TAR Roma, sez. I, sentenza 2019-11-18, n. 201913167

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2019-11-18, n. 201913167
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201913167
Data del deposito : 18 novembre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 18/11/2019

N. 13167/2019 REG.PROV.COLL.

N. 14729/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 14729 del 2014, proposto da
Fditalia S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati E G, F E, L G, R P e G F, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in Roma, via degli Scipioni, 94;

contro

Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domiciliano “ex lege” in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

- del provvedimento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato assunto nel procedimento n. PS7061/dpsc mda con deliberazione nell’adunanza del 1° agosto 2014;

- del provvedimento di comunicazione di avvio del procedimento del 21.03.2014 prot. 0020204;

- del parere preventivo rilasciato dalla Banca d’Italia pervenuto all’Autorità in data 28 luglio 2014, non integralmente conosciuto quanto a contenuto;

nonché di ogni altro provvedimento presupposto conseguente connesso e comunque attuativo anche non conosciuto.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e della Presidenza del Consiglio dei Ministri, con la relativa documentazione;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del 16 ottobre 2019 il dott. Ivo Correale e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con rituale ricorso a questo Tribunale, la Fditalia s.p.a. (“Fditalia”) chiedeva l’annullamento dei provvedimenti in epigrafe, concernenti l’irrogazione nei suoi confronti della sanzione amministrativa pecuniaria di € 190.000,00 da parte dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (“AGCM” o “Autorità”) per la riscontrata violazione degli artt. 20, 24, 25, lett. d), e 26, lett. c) del d.lgs. n. 206/2005 (“Codice del Consumo” o “Codice”) in relazione a due specifiche pratiche commerciali, quali: a) l’invio di solleciti di pagamento dai toni intimidatori e minacciosi anche per crediti contestati;
b) la frapposizione di ostacoli all’esercizio di diritti contrattuali.

In particolare, l’Autorità constatava che Fditalia, per la pratica sub a), aveva effettuato solleciti di pagamento attraverso comunicazioni scritte o chiamate telefoniche caratterizzate dalla prospettazione di possibile segnalazione del nominativo del debitore nei Sistemi di Informazioni Creditizie (“SIC”) e/o dalla minaccia dell’imminente proposizione di azioni legali di recupero del credito con gravi aumenti di spesa in caso di mancata quietanza delle somme richieste, ignorando talvlta le contestazioni sugli importi, in alcuni casi risultati arbitrari perché già pagati o relativi a periodi successivi alla estinzione del finanziamento e alla chiusura della stessa posizione debitoria.

Per la pratica sub b), era riscontrato che il professionista aveva ostacolato l’esercizio di diritti contrattuali, omettendo di dare tempestivo riscontro alle richieste della clientela in merito ai conteggi estintivi, ai piani di ammortamento del debito contratto, allo sviluppo del finanziamento e alle varie opzioni, ivi compresa la possibilità di modificare le condizioni del finanziamento, con relativa difficoltà di interloquire con il professionista per la soluzione delle problematiche, come segnalato dalla maggior parte dei consumatori che avevano dato impulso al procedimento.

Dopo aver descritto le risultanze di questo con le evidenze acquisite, le argomentazioni difensive del professionista, il contenuto del parere della Banca d’Italia espresso ai sensi dell’art. 27, comma 1 bis, del Codice, l’AGCM esprimeva la sua valutazioni conclusive nel senso che si va a sintetizzare.

In relazione alla prima pratica, l’Autorità riteneva che, senza previamente assolvere all’obbligo di diligenza richiesto al professionista di verificare l’effettiva posizione contabile dei clienti sospettati di morosità prima di inviare loro i solleciti di pagamento, la politica adottata da Fditalia aveva inevitabilmente determinato una forte pressione psicologica nei confronti dei consumatori nel prospettare significative conseguenze patrimoniali, o comunque pregiudizievoli per la concessione di futuri finanziamenti, quando la stessa società aveva confermato che nel periodo di riferimento – dal gennaio 2012 al marzo 2014 – un numero considerevole di solleciti era ingiustificato in virtù del già avvenuto saldo dell’importo dovuto. Inoltre, l’art. 4, comma 2, del “Codice deontologico per i sistemi informativi gestiti da soggetti privati in tema di crediti al consumo, affidabilità e puntualità nei pagamenti”, prima di disciplinare l’onere di informativa relativo alla registrazione nel SIC, impone all’intermediario finanziario, in via preliminare, l’adozione di idonee procedure di verifica per garantire la lecita utilizzabilità nel sistema, la correttezza e l’esattezza dei dati comunicati al gestore, non potendo altrimenti l’inadempimento, pur rilevando come possibile segnale meramente indicativo della decozione patrimoniale, essere considerato sufficiente per l’affermazione dell’insolvenza e la segnalazione nel predetto sistema.

