TAR Genova, sez. I, sentenza 2020-12-19, n. 202000929
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
Pubblicato il 19/12/2020
N. 00929/2020 REG.PROV.COLL.
N. 00793/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 793 del 2019, proposto da:
P B, L F e A F, rappresentati e difesi dagli avv. G B e P B, con domicilio digitale come da p.e.c. dei registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio dei difensori in Genova, piazza Dante, 9/14;
contro
Comune di Levanto, in persona del Sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dall’avv. M A Q, con domicilio digitale come da p.e.c. dei registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio del difensore in Genova, via Roma, 4/3;
Regione Liguria, Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, non costituiti in giudizio;
nei confronti
Torre Elah S.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. Paolo Gaggero, con domicilio digitale come da p.e.c. dei registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio del difensore in Genova, via Roma, 4/3;
per l’annullamento
della deliberazione della Giunta comunale n. 139 del 27/8/2019, avente ad oggetto “PUO di iniziativa privata relativo al complesso immobiliare denominato “area ex cinema sport”: decisione sull’osservazione presentata - Approvazione” in area censita a catasto NCE foglio 30 mappali 221 e 222;
nonché di ogni altro atto presupposto e preparatorio, conseguente e connesso e segnatamente:
- occorrendo, dell’art. 11, sub D e T, e dell’art. 12.2.1.1 delle norme tecniche di attuazione, di conformità e di congruenza del P.U.C., dei quali si chiede in via preliminare, occorrendo, la disapplicazione;
- dell’atto di valutazione 22/8/2019 delle osservazioni dei ricorrenti emesso dall’UTC associato Servizio Urbanistica - Sportello unico per l’edilizia;
- di ogni atto del Comune nonché degli atti della Soprintendenza 17/5/2018 prot. n. 10977 e 16/7/2018 prot. n. 16201 di assenso paesaggistico.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Levanto e di Torre Elah S.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 novembre 2020 il dott. Richard Goso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
I signori P B e A F sono proprietari di immobili a destinazione residenziale siti in Levanto, via Cairoli;il signor L F è usufruttuario di uno degli immobili questione.
Detti immobili sono limitrofi all’area interessata dal P.U.O. proposto da Torre Elah S.r.l. che prevede la realizzazione di un edificio di mc 6.030 adibito a residenza, con sottostante sala di pubblico spettacolo di mq 290 e parcheggi pertinenziali privati.
Previo rigetto delle osservazioni presentate dai signori P B e L F, il P.U.O. è stato approvato con deliberazione della Giunta comunale di Levanto n. 139 del 27 agosto 2019.
Gli interessati hanno collettivamente impugnato la delibera di approvazione del P.U.O. e gli altri atti indicati in epigrafe con ricorso notificato il 4 novembre 2019 e depositato il successivo 13 novembre.
Questi i motivi di gravame:
I) “Violazione del limite di densità edilizia fondiaria dell’art. 7, d.m. 2/4/1968, n. 1444 e dell’art. 14, comma 3, d.P.R. n. 380/2001. Difetto di motivazione”.
Ritenendo che la progettata sala di pubblico spettacolo costituisca opera di urbanizzazione secondaria, il Comune l’avrebbe erroneamente esclusa dal computo del volume di progetto, sebbene anche questo tipo di opere soggiaccia al rispetto delle prescrizioni inderogabili di densità edilizia.
II) “Violazione del limite di altezza ex art. 38, punto 12.2.1, comma 4, Norme di attuazione del P.U.C.”.
L'edificio in progetto avrà un’altezza di m 13,69 che supera il limite massimo di m 12,50 fissato dalla rubricata disposizione di piano.
III) “Violazione - sotto diversi, graduati profili - del limite di altezza ex art. 38 punto 12.2.1.1, commi 3 e 7, Norme di attuazione del P.U.C. e dell’art. 8, d.m. n. 1444/1968, in relazione all’art. 11, S) e T), delle stesse Norme. Sviamento”.
