TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2010-03-15, n. 201004017
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N. 04017/2010 REG.SEN.
N. 02550/2006 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2550 del 2006, integrato da motivi aggiunti, proposto da: Curatela del Fallimento Soc. Gruppo Calzaturiero Campano a r.l., in persona del curatore p.t., rappresentata e difesa dall'avv. M M, con cui è domiciliata elettivamente presso lo studio dell’avv. M P in Roma, via della Giuliana, 85;
contro
il Ministero delle Attivita' Produttive – ora dello sviluppo economico – in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui è domiciliato per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
Sestri s.p.a. – Concessionaria del servizio nazionale di riscossione tributi – in persona del legale rappresentante p.t., non costituitasi in giudizio,
e con l'intervento di
MCC S.p.a. – già Medio credito centrale – in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Guglielmo Fioramonti, presso il cui studio è elettivamente domiciliata;
per l'annullamento
del decreto n. 1909 del 12.12.2005, conosciuto il 23.12.2005, con il quale è stata disposta la revoca totale del contributo concesso ai sensi degli artt. 6 e 12 l. n. 317/91;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero delle Attivita' Produttive;
Viste le memorie difensive;
Visto l’atto per motivi aggiunti;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 ottobre 2009 il Cons. Donatella Scala e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con decreto n. 293 del 27.10.1998 il Ministero delle attività produttive (ora dello sviluppo economico) concedeva alla società Gruppo Calzaturiero Campano a r.l. un contributo in conto capitale di £ 198.440.000 pari ad € 102.854,71, ai sensi della legge n. 317/91, finalizzato ad interventi di innovazione e sviluppo dell’impresa.
Con il ricorso in epigrafe la società Gruppo Calzaturiero Campano a r.l., medio tempore dichiarata fallita con sentenza n. 517 del 2005 del Tribunale di Napoli, ha impugnato il decreto ministeriale in data 12.12.2005, con cui è stata disposta la revoca del decreto di concessione del contributo in conto capitale, ed è stato disposto, altresì, il recupero della somma anticipata, comprensiva degli interessi, di € 120.528,81, deducendone l’illegittimità e chiedendone l’annullamento alla stregua dei seguenti motivi:
Violazione dell’art. 3 della L. 241 del 1990, carenza e/o insufficiente motivazione.
Eccesso di potere per carenza di istruttoria, insussistenza dei presupposti.
Si costituita in giudizio l’Amministrazione intimata.
Con ordinanza n. 440/06 del 6 aprile 2006 l’adito Tribunale ha disposto incombenti istruttori a carico del resistente Ministero ed al Mediocredito centrale s.p.a.
Si è, dunque, costituita MCC S.p.a., già Medio credito centrale, in qualità di gestore concessionario del Ministero resistente per gli interventi in controversia, che ha depositato i documenti richiesti con l’ordinanza di cui sopra.
Con l’ordinanza collegiale n. 2668/2006 del’11 maggio 2006 l’adito Tribunale ha respinto l’incidentale istanza cautelare.
Con atto per motivi aggiunti la parte ricorrente ha impugnato la cartella di pagamento n. 017 2006 00092731 14 notificata il 14.10.2006, deducendo avverso la stessa i medesimi motivi già dedotti avverso il provvedimento di revoca, e, quale vizio proprio, la violazione dell’art. 52, II comma, L.F., violazione del principio di esclusività dell’accertamento del passivo secondo modalità fissate dal capo V della legge fallimentare.
Alla Pubblica Udienza del 15 ottobre 2009 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Rileva il Collegio, in via pregiudiziale, l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione del giudice adito.