La sussistenza di un numero di segnalazioni non consistente rispetto alla generalità dei rapporti in essere non risultava idonea a escludere la responsabilità del professionista, che comunque non aveva dato luogo a condotte da potersi definire “isolate”, condotte comunque astrattamente replicabili, ai sensi anche dell’art. 18, lett. d), del Codice del Consumo, e come tali non conformi al livello di diligenza professionale ragionevolmente esigibile in base ai criteri di correttezza e buona fede nell’attività in questione e caratterizzanti una connotazione di “aggressività” ai sensi degli artt. 20, 24, 25 e 26, lett. c), del Codice.

In relazione alla pratica sub b), l’AGCM specificava che le giustificazioni addotte da Fditalia in ordine al buon funzionamento del “servizio clienti” e alla celere evasione di istanze dei consumatori non avevano trovato conferme, dato che le segnalazioni facevano riferimento proprio ad assenza di riscontri o ritardi considerevoli nell’evadere le richieste, con forte disagio della clientela, esposta all’arbitrio del professionista sui tempi per fornire le delucidazioni richieste.

Inoltre, per quanto riguardava l’invio dei conteggi estintivi, risultava una condotta ostruzionistica del professionista, con particolare riferimento ai contratti di finanziamento contro “cessione del quinto”, ove quest’ultimo risultava particolarmente “garantito” dalla peculiarità del meccanismo di rimborso, che prevedeva oneri a carico del solo consumatore, con violazione anche in questo caso delle su ricordate norme del Codice.

Fditalia, quindi, nel suo gravame, dopo aver descritto sommariamente l’”iter” del procedimento e il contenuto delle sue giustificazioni, lamentava in sintesi quanto segue.

I) Violazione e falsa applicazione degli artt. 20, 24, 25 lett. d) e 26, lett. c), del Codice del Consumo. Falsità dei presupposti e travisamento dei fatti. Violazione di legge per difetto di motivazione. Eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto ”.

Secondo la ricorrente, la definizione di “pratica commerciale”, di cui all’art. 18, lett. d), del Codice è chiarissima nel circoscrivere la pratica a un momento anteriore al perfezionamento del contratto di vendita, per cui il susseguente rapporto tra consumatore e professionista è regolato solo dalle norme sulla disciplina contrattuale e non da quelle sulla promozione del prodotto che ne è oggetto, dandosi luogo altrimenti a una commistione di giurisdizioni.

a) Sull’attività di sollecito

Violazione e falsa applicazione degli artt. 20, 24, 25 e 26, lett. c), del Codice del Consumo. Falsità dei presupposti e travisamento dei fatti. Violazione di legge per difetto di motivazione. Eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto ”.

Richiamando casi specifici esaminati dall’AGCM, la ricorrente poneva in evidenza di aver comunque esercitato legittimamente un proprio diritto di credito, laddove le richiamate norme del Codice, di cui agli artt. 20, 24, 25 e 26, lett. c), regolavano fattispecie diverse, dato che Fditalia non aveva posto in essere atti coercitivi o minacciosi, limitandosi a inviare mere missive con realistica rappresentazione delle conseguenze che l’eventuale inadempimento avrebbe comportato.

Inoltre, che la ricorrente avesse inviato solleciti in data finanche anteriore alla scadenza non aveva trovato riscontri, fermo restando che i circa 60.000 solleciti considerati costituivano un numero esiguo rispetto agli oltre 1.800.000 inviati nel periodo valutato e di tali 60.000, solo 3.881 (pari allo 0,2%) avevano generato un reclamo.

L’AGCM non aveva considerato, poi, che spesso alcuni pagamenti – pur tempestivi – risultavano accreditati da terzi a Fditalia diversi giorni dopo il termine contrattualmente previsto, per cui la finanziaria non aveva alcuna colpa sul punto, anche perché si premurava comunque di attendere ulteriori cinque giorni dopo tale scadenza prima di inviare i solleciti, che risultavano quindi perfettamente legittimi alla data dell’invio e fermo restando che ad ogni modo alcuni clienti avevano pagato effettivamente con ritardo, come dimostrato in corso di istruttoria.

Per quanto riguardava la prospettata segnalazione nel SIC, la ricorrente evidenziava che questa era dovuta per legge in presenza di inadempimento e costituiva il presupposto di legittimità della segnalazione stessa, come illustrato anche dalla Banca d’Italia nel suo parere reso nel corso del procedimento.

La ricorrente, infine, si soffermava su un singolo caso considerato in istruttoria (ove il reclamante aveva affermato di aver ricevuto per otto anni solleciti di pagamento), specificando la fattispecie ove era stato il cliente a non aver fornito a Fditalia gli elementi per una corretta contabilizzazione.

b) Il servizio clienti.

