TAR Firenze, sez. II, sentenza 2011-12-21, n. 201101982
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Testo completo
N. 01982/2011 REG.PROV.COLL.
N. 01808/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1808 del 2011, proposto da:
Finanza&Factor s.p.a., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'avv. C E, con domicilio eletto presso - Segreteria T.A.R. in Firenze, via Ricasoli 40;
contro
Asl 106 - Napoli 1 Centro, in persona del direttore generale p.t.;
per l'esecuzione
del giudicato formatosi sui seguenti decreti monitori:
n. 1075/2011, reg. gen. N. 2684/2011, reso dal Tribunale di Firenze con clausola di provvisoria esecuzione il 26.02.2011, recante l’ingiunzione di pagamento nei confronti dell’Azienda Sanitaria indicata in epigrafe della somma di euro 116.574,65, oltre interessi al tasso previsto dal d. lgs. N. 231/2002, maturandi sulla sorta capitale dalla proposizione della domanda (22.02.2011) fino al saldo e spese, spedito in forma esecutiva il 04.03.2011, notificato in tale forma all’ente debitore il 09.03.2011, non opposto;
n. 2223/2011, reg. gen. N. 5683/2011, reso dal Tribunale di Firenze con clausola di provvisoria esecuzione il 16.04.2011, recante l’ingiunzione di pagamento nei confronti dell’Azienda Sanitaria indicata in epigrafe della somma di euro 18.173,00, oltre interessi al tasso previsto dal d. lgs. N. 231/2002, maturandi sulla sorta capitale dalla proposizione della domanda (13.04.2011) fino al saldo e spese, spedito in forma esecutiva il 28.04.2011, notificato in tale forma all’ente debitore il 03.05.2011, non opposto;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 6 dicembre 2011 il dott. B M e udito per il difensore della parte ricorrente, come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Considerato che la società ricorrente domanda l’esecuzione dei decreti ingiuntivi, emessi dal Presidente del Tribunale di Firenze e specificati in epigrafe, con clausola di provvisoria esecuzione e non opposti;
considerato che i suddetti provvedimenti giudiziali, ove non tempestivamente opposti, acquistano autorità di giudicato in relazione al diritto con essi reclamato (Cass. civ., sez. I, 26 marzo 2004, n. 6085) e che l’art. 112, co. 2, lett. c), cod. proc. amm. ammette, in tale fattispecie, la possibilità di esperire l’azione di ottemperanza (T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 5 aprile 2011, n. 2984;T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. I, 1 marzo 2011, n. 287);
rilevato, tuttavia, che l’art. 1, comma 51, della legge n. 220/2010 stabilisce che - legge di stabilità per il 2011- il quale prescrive che " Al fine di assicurare il regolare svolgimento dei pagamenti dei debiti oggetto della ricognizione di cui all'articolo 11, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, per le regioni già sottoposte ai piani di rientro dai disavanzi sanitari, sottoscritti ai sensi dell'articolo 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e successive modificazioni, e già commissariate alla data di entrata in vigore della presente legge, non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive nei confronti delle aziende sanitarie locali e ospedaliere delle regioni medesime, fino al 31 dicembre 2011… ”;
rilevato che la Regione Campania, in regime di commissariamento, ha proceduto alla ricognizione dei debiti sanitari individuati per macroaree e alla loro pianificazione, come previsto dall’art. 11, co. 2, d.l. n. 78/2010;
osservato che, con tale disposizione, il legislatore fa divieto, per dodici mesi dall'entrata in vigore della ricordata legge di stabilità e cioè fino al 31 dicembre 2011, di avviare ovvero di proseguire "azioni esecutive" nei confronti delle amministrazioni contemplate nella norma, tra le quali deve annoverarsi l’ASL intimata;
ritenuto che anche il rimedio dell'ottemperanza innanzi al giudice amministrativo rientri nell'ambito di operatività della disposizione in esame nel caso in cui, come nella specie, trattasi dell'esecuzione di sentenza di condanna disposta dall'autorità giudiziaria ordinaria (T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. I, 13 aprile 2011 , n. 515);
rilevato che non appare condivisibile, a parere del Collegio, la contraria tesi fatta propria da altra giurisprudenza secondo cui la disposizione di cui all’art. 1, comma 51, della legge n. 220/2010 va riferita esclusivamente “ al processo di esecuzione in senso stretto, caratterizzato dal pignoramento …prodromico alla soddisfazione coattiva del credito mediante l’assegnazione o la vendita ” dei beni del creditore (T.A.R. Lombardia, Milano sez. III, 17 giugno 2011, n. 1573);
rilevato, infatti, che secondo il prevalente e preferibile orientamento giurisprudenziale il rimedio del giudizio di ottemperanza del decreto ingiuntivo divenuto esecutivo (quando, ovviamente, sia stato pronunciato nei confronti di una pubblica amministrazione, ovvero nei confronti di un soggetto privato che sia tenuto, in forza del giudicato, al compimento di un'attività implicante esercizio di potestà pubbliche) è alternativo alle forme dell'esecuzione forzata civile, e può anche essere esperito unitamente alla seconda, con l'unico limite dell'impossibilità del privato di conseguire due volte la medesima prestazione (cfr., ex multis, Cons. Stato sez. V, 15 aprile 2004, n. 2161;id. sez. VI, 29 gennaio 2002, n. 480;Cass., sez un., 8 ottobre 2004, n. 20023;T.A.R. Campania Napoli, sez. II, 14 febbraio 2011, n. 927);
