad € 1.988.474,56 ulteriormente aggravato dall’esigenza di dover costituire ai sensi del D.L. 95/2012 un fondo svalutazione crediti pari ad € 1.541.786,75;

• lo squilibrio è ulteriormente aggravato dall’esistenza di debiti liquidi certi ed esigibili come dichiarati dal Responsabile Finanziario per € 8.651.475,16 a cui vanno aggiunti € 694.034,42 già riconosciuti e da finanziare nell’esercizio 2013;

• non ha ancora provveduto al riaccertamento dei residui attivi e passivi;

• il mantenimento di una elevata mole di residui attivi relativi ad annualità precedenti il 2007 altera l’effettiva situazione finanziaria dell’ente;

• il progressivo aumento di residui passivi del Titolo I evidenzia una progressiva carenza di liquidità evidenziata anche l’enorme mole di debiti liquidati e non pagati, per far fronte a servizi essenziali che ammontano ad € 8.024.529,34, tutto ciò comporta il nascere di ulteriori passività potenziali, che renderebbero ancora più aride la cassa dell’ente legate alle possibili azioni esecutive che i creditori possono far valere nei confronti dell’ente stesso;

• l’utilizzo dell’anticipazione di tesoreria è diventato ormai cronico ed ininterrotto da più di 2 anni;

• le previsioni di entrata relative al recupero dell’evasione tributaria - come evidenziato nella relazione al rendiconto 2011 dell’Organo di revisione - sono inattendibili;

• che l’Ente nel 2010 aveva provveduto a rinegoziare mutui per € 4.654.258,00, evidenziando il proprio stato di deficitarietà finanziario, portandoli ad una scadenza trentennale, con conseguente aggravio sulle gestioni future pari a € 2.394.005,00;

• che alla data del 31/12/2012 non risultano essere stati reintegrati somme a destinazione vincolata pari ad € 1.567.230,26;

• l’Ente non ha rispettato il Patto di stabilità per gli esercizi 2010 e 2011;

• l’Ente ad oggi non ha adottato le misure correttive che la Corte dei Conti con deliberazione n° 113 del 13/07/2012 aveva richiesto in riferimento al rendiconto 2010;

• l’Ente sulla base del rendiconto 2011 presenta il superamento di cinque parametri di deficitarietà secondo la tabella di cui al D.M. 24/09/2009 a cui si va ad aggiungere nell’esercizio 2012 il superamento di un ulteriore parametro costituito dall’esistenza di anticipazioni di tesoreria non rimborsate superiori al 5% delle entrate correnti;

• nonostante il Consiglio di Stato con ordinanza n° 1152/2013 Reg.PROV.CAU abbia proposto all’Ente di prendere in esame l’applicazione del Art. 243 bis del Tuel, lo stesso non è applicabile in quanto il Comune di Paola non ha provveduto all’approvazione del bilancio di previsione per l’esercizio 2012. In tal senso si rileva che l’avvio della procedura di riequilibrio di cui all’ art 243 bis, a differenza di quanto previsto nell’ipotesi di dissesto (art,248 Tuel), non comporta la sospensione dei termini per l’approvazione del bilancio di previsione. Si fa notare inoltre che le linee guida sull’applicazione dell’Art. 243 bis della Sezione Autonomie della Corte dei Conti rilevano che: “ La nuova procedura rappresenta, néll’ambito dell’attuale problematico panorama della finanza locale, un utile rimedio per scongiurare la più grave situazione di dissesto. Tuttavia essa deve essere rigorosamente attuata e sottoposta a scrupolosi controlli sulla regolarità della gestione e sul puntuale procedere del percorso di risanamento, perché potrebbe rivelarsi un dannoso escamotage per evitare il trascinamento verso una situazione di dissesto da dichiarare ai sensi dell’art. 6, comma 2 del d.lgs. 149/2011, diluendo in un ampio arco di tempo soluzioni che andrebbero immediatamente attuate”.

Sulla base di quanto espresso il collegio ritiene che, affinché si possa dare avvio ad un reale processo di risanamento economico finanziario dell’ente libero dai debiti pregressi così da garantire la continuità e la garanzia dei servizi pubblici indispensabili alla collettività, l’unica strada da percorrere sia quella del dissesto finanziario ai sensi dell’art.244 del Tuel, già deliberato nel C.C. del 29.10.2012, e che questa richiede un energico lavoro di potenziamento .delle entrate e di razionalizzazione delle spese nonché l’individuazione e realizzazione di adeguate fonti di entrata da destinare al finanziamento della enorme mole di debiti da soddisfare.

