TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2021-12-27, n. 202108275

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2021-12-27, n. 202108275
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202108275
Data del deposito : 27 dicembre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/12/2021

N. 08275/2021 REG.PROV.COLL.

N. 02326/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2326 del 2009, proposto da
R V, rappresentato e difeso dall'avvocato G L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Difesa, in persona del Ministro legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato Napoli, domicilio PEC come da Registri di Giustizia;
domicilio fisico ex lege in Napoli alla via A. Diaz n. 11 presso l'Avvocatura Distrettuale dello Stato;

Per la declaratoria del diritto al risarcimento del danno ingiusto, con conseguente condanna dell’Amministrazione intimata al pagamento delle relative somme,

- in ragione della esecuzione del provvedimento prot. n. V0489 del 13.4.1999, con cui il Ministero della Difesa – Direzione Generale per il Personale Militare - II Reparto - Stato Giuridico e Avanzamento ha respinto l’istanza del ricorrente, inoltrata in data 9.2.1999, tesa ad ottenere l’invio in licenza illimitata senza assegni in attesa di congedo ex art. 7 d.lgs. n. 504/1997, provvedimento poi annullato dal Tar Campania – sede di Napoli con sentenza n. 1791/2003, pubblicata in data 25.2.2003;

- nonché in ragione della mancata esecuzione dell’ordinanza n. 2386/1999, resa nella camera di consiglio del 3.6.1999 con la quale l’adito TAR aveva accolto l’istanza incidentale di sospensione avanzata dal ricorrente avverso il citato provvedimento ministeriale prot. n. V0489 del 13.4.1999.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 novembre 2021 il dott. G P D N e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso iscritto al n. 2326 dell’anno 2009, la parte ricorrente chiedeva il risarcimento dei danni indicati in epigrafe. A sostegno delle sue doglianze, premetteva:

- di aver espletato il servizio militare di leva a partire dal 18.11.1998;

- di aver chiesto di essere inviato in licenza illimitata senza assegni in attesa di congedo anche ai sensi dell’art. 7, comma 3, lett. b) del d.lgs. 504/1997;
norma attributiva del diritto alla dispensa dal servizio di leva al “ responsabile diretto e determinante della conduzione di impresa o di attività economica da almeno due anni ”;

- che l’Amministrazione rigettava la predetta istanza, riconoscendo nondimeno che esso ricorrente “ esercitava attività di tipo professionale (attività forense) ”;

- di aver quindi proposto, avverso siffatta determinazione, ricorso giurisdizionale innanzi al TAR ottenendo, in data 3.6.1999, l’accoglimento dell’istanza cautelare (ordinanza n. 2386/1999) proprio in ragione della attività professionale svolta ai sensi del predetto art. 7, comma 3, lett. b) d.lgs. 504/97;

- che l’Amministrazione non si conformava al dictum cautelare, lasciando esso ricorrente inspiegabilmente in servizio sino al naturale esaurimento degli obblighi di leva;

- che il TAR, successivamente, con la sentenza n. 1791/2003 passata in giudicato, annullava la determinazione ministeriale di diniego, in quanto affetta da vizi di legittimità, espressamente affermando che “ la pretesa del ricorrente è fondata, sotto il profilo della sussistenza del titolo a fruire dell’invocata dispensa ”.

Instava quindi per l’accoglimento della formulata domanda risarcitoria, con vittoria di spese processuali.

Si è costituita l’Amministrazione, chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.

All’udienza pubblica del 10.11.2021, il ricorso è stato assunto in decisione.

DIRITTO

La parte ricorrente impugna i provvedimenti in epigrafe per i seguenti motivi:

1) il comportamento dell’Amministrazione è palesemente illegittimo, come precisato dal Tar sia con ordinanza cautelare, sia con una sentenza passata in giudicato;
ha senza dubbio cagionato ad esso ricorrente un danno patrimoniale, consistente nel non aver potuto esercitare la professione forense per circa dieci mesi, e che si articola: a) nella perdita della remunerazione riveniente dall’espletamento della professione;
b) nella perdita della clientela già acquisita;
c) nel danno da perdita di chance, consistente nella perdita della possibilità di ampliare la clientela;
ancora, l’illegittimo comportamento dell’Amministrazione ha cagionato ad esso ricorrente anche un danno non patrimoniale, atteso che l’aver dovuto prestare il servizio militare per altri dieci mesi ha determinato una intensa compressione della libertà personale e la irrefragabile limitazione alla libertà di circolazione e di soggiorno, nonché senso di frustrazione e sofferenza morale, atteso che esso ricorrente è stato ben cosciente dell’illegittimo diniego del bene della vita invocato, pur a fronte di un cristallino dettato normativo, nonché a fronte di un chiaro imprimatur di natura giurisdizionale (ordinanza TAR Campania n. 2386/99, ove alla indeclinabile e fondata pretesa del privato si affiancava la autorità del comando giudiziale).

Con decreto presidenziale n. 2611/2016 il presente ricorso è stato dichiarato perento, per non essere stata presentata nuova istanza di fissazione di udienza a seguito dell’avvenuto avviso inviato ai sensi dell’art. 82 comma 1 c.p.a.

