TAR Roma, sez. 2S, sentenza 2020-09-15, n. 202009586

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2S, sentenza 2020-09-15, n. 202009586
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202009586
Data del deposito : 15 settembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/09/2020

N. 09586/2020 REG.PROV.COLL.

N. 10415/2006 REG.RIC.

N. 01905/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Stralcio)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10415 del 2006, proposto dalla Soc Daco S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati A F e R F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia nonchè in Roma, viale Regina Margherita, 46;

contro

Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato R R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia nonché in Roma Via del Tempio di Giove 1;

e con l'intervento di

ad adiuvandum:
Soc. Asset Europe S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Irene Giuseppa Bellavia e Giuseppe Lavitola, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia nonchè in Roma, via Costabella, 23;



sul ricorso numero di registro generale 1905 del 2007, proposto da
Soc Daco S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati A F e R F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia nonchè in Roma, viale Regina Margherita, 46;

contro

Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato R R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia nonché in Roma Via Tempio di Giove 1

e con l'intervento di

ad adiuvandum:
Soc. Asset Europe S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Irene Giuseppa Bellavia e Giuseppe Lavitola, con domicilio digitale come da PEC da Resgistri di Giustizia nonchè in Roma, via Costabella, 23;


per l'annullamento, previa sospensiva

quanto al ricorso n. 10415 del 2006:

A-della D.D. n. 1849 del 23.10.2006 prot. n. 64250, notificata il 13.11.2006, adottata dal Direttore p.t. del Municipio XVI del Comune di Roma con la quale è stata disposta la cessazione dell’attività di media struttura di vendita intrapresa nei locali siti in Roma Cic.ne Gianicolense 9 – 11 – 13 a decorrere dal terzo giorno successiva alla notifica del provvedimento;

B-nonché avverso ogni altro atto ad essa presupposto, connesso e/o conseguente, ivi compreso, ove occorrer possa, la nota prot. 42629 del 06.07.06 succ. perv. di avvio del procedimento di rigetto dell’istanza di autorizzazione di media struttura di vendita relativa a predetti locali;

nonché quanto ai motivi aggiunti,

C-per l’annullamento della nota prot. 1903/2006 che ha ribadito il precedente parere, la nota 7958 del 05.02.2007, con richiesta di riesame dell’ordinanza del TAR n. 1512/2007;

quanto al ricorso n. 1905 del 2007;

D-della D.D. n. 230 del 05.02.07, prot. 8155, notificata il 08.02.07, adottata dal Direttore p.t. del Municipio XVI del Comune di Roma, con la quale è stata rigettata la richiesta prodotta in data 16.05.06 prot. 31051 dalla DA.CO. srl intesa ad ottenere il rilascio di autorizzazione all’apertura dell’attività di media struttura di vendita di prodotti nel settore alimentare e non alimentare nei locali siti in Roma Circ.na Gianicolense 9 – 1 – 13;

nonché avverso ogni altro atto ad essa presupposto, connesso e/o conseguente, ivi compresa, ove occorrer possa, la nota prot. 42629 del 06.07.06 succ. perv. di avvio del procedimento di rigetto dell’istanza di autorizzazione di media struttura di vendita relativa ai predetti locali;

rigetto istanza di rilascio di autorizzazione all'apertura di una media struttura di vendita in Roma, Circonvallazione Gianicolense 9-11-13;

nonché quanto ai motivi aggiunti:

delle note n. 7958/2007 a firma del Direttore del Municipio XVI e del parere urbanistico di cui alla nota prot. 1903/2007;


Visti i ricorsi e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Roma e di Comune di Roma;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 19 giugno 2020 il dott. F M T;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.Con il primo ricorso come rubricato in epigrafe, la società ricorrente Daco srl ha impugnato la determina indicata al punto A) dell’epigrafe, oltre agli atti connessi e presupposti pure ivi specificati, con la quale gli uffici comunali hanno disposto la cessazione dell’attività commerciale intrapresa nei locali siti in Circonvallazione Gianicolense nn. 9, 11 e 13, relativa ad una attività di media struttura di vendita.