Violazione e falsa applicazione degli artt. 20, 24, 25 e 26, lett. c), del Codice del Consumo. Falsità dei presupposti e travisamento dei fatti. Violazione di legge per difetto di motivazione. Eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto ”.

In merito alla seconda pratica contestata, la ricorrente evidenziava che tutte le segnalazioni esaminate si erano rilevate infondate (tranne una, oltre quella di cui al caso singolo sopra ricordato) e il relativo numero di 36, rispetto alle migliaia ricevute, non appariva significativo comunque. Generica si palesava quindi l’analisi dell’AGCM, che non aveva motivato richiamando casi concreti.

Sulla contestata mancata comunicazione dei conteggi estintivi, Fditalia precisava che il caso riguardava un solo cliente e che la sanzione irrogata era per questo sproporzionata.

III) Violazione e falsa applicazione di legge (art. 27, commi 7, 9 e 13, D.lgs. n. 206/2005). Violazione e falsa applicazione di legge (art. 11 e 16 L. n. 689/1981. Eccesso di potere per difetto di istruttoria. Travisamento dei presupposti di fatto e di diritto. Violazione di legge per difetto di motivazione. Illogicità”.

La ricorrente in subordine contestava l’entità della sanzione, ritenuta sproporzionata se parametrata all’effettiva gravità della condotta relativamente ai dati numerici dei consumatori coinvolti.

Da ultimo, Fditalia precisava di aver provveduto nelle more al pagamento della sanzione, al solo fine di evitare azioni esecutive.

Si costituivano in giudizio l’AGCM e la Presidenza del Consiglio dei Ministri per resistere al ricorso.

Dopo che parte ricorrente integrava e modificava il suo collegio difensivo, in prossimità dell’udienza di merito l’AGCM depositava una memoria, con documenti, in cui illustrava le tesi orientate alla reiezione del ricorso.

Anche Fditalia depositava memorie (una “di replica”) e documenti e la causa era trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 16 ottobre 2019.

DIRITTO

Il Collegio, esaminando il primo motivo ricorso, ne rileva la sua infondatezza.

Parte ricorrente, infatti, richiamando il contenuto dell’art. 18, comma 1, lett. d), del Codice del Consumo omette di prendere in considerazione il successivo art. 19, comma 1, (nel testo come introdotto dall’art. 1, comma 1, d.lgs. n. 146/07 e poi modificato dall’art. 7, comma 2, d.l. n. 1/12, conv. in l. n. 27/12), secondo il quale e per quel che rileva nella presente sede: “ Il presente titolo si applica alle pratiche commerciali scorrette tra professionisti e consumatori poste in essere prima, durante e dopo un'operazione commerciale relativa a un prodotto, nonché alle pratiche commerciali scorrette tra professionisti e microimprese… ”.

Questa Sezione, sul punto, ha quindi già avuto modo di precisare che, nella nozione di pratiche commerciali “scorrette”, devono essere inclusi anche i comportamenti con i quali il professionista incide sulle scelte del consumatore in tutte le fasi del rapporto di consumo e quindi anche quelli posti in essere successivamente alla stipula del contratto e realizzati nell’ambito delle vicende estintive del rapporto tra professionista e consumatore (TAR Lazio, Sez. I, 11.11.18, n. 9269 e 2.2.16, n. 1436;
inoltre: Cons. Stato, Sez. VI, 5.1.15, n. 41 e 26.9.11, n. 5368).

Sempre questa Sezione ha ulteriormente precisato (TAR Lazio, Sez. I, 16.12.15, n. 14101) che la ricomprensione delle condotte, che investono la fase successiva alla conclusione del contratto, nel perimetro della nozione di pratica scorretta risulta in linea con l’orientamento giurisprudenziale che vi introduce, appunto, anche le condotte (attive od omissive) legate ad una operazione commerciale, successive alla conclusione del negozio giuridico, purché a quest'ultimo finalisticamente riconducibili. Pertanto, ai fini che ne occupano, la pratica rilevante ben può investire gli incombenti successivi all’esaurimento della fattispecie negoziale, con riguardo alle prestazioni che si accompagnano necessariamente alla operazione commerciale conclusa (Cons. Stato, Sez. VI, n. 5368/11 cit. e 24.8.11, n. 4800), oppure, come nel caso all’esame, le attività di “recupero-crediti” che configurano le “pratiche commerciali post–vendita”, espressamente disciplinate dalla Direttiva n. 2005/29/CE in materia di pratiche commerciali sleali.