Pertanto il dissesto deve essere considerato un punto di partenza che fa intravedere un percorso lungo e difficile il cui successo dipenderà dalle modalità con cui esso sarà affrontato ”.

10. Parte ricorrente espone una serie assai articolata di censure, attinenti sia all’esistenza dei presupposti per la dichiarazione di dissesto, sia ad altri aspetti. Appare conveniente, non ravvisandosi alcuna controindicazione al riguardo, partire dall’esame di questi ultimi, per poi dedicarsi ai profili più strettamente attinenti all’esistenza di quelle situazioni che impongono la dichiarazione di dissesto.

10.1 Una prima doglianza attiene alla coesistenza di due delibere di dichiarazione di dissesto, giacché quella oggetto di impugnazione in questa sede sarebbe stata adottata nonostante l’esistenza e la validità della precedente delibera n. 33/2013 di dichiarazione di dissesto.

Sottolineano i ricorrenti che la delibera n. 33/2912 è atto non revocabile e non ancora annullato, essendone solo stati sospesi temporaneamente gli effetti.

Vi sarebbe, pertanto, la compresenza di due dichiarazioni di dissesto e ciò determinerebbe l’illogicità e l’illegittimità della seconda delibera.

Risulterebbero violati i principi di legittimo affidamento e certezza del diritto, in quanto la contemporanea esistenza di due delibere di dissesto determinerebbe una situazione di incertezza per i cittadini, i creditori, i lavoratori e i consiglieri.

In difetto di annullamento potrebbe verificarsi il caso che il Consiglio comunale deliberi un terzo stato di dissesto, in sfregio alla certezza del diritto e al principio del legittimo affidamento.

Il Comune resistente replica osservando che, in realtà, l’Amministrazione, sulla scorta di quanto rilevato dal Tar e dal Consiglio di Stato, avrebbe provveduto a verificare, con esito negativo, la possibilità di attivare la procedura di cui all’art. 243 bis del Tuel e, una volta eliminato il vizio procedimentale della precedente deliberazione, avrebbe adottato una nuova deliberazione, convalidando quanto già in precedenza statuito. Ciò tanto più che, con sentenza n. 1069/2013, il Tribunale Amministrativo ha dichiarato l’improcedibilità del ricorso proposto avverso la deliberazione n. 33 del 29 ottobre 2012, proprio in ragione dell’intervento della deliberazione n. 14.

Ritiene il Collegio che le osservazioni del Comune resistente meritino adesione.

Il Comune, adeguandosi alle sollecitazioni di cui alle ordinanza cautelari indicate, ha ripercorso l’iter istruttorio e logico argomentativo alla base della precedente dichiarazione di dissesto finanziario, arricchendo l’analisi mediante la valutazione della possibilità di ricorrere alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale. Nel far ciò ha acquisito gli elementi istruttori omessi nella sequenza procedimentale alla base della precedente delibera ed è giunto, infine, a confermare la determinazione.

In ciò non può ravvisarsi alcun profilo di illogicità giacché, anzi, l’Amministrazione comunale ha inteso conformarsi al dictum giurisdizionale, valutando, tra l’altro, la possibilità di percorrere la strada del riequilibrio finanziario e acquisendo gli elementi istruttori precedentemente omessi.

Che dal susseguirsi delle due deliberazioni non possa derivare alcun effetto pregiudizievole, anche sul piano della certezza dei rapporti giuridici, è dimostrato, tra l’altro, dal fatto stesso che questo Tribunale con sentenza 21 novembre 2013 n. 1069 ha dichiarato l’improcedibilità del ricorso proposto avverso la deliberazione n. 33/2012, rilevando che i ricorrenti non avevano interesse a coltivare il ricorso in quanto la delibera oggetto di impugnazione in quella sede è stata superata dalla delibera n. 14/2013, che ha nuovamente dichiarato il dissesto finanziario dell’ente, su cui si sposta e canalizza l’interesse processuale dei ricorrenti.

10.2 Altro vizio rilevato dai ricorrenti è quello di violazione del c.d. giudicato cautelare. La delibera n. 14 non si sarebbe attenuta a quanto disposto dall’ordinanza n. 1152/2013 del Consiglio di Sato, che imponeva all’Amministrazione di dare applicazione all’art. 243 bis del TUEL.

