TAR Torino, sez. I, sentenza 2023-02-02, n. 202300120
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Testo completo
Pubblicato il 02/02/2023
N. 00120/2023 REG.PROV.COLL.
N. 00331/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 331 del 2016, proposto da
-Ricorrente-, rappresentato e difeso dagli avvocati M C, A F, con domicilio eletto presso lo studio A F in Torino, via Susa, 35;
contro
Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del Ministro
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria
ex lege
in Torino, via Arsenale, 21;
per la condanna
dell'Amministrazione resistente al risarcimento dei danni patiti in conseguenza degli atti illegittimi dalla stessa emanati nei confronti del ricorrente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Economia e delle Finanze;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 gennaio 2023 il dott. Angelo Roberto Cerroni e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. – Il sig. -Ricorrente-, appuntato scelto della Guardia di finanza, dopo aver ricevuto il riscontro negativo sulla propria istanza di assegnazione temporanea per un triennio presso la provincia di Nuoro ex art. 42- bis d.lgs. 151/2001 adìva questo Tribunale amministrativo regionale al fine di conseguire l’annullamento della determinazione di diniego dell’istanza di trasferimento.
In esito al complesso iter giudiziario, la vertenza si definiva favorevolmente per il graduato con la pronuncia n. -OMISSIS- resa dalla Sezione IV del Consiglio di Stato, di tal ché, l’Amministrazione, in ottemperanza al giudicato, provvedeva al trasferimento presso la sede prescelta in data -OMISSIS-.
2. – Successivamente, il graduato promuoveva innanzi a questo TAR una domanda giudiziale per il risarcimento dei danni patiti in ragione dell’illegittimo e reiterato rifiuto opposto dall’Amministrazione all’istanza di trasferimento: a tal uopo ha reclamato il ristoro di 4.238,60 euro a titolo di danno patrimoniale per le ingenti spese di viaggio sostenute e di euro 15.000 a titolo di danno non patrimoniale quantificato in via equitativa per il ristoro dei patimenti sofferti dal ricorrente per l’ingiustificata compressione del diritto alla genitorialità e alla coltivazione degli affetti familiari.
3. – Il giudizio è stato definito in primo grado con sentenza n. 1327/2017 con cui il Tribunale, nel ritenere assorbente l’eccezione di decadenza spiccata dalla difesa erariale, ha dichiarato inammissibile il ricorso e compensato le spese di lite. Senonché, interposto rituale appello, il ricorrente ha ottenuto la riforma della pronuncia ad opera del Consiglio di Stato per violazione del diritto di difesa atteso che la ritenuta eccezione di decadenza non risultava essere mai stata formalmente sollevata da controparte (v. Cons. Stato, sez. II, sent. n. 4766 del 13 giugno 2022). Stante il ricorrere dei presupposti dell’art. 105 cod. proc. amm. la sentenza di appello ha rimesso la causa al primo giudice in diversa composizione per la rinnovazione del giudizio nel rispetto del contraddittorio processuale.
4. – Il ricorrente ha, quindi, riassunto il giudizio innanzi a questo Tribunale, richiamandosi integralmente a quanto dedotto ed argomentato nell’atto introduttivo e negli altri atti di causa, e ha insistito per la condanna dell’Amministrazione al risarcimento dei danni patiti secondo le predette quantificazioni.
5. – Il Ministero dell’economia e delle finanze, già costituito in giudizio, si è difeso domandando la reiezione nel merito della domanda risarcitoria proposta ex adverso .
6. – Espletato lo scambio di memorie difensive ex art. 73 cod. proc. amm. la causa è venuta in discussione all’udienza pubblica dell’11 gennaio 2023 ed è stata trattenuta per la decisione.
7. – Preliminarmente, il Collegio prende atto che l’eccezione di decadenza per tardività della proposizione della domanda risarcitoria non è stata riproposta dalla difesa erariale.