Il Comune avrebbe erroneamente ritenuto che il limite di altezza stabilito dall’art. 8 del d.m. n. 1444/1968 dovesse essere determinato facendo riferimento al più alto fabbricato circostante, mentre occorre avere riguardo al più basso di essi;risulterebbero superati anche i limiti di altezza previsti dalla disposizione di piano che fissa il criterio della media tra le altezze degli edifici circostanti, dovendosi tener conto a tal fine di tutti gli edifici direttamente visibili per l’assenza di corpi intermedi e non solo di quelli immediatamente limitrofi.
IV) “Violazione del limite di altezza ex art. 8, d.m. n. 1444/1968, dell’art. 11, T), e dell’art. 38, punto 12.2.1.1, delle Norme di conformità e congruenza del P.U.C.”.
In ogni caso, i limiti di altezza sarebbero stati violati in quanto non si è tenuto conto dell’ulteriore estensione dell’edificio al di sopra della linea di gronda.
V) “Violazione dell’art. 38, punto 12.2.1.1, delle Norme del P.U.C. e del d.m. 3/8/1959. Difetto di istruttoria e di motivazione. Travisamento dei fatti”.
Le caratteristiche dell’edificio in progetto non garantirebbero la prescritta condizione della coerenza d’immagine nei confronti del contesto d’intorno.
VI) “Violazione dell’art. 50, comma 2, lett. b), l.r. n. 36/1997. Violazione di legge ed eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione”.
Nonostante la presenza di una falda superficiale e la previsione di locali sotterranei, la relazione geologica non affronterebbe la problematica relativa ai possibili cedimenti fondazionali degli edifici circostanti.
VII) “Violazione degli art. 50 e seg., l.r. n. 36/1997 e dell’art. 38, punto 12.2.1, delle Norme di conformità e congruenza del P.U.C. Violazione di legge ed eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione”.
Il P.U.O. non si sarebbe fatto carico del problema dell’accesso veicolare alla sala di spettacolo e della aree di sosta per gli automezzi.
VIII) “Violazione dell’art. 1, d.lgs. n. 50/2016, dell’art. 16, d.P.R. n. 380/2001 e dell’art. 4, l. n. 847/1964”.
Avendo natura di opera di urbanizzazione secondaria, la sala predetta non potrebbe essere realizzata direttamente dal soggetto attuatore senza il rispetto delle procedure concorrenziali pubbliche.
Si sono costituiti in giudizio il Comune di Levanto e la controinteressata Torre Elah S.r.l.
Le parti resistenti eccepiscono che il ricorso sarebbe tardivo, poiché le contestate soluzioni progettuali sono conformi alle previsioni del P.U.C. approvato nel 2015 e non tempestivamente impugnato, inammissibile per carenza di interesse, stante la mancata allegazione di pregiudizi concreti, e, comunque, infondato nel merito.
Le parti in causa hanno depositato memorie ad ulteriore illustrazione delle proprie tesi e confutazione delle difese avversarie.
La causa è stata trattata oralmente alla pubblica udienza del 4 novembre 2020 e trattenuta in decisione.
DIRITTO
1) I ricorrenti contestano la legittimità del provvedimento di approvazione dello strumento urbanistico attuativo (Progetto urbanistico operativo - P.U.O. di iniziativa privata) relativo al complesso immobiliare denominato “area ex Cinema Sport”, ubicato in prossimità dei loro immobili.
Il P.U.O. contempla un intervento di ristrutturazione urbanistica del compendio di proprietà della controinteressata, caratterizzato da un unico corpo di fabbrica articolato su due piani fuori terra (il piano terreno era destinato a sala cinematografica e il primo piano a residenza).
E’ prevista la demolizione dell’edificio esistente e la ricomposizione della sua volumetria, incrementata secondo le previsioni del P.U.C., su diverso sedime.
Il nuovo edificio a destinazione residenziale si articolerà su quattro piani fuori terra;al piano terra sarà realizzata una sala di pubblico spettacolo con una capienza di 201 persone da cedere gratuitamente al Comune.
2) Va preliminarmente evidenziato che il vigente strumento urbanistico generale del Comune di Levanto detta una specifica disciplina per il compendio immobiliare in questione.