che la circostanza che il giudizio di ottemperanza, diversamente da quello di esecuzione, non è diretto ad aggredire beni determinati del debitore (mobili o immobili), ma a sostituire l’Amministrazione inadempiente nel compimento degli atti necessari a garantire la soddisfazione del credito non appare decisiva al fine di stabilire l’esclusione del primo rimedio dall’ambito dell’art. 1, comma 51, della legge n. 220/2010;
e ciò in quanto, la differenza ontologica tra le due azioni non esclude che gli effetti che possono determinarsi in danno del patrimonio del debitore siano sostanzialmente equivalenti, tenuto conto che nulla impedisce al commissario ad acta (nella fattispecie richiesta dalla ricorrente), eventualmente nominato per l’ipotesi di ulteriore inadempimento, possa disporre che la soddisfazione del creditore avvenga attraverso l’alienazione di singoli beni dell’Amministrazione o la distrazione di somme di denaro altrimenti vincolate ad altri scopi della medesima;
che tale eventualità pone in evidenza la ratio della legge n. 220/2010 che si sostanza, appunto, nell’evitare che, nell’ambito dei piani di rientro dal disavanzo finanziario delle aziende sanitarie predisposto dal commissario ad acta nominato dal Governo, le risorse all’uopo destinate siano distratte per finalità diverse e che, in definitiva, si pongano le condizioni per non potere soddisfare adeguatamente le esigenze di tutela della salute dell’utenza interessata;
osservato, altresì, che tale finalità sarebbe facilmente vanificata ove si consentisse, attraverso una libera scelta del creditore, di utilizzare l’azione di ottemperanza anziché quella dell’ordinario procedimento esecutivo;
ritenuto che, dal combinato disposto degli artt. 2, n. 5), della Direttiva comunitaria 2000/35/ CE (applicabile ratione temporis alla fattispecie) secondo cui è “ titolo esecutivo ogni decisione, sentenza o ordine di pagamento, pronunciati da un tribunale o da altra autorità competente, che consenta al creditore di ottenere, mediante esecuzione forzata, il soddisfacimento della propria pretesa nei confronti del debitore ”, e dell’art. 5, co. 4, che “ lascia impregiudicate le disposizioni della convenzione di Bruxelles concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale ”, non sembra emergere un contrasto con la legislazione europea relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, tenuto anche conto della natura temporanea ed eccezionale delle norme recate dal citato all’art. 1, comma 51, della legge n. 220/2010;
considerato che, nel corso della discussione orale, il patrocinatore della società ricorrente ha sollecitato l’attenzione del Collegio in ordine all’eventuale contrasto tra la citata l. n. 220/2010 e la disciplina comunitaria, con riferimento all'entrata in vigore, il 1° dicembre 2009, del Trattato di Lisbona, sottoscritto il 13 dicembre 2007, che modificando il Trattato sull'Unione Europea e il Trattato istitutivo della Comunità europea, ha sostituito il riferimento "mediato" alla Carta dei diritti fondamentali, introducendo la modifica dell'art. 6 del Trattato con l’affermazione che “ l'Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali ” e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi del diritto comunitario;
che da ciò deriverebbe che le norme della Convenzione divengono immediatamente operanti negli ordinamenti nazionali degli Stati membri dell’Unione, e quindi anche nel nostro ordinamento (ex art. 11 della Costituzione), con l’obbligo, per il giudice nazionale, di interpretare le norme statuali in conformità al diritto comunitario, ovvero di procedere in via immediata e diretta alla loro disapplicazione in favore del diritto comunitario, previa eventuale pronuncia del giudice comunitario ma senza dover transitare per il filtro dell’accertamento della loro incostituzionalità sul piano interno (Cons. Stato sez. IV, 2 marzo 2010 n. 1220;T.A.R. Lazio, sez. II, 18 maggio 2010, n. 11984);
osservato che, in disparte l’inammissibilità delle questioni sollevate in relazione alla palese violazione del principio del contraddittorio, il Collegio è dell’avviso che, nei termini prospettati, non sia ravvisabile nell’art. 1, comma 51, della legge n. 220/2010, alcuna lesione del principio dell’effettività della tutela giurisdizionale, riferita alla violazione dell’art. 6 della CEDU, considerata, da un lato, l’eccezionalità e temporaneità della norma citata, dall’altro la finalità della stessa intesa a garantire la continuità e l’efficacia delle prestazioni sanitarie e, quindi, la tutela di un diritto, quello alla salute, avente pari dignità costituzionale;
ritenuto, pertanto, per le ragioni rappresentante che il ricorso sia, allo stato, inammissibile e che nulla debba disporsi in ordine alle spese del giudizio attesa la mancata costituzione in giudizio di controparte;