8. – Giova comunque rilevare ad abundantiam che il gravame è stato proposto tempestivamente giacché la pronuncia del Consiglio di Stato n. -OMISSIS- è stata pubblicata in data 14 maggio 2015 e mai notificata dal ricorrente – non potendo rilevare in tali termini il mero refuso di cui alla richiamata nota sub 14 fascicolo di primo grado - ai fini del decorso del termine breve di impugnazione, sicché il termine (lungo) di impugnazione è spirato solo in data 14 dicembre 2015. Al conseguente passaggio in giudicato della pronuncia è decorso il termine di 120 giorni per la proposizione di eventuali domande risarcitorie ex art. 30, co. 5 cod. proc. amm., il quale con tutta evidenza sarebbe spirato solo nel mese di aprile, mentre il nuovo ricorso risulta proposto in data 12 marzo 2016.
9. – Ciò premesso, il Collegio deve scrutinare nel merito la domanda risarcitoria avanzata dal sig. -ricorrente- a mente del fatto che, pur vertendosi nell’ambito della sfera gestoria del rapporto di impiego di diritto pubblico, la posizione giuridica conculcata – consistente nella pretesa alla concessione dell’assegnazione temporanea ex art. 42- bis d.lgs. 151/2001 per l’esercizio della piena bigenitorialità nei confronti del figlio in tenera età – assume la consistenza di interesse legittimo in quanto spetta all’Amministrazione valutare la richiesta alla luce delle esigenze organizzative e di efficienza complessiva del servizio.
10. – Si farà dunque riferimento allo schema generale della responsabilità civile della pubblica amministrazione per lesione di interessi legittimi secondo il modello della responsabilità aquiliana, pur non sottacendo che il rapporto de quo ben si presterebbe come terreno elettivo per l’applicazione del modello di responsabilità contrattuale sub specie di contatto sociale qualificato, calato nell’ambito dei rapporti di lavoro di diritto pubblico ove un contratto formalmente non c’è, ma è nondimeno predicabile un rapporto di impiego vieppiù stretto, di dipendenza gerarchica e funzionale dal Corpo cui si appartiene.
11. – O, nel dare abbrivio alla disamina giova in primis osservare che l’illegittimità del provvedimento deve inscriversi quale tassello del più ampio mosaico del fatto illecito ex art. 2043 cod. civ. che postula l’indefettibile ricorrenza di un fatto doloso o colposo causativo di un danno ingiusto.
11.1. – Il fatto colposo imputato all’Amministrazione è rappresentato nel caso di specie dal reiterato illegittimo diniego di assegnazione temporanea del graduato a norma dell’art. 42- bis cit..
La condotta provvedimentale serbata dall’Amministrazione ha scontato diversi profili di illegittimità puntualmente riscontrati in sede di sindacato giurisdizionale:
a) il primo diniego è stata ritenuto illegittimo perché fondato sull’asserita inapplicabilità della norma al personale della Guardia di finanza (determinazioni del -OMISSIS- e del -OMISSIS-), senonché in entrambi i gradi di giudizio è stato puntualmente rimarcato che l’applicabilità della particolare disciplina di favore recata dall’art. 42- bis costituiva un pacifico approdo della giurisprudenza amministrativa già negli anni in cui si dipanò l’ iter procedimentale e processuale ( cfr . sentenza del Consiglio di Stato n. -OMISSIS- che, nel definire il giudizio di appello, ha richiamato pronunce coeve o antecedenti di messa a punto della questione: Cons. Stato, sez. VI, 21 maggio 2013, n, 2730 e Cons. Stato, sez. IV, 10luglio 2013, n. 3683);
b) il secondo diniego è stato motivato adducendo la carenza di personale dei ruoli interessati nella provincia di Torino, sensibilmente superiore a quella rilevata nella provincia di Nuoro, senonché il giudice amministrativo ha censurato l’ iter motivazionale svolto dall’Amministrazione reputandolo inidoneo a superare un vaglio critico: l’Amministrazione ha, infatti, dato rilievo alla carenze registrate in ruoli diversi, concentrandosi particolarmente nella categoria immediatamente superiore (sovrintendenti) cui sarebbero demandati compiti affini a quelli degli appuntati. La perplessità destata da questo modus procedendi si è poi ulteriormente acuita tenuto conto della contraddittorietà delle determinazioni pressoché coeve assunte dal Comando con riferimento proprio a due sovrintendenti trasferiti dalla sede di appartenenza del ricorrente, nonostante le criticità organiche rilevate a carico di tale ruolo.