La parte ricorrente ha poi proposto ricorso in opposizione a tale decreto, notificato il 10.01.2021 e depositato l’11/01/2021.

All’udienza del 21.04.2021, con ordinanza collegiale n. 2641/2021, la predetta opposizione è stata accolta, “ atteso che l’Avv. Adriano Vitucci, unico difensore del ricorrente, è deceduto in data 05.07.2012, con conseguente interruzione del processo, ai sensi degli artt. 79 cpa e 301 cpc;

- che l'interruzione del processo dovuta alla morte del procuratore costituito di una delle parti si verifica ope legis e, in virtù, del combinato disposto degli art. 304 e 298, comma 1, c.p.c., comporta la preclusione del compimento di ogni attività processuale ovvero l'inefficacia degli atti processuali compiuti successivamente all'evento interruttivo (cfr. Cassazione civile, sez. I, 24/02/2004, n. 3623);

- che, ai sensi dell’art. 305 c.p.c., “Il processo deve essere proseguito o riassunto entro il termine perentorio di tre mesi dall'interruzione, altrimenti si estingue”;

- che, tuttavia, non vi è prova della conoscenza dell’evento interruttivo oltre il termine di tre mesi prima della riassunzione (C. Cost. n. 159/1971);

- che l'avviso ex art. 82, comma 1, del c.p.a. e l’avviso di deposito del decreto di perenzione sono successivi all’evento interruttivo, perché avvenuti il 27.09.2014 ed il 20.05.2016, e dunque risultano inefficaci .”

In memoria depositata in data 9.10.2021 la parte ricorrente ha ribadito la fondatezza del ricorso, insistendo per la condanna dell’Amministrazione al risarcimento dei danni.

Il ricorso non è fondato e va respinto per i motivi di seguito precisati.

Per giurisprudenza costante, confermata di recente dall’Adunanza plenaria, la responsabilità della pubblica amministrazione per lesione di interessi legittimi, sia da illegittimità provvedimentale, sia da inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento, ha natura di responsabilità da fatto illecito aquiliano e non già di responsabilità da inadempimento contrattuale (Cons. Stato, Ad. plen., n. 7/2021).

Ciò comporta che il soggetto danneggiato abbia l’onere di provare gli elementi costitutivi della responsabilità aquiliana, tra cui colpevolezza del soggetto che si postula abbia prodotto (con la sua condotta omissiva e/o inerte) il danno ingiusto (tra le più recenti, C.G.A. n. 295/2021).

Nel caso di specie, non risulta provata la colpa in capo all’Amministrazione. Infatti, all’Amministrazione si contesta, in particolare, il non aver eseguito l’ordinanza cautelare che aveva sospeso il diniego di licenza illimitata in attesa di congedo, lasciando che il ricorrente espletasse l’intero servizio militare di leva.

Tuttavia, occorre osservare come, all’epoca (1999) non fossero ancora ben chiari gli effetti di una “sospensione” di un provvedimento di diniego. In precedenza, si riteneva – com’è noto – che gli atti di diniego non fossero affatto suscettibili di sospensione, perché quest’ultima non avrebbe potuto assicurare al ricorrente l’utilità sostanziale pretesa (cioè il conseguimento del beneficio negato dalla p.a.);
successivamente, si è ammessa la sospensione di atti formalmente negativi ma che, in sostanza, comportavano l’imposizione di obblighi al destinatario del diniego stesso (tra cui, per l’appunto, il diniego di esonero dal servizio militare). Era però ancora dubbio se il giudice amministrativo potesse ordinare all’Amministrazione il riesame dell’istanza (in senso negativo, ad es., Cons. Stato Sez. V Ord., 21 giugno 1996, n. 1210). Ed infatti, il Tar Campania Napoli, nell’ordinanza cautelare n. 2386/1999, non ordina all’Amministrazione il riesame dell’istanza del ricorrente, ma si limita a “sospendere” il diniego impugnato. In un quadro normativo e giurisprudenziale quale quello all’epoca vigente, assai incerto ed in profonda evoluzione – giova ricordare che all’epoca di proposizione del ricorso la risarcibilità dell’interesse legittimo non era stata ancora riconosciuta – non può ritenersi caratterizzato da “colpa” il comportamento dell’Amministrazione che, a fronte di una mera “sospensione” del diniego, e senza un espresso ordine di riprovvedere sull’istanza, abbia lasciato proseguire al ricorrente il servizio di leva.

E, come ritenuto da questa Sezione, “ Affinché sia ravvisabile la colpa imputabile all'amministrazione, ai fini di un eventuale risarcimento dei danni da ritardo, occorre che la violazione risulti grave e commessa in un contesto di circostanze di fatto e sulla base di un quadro normativo e giuridico tali da escludere la sussistenza di qualunque dubbio interpretativo. In sostanza, la negligenza e l'imperizia dell'organo debbono risultare palesi, per la sussistenza di una situazione di fatto priva di complessità che richiede l'applicazione di norme e principi giuridici che non presentino dubbi interpretativi o contrasti giurisprudenziali ” (Tar Campania, Napoli, Sez. VII, n. 18/2020).

Sussistono giusti motivi, attesa la peculiarità della questione, per compensare interamente tra le parti le spese del giudizio.

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