Sotto la rubrica “ Recupero edificio attuale Cinema Sport ”, l’art. 38, punto 12.2.1.1, delle norme tecniche di attuazione, di conformità e di congruenza del P.U.C. prevede che, qualora l’intervento di recupero globale venga proposto dal soggetto attuatore nella forma del P.U.O., “ costituisce esplicita disposizione di flessibilità del P.U.C. la possibilità che il progetto sia costituito con i criteri della ristrutturazione urbanistica estesa al lotto di proprietà unitaria interessato, con una ricomposizione dell’impianto edificato che preveda la risistemazione della volumetria disponibile anche su diverso sedime della preesistenza e con obbligo di osservanza dei parametri edilizi di altezza massima e di distanze disposti per la zona omogenea B agli articoli 8 e 9 del D.M. 2 aprile 1968. In tale caso è prevista la realizzazione di una sala da spettacolo a pubblico accesso per una dotazione di almeno 200 posti a sedere e servizi di norma, con un impegno di superficie agibile compresa tra mq 280 e mq 450, funzionalmente autonoma dal resto delle destinazioni del fabbricato, costituente servizio di standard urbanistico, di cui deve essere prevista la cessione a titolo non oneroso al Comune di Levanto, salva l’applicazione dello scomputo della tariffa urbanistica dovuta nei termini previsti dalla legge ”.
Seguono ulteriori previsioni di dettaglio relative al rapporto di incidenza volumetrica, ai caratteri architettonici e all’inserimento nel contesto urbano, all’altezza massima del nuovo edificio.
3) Le parti resistenti eccepiscono l’inammissibilità delle censure concernenti elementi progettuali conformi alla suindicata disciplina speciale di P.U.C., non tempestivamente gravata.
In termini generali, l’eccezione merita di essere condivisa, poiché le disposizioni dello strumento urbanistico generale che stabiliscono le potenzialità edificatorie di una determinata porzione di territorio producono un immediato effetto conformativo dello ius aedificandi dei proprietari interessati, da cui deriva, ove se ne intenda contestare il contenuto, un onere di immediata impugnativa in osservanza del termine decadenziale a partire dalla pubblicazione dello strumento pianificatorio (cfr., ex multis , Cons. Stato, sez. IV, 19 gennaio 2018, n. 332).
La mancata impugnazione entro il termine decadenziale di legge del P.U.C. pubblicato sul B.U.R.L. del 9 marzo 2015, peraltro, non fa venir meno l’interesse all’impugnazione dello strumento urbanistico attuativo, ma comporta la necessità di procedere alla verifica di ammissibilità delle singole censure proposte in concreto, distinguendo quelle relative ad aspetti di dettaglio già disciplinati dallo strumento generale da quelle intese alla contestazione di contenuti progettuali che non configurano mera attuazione delle previsioni del P.U.C.
La difesa della Società controinteressata solleva anche un’eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse in quanto, non essendo stati allegati concreti pregiudizi discendenti dall’avversato intervento, la mera vicinitas edilizia non sarebbe sufficiente a fondare l’interesse all’impugnazione.
Identica eccezione era stata sollevata nel giudizio introdotto con il ricorso r.g. n. 671 del 2011, proposto dagli odierni ricorrenti per l’annullamento di un precedente P.U.O. che prevedeva una diversa soluzione progettuale per il ricupero dello stesso compendio.
Con la sentenza della Sezione n. 967 del 9 luglio 2012, detta eccezione era stata ritenuta infondata in quanto “ i ricorrenti comprovano di essere proprietari di fondi finitimi a quello per cui è lite ”.
Non ravvisandosi ragioni per discostarsi da tali sintetiche considerazioni, l’eccezione va disattesa anche nel presente giudizio.
4) Nel merito, i ricorrenti denunciano, con il primo motivo di gravame, la violazione del limite di densità edilizia stabilito dall’art. 7 del d.m. n. 1444/1968 che, per i Comuni al di sotto dei 50 mila abitanti, è pari a 5 mc/mq.
Nel caso concreto, il volume di progetto determinerebbe un rapporto mc/mq pari a 6,01, non potendosi sottrarre da tale computo, come invece ha fatto il Comune di Levanto, la volumetria della sala di pubblico spettacolo che, pur costituendo opera di urbanizzazione secondaria da realizzare a scomputo e cedere gratuitamente al Comune, costituisce pur sempre un ingombro visivo ed una realtà funzionale che determina un carico urbanistico.