Lo scrutinio giurisdizionale ha, dunque, concluso che l’Amministrazione non ha rispettato il principio di parità di trattamento e ha finito per comprimere indebitamente un diritto di rilievo costituzionale quale quello al ricongiungimento familiare, sia pure temporaneo.
11.2. – Da quanto sunteggiato si deve apprezzare che le reiterate illegittimità attizie in cui è incappata l’Amministrazione non possono valersi dell’esimente dell’incertezza del quadro normativo – dovendo rammentare la nitida statuizione del giudice di appello che già nel 2015 riteneva un pacifico approdo giurisprudenziale l’applicabilità della norma al personale delle forze dell’ordine – né riveste alcuna rilevanza lo ius superveniens di cui all’art. 45, co. 31- bis del d.lgs. 95/2017, interpolato dal d.lgs. 172/2019, che derubricherebbe l’onere motivazionale dei dinieghi alle mere esigenze organiche o di servizio, in quanto inapplicabile ratione temporis alla fattispecie concreta.
L’irragionevolezza e la contraddittorietà dell’azione amministrativa, la quale da un lato ha addotto carenze organiche nel ruolo immediatamente superiore - argomento già di per sé fomite di perplessità - e dall’altro ha disposto contestualmente due trasferimenti proprio nell’ambito di questa qualifica, connota un comportamento colposo in quanto imperito e violativo dei canoni fondamentali posti a base dell’ agere amministrativo – ossia i parametri di coerenza intrinseca ed estrinseca, ragionevolezza ed imparzialità.
11.3. – Sul piano del nesso causale, apprezzabile nelle sue autonome dimensioni di causalità materiale e causalità giuridica, il Collegio opina che l’esito provvedimentale di diniego reiterato nel tempo ha forzatamente tenuto lontano il ricorrente dal figlio in tenera età costringendolo a disagevoli trasferte mensili per garantire, nei limiti del possibile, la propria presenza e il disimpegno del proprio ruolo genitoriale. Il danno-evento va ravvisato, dunque, nella circostanza incontestata della prosecuzione del servizio nella sede torinese, quale conseguenza immediata e diretta del diniego di trasferimento illegittimo, sicché il nesso di causalità materiale appare con tutta evidenza sussistente nella fattispecie, discendendo in via diretta dal contenuto reiettivo dei provvedimenti dell’Amministrazione.
11.4. – Occorre, quindi, spostare il fuoco dell’indagine sul nesso di causalità giuridica, volto ad individuare il danno-conseguenza mercé la selezione e la delimitazione delle voci di danno risarcibili discendenti quale effetto immediato e diretto dal danno-evento. Nel caso di specie viene in rilievo la ritardata assegnazione temporanea presso la sede più vicina alla residenza familiare (danno-evento) che ha cagionato la conculcazione della posizione giuridica soggettiva del ricorrente all’esercizio delle prerogative genitoriali a norma del codice civile (v. artt. 147 e 316 cod. civ.) di chiara derivazione costituzionale (art. 30 Cost.) e sovranazionale (cfr. art. 24 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea “ il minore ha diritto di intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con i due genitori, salvo qualora ciò sia contrario al suo interesse ” e artt. 3, 5 e 9 Convenzione sui diritti del fanciullo fatta a New York il 20 novembre 1989), prerogative pur mediate dal filtro dei doveri di servizio e oggetto di ponderato bilanciamento da parte del legislatore nel crogiuolo positivo forgiato dal paradigma dell’art. 42- bis cit..
Se tali considerazioni valgono ampiamente a colorare delle note positive dell’ingiustizia il danno lamentato dal -ricorrente- in punto di an debeatur , preme al Collegio scrutinare con acribia le voci di danno dedotto onde delimitare con precisione il quantum debeatur .
11.5. – Quanto al danno patrimoniale, il ricorrente allega e comprova di aver sostenuto, nel periodo novembre 2012-luglio 2015, spese di viaggio pari a 4.238,60 euro, tra oneri di trasporto aereo, marittimo e consumi di carburante con mezzi propri, per le trasferte periodiche tra la sede di servizio e la residenza familiare in Sardegna.
