TAR Roma, sez. 4S, sentenza 2024-05-22, n. 202410269
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
Pubblicato il 22/05/2024
N. 10269/2024 REG.PROV.COLL.
N. 04917/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4917 del 2017, proposto da P T, rappresentato e difeso dall'avvocato M G, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via dei Valeri, 1;
contro
il Comune di Marino, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avvocato L S, con domicilio eletto presso lo studio Oscar Servili in Roma, via Panaro, 17;
per l'annullamento
- del Provvedimento n. prot. 11746 del 03 marzo 2017, notificato il 08 marzo 2017, con il quale il Comune di Marino disponeva l’immediato rilascio dell’immobile, nonché del successivo Provvedimento n. prot. 14229 del 16 marzo 2017, notificato il 22 marzo 2017, con il quale il predetto Comune ingiungeva il pagamento del canone di occupazione quantificato in euro 486,00 mensili;
- nonché della Deliberazione della Giunta Comunale di Marino verbale n. 24 dell’1 marzo 2017 da cui i due predetti atti sembrano derivare.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Marino;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 17 maggio 2024 il dott. Valentino Battiloro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il presente ricorso ha ad oggetto la legittimità dei provvedimenti con i quali il Comune di Marino intimava al ricorrente il rilascio dell’immobile, di proprietà comunale, sul quale erano state realizzate opere abusive (provvedimento n. 11746/2017), e ingiungeva il pagamento di euro 486,00 mensili quale indennità di occupazione sine titulo (provvedimento n. 14229/2017).
2. Con un primo motivo di ricorso il ricorrente ne chiede l’annullamento in quanto la determina n. 32045 del 28 giugno 2016 di acquisizione dell’immobile al patrimonio comunale dell’immobile, richiamata nei provvedimenti gravati, è stata annullata dall’Amministrazione, a causa dell’erronea indicazione dei dati catastali dell’immobile, con determina n. 60935 del 13 dicembre 2016.
3. Con un secondo motivo di censura deduce altresì la nullità del provvedimento n. 11746/2017 in quanto la richiamata delibera della Giunta Comunale n. 34 del 24 febbraio 2017 non sarebbe presente tra gli atti del Comune, nonché l’illegittimità del provvedimento n. 14229/2017 in quanto la delibera della Giunta Comunale n. 24 dell’1 marzo 2017, in esso richiamata, contemplerebbe dei criteri di liquidazione dell’indennità non applicabili alla fattispecie in esame.
4. Il Comune di Marino, costituitosi in giudizio, precisato in fatto che in seguito all’annullamento della delibera n. 32045/2016 è stata adottata la determina n. 60939 del 13 dicembre 2016 con l’indicazione corretta del bene da acquisire (anch’essa gravata con separato ricorso n.R.G. 2047/2017), ha eccepito in rito, l’inammissibilità del ricorso per difetto di valida procura alle liti e il difetto di giurisdizione del giudice adito in relazione all’impugnativa del provvedimento n. 14229/2017, avente ad oggetto l’indennità da occupazione sine titulo , ed ha chiesto il rigetto nel merito del ricorso attesa la genericità delle censure proposte.
5. All’udienza straordinaria di smaltimento dell’arretrato del 17 maggio 2024, tenutasi in modalità da remoto come previsto dall’art. 87, comma 4 bis, c.p.a., la causa è stata chiamata e trattenuta in decisione.
6. L’eccezione in rito sollevata da parte resistente è fondata.
L’art. 40, comma 1, lett. g), c.p.a. stabilisce che il ricorso deve contenere necessariamente l’indicazione “della procura speciale” attribuita al difensore.
Secondo la consolidata giurisprudenza amministrativa, la procura, per ritenersi “ speciale ”, deve indicare l’oggetto del ricorso, le parti contendenti, l’autorità davanti alla quale il ricorso deve essere proposto ed ogni altro elemento utile alla individuazione della controversia (cfr., ex aliis , Consiglio di Stato, Sez. VI, 5 ottobre 2018, n. 5723;T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 5 giugno 2023, n. 9451).
Nel caso di specie, si tratta di procura rilasciata su foglio separato con conseguente impossibilità di applicare i diversi principi che valgono per le procure apposte a margine o in calce all’atto processuale (su tali principi, cfr., ex multis , Cass. civ., Sez. VI, 3 ottobre 2019 n. 24670;Cass. civ., Sez. I, 18 febbraio 2020, n. 4069).
La procura in esame conferisce, infatti, al difensore il potere di rappresentanza e difesa “ nella presente procedura ” senza, tuttavia, indicare la data di conferimento, il tribunale adito, l’oggetto del ricorso, le parti contendenti o altri elementi utili all’identificazione della controversia.
In particolare, essa non appare neanche riferibile ad un giudizio dinanzi al T.A.R., contenendo espressi riferimenti a rimedi (“opposizione all’esecuzione”, “reclamo al collegio”) e a mezzi di prova (“interrogatori e giuramenti”) propri del processo civile, elementi idonei a smentire ogni possibile presunzione di riferibilità al presente ricorso
Si tratta, quindi, di una procura priva dei requisiti imposti dalla previsione di cui all’articolo 40, comma 1, lettera g ), c.p.a.