La censura è priva di pregio, atteso che, come è evidente, la richiamata ordinanza non imponeva affatto di fare ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario, ma sollecitava il Comune, nell’attesa della pronuncia di merito, di valutare la possibilità di fare ricorso a tale procedura. Il Comune ha effettuato una propria valutazione al riguardo ed ha escluso la possibilità di fare applicazione dell’art. 243 bis .

10.3 Altro ordine di censure è dedicato proprio al mancato ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario.

Osservano i ricorrenti che la delibera n. 14 ha ad oggetto la verifica di applicabilità dell’art. 243 bis del TUEL, ma tale verifica sarebbe stata effettuata in difetto di un procedimento istruttorio, oltre che sulla base di presupposti legislativi e fattuali infondati, in violazione del principio di proporzionalità e in difetto di motivazione.

Gli amministratori avrebbero evitato ogni sostegno volto al risanamento, dichiarando per ben due volte lo stato di dissesto, nonostante le previsioni normative del decreto c.d. salva comuni e del d.l. 35/2013, che hanno consentito ai comuni di evitare di dichiarare il dissesto finanziario, attuando piani di riequilibrio e di risanamento e immettendo liquidità nel sistema economico - sociale.

Il Consiglio di Stato, con l’ordinanza n. 1152/2013, ha consigliato al Comune di adottare le misure di riequilibrio previste dall’art. 243 bis. Nonostante ciò, il Comune di Paola ha negato il ricorso alla procedura di riequilibrio.

Del tutto infondatamente la delibera n. 14 assumerebbe a causa della mancata approvazione del bilancio la presenza dell’ordinanza di sospensiva, che avrebbe bloccato la procedura. In realtà, l’ordinanza cautelare non avrebbe alcuna influenza sul procedimento relativo all’approvazione del bilancio, che, anzi, avrebbe dovuto essere approvato senza indugio. Né sarebbe stata richiesta l’anticipazione di liquidata per far fronte al pagamento di debiti certi, liquidi ed esigibili.

Le censure sono prive di fondamento.

Si sono sopra riportate le motivazioni che hanno indotto l’Ente ad escludere la procedura di riequilibrio, tra le quali, la situazione finanziaria, sia in termini di competenza che di cassa, l’aggravio dello squilibrio di bilancio che deriverebbe dalla necessità di prevedere il fondo svalutazione crediti, la persistenza delle criticità rilevate dalla Corte dei conti.

Oltre a questi aspetti, ne è evidenziato uno che è dirimente: secondo le Linee guida approvate dalla Sezione autonomie della Corte dei conti, l’approvazione nei termini di legge del bilancio di previsione e dell’ultimo rendiconto è presupposto necessario per accedere alla procedura di riequilibrio.

Si è detto in precedenza che gli ultimi documenti contabili approvati dal Comune di Paola sono stati sono il bilancio di previsione 2011 e il rendiconto del 2011. Manca, quindi, un presupposto imprescindibile per accedere alla procedura in questione.

10.4. I ricorrenti espongono una serie assai articolata di censure relative all’assenza dei presupposti per dichiarare il dissesto.

10.4.1 Rilevano i ricorrenti che, come evidenziato nella relazione tecnica di parte, non vengono indicati le funzioni ed i servizi indispensabili che non possono essere garantiti. L’assunto dell’impossibilità di garantire i servizi indispensabili non risulterebbe provato nella delibera, né dai dirigenti dei settori amministrativi, né, infine, dalla relazione del Rag. Anselmucci, che, al contrario, rileva un avanzo di amministrazione di € 2.470.414,63. Tale presupposto non sarebbe riscontrabile, infine, nella Relazione del Collegio dei revisori.

Secondo i ricorrenti, il Comune sarebbe in grado di garantire l’assolvimento delle funzioni e dei servizi essenziali.

Gli stessi rilevano, al riguardo, che il Comune di Paola ha stanziato delle somme per attività che non sono di carattere essenziale e precisamente € 10.500,00 per la squadra di calcio Paolana ed € 17.000,00 per il servizio della c.d. web TV.

Il Comune resistente ha messo in evidenza l’esistenza di tutti i presupposti previsti per la dichiarazione di dissesto, sottolineando che anche la presenza di uno solo di tali presupposti è sufficiente a giustificare la dichiarazione stessa.

