TAR Roma, sez. 2T, sentenza 2020-06-05, n. 202006024

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2T, sentenza 2020-06-05, n. 202006024
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202006024
Data del deposito : 5 giugno 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/06/2020

N. 06024/2020 REG.PROV.COLL.

N. 04860/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4860 del 2014, proposto da
-OMISSIS--OMISSIS-., in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in Roma, viale Liegi n. 32 presso lo studio dell’avv. M C che, unitamente all’avv. A R C, la rappresenta e difende nel presente giudizio

contro

IVASS – ISTITUTO PER LA VIGILANZA SULLE ASSICURAZIONI, in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliato in Roma, via del Quirinale n. 21 presso la sede dell’avvocatura dell’ente e rappresentato e difeso nel presente giudizio dagli avv.ti D AM. Zamboni, Nicola Gentile e Massimiliano Scalise

nei confronti

-OMISSIS- - non costituito in giudizio;

per l'annullamento

dei seguenti atti:

- ordinanza n. 133/14 prot. n. 42-14-000474 del 21/01/14 con cui l’Ivass, in relazione alla violazione degli artt. 148 comma 5 e 315 comma 2 d. lgs. n. 209/05, ha ingiunto alla ricorrente di pagare la somma di euro 14.000,00 oltre diritti di notifica e spese del procedimento, a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria;

- provvedimento del 24/02/14 prot. n. 42/14/001745 con cui l’Ivass ha respinto la richiesta di riesame in autotutela dell’ordinanza n. 133/14 presentata da-OMISSIS--OMISSIS-.;

- atto n. 3273/12/STC/2437 del 27/12/12, con cui l’Isvap ha contestato l’addebito,

e, comunque, per la riduzione della sanzione amministrativa pecuniaria irrogata;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Ivass;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 maggio 2020 il dott. Michelangelo Francavilla;

Considerato che la pubblica udienza si è svolta, ai sensi dell’art. 84 comma 5 d. l. n. 18/2020, come modificato dal d. l. n. 28/2020, attraverso videoconferenza con l’utilizzo della piattaforma “Microsoft Teams” come previsto dalla circolare n. 6305 del 13/03/2020 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso spedito per la notifica a mezzo posta il 28/03/14 e depositato il 14/04/14 la-OMISSIS--OMISSIS-. ha impugnato l’ordinanza n. 133/14 prot. n. 42-14-000474 del 21/01/14, con cui l’Ivass, in relazione alla violazione degli artt. 148 comma 5 e 315 comma 2 d. lgs. n. 209/05, ha ingiunto alla ricorrente di pagare la somma di euro 14.000,00 oltre diritti di notifica e spese del procedimento, a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria, il provvedimento del 24/02/14 prot. n. 42/14/001745, con cui l’Ivass ha respinto la richiesta di riesame in autotutela dell’ordinanza n. 133/14 presentata dalla ricorrente, l’atto n. 3273/12/STC/2437 del 27/12/12, con cui l’Isvap ha contestato l’addebito, ed ha chiesto, comunque, la riduzione della sanzione amministrativa pecuniaria irrogata dall’Ivass.

L’Ivass – Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni, costituitosi in giudizio con comparsa depositata il 16/07/14, ha chiesto il rigetto del ricorso.

Alla pubblica udienza del 26/05/2020 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è infondato e deve essere respinto.

La-OMISSIS--OMISSIS-. impugna l’ordinanza n. 133/14 prot. n. 42-14-000474 del 21/01/14, con cui l’Ivass, in relazione alla violazione degli artt. 148 comma 5 e 315 comma 2 d. lgs. n. 209/05, ha ingiunto alla ricorrente di pagare la somma di euro 14.000,00 oltre diritti di notifica e spese del procedimento, a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria, il provvedimento del 24/02/14 prot. n. 42/14/001745, con cui l’Ivass ha respinto la richiesta di riesame in autotutela dell’ordinanza n. 133/14 presentata dalla ricorrente, l’atto n. 3273/12/STC/2437 del 27/12/12, con cui l’Isvap ha contestato l’addebito, e chiede, comunque, la riduzione della sanzione amministrativa pecuniaria irrogata dall’Ivass.