A quest’ultimo riguardo, le Linee Guida della Commissione Europea di orientamento per l’attuazione della Direttiva 2005/29/CE (doc. SEC 2009/1666), del 3 dicembre 2009, espressamente dispongono “ che le attività di recupero dei crediti sono considerate pratiche commerciali post-vendita disciplinate dalla direttiva. Infatti, quando un consumatore deve a un professionista una certa somma di denaro (debito del consumatore), il recupero di tale credito (a livello aziendale o da parte di terzi) è direttamente legato alla vendita o fornitura di prodotti o servizi ”.

Passando all’esame del secondo motivo di ricorso, se ne rileva l’infondatezza in relazione a entrambe le condotte censurate.

Per quanto riguarda la richiamata esiguità, in proporzione, del numero di solleciti per posizioni risultate regolari dopo verifica inviati nel periodo considerato (circa 60.000 su 1.800.000, di cui solo 3.881 avevano generato un reclamo), il Collegio osserva che – oltre alla considerazione per la quale tali numeri, anche l’ultimo di 3.881, non appaiono irrisori o trascurabili in assoluto – la giurisprudenza di questa Sezione, proprio in relazione a fattispecie relativa al “recupero crediti”, ha avuto modo di precisare che ciò che assume rilievo, nella condivisibile qualificazione dell’illecito consumeristico come illecito di “mero pericolo” è la potenzialità lesiva del comportamento posto in essere dal professionista, indipendentemente dal pregiudizio causato in concreto al comportamento dei destinatari e dal numero degli stessi, indotti ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbero altrimenti preso” (Tar Lazio, Sez. I, n. 1436/16 cit.).

Ne consegue che la significatività statistica del dato percentuale dei consumatori o clienti destinatari della pratica non può assurgere ad elemento negativo e ostativo all'integrazione della fattispecie di una pratica commerciale scorretta (già TAR Lazio, Sez. I, 8.4.09, n. 3722, conf. da Cons. Stato, Sez. VI, 17.4.12, n. 4753).

E’ stato anche riconosciuto, poi, che in ogni caso, è da escludere, in termini assoluti, che l'assenza di serialità della pratica ne precluda la configurabilità come pratica “scorretta” o “aggressiva” ai sensi del Codice (Tar Lazio, Sez. I, 5.8.13, n. 7837 e n. 3722/09 cit.).

Per quanto riguarda l’asserita “liceità” della condotta affermata da Fditalia, che, per la ricostruzione di cui al gravame, si limitava a esercitare il suo diritto di credito verso clienti ritenuti inadempienti al momento dell’invio dell’avviso, il Collegio osserva che la motivazione del provvedimento dell’AGCM è chiara nel porre in evidenza che l’aggressività della pratica è stata ritenuta sussistere in ragione delle sole modalità di recupero rappresentate nei solleciti di pagamento, dai quali poteva ingenerarsi il convincimento che, a prescindere dalla fondatezza della posizione debitoria, fosse preferibile comunque provvedere rapidamente al (nuovo) pagamento dell’importo richiesto, per cui, indipendentemente dalla sussistenza ed esigibilità del credito, sono state considerate idonee ad integrare una pratica commerciale “scorretta” ai sensi del Codice del Consumo le complessive modalità operative in concreto seguite nei confronti di consumatori obbligati al pagamento di crediti asseritamente insoluti e che insoluti non erano.

L’accertamento che ha condotto all’adozione del provvedimento impugnato non era quindi volto a porre in discussione la liceità dell’attività di recupero crediti come attività in sé considerata e indipendentemente dalla sussistenza ed esigibilità del credito, bensì le complessive modalità operative in concreto seguite dalla ricorrente, perché ritenute idonee ad integrare una pratica commerciale “scorretta” e aggressiva ai sensi del Codice, che travalicavano i limiti delle regole comportamentali da adottare nei confronti dei consumatori obbligati al pagamento di crediti asseritamente insoluti, e ciò, indipendentemente dalla sussistenza ed esigibilità del credito stesso.

Per effetto della pratica commerciale in contestazione, pertanto, il consumatore, a prescindere dalla fondatezza della propria posizione debitoria, per evitare le conseguenze gravi come rappresentate, poteva essere indotto a saldare l’asserito debito anche se convinto di non averlo mai contratto (in quanto già saldato).

Se pure la specifica pratica, come osservato dalla ricorrente nelle memorie per l’udienza pubblica, non rientrava pienamente nel “filone” di cui si era occupata all’epoca l’AGCM (come invece richiamato nell’”incipit” della sua memoria dall’Autorità) - relativa a condotte di “recupero-crediti” ancor più scorrette e aggressive (anche mediante invio di atti di citazione a Foro non competente) comunque, a quel che consta, sanzionate con cifre maggiori in proporzione - non di