La censura è inammissibile per le ragioni evidenziate sub 3).
Infatti, le potenzialità edificatorie del compendio erano stato puntualmente stabilite dall’art. 38, punto 12.2.1.1, delle norme tecniche di attuazione del P.U.C., non tempestivamente gravato, di cui le previsioni del P.U.O. costituiscono pedissequa declinazione.
La censura sarebbe comunque infondata in quanto l’incontestata natura di opera di urbanizzazione secondaria della realizzanda sala di pubblico spettacolo comporta che non si debba tener conto della sua volumetria nel calcolo del volume complessivo del nuovo edificio (cfr., in relazione ad un ambulatorio medico costituente opera di urbanizzazione secondaria, Cons. Stato, sez. IV, 23 aprile 2020, n. 2585).
5) Seguendo l’ordine espositivo del ricorso, vanno quindi affrontate le censure, articolate dal secondo al quarto motivo, intese a denunciare la violazione dei limiti di altezza del nuovo fabbricato.
5.1) Con la prima censura, parte ricorrente sostiene che l’altezza dell’edificio in progetto, pari a m 13,69, sarebbe superiore al limite massimo di m 12,50 fissato dall’art. 38, punto 12.2.1, comma 4, delle norme di attuazione del P.U.C.
Come già rilevato, tuttavia, il P.U.C. detta previsioni specifiche che prevalgono su quelle formulate per l’ambito nel quale si inserisce il compendio immobiliare della controinteressata.
Tale disciplina comprende anche l’altezza massima degli edifici che, come previsto al punto 12.2.1.1 dell’art. 38 delle norme di attuazione, non deve superare l’altezza media “ degli edifici latistanti ”.
La verifica del rispetto dei limiti di altezza, pertanto, deve considerare quest’ultimo parametro, anziché quello di carattere generale previsto dal punto 12.2.1 dello stesso art. 38.
5.2) I ricorrenti denunciano, quindi, la violazione dell’art. 8 del d.m. n. 1444/1968, prevalente sulla norma di attuazione del P.U.C., secondo cui, nelle zone territoriali omogenee B, “ l’altezza massima dei nuovi edifici non può superare l’altezza degli edifici preesistenti e circostanti ”.
Il Comune, pur avendo provveduto alla verifica del rispetto del parametro previsto dal citato art. 8, avrebbe erroneamente considerato solo l’edificio più alto, anziché fare riferimento a tutti gli edifici preesistenti e circostanti, il più basso dei quali ha un’altezza di m 8,42, ampiamente inferiore a quella del fabbricato in progetto.
Ha chiarito la giurisprudenza amministrativa, tuttavia, che la corretta interpretazione del ripetuto art. 8 comporta, nella relazione tra edificazioni limitrofe, il divieto di superare la più alta costruzione preesistente (Cons. Stato, sez. IV, 21 ottobre 2013, n. 5108;T.A.R. Campania, Salerno, sez. II 11 luglio 2013, n. 1533).
Trattasi del resto, dell’unica interpretazione consentita dalla lettera della disposizione e della ratio che vi è sottesa, volta a garantire l’uniformità del contesto edificatorio.
Tanto precisato, considerando che un edificio limitrofo a quello in progetto ha un’altezza di m 24,12, risulta concretamente rispettato il limite previsto dall’art. 8 del d.m. n. 1444/1968.
5.3) Viene ulteriormente denunciata l’erronea applicazione del parametro della media tra le altezze degli edifici previsto dal P.U.C., poiché il Comune avrebbe dovuto considerare tutti gli edifici direttamente visibili per l’assenza di corpi intermedi, anziché fare riferimento solo a quelli immediatamente limitrofi.
Il settimo comma del punto 12.2.1.1 dell’art. 38 delle norme di attuazione del P.U.C., fa riferimento all’altezza media, non degli edifici “circostanti”, ma di quelli “latistanti”.
Ciò comporta che debba considerata l’altezza media dei due edifici posti lateralmente a quello in progetto la quale, essendo pari a m 21,42, è ampiamente superiore all’altezza dell’erigendo fabbricato.
Tale interpretazione è coerente con la lettera del citato settimo comma e con la sua natura di “ disposizione paesistica di livello puntuale ”, come tale chiaramente volta alla tutela dei caratteri del fronte edificato della via nel quale si inserirà la nuova costruzione.