La gravata ordinanza n. 133/14 ha irrogato la sanzione pecuniaria per la violazione dei termini, previsti dall’art. 148 comma 2 d. lgs. n. 209/05 per la formulazione dell’offerta di risarcimento, in quanto per il sinistro r.c. auto n. 9/476.11.27030, a fronte di una richiesta di risarcimento ricevuta il 27/10/11 per il danno alla persona, è stata formulata offerta in data 21/06/12 con un ritardo superiore a 120 giorni rispetto alla scadenza del termine utile finale (25/01/12) di cui all’art. 315 comma 2 d. lgs. n. 209/05.

Ai fini dell’individuazione della violazione l’Ivass ha ritenuto che la richiesta d’integrazione documentale formulata dalla ricorrente il 04/11/11 fosse generica e, come tale, inidonea al fine dell’effetto interruttivo del termine previsto dall’art. 148 comma 5 d. lgs. n. 209/05.

Con la prima censura la ricorrente prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 148 e 315 d. lgs. n. 209/05 e del principio di proporzionalità ed eccesso di potere per irragionevolezza, illogicità e travisamento in fatto e diritto in quanto l’Ivass avrebbe erroneamente ritenuto che la pretesa genericità della richiesta d’integrazione documentale, prevista dall’art. 148 comma 5 d. lgs. n. 209/05, non sarebbe idonea a determinare l’effetto interruttivo previsto dalla norma in esame senza considerare che tale disposizione nulla dice in ordine al contenuto che la richiesta d’integrazione dovrebbe avere ai fini dell’interruzione dei termini del procedimento né l’Istituto avrebbe diffuso alcun modello legale per la formulazione della richiesta d’integrazione.

Il motivo è infondato.

L’art. 148 d. lgs. n. 209/05, nel testo applicabile alla fattispecie ratione temporis, stabilisce che:

- per i sinistri con danni alle persone (quale è quello oggetto di causa), l’impresa di assicurazione entro novanta giorni dalla richiesta “formula al danneggiato congrua e motivata offerta per il risarcimento, ovvero comunica specificatamente i motivi per i quali non ritiene di fare offerta” (commi 1 e 2);

- “in caso di richiesta incompleta l'impresa di assicurazione richiede al danneggiato entro trenta giorni dalla ricezione della stessa le necessarie integrazioni;
in tal caso i termini di cui ai commi 1 e 2 decorrono nuovamente dalla data di ricezione dei dati o dei documenti integrativi” (comma 5).

Nello stesso senso, l’art. 7 d.p.r. n. 254/06, contenente il “regolamento recante disciplina del risarcimento diretto dei danni derivanti dalla circolazione stradale, a norma dell'articolo 150 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209”, prevede che, “in caso di richiesta incompleta, l'impresa, entro trenta giorni dalla ricezione, offrendo l'assistenza tecnica e informativa prevista dall'articolo 9, invita il danneggiato a fornire le integrazioni e i chiarimenti necessari per la regolarizzazione della richiesta”.

Come correttamente evidenziato dalla difesa dell’Ivass, la procedura prevista dall’art. 148 d. lgs. n. 209/05 è funzionale alla tutela pubblicistica del diritto del danneggiato a conseguire in tempi celeri e con una procedura trasparente un congruo e pronto ristoro del pregiudizio subito.

Tale tutela è apprestata dall’ordinamento fissando le condizioni per l’instaurazione, da parte della compagnia, di un leale e corretto contraddittorio con il danneggiato attraverso una procedura, con la previsione di specifici incombenti a carico dell’impresa e termini rigorosamente scanditi, la cui effettività è presidiata con la previsione dell’applicazione di sanzioni pecuniarie.

Con tale procedura si vuole così evitare che l’assicuratore approfitti della propria posizione di forza economica per porre in essere atteggiamenti dilatori e rinviare il più possibile l’adempimento dei propri obblighi, anche attraverso espedienti che sfruttano la carenza informativa degli aventi diritto.

La disciplina, quindi, connota in termini di assoluta tassatività ed eccezionalità le ipotesi di sospensione o di interruzione del termine utile per la definizione del sinistro (in questo senso espressamente TAR Lazio – Roma n. 2232/17, TAR Lazio – Roma n. 9365/13, TAR Lazio - Roma n. 7864/11).

Ciò posto, il Tribunale ritiene che l’effetto interruttivo di cui all’art. 148 comma 5 d. lgs. n. 209/05 possa essere riconosciuto solo ad una richiesta d’integrazione completa ovvero idonea a colmare la specifica carenza istruttoria del procedimento cui inerisce in quanto anch’essa, al pari dei termini specifici previsti per la formulazione dell’offerta, costituisce strumento per addivenire alla celere e, comunque, certa definizione del procedimento che costituisce la finalità pubblicistica perseguita dall’art. 148 d. lgs. n. 209/05 nel suo complesso.