Ad avviso del Collegio, tali spese non sono risarcibili a mente del fatto che, una volta ottenuto il trasferimento nel luglio 2015, possono presuntivamente intendersi compensate dal mancato esborso per le trasferte che il -ricorrente- ha evitato nel triennio successivo, fruito completamente nella sua interezza. In buona sostanza, tale voce di danno si elide in virtù di una peculiare compensatio lucri cum damno , ove si acceda ad una accezione di lucro ampia e comprensiva delle minori spese che altrimenti si sarebbero sostenute.
Da ultimo, con memoria depositata il 21 dicembre 2022, il ricorrente reclama altresì il ristoro delle ingenti spese legali sostenute per un importo pari a 18.158,10 euro a causa del protrarsi dell’illegittima condotta dell’Amministrazione. Al riguardo, deve osservarsi che il regolamento delle spese di lite opera per ciascuna fase e ciascun giudizio ex art. 26 cod. proc. amm. senza dar adito a commistioni tra giudizi, indi si appalesa ultronea la domanda di liquidazione di spese variamente afferenti ai gradi o alle fasi di giudizio che hanno preceduto quello odierno e che sono state già regolate in forza di statuizioni del giudice volta per volta adìto (il primo giudizio di cognizione, il successivo giudizio di ottemperanza, l’odierno giudizio, snodatosi nei due gradi e nella fase di riassunzione). Alla luce di ciò, potranno trovare ingresso nelle statuizioni risarcitorie di questa pronuncia le sole spese della lite pendente, liquidate come da dispositivo.
11.6. – Mutatis mutandis , un discorso diverso va svolto rispetto al lamentato danno non patrimoniale: il Collegio deve infatti respingere qualunque tesi difensiva volta a perorare la fungibilità dei periodi di assegnazione temporanea giacché si impone all’attenzione nel caso di specie l’irriducibile irripetibilità dei periodi di cura parentale della prole in tenera età, che non sono suscettivi di essere surrogati in egual modo da assegnazioni temporanee concesse di là nel tempo: in altre parole, il danno non patrimoniale lamentato dal -ricorrente- non consiste nell’essersi visto negare tout court l’assegnazione ad una sede più vicina alla residenza familiare, bensì nell’aver subito tale illegittimo diniego proprio nel primo triennio di vita del figlio (l’istanza risale al 2012, l’agognato provvedimento è giunto solo nel 2015) con innegabile incisione di quel patrimonio di affetti e di ricordi che si coltivano e si radicano nella stagione di età più tenera del neonato e poi del bambino.
11.7. – Riguardato sotto tale angolo visuale, il ricorrente ha allegato sufficienti circostanze per fondare una presunzione iuris tantum circa la sussistenza dei pregiudizi lamentati di natura schiettamente esistenziale, trattandosi di indebita frustrazione di legittime pretese del dipendente-genitore, ancorché militare – pretese che godono di ampie coperture nel dettato costituzionale e nelle carte sovranazionali ( cfr . art. 24 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e artt. 3, 5 e 9 Convenzione sui diritti del fanciullo fatta a New York il 20 novembre 1989).
Giova precisare che nel novero dei danni risarcibili a titolo di danno non patrimoniale non possono assumere rilevanza i pregiudizi asseritamente patiti dalla compagna del ricorrente per l’assorbente rilievo che, da un lato, non possono farsi valere posizioni giuridiche soggettive altrui in nome proprio all’infuori delle ipotesi legalmente tipizzate di sostituzione processuale ex art. 81 cod. proc. civ., e dall’altro, non si desumono dal gravame elementi sufficienti a caratterizzare gli estremi di un danno da rimbalzo, ove mai configurabile.
11.8. – Tanto considerato, il Collegio ritiene di poter liquidare in via equitativa siffatta posta di danno non patrimoniale nella misura di euro 10.000 quale congruo ristoro per il disagio esistenziale riveniente dalla conculcazione delle legittime pretese lavoristiche all’assegnazione temporanea presso una sede di servizio che avrebbe consentito al -ricorrente- la piena esplicazione della propria funzione genitoriale nei primi anni di vita del figlio.
12. – Conclusivamente, il ricorso merita accoglimento con conseguente condanna del Ministero resistente al risarcimento del danno ingiusto nei termini dianzi precisati.
13. – Fermo restando quanto osservato sub 11.5, le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.