Occorre in proposito osservare che, nell’ipotesi di revoca di contributi per fatto imputabile al beneficiario (rappresentato, nella specie, dal mancato completamento della documentazione necessaria nel termine di 90 giorni dalla richiesta dell’ente convenzionato con il Ministero ai sensi dell’art. 4, co. 1, lett. c) del d.m. 247/92), sussiste in ogni caso la giurisdizione del giudice ordinario, a prescindere dall’accertamento se detti finanziamenti siano stati concessi in via provvisoria o definitiva (Cass. civ., SS.UU., 25 novembre 2008 n. 28041;10 luglio 2006 n. 15618;Cons.Stato, VI Sez., 22 marzo 2007 n. 1375;5 novembre 2007 n. 5700;5 dicembre 2007 n. 6195;16 gennaio 2008 n. 210;15 aprile 2008 n. 1741).
Ciò in quanto il destinatario di finanziamenti o sovvenzioni pubbliche vanta, nei confronti dell'Autorità concedente, una posizione tanto di interesse legittimo (rispetto al potere dell'Amministrazione di agire in autotutela, annullando i provvedimenti di attribuzione dei benefici per vizi di legittimità, quale ad es. la mancanza di un requisito necessario per ottenere il finanziamento, ovvero revocandoli per contrasto originario con l'interesse pubblico) quanto di diritto soggettivo (relativamente alla concreta erogazione delle somme di denaro oggetto del finanziamento e alla conservazione degli importi a tale titolo già riscossi o da riscuotere), con la conseguenza che il giudice ordinario è competente a conoscere le controversie instaurate per ottenere gli importi dovuti o per contrastare l'Amministrazione che, servendosi degli istituti della revoca, della decadenza o della risoluzione, abbia ritirato il finanziamento o la sovvenzione definitivamente concessi, adducendo l’inadempimento, da parte del beneficiario, degli obblighi impostigli dalla legge o dagli atti concessivi del contributo (Cass. Civ., SS.UU., 8 gennaio 2007 n. 117;12 febbraio 1999 n. 57;7 luglio 1988 n. 4480;28 maggio 1986 n. 3600;Cons. Stato, VI Sez., 22 novembre 2004 n. 7659;IV Sez., 15 novembre 2004 n. 7384;1 aprile 2004 n. 1822;VI Sez., 3 novembre 2003 n. 6826;20 giugno 2003 n. 7659;9 maggio 2002 n. 2539).
Ed invero, l’erogazione del contributo – sia in via provvisoria che definitiva - crea un credito dell’impresa all’agevolazione, che viene adempiuto, senza margini di discrezionalità, dall’Amministrazione erogante, sussistendo già, per effetto di una siffatta concessione, un diritto dell’impresa al finanziamento, sul quale ha cognizione il solo giudice ordinario, ancorché possa aversi revoca del finanziamento stesso, entro i limiti fissati dal regolamento, o riduzione in rapporto a spese non ammissibili.
Con riferimento al caso in controversia, si discute della legittimità del provvedimento con cui il competente Dicastero ha revocato il contributo già concesso, avendo rilevato irregolarità sostanziale in merito al conseguimento delle agevolazioni, e del provvedimento consequenziale con cui, sulla base del detto provvedimento di revoca, opponendo alla piena e definitiva espansione del diritto già riconosciuto un preteso inadempimento nell’ambito del rapporto concessorio, reclama la restituzione integrale delle somme già erogate.
Il “petitum” e la “causa pretendi” attengono, pertanto, all’esecuzione dell’investimento imprenditoriale ammesso a contributo, in relazione alla disciplina regolante il rapporto concessorio, e all’attività conseguente alla revoca del contributo, e, in sostanza, al diritto della ricorrente di trattenere le somme erogate a titolo di agevolazione industriale.
Per le ragioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione, in quanto riservato alla cognizione del giudice ordinario, davanti al quale il processo può essere proseguito con le modalità ed i termini di cui all’art. 59 della legge 18 giugno 2009, n. 69.
In considerazione delle oscillazioni giurisprudenziali in ordine alla individuazione del Giudice avente giurisdizione per la odierna controversia, sussistono giuste ragioni per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese e degli onorari del presente giudizio.