Inoltre, a parere del Collegio non può supplire al deficit di specialità della procura in esame il richiamo alla disposizione di cui all’articolo 8, comma 3, del D.P.C.M. 16 febbraio 2016, n. 40 (« Regolamento recante le regole tecnico-operative per l’attuazione del processo amministrativo telematico ») che testualmente prevede: “ La procura alle liti si considera apposta in calce all’atto cui si riferisce: […] b) quando è rilasciata su foglio separato del quale è estratta copia informatica, anche per immagine, depositato con modalità telematiche unitamente all’atto a cui si riferisce ”. Come stabilito in numerosi precedenti, condivisi dal Collegio, “ il rispetto di tale formalità, se determina che l’autografia della sottoscrizione della parte sia certificata dal difensore, non fa venir meno l’esigenza che, quando è redatta su foglio separato e non congiunto materialmente al ricorso in versione cartacea, la procura rechi in sé elementi esaustivi circa il proprio oggetto, onde poter risalire alla effettiva volontà del sottoscrittore di investire quel difensore dello jus postulandi nella specifica controversia interessata (v. TAR Calabria, Reggio Calabria, 15 giugno 2018 n. 366;TAR Molise 10 dicembre 2019 n. 437) ” (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 20 febbraio 2020, n. 346).
In sostanza, non rileva che la “ procura apposta in calce ” sia configurabile come tale anche quando la stessa sia sottoscritta su supporto cartaceo e poi depositata nel fascicolo processuale, in copia informatica, unitamente al ricorso in formato nativo digitale, giacché nell’ordinamento vigente la previsione della figura della procura speciale “ in calce ” o “ a margine ” è funzionale unicamente all’attribuzione al difensore del potere di certificare l’autografia della sottoscrizione del soggetto che gli rilascia il mandato alla lite, secondo modalità che il legislatore ha evidentemente dovuto adattare al “ processo telematico ” e all’utilizzo di strumenti che, ora, sono anche informatici.
Esula, invece, dalla disciplina di settore la determinazione del contenuto minimo della procura speciale “ in calce ”, sia nella versione normativa attuale sia in quella anteriore all’introduzione dei documenti informatici, e non è dunque desumibile dalla sola sopravvivenza di tale figura - con le modalità operative aggiornate - la generalizzata idoneità del criterio della procura speciale “ in calce ” valida anche quando priva degli elementi identificativi della lite da instaurare.
Invero, l’assunto dell’adeguatezza della procura speciale “ in calce ”, pur se generica nelle espressioni utilizzate, risulta il frutto di una elaborazione della giurisprudenza fondata sul contesto documentale unitario e quindi sulla relazione fisica tra la delega ed il ricorso, ovvero sul fatto che il mandato formi materialmente corpo con il ricorso (v. Cassazione civile, Sez. VI, 3 ottobre 2019 n. 24670), e non è, invece, compatibile con il caso in cui uno dei due documenti sia di tipo informatico e l’incorporazione materiale difetti, pur se la procura speciale “ in calce ” – in forme diverse – conservi valore, per evidenti esigenze di continuità, allo scopo di riconoscere al difensore il potere di certificazione dell’autografia della sottoscrizione del delegante.
In simile fattispecie, resta frustrata l’esigenza che il soggetto il quale rilascia la procura abbia contezza del contenuto dell’atto oggetto del potere rappresentativo conferito, non ricavabile neppure in via presuntiva dalla congiunzione fisica dei due documenti, impossibile quando almeno uno dei due sia informatico.
Occorre, ora, verificare la possibile applicazione del combinato disposto delle previsioni di cui agli artt. 39, comma 1, c.p.a. e 182, comma 2, c.p.c. con specifico riferimento alla questione in esame.
Sul punto si osserva come, secondo il Giudice d’appello la previsione non opererebbe, comunque, nel caso in esame atteso che la disciplina processuale contenuta nel d.lgs. n. 104/2010 qualifica l’esistenza della procura speciale come requisito di ammissibilità del ricorso che, pertanto, deve sussistere al momento di proposizione dello stesso con conseguente non configurabilità del potere di rinnovazione che concerne, in generale, la categoria delle nullità sanabili e non quella distinta delle inammissibilità (Consiglio di Stato, Sez. VI, 7 maggio 2019, n. 2922).
Pertanto, il principio secondo cui gli atti posti in essere da soggetto privo, anche parzialmente, del potere di rappresentanza possono essere ratificati con efficacia retroattiva, salvi i diritti dei terzi, non opera nel campo processuale, ove la procura alle liti costituisce il presupposto della valida instaurazione del rapporto processuale e può essere conferita con effetti retroattivi solo nei limiti stabiliti dall'art. 125 c.p.c., il quale dispone che la procura al difensore può essere rilasciata in data posteriore alla notificazione dell'atto, purché anteriormente alla costituzione della parte rappresentata, e sempre che per l’atto di cui trattasi non sia richiesta dalla legge la procura speciale, come nel caso del ricorso per cassazione, restando conseguentemente esclusa, in tale ipotesi, la possibilità di sanatoria e ratifica (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 3 gennaio 2024, n. 108;Cassazione civile, Sez. III, 20 aprile 2020, n. 7965).
Peraltro, va esclusa l’applicabilità anche dell’errore scusabile;infatti, nel processo amministrativo il rimedio del riconoscimento dell’errore scusabile, oggi codificato dall’art. 37 c.p.a., presuppone una situazione di obiettiva incertezza normativa o di grave impedimento di fatto tale da provocare - senza alcuna colpa della parte interessata - menomazioni o maggiore difficoltà nell'esercizio dei diritti di difesa (ipotesi che non ricorrono nel caso di specie).
Recentemente, anche la Suprema Corte ha ribadito il principio di diritto secondo cui l’art. 182, comma 2, c.p.c. (nella formulazione antecedente alla novella di cui al d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149) non consente di “sanare” l'inesistenza o la mancanza in atti della procura alla lite (Cassazione civile, sezioni unite, 21 dicembre 2022, n. 37434).
8. In definitiva, all’esito del compiuto esame dei contenuti della procura, deve concludersi che la stessa è priva dei requisiti di specialità richiesti dall’art. 40 c.p.a., ciò da cui consegue l’inammissibilità del ricorso.
9. La natura formale della decisione giustifica la compensazione delle spese di lite.