5.4) Infine, con il quarto motivo di gravame, parte ricorrente deduce che l’altezza dell’edificio in progetto sarebbe superiore alla quota indicata negli elaborati progettuali e ritenuta corretta dal Comune, poiché non si è tenuto conto dell’ulteriore estensione verticale di m 3 circa, corrispondente all’ultimo piano abitabile, posta al di sopra della linea di gronda.
L’art. 11, lett. S), delle norme di attuazione del P.U.C. di Levanto, stabilisce che “ l’altezza dei fabbricati si calcola a partire dal punto più basso del perimetro dell’edificio sul terreno sistemato, con esclusione delle aperture di accesso ai piani interrati, sino alla linea di gronda, ovvero, per gli edifici a copertura piana, fino all’estradosso dell’ultimo solaio, posto a copertura di vani abitabili o agibili ”.
Secondo la successiva lett. T), “ si definisce linea di gronda l’intersezione tra l’estradosso del piano di copertura orizzontale o inclinato, posto al livello più alto ed il piano verticale di facciata ”.
Per un edificio con tetto a falde come quello in progetto, pertanto, il calcolo dell’altezza da terra fino alla linea di gronda (in sostanza, fino al punto più basso del tetto) è conforme ai criteri previsto dal vigente strumento urbanistico generale.
Non sussiste, pertanto, l’errore denunciato dai ricorrenti né risulta possibile disapplicare le menzionate previsioni del P.U.C. in quanto riproduttive delle disposizioni dettate dagli artt. 77 e 79 della l.r. Liguria 6 giugno 2008, n. 16, vigenti al momento dell’approvazione dello stesso strumento urbanistico generale, per il calcolo dell’altezza dei fabbricati e per la definizione della linea di gronda.
6) Il sesto comma del più volte citato punto 12.2.1.1 dell’art. 38 delle norme di attuazione del P.U.C. di Levanto, stabilisce che “ l’intervento di ricomposizione dovrà favorire la formazione di una omogenea fronte edificata verso la via pubblica che ne garantisca la coerenza d’immagine nei confronti del contesto d’intorno, con adeguato riferimento tipologico ai caratteri di pregio, propri degli edifici esistenti disposti lungo la via stessa ”.
In forza del successivo settimo comma, il fronte verso la via pubblica deve presentare “ caratteri di semplicità, con divieto di volumi aggettanti per logge o bow-window, e massimo contenimento dell’eventuale presenza di balconi in aggetto ”.
Ad avviso dei ricorrenti, l’edificio in progetto non presenterebbe i requisiti richiesti dalle richiamate disposizioni, siccome privo di caratteri di semplicità e caratterizzato da “ una facciata articolata e un tetto finestrato ” che non trovano riscontro negli altri fabbricati della via.
Inoltre, gli atti di assenso paesaggistico del Comune e della Soprintendenza, coinvolti nell’impugnazione, sarebbero privi di adeguata motivazione in quanto non operano alcun raffronto tra il progetto e i valori protetti dal decreto di apposizione del vincolo paesaggistico.
Tali doglianze non sono persuasive.
Infatti, posto che l’edificio in progetto non presenta logge aggettanti, non risultano evidenti scostamenti rispetto alle indicazioni promananti dal P.U.C.
I rilievi di parte ricorrente, pertanto, tendono inammissibilmente a sostituirsi al giudizio estetico di natura tecnico-discrezionale afferente la coerenza d’immagine del nuovo edificio nei confronti del contesto d’intorno, positivamente valutata dalle competenti amministrazioni anche nell’ambito del procedimento di V.A.S.
La documentazione prodotta in giudizio dimostra, in secondo luogo, l’attenta valutazione degli aspetti paesaggistici operata nel corso dell’istruttoria amministrativa, senza trascurare l’individuazione degli specifici interessi tutelati nella zona (cfr., in particolare, le controdeduzioni alle osservazioni dei privati formulate dagli uffici comunali con relazione del 22 agosto 2019).