La censura è infondata.

Osserva il Collegio che la norma di riferimento è costituita dall’art. 244 del d.lgs. n. 267/2000, che dispone che “ Si ha stato di dissesto finanziario se l’ente non può garantire l’assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili ovvero esistono nei confronti dell’ente locale crediti liquidi ed esigibili di terzi cui non si possa fare validamente fronte con le modalità di cui all’articolo 193, nonché con le modalità di cui all’ articolo 194 per le fattispecie ivi previste ”.

La giurisprudenza ha evidenziato che i presupposti individuati dalla norma ai fini della dichiarazione di dissesto sono autonomi fra di loro e che, una volta verificata la sussistenza di uno dei presupposti, il Comune non ha facoltà di scelta sull’ an , sul quando e sul quomodo . La dichiarazione è atto doveroso e non connotato da alcuna discrezionalità e non richiede altra puntuale motivazione che l’esatta evidenziazione dei presupposti medesimi (Tar Lazio, Roma, sez. II, 4 ottobre 2010 n. 32825).

La norma pone, chiaramente, una correlazione tra una situazione di squilibrio finanziario e l’impossibilità di erogare servizi ed esercitare le funzioni essenziali.

Non si tratta, quindi, di individuare quali tra le funzioni possano essere svolte e quali servizi possano essere erogati. Si tratta, invece, di verificare se l’Ente sia, nel complesso, in grado di svolgere le proprie attività ovvero la situazione sia tale da compromettere l’ordinario funzionamento dell’organizzazione amministrativa preordinata all’esercizio delle funzioni e all’erogazione dei servizi.

Alla luce di ciò, appare perfino inutile chiedersi quali funzioni e quali servizi il Comune sia in grado di assicurare, con conseguente irrilevanza della mancanza di indicazioni al riguardo.

I ricorrenti, invero, richiamano un dato che, secondo gli stessi, dimostrerebbe che il Comune è nelle condizioni di assicurare lo svolgimenti di funzioni e servizi, vale a dire un avanzo di amministrazione di € 2.470.414,63.

Si tratta di argomento irrilevante.

È noto che l’avanzo di amministrazione è pari al saldo tra fondo di cassa esistente più residui attivi e meno residui passivi. Risulta dalla deliberazione impugnata, dalle relazioni ad essa allegate e dalla deliberazione n. 62 del 25 settembre 2013 della Sezione di controllo della Corte dei conti, su cui si tornerà di qui a poco, che l’avanzo di amministrazione del Comune di Paola è frutto di una notevole massa di residui attivi risalenti anche a periodi remoti e da considerare, probabilmente, inesigibili.

Come rilevato dalla Sezione di controllo, si tratta di poste fittizie e non attendibili.

Il dato relativo all’avanzo di amministrazione non è in grado, pertanto, di dimostrare che il Comune sia in grado di svolgere i propri compiti.

Del pari prive di rilevanza le circostanze relative al finanziamento della locale squadra di calcio e al finanziamento del servizio della c.d. web TV.

Per quanto possa considerarsi poco opportuna l’effettuazione di tali spese da parte di un comune in crisi finanziaria, non si può dire, anche in considerazione delle cifre in gioco, che ciò testimoni dell’insussistenza delle situazioni di criticità alla base della dichiarazione di dissesto finanziario

1.4.2 I ricorrenti deducono, inoltre, che, nonostante quanto indicato nella delibera e nelle relazioni in essa richiamati, non sarebbero rilevabili nei confronti del Comune crediti liquidi ed esigibili, cui non possa farsi validamente fronte con le modalità di cui all’art. 193 TUEL, né con le modalità di cui all’art. 194.

Quest’ultima norma disciplina un procedimento attraverso cui i debiti fuori bilancio devono essere riconosciuti, essendo disposto che “ gli enti locali riconoscono la legittimità dei debiti fuori bilancio derivanti da:

a) sentenze esecutive;

b) copertura di disavanzi di consorzi, di aziende speciali e di istituzioni, nei limiti degli obblighi derivanti da statuto, convenzione o atti costitutivi, purché sia stato rispettato l’obbligo di pareggio del bilancio di cui all’articolo 114 ed il disavanzo derivi da fatti di gestione;

c) ricapitalizzazione, nei limiti e nelle forme previste dal codice civile o da norme speciali, di società di capitali costituite per l’esercizio di servizi pubblici locali;

d) procedure espropriative o di occupazione d’urgenza per opere di pubblica utilità;

e) acquisizione di beni e servizi, in violazione degli obblighi di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’articolo 191, nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l’ente, nell’ambito dell’espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza

L’Amministrazione comunale di Paola non si sarebbe conformata al dettato legislativo, riconoscendo, ai fini della dichiarazione dello stato di dissesto, poste estranee alle previsioni legislative ed in relazione alle quali non è intervenuta alcuna delibera del Consiglio comunale che ne riconosca la legittimità.