L’esponente ha articolato vari motivi di ricorso, lamentando l’illegittimità degli atti gravati ed instando per la concessione di tutela cautelare.

Si è costituito il Comune di Roma oggi Roma Capitale, contestando il ricorso e chiedendone il rigetto.

E’ intervenuta in giudizio ad adiuvandum la Soc. Asset Europe srl, in qualità di proprietaria degli immobili in cui viene esercitata l’attività commerciale, interessata di fatto al mantenimento del rapporto locatizio.

Parte istante ha altresì depositato motivi aggiunti, con i quali ha gravato gli atti indicati ai punti B) e C) dell’epigrafe.

In corso di giudizio con ordinanza n. 6615/2006 è stata dapprima accolta la domanda cautelare nei soli limiti di cui in motivazione.

Successivamente è stata emessa l’ordinanza n. 1512/2007, che ha respinto l’istanza cautelare e quindi adottata l’ordinanza n. 2069/2007, con la quale è stata accolta la domanda di riesame, con sospensione dei provvedimenti impugnati.

La causa è stata trattenuta in decisione in data 19 giugno 2020.

2. Con il successivo ricorso iscritto al NRG 1905/2007, la Daco ha poi impugnato la determina indicata al punto D) dell’epigrafe, con il quale il competente ufficio comunale ha rigettato definitivamente l’istanza presentata in data 16 maggio 2006, sulla base del parere tecnico rilasciato dal UOT.

Anche in tale giudizio è intervenuta la Soc. Asset Europe srl ad adiuvandum e si è costituita, d’altro canto, Roma Capitale che ha chiesto il rigetto di tutte le domande proposte.

Nell’ambito di tale secondo giudizio, il TAR ha dapprima rigettato (ordinanza n. 1501/2007) e quindi ha accolto la domanda cautelare, con sospensione dei provvedimenti impugnati.

La causa è stata trattenuta in decisione in data 19 giugno 2020.

3. Tanto sinteticamente premesso in fatto, deve procedersi alla riunione dei due ricorsi per evidenti ragione di connessione soggettiva ed oggettiva.

4. In secondo luogo deve essere disattesa l’istanza di rinvio proposta in entrambi i giudizio dalla società ricorrente, posto che la controversia può essere decisa allo stato degli atti, non esistendo alcuna pregiudizialità con i ricorsi pendenti in appello menzionati in atti.

5. Nel merito i ricorsi sono infondati e devono essere respinti.

Giova ripercorrere l’iter storico processuale della vicenda.

Con riferimento al diniego di rilascio dell’autorizzazione amministrativa per l’apertura della media struttura di vendita de qua, l’amministrazione comunale ha adottato i provvedimenti di disciplina edilizia di spettanza, che sono stati contestati sia dalla società ricorrente che dall’interventore tramite varie impugnazioni.

Con un primo ricorso NRG 1184/2005, proposto da Asset Europe srl, è stata gravata la nota municipale 12 novembre 2004 prot. 66784 che ha rigettato la DIA dell’11 novembre 2004;
il ricorso è stato rigettato con sentenza del TAR n. 4994/2019, sentenza appellata al Consiglio di Stato.

Con successivo ricorso NRG. 4737/2005, sempre proposto dalla proprietaria degli immobili, è stato chiesto l’annullamento della DD 601/2005 di revoca della DIA prot. 66220 dell’11 gennaio 2004, con contestuale ordine di demolizione.

Il detto ricorso è stato rigettato con sentenza 12335/2019, sentenza anch’essa appellata dinanzi al Consiglio di Stato.

Con successivo ricorso NRG. 9110/2005, sempre proposto da Asset Europe srl, è stato richiesto l’annullamento della DD n. 202/2005, con la quale è stata annullata la concessione n. 306606/2003 e contestualmente respinta l’istanza di sanatoria prot. 88194/03.