Fermo restando che, dovendo ancora essere rilasciata l’autorizzazione ex art. 146 del d.lgs. n. 42/2004, la censura di carenza di motivazione con riguardo al corretto inserimento paesaggistico della nuova costruzione appare prematura.
7) La censura sollevata con il sesto motivo di gravame è intesa a denunciare la violazione dell’art. 50, comma 2, della l.r. Liguria 4 settembre 1997, n. 36, in forza del quale gli elaborati del P.U.O. sono costituiti, tra gli altri, da “ indagini e verifiche geologiche, geotecniche ”.
La relazione geologica presentata a corredo del P.U.O. affronterebbe solo superficialmente le problematiche correlate all’esistenza di una falda superficiale sulla quale si collocano le fondazioni degli edifici contigui, senza dimostrare la fattibilità di un intervento che comporta scavi di sbancamento e la realizzazione di volumi interrati.
Neppure questa censura può essere condivisa, poiché la contestata relazione geologica non trascura l’esecuzione di uno scavo di sbancamento sotto falda e gli “aspetti fondazionali”, dedicandovi specifiche “prescrizioni geologiche esecutive” (cfr. pagg. 27-31) che, ovviamente, saranno soggette ad ulteriore verifica in sede di progettazione esecutiva.
8) Ad avviso dei ricorrenti, il P.U.O. non si sarebbe fatto carico del problema dell’accesso veicolare alla sala di spettacolo e delle aree necessarie per la sosta degli automezzi.
Inoltre, non è stata prevista la realizzazione di spazi pubblici pedonali attrezzati e di parcheggi nella misura prevista dal punto 12.2.1 dell’art. 38 delle norme di attuazione del P.U.C.
La prima censura è infondata in quanto il P.U.O., laddove prevede la trasformazione di una sala cinematografica in sala di pubblico spettacolo con una capienza leggermente inferiore, non comporta alcun incremento del carico insediativo.
Come diffusamente rilevato in precedenza, il citato punto 12.2.1 non è conferente al caso di specie, ove trova applicazione la disciplina speciale dettata dal successivo punto 12.2.1.1 dello stesso art. 38 che prevede la realizzazione della sala di pubblico spettacolo da cedere gratuitamente al Comune quale opera a standard.
9) Infine, con l’ottavo motivo di gravame, i ricorrenti evidenziano che lo schema di convenzione urbanistica allegato al P.U.O. qualifica erroneamente l’opera a scomputo (la realizzazione della più volte menzionata sala di pubblico spettacolo) come opera di urbanizzazione primaria, con l’effetto di sottrarla all’applicazione di una procedura di affidamento concorrenziale e rimetterla all’esecuzione diretta del soggetto attuatore.
Le controparti non contestano che si tratti di un’opera di urbanizzazione secondaria, come tale assoggettata alle procedure di evidenza pubblica, e rilevano che la diversa qualificazione sarebbe frutto di un errore materiale che sarà emendato all’atto della stipula della convenzione.
Peraltro, non essendosi ancora provveduto alla correzione dell’errore, il Collegio non può che prendere atto delle circostanze come sopra riferite e, per l’effetto, disporre l’annullamento dell’atto impugnato nella sola parte in cui contiene l’erronea qualificazione dell’opera in parola.
Più precisamente, all’articolo quinto, comma 3, dello schema di convenzione urbanistica allegato al P.U.O., “ si conviene che l’esecuzione delle opere di cui al precedente articolo secondo, comma 1, lett a) e b)” - in quanto opere di urbanizzazione primaria strettamente connesse all’intervento sotto soglia comunitaria - abbia luogo direttamente da parte del soggetto attuatore ”.
Le opere di cui alla lett. a) sono le “ aree esterne sup. 276,46 mq ”.
La contestazione si riferisce alle opere di cui alla lett. b): “ sala da spettacolo, come da P.U.C. vigente, di mq 290,07 ”.
In conseguenza, la disposizione di cui al richiamato comma 3 deve essere annullata limitatamente alle parole “ e b) ”.
10) In conclusione, il ricorso va accolto in parte, nei limiti di cui al precedente punto 9), mentre va confermata per il resto la legittimità degli atti impugnati.
11) In ragione della soccombenza reciproca e della peculiarità delle questioni affrontate, le spese di lite vanno integralmente compensate fra le parti costituite.