La delibera n. 14, sulla base delle risultanze istruttorie delle dichiarazioni dei responsabili di settore, del Segretario Generale e della Relazione del Collegio dei Revisori, ha attestato l’esistenza di debiti liquidi ed esigibili per € 8.651.475,16, a cui vanno aggiunti € 694.034,42 già riconosciuti e da finanziare nell’esercizio 2013.

Secondo i ricorrenti, però, gli unici debiti oggetto di riconoscimento quali debiti fuori bilancio per l’anno 2012 e seguenti, che rivestono i caratteri della liquidità ed esigibilità, sarebbero pari ad € 638.530,86. La relazione del responsabile del servizio finanziario prenderebbe in considerazione “passività potenziali”, “potenziali rischi”, “potenziale pregiudizio”, ma tali valori non sarebbero desumibili dai documenti contabili dell’Ente.

Secondo i ricorrenti i crediti liquidi ed esigibili nei confronti del Comune sarebbero pari € 638.530,86, oggetto di riconoscimento quali debiti fuori bilancio, che resterebbero da iscrivere in bilancio per l’anno 2012 e seguenti.

La doglianza è del tutto priva di consistenza.

La norma di cui all’art. 244 individua, tra le cause alla base della dichiarazione di dissesto finanziario, l’esistenza di crediti liquidi ed esigibili di terzi cui non si possa fare validamente fronte con le modalità di cui all’art. 193, nonché con le modalità di cui all’art. 194 per le fattispecie ivi previste.

La norma è estremamente chiara, giacché esclude la necessità della dichiarazione di dissesto allorché ai debiti fuori bilancio che eventualmente gravino sull’ente si possa fare fronte con le modalità di cui all’art. 194, vale a dire con la dilazione del pagamento, mediante un piano di rateizzazione, e con il ricorso a determinati strumenti di finanziamento. I ricorrenti, invece, tendono ad istituire una sorta di necessario parallelismo tra crediti liquidi ed esigibili di terzi e delibera che riconosce la legittimità dei debiti fuori bilancio di una certa origine.

Il fatto che con le deliberazioni di cui all’art. 194 del TUEL l’organo consiliare debba riconoscere la legittimità di debiti fuori bilancio derivanti da atti, procedimenti e situazioni indicati nel primo comma dello stesso art. 194 non implica affatto che i debiti che non siano stati oggetto di tali deliberazioni non siano, per ciò solo, liquidi ed esigibili.

La deliberazione di cui all’art. 194 ha la sola funzione di riconoscere la legittimità di debiti non risultanti dai documenti contabili approvati dall’organo consiliare. Certamente ad essa non può riconoscersi la funzione di strumento atto a rendere liquidi ed esigibili il complesso dei debiti del Comune.

Diversamente argomentando si giungerebbe, tra l’altro, ad ammettere che, per un determinata categoria di debiti, è il debitore a decidere quali creditori devono essere soddisfatti.

Gli argomenti dedotti dai ricorrenti non appaiono, pertanto, in grado di dimostrare che la dichiarazione di dissesto si sia basata su “passività potenziali”, “potenziali rischi” o “potenziale pregiudizio”.

10.4.3 I ricorrenti sottolineano che la delibera n. 14 indica tra le ragioni che hanno condotto il Consiglio comunale a dichiarare il dissesto le delibere n. 237 del 2011 e n. 113 del 2012 della Sezione di Controllo della Regione Calabria. Evidenziano gli stessi che il Comune di Paola non è stato mai diffidato a dichiarare il dissesto finanziario. La delibera n. 113/2012 ha rilevato 4 indici di deficitarietà strutturale, a cagione dei quali l’Ente si trova in situazione di squilibrio finanziario. L’Ente stesso, tuttavia, non avendo superati i 5 su 10, non è stato classificato quale Ente strutturalmente deficitario.