In tale giudizio, il TAR ha accolto la domanda cautelare con provvedimento n. 6478/2005;
interposto appello da parte dell’amministrazione comunale, l’ordinanza di primo grado è stata riformata (provvedimento n. 2507 del 26 maggio 2006), così restituendosi piena efficacia al provvedimento gravato.

Con ulteriore ricorso al TAR NRG. 12001/2005, proposto da Asset Europe srl, è stato chiesto l’annullamento del provvedimento di rigetto della domanda di concessione in sanatorio ex art. 35 comma 2 L.47/85.

Il ricorso è stato rigettato con sentenza 5397/2020 resa in data 24 aprile 2020.

Da ultimo, il ricorso NRG. 9464/2006, proposto da Asset Europe srl per l’annullamento del provvedimento n. 1562 del 4 settembre 2006, recante rimozione degli effetti abilitativi di cui alla DIA e ordinanza di demolizione di fabbricati, della successiva ordinanza di demolizione n. 1853 del 23 ottobre 2006, della determina n. 1986 del 6 novembre 2006 di revoca dell’autorizzazione per passi carrabili, impugnate con motivi aggiunti.

La causa è stata definita tramite la sentenza n. 12615/2019, pronuncia che ha dichiarato improcedibile il gravame e respinto i motivi aggiunti;
avverso la predetta sentenza è stato proposto appello al Consiglio di Stato.

Così ricordate le varie iniziative giudiziarie attinenti alla vicenda de qua, l’odierna vertenza riguarda il diniego di rilascio dell’autorizzazione amministrativa di una media struttura di vendita che ai sensi di combinato disposto di cui all’art. 8 D.Lgs n. 114/98 e dell’art. 27 della LR n. 33/1999, era assoggettata al rilascio di una formale autorizzazione amministrativa.

Orbene il rilascio dell’autorizzazione amministrativa di cui si verte presuppone il rispetto dei requisiti soggettivi ed oggettivi prescritti dalle norme vigenti per lo svolgimento dell’attività, poiché essa deve svolgersi necessariamente in locali conformi alle norme urbanistico – edilizie, nonché nel rispetto dei regolamenti edilizi e delle norme in materia di destinazioni d’uso.

L’impugnato diniego poggia sul parere negativo reso dall’organo tecnico del Municipio, come espresso nella nota prot. 39885 del 23 giugno 2006 che fa riferimento alla problematica edilizia che rappresenta il cuore della vicenda: segnatamente esistono due concessioni in sanatoria la n. 306674 (per mq 91,51) e la n. 306606 (per mq 450).

Tale ultimo titolo edilizio è stato annullato con giusta DD n. 202 del 6 giugno 2005, la quale ha respinto anche l’istanza di sanatoria prot. 88194/03.

Gli uffici comunali hanno avviato il procedimento di secondo grado, all’esito di una più approfondita disamina dell’istanza privata, la quale in effetti non si atteggiava quale integrazione di un’istanza del 1986, bensì come una nuova domanda di sanatoria riferentesi peraltro ad una superficie cospicua e che non esisteva al momento della presentazione della domanda originaria.

Secondo l’amministrazione comunale, l’esistenza del manufatto abusivo interferirebbe altresì sul piano di assetto della Stazione Trastevere.

Tale prospettazione difensiva è stata evidentemente accolta dal Consiglio di Stato, in sede di appello cautelare, laddove, con ordinanza n. 2507/2006 ha restituito efficacia al provvedimento gravato.