L’idoneità della richiesta d’integrazione al perseguimento di tale finalità emerge, pertanto, dalla stessa ratio della disposizione e trova un riscontro specifico nella lettera del comma 5 dell’art. 148 d. lgs. n. 209/05 allorché prevede che tale richiesta debba avere ad oggetto “le necessarie integrazioni” (nel medesimo senso depone il citato art. 7 d.p.r. n. 254/06) in cui il citato vincolo di “necessità” dell’integrazione è proprio funzionale alla celere definizione del procedimento.

L’idoneità della richiesta, pertanto, costituisce un carattere connaturato all’atto che deve essere valutato tenendo conto della relazione esistente tra il suo contenuto e il singolo procedimento di risarcimento il che priva di significatività l’argomentazione ricorsuale che lamenta la mancanza di un modello legale per la formulazione di tale richiesta.

Solo la richiesta d’integrazione conforme ai parametri legali di tempestività e completezza, quindi, può beneficiare dell’effetto interruttivo previsto dall’art. 148 comma 5 d. lgs. n. 209/05 potendo la norma, in caso contrario, prestarsi a facili elusioni.

Nella fattispecie la richiesta d’integrazione formulata dalla ricorrente con la nota del 04/11/11 è generica ed incompleta come si evince dal fatto che la stessa non ha ad oggetto la documentazione necessaria ai fini del perfezionamento dello specifico procedimento scaturito dalla richiesta di risarcimento del danneggiato ma riguarda una generica ed indistinta “serie di documenti” variabile “a seconda del tipo di danno”.

Nella richiesta, infatti, sono indicati separatamente i “documenti sempre necessari” per ogni tipo di danno (e cioè la richiesta di risarcimento e i riferimenti delle persone aventi diritto allo stesso), i “documenti necessari per le diverse tipologie di danno” distinti con riferimento ai casi di danno materiale, lesioni ed evento mortale e i “documenti per velocizzare la liquidazione” senza alcuna attinenza con lo specifico procedimento attivato dal danneggiato tanto che la nota del 04/11/11 conclude con l’esplicito invito a “considerare questa comunicazione priva d’effetto per quella documentazione che le risulti sia già stata inviata alla nostra Compagnia”.

La genericità della richiesta, pertanto, prelude alla compagnia di beneficiare dell’effetto interruttivo del termine previsto dall’art. 148 comma 5 d. lgs. n. 209/05.

Con la seconda censura la ricorrente prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 148 e 315 d. lgs. n. 209/05 ed eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza e travisamento e violazione dei principi di proporzionalità ed offensività delle sanzioni amministrative in quanto la richiesta d’integrazione documentale del 04/11/11 sarebbe chiara e di facile comprensione per il destinatario, a maggior ragione trattandosi di un avvocato, come desumibile dal fatto che la stessa avrebbe raggiunto il suo scopo attraverso l’acquisizione della documentazione mancante;
la sanzione, pertanto, violerebbe il principio di offensività, non essendosi nella fattispecie verificata la lesione del bene tutelato, ed il diritto della compagnia di esaminare la documentazione completa nei termini di legge così come interrotti dalla richiesta.

Il motivo è infondato.

L’illecito amministrativo, quale è quello contestato nell’ipotesi in esame, si perfeziona attraverso la violazione dell’obbligo previsto dalla norma sanzionatoria ovvero, in altri termini, allorché la fattispecie concreta viene a coincidere con quella astratta sanzionata dal legislatore.

La valutazione di offensività della fattispecie è, pertanto, rimessa all’astratta valutazione compiuta dal legislatore al momento dell’individuazione della condotta sanzionata e non già all’interprete in sede di concreta applicazione della norma potendosi, in caso contrario, verificarsi soggettive e variabili applicazioni della legge (nella fattispecie il raggiungimento dello scopo è prospettato dalla ricorrente in relazione alla qualifica professionale di legale del destinatario) incompatibili con i principi di legalità e certezza del diritto che caratterizzano la materia sanzionatoria.

Ne consegue che il raggiungimento dello scopo non costituisce parametro condizionante l’applicazione della sanzione e che l’invocato diritto all’esame della documentazione completa nei termini massimi di legge sussiste solo ove siano rispettati i presupposti per la fruizione di tali termini, comprensivi dell’interruzione ex art. 148 comma 5 d. lgs. n. 209/05, il che nella fattispecie non è avvenuto.