La delibera n. 113/2012 della Corte dei conti, pur avendo accertato che il Comune ha commesso una grave irregolarità nel non approvare il rendiconto del 2010, ha riconosciuto come positiva la gestione di parte corrente ed il contenimento della spesa per il personale.

Osserva il Collegio che non è necessario che alla base della dichiarazione di dissesto via sia diffida in tal senso della Corte dei conti. È, infatti, generalmente riconosciuto che, verificatisi i presupposti per dichiarare il dissesto, la relativa dichiarazione costituisce un atto dovuto.

D’altra parte, la Corte dei conti, nelle delibere che si sono succedute, ha sempre messo in evidenza le forti criticità che caratterizzano la situazione finanziaria del Comune di Paola.

Anche se si tratta di fatto sopravvenuto rispetto alla dichiarazione di dissesto, non può non richiamarsi la circostanza, cui si è già accennato, che la Sezione di controllo della Corte dei conti, con deliberazione n. 62 del 26 settembre 2013, prodotta dalla difesa del Comune, ha accertato, ai sensi e per gli effetti previsti dall’art. 148 bis del d.lgs. n. 267/2000 e dall’art. 6, comma 2, del d.lgs. n. 149/2011, una serie di gravi irregolarità e criticità riguardo alla gestione finanziaria e alla situazione patrimoniale dell’Ente in questione, assegnando un termine al fine di rimuovere le irregolarità accertate e di ripristinare gli equilibri di bilancio.

Non è, evidentemente, il caso di richiamare i contenuti della deliberazione. Basti solo evidenziare che la Sezione di controllo ha esplicitamente affermato che il Comune di Paola, oltre che in dissesto finanziario, si trova in una situazione di deficitarietà strutturale ex art. 242 del d.lgs. n. 267/2000, evidenziando gravi ed incontrovertibili condizioni di squilibrio di bilancio.

10.4.4 I dati contabili relativi all’anticipazione di tesoreria, di cui alla relazione del Collegio dei revisori dei conti sarebbero inattendibili, in quanto mentre a pag. 4 il fondo cassa anticipazione è quantificato in € 126.382,00, a pag. 10 l’importo inserito come dato di restituzione della somma è di € 697.014,63, uguale a quello riportato come anticipazione di cassa non restituita la tesoriere.

L’analisi dei dati riportati consentirebbe di quantificare l’anticipazione di cassa non restituita al tesoriere, per l’anno 2012, in € 360.696,72.

L’Ente avrebbe rispettato i parametri di stabilità e il limite di indebitamento per il 2011, ottenendo il 3,19% come rapporto tra interessi passivi ed entrate correnti.

La censura è priva di qualsiasi fondamento.

Come chiarito anche nella deliberazione della Sezione di controllo testé richiamata, il dato relativo al fondo cassa al 31 dicembre 2011 (€ 126.382,00) corrisponde ai pagamenti per azioni esecutive e, perciò, ha carattere puramente fittizio. Lo scoperto a fine esercizio di € 697.014,63 è, pertanto, un dato pienamente coerente e dimostra la fondatezza dei rilievi dell’organo di previsione riguardo al fatto che il ricorso alle anticipazioni di tesoreria è un dato ormai cronico che caratterizza la gestione della spesa dell’Ente.

10.4.5 Ulteriore vizio sarebbe legato al difetto assoluto di istruttoria. I documenti allegati alla delibera sarebbero errati, insufficienti e contraddittori, essendo, tra l’altro impossibile che nell’arco di tre mesi si siano maturati quei presupposti che nell’ordinanza n. 50/2013 erano stati ritenuti non desumibili dalla precedente delibera n. 33/2012.

Sarebbe stato violato il principio di proporzionalità, essendosi dichiarato lo stato di dissesto in relazione ad un presupposto errato, costituito dall’impossibilità di far fronte a crediti liquidi ed esigibili, ammontanti in effetti a meno di settecentomila euro, a cui si sarebbe potuto far fronte mediante la procedura di riequilibrio finanziario.

Le doglianze sono infondate.