L’irregolarità edilizia sottesa al gravato diniego emerge poi inequivocabilmente dalle corrette deduzioni comunali, laddove l’ente ha osservato:

che erroneamente l'Ufficio competente aveva in un primo momento assentito, configurandola come "integrazione della domanda", una sanatoria edilizia riguardante una costruzione di (ulteriori) 450 (quattrocentocinquanta) metri quadri, in seguito a richiesta di "riesame" della società ricorrente del 25 giugno 2003, che si ricollegava ad una precedente istanza, proposta nel lontano 1986 da altra società per una costruzione di circa 90 metri quadri, istanza sulla quale l'Amministrazione non si era mai esplicitamente pronunciata;

che implausibilmente la ricorrente, proprietaria di un immobile in una zona centralissima di Roma si sarebbe "accorta" che l'immobile in questione era di cinque volte più grande rispetto alla dimensione asseverata dalla locataria, tal che legittimamente si sarebbe fatto ricorso alla chiesta 'integrazione'.

In effetti come correttamente dedotto dalla difesa capitolina, la norma invocata (art. 39,comma 10 bis, della legge 23.12.1994, n. 724) consente solo il riesame di provvedimenti negativi, tra l'altro mancanti nella fattispecie, emessi in conformità alla disciplina della legge sul primo condono edilizio (28 febbraio 1985, n. 47) in caso di abusi sanabili sulla base della normativa della legge sul secondo condono edilizio n. 724/ 94: riesame che doveva essere escluso nel caso de quo in difetto dei

presupposti di legge:

- sia sotto il profilo dei termini di presentazione (si è già detto: 25. 6.2003);

- sia per la mancanza di un provvedimento negativo;

- sia per l'entità dell'abuso di cui si chiedeva la sanatoria;

- sia perché il fabbricato in questione non esisteva al momento della presentazione della

domanda originaria.

Doveroso e vincolato è stato dunque il procedimento di secondo grado e il conseguneute annullamento gravato nel precedente giudizio soprariferito.

Da quanto sopra esposto consegue la doverosità ed anzi la vincolatività dei provvedimenti impugnati con il presente ricorso, in quanto fondati sull’evidente insussistenza dei presupposti di legge attinenti alla conformità urbanistico-edilizia degli immobili.

Deve pure convenirsi con la difesa capitolina, laddove evidenzia, al fine di contestare la dedotta formazione dell’assenso tacito sulla domanda del 16 maggio 2006, che, a ben vedere, con nota n. 42629 del 6 luglio 2006, l’amministrazione ha ritualmente comunicato l’avvio del procedimento di rigetto (dalla quale pure è sortita la descritta dialettica procedimentale);
mentre, d’altra parte un’eventuale autorizzazione tacita poteva intervenire solo a fronte della conformità dell’istanza alla normativa ed ai regolamenti in materia.

In sostanza, da tutti gli atti di causa e dai descritti esiti giudiziari emerge inequivocabilmente la radicale mancanza della conformità dell’immobile de quo alla disciplina urbanistico-edilizia, con conseguente necessitato diniego dell’autorizzazione all’apertura.

Va ribadito che l’atto impugnato di cessazione dell’attività ha intimato la cessazione di un'attività di vendita illegittimamente intrapresa, tal che va respinta anche la censura secondo cui l’atto sarebbe privo del presupposto della reiezione dell'istanza di autorizzazione presentata per lo svolgimento dell'attività della media struttura.

L’ente ha, viceversa, fatto cessare una attività iniziata sine titulo, essendo sufficiente constatare, come presupposto di fatto, l'illegittimo esercizio dell'attività da assentire;
essa, ai sensi delle disposizioni allora vigenti, era invero assoggettata al rilascio dell’autorizzazione amministrativa. Dal punto di vista commerciale, infatti, deve ricordarsi che, ai sensi del combinato disposto dell’art. 8 del D.L.vo n. 114/98 e dell’art. 27 della Legge Regionale n. 33/1999, l’apertura di una media struttura di vendita, all’epoca e anche in caso di concentrazione di più esercizi, è assoggettata al rilascio di un’autorizzazione amministrativa espressa.

6. In conclusione, alla luce delle superiori considerazioni, tutte le domande proposte con i due ricorsi devono essere rigettate perché infondate.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

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