Per altro, nella fattispecie il raggiungimento dello scopo costituisce circostanza asserita ma non provata se si considera che il tempo utilizzato dal danneggiato per l’integrazione istruttoria può ragionevolmente essere conseguente alla genericità della nota della compagnia del 04/11/11.

Con la terza censura la ricorrente prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 148 e 315 d. lgs. n. 209/05 ed eccesso di potere per disparità di trattamento, contraddittorietà, lesione dell’affidamento ed illogicità della motivazione in quanto la richiesta d’integrazione del 04/11/11 presenterebbe lo stesso contenuto di richieste analoghe, formulate in precedenza dalla compagnia e ritenute dall’Ivass idonee ad interrompere i termini con conseguente disparità di trattamento, violazione della prassi e lesione dell’affidamento né il nuovo orientamento dell’Istituto sarebbe sostenuto da alcuna plausibile giustificazione.

Il motivo è infondato.

Va, innanzi tutto, rilevato che, come emerge dalla memoria depositata dall’Ivass il 27/03/2020, l’Istituto aveva già manifestato in passato la propria opinione in ordine alla necessità che la richiesta d’integrazione ex art. 148 comma 5 d. lgs. n. 209/05 dovesse essere necessariamente completa ed idonea ai fini dell’individuazione della documentazione mancante come desumibile dall’atto prot. n. 21-13-000164 del 19/03/13 con cui il Servizio Ispettorato ed Antifrode dell’Ivass ha contestato alla compagnia ricorrente una pluralità di violazioni sulla base dell’opzione ermeneutica in esame.

A ciò si aggiunga che, in ogni caso, una prassi non legittima, quale è quella invocata dalla ricorrente, non può costituire idoneo parametro di legittimità dell’atto impugnato nel presente giudizio;
ne consegue che nella fattispecie non è configurabile alcun affidamento giuridicamente tutelabile né alcuna ingiustificata disparità di trattamento.

Con la quarta censura la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 148 e 315 d. lgs. n. 209/05 ed eccesso di potere per travisamento dei fatti ed irragionevolezza nonché motivazione erronea ed illogica in quanto l’Ivass avrebbe erroneamente valorizzato la circostanza per cui la compagnia nel giugno 2012 aveva apportato alcuni miglioramenti alla modulistica standard da inviare per l’integrazione documentale;
tale circostanza, infatti, non dimostrerebbe l’insufficienza o l’inadeguatezza della precedente modulistica (come comprovato dal raggiungimento dello scopo) ma solo lo spirito di collaborazione dell’impresa erroneamente confuso con un’ammissione di responsabilità.

Il motivo è inaccoglibile in quanto la circostanza stigmatizzata nella censura costituisce, comunque, profilo motivazionale inessenziale dell’atto prot. n. 42-14-001745 del 24/02/14 con cui l’Ivass ha respinto la richiesta di riesame presentata dalla ricorrente.

Pertanto, l’accoglimento della censura non potrebbe giammai comportare l’annullamento degli atti impugnati.

Con la quinta doglianza la ricorrente prospetta l’erronea qualificazione giuridica del fatto come conseguenza delle argomentazioni svolte con le precedenti censure;
in particolare, il riconoscimento dell’efficacia interruttiva del termine alla richiesta d’integrazione del 04/11/11 dovrebbe comportare la sussunzione della fattispecie nell’ambito applicativo dell’art. 315 comma 1 lettera b) d. lgs. n. 209/05, che sanziona i ritardi fino a sessanta giorni, e non già del comma 2 del citato art. 315 che punisce i ritardi superiori a 120 giorni, come, invece, accaduto nella vicenda oggetto di causa e la conseguente applicazione della sanzione edittale nel minimo tenuto conto anche dei parametri previsti dall’art. 11 l. n. 689/81.

Il motivo è infondato in quanto presuppone una circostanza, quale il riconoscimento dell’effetto interruttivo del termine previsto dall’art. 148 comma 5 d. lgs. n. 209/05 in conseguenza della richiesta d’integrazione documentale del 04/11/11, da ritenersi esclusa alla luce di quanto argomentato in relazione alle precedenti doglianze.

Va, per altro, rilevato che, in riferimento all’illecito di cui all’art. 315 comma 2 d. lgs. n. 209/05, l’Ivass ha applicato la minima sanzione edittale ulteriormente ridotta del 30% per la contestualità tra offerta di risarcimento e pagamento.

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