La documentazione prodotta in atti fornisce prova di un adeguato approfondimento istruttorio, in quanto la deliberazione in questione è stata adottata sulla base delle relazioni dei responsabili delle varie unità organizzative dell’Ente, che hanno fornito i dati che hanno costituito la base della relazione del responsabile del Servizio finanziario, che hanno trovato pieno riscontro nella relazione del Collegio dei revisori dei conti. In tali relazioni vengono esaminati gli aspetti più rilevanti delle criticità riscontrabili nella gestione finanziaria quali la situazione debitoria, la situazione dei debiti fuori bilancio, il sistematico ricorso alle anticipazioni di tesoreria.

La censura di carenza di istruttoria appare affidata ad affermazioni astratte e del tutto sganciate dall’iter procedimentale seguito ai fini della deliberazione dello stato di dissesto.

Quanto alla violazione del principio di proporzionalità, si è già detto che la mancata approvazione del bilancio è elemento ostativo all’accesso alla procedura di riequilibrio. D’altra parte, l’assunto relativo alla possibilità di risolvere la situazione con la procedura di riequilibrio, in ossequio a detto principio, si basa su un presupposto non sussistente, quale quello secondo cui i debiti liquidi ed esigibili dell’Ente ammonterebbero a settecentomila euro.

10.4.6 La delibera n,. 14 sarebbe anche viziata da difetto di motivazione, non essendo dato evincere dalla stessa quali siano i servizi indispensabili che il Comune non è in grado di garantire.

Ulteriore vizio motivazionale deriverebbe dal fatto che la delibera impugnata contiene un rinvio per relationem alla delibera n. 33/2012, rispetto alla quale Tar di Catanzaro e il Consiglio di Stato si sono pronunciati nel senso dell’assenza di presupposti.

Risulterebbero inesistenti i presupposti di fatto e di diritto necessari per la dichiarazione di dissesto e mancherebbe l’indicazione dell’iter logico - giuridico seguito e fondato su elementi certi, coerenti e sostanziali.

Anche tali doglianze sono infondate.

Si è già detto dell’irrilevanza della mancata indicazione di funzioni e servizi che il Comune non è in grado di assicurare.

Quanto al rinvio alla delibera n. 33/2012, esso appare un elemento del tutto neutro, giacché la deliberazione n. 14 non si limita a un rinvio alla precedente deliberazione, ma ha un proprio apparato motivazionale estremamente ampio in ordine ai presupposti fattuali e giuridici della dichiarazione di dissesto.

D’altra parte, non appare condivisibile l’affermazione secondo cui le ordinanze cautelari menzionate hanno negato l’esistenza dei presupposti per la dichiarazione di dissesto, giacché esse si sono limitate a rilevare delle lacune nell’iter procedimentale.

10.4.7 Quanto sopra rilevato consente di affermare l’infondatezza delle censure con le quali i ricorrenti deducono i vizi di falsità e illogicità del presupposto ed erronea valutazione e travisamento dei fatti, in quanto dalla relazione di parte si evincerebbero errori sostanziali (percentuale di indebitamento, quantificazione dei debiti fuori bilancio) e giuridici (debiti fuori bilancio e applicabilità del piano di riequilibrio).

Tali doglianze, infatti, si basano su una serie di rilievi che, come si è visto, non trovano conferma nel dettato normativo e non corrispondono a quanto riscontrabile sulla base dell’esame degli atti.

L’analisi dei contenuti della deliberazione e degli atti ad essa allegati consente, inoltre, di escludere la fondatezza della censura secondo cui la dichiarazione di dissesto è stata dettata da scelte di carattere politico e non da effettiva necessità, per cui la deliberazione impugnata sarebbe viziata da eccesso di potere per sviamento.

I dati forniti nella deliberazione e nelle relazioni testimoniano di una situazione debitoria estremamente pesante (che certamente non corrisponde a quella indicata dai ricorrenti) e di squilibri di bilancio tali da non consentire l’approvazione, nei termini stabiliti dalla legge, dei documenti contabili prescritti, con conseguente necessità di gestione in dodicesimi sul bilancio di previsione del 2011.

Tali criticità, peraltro, risultano confermate anche dalla prassi del sistematico ricorso alle anticipazioni di tesoreria, che dimostrano, in maniera palese, le forti difficoltà di carattere finanziario cui l’Ente deve fare fronte al fine di assicurare lo svolgimento delle funzioni e l’erogazione dei servizi.

11. Per quanto sopra il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

In base alla regola della soccombenza le spese del giudizio, da liquidare in favore delle parti resistenti, sono poste a carico dei ricorrenti e sono liquidate come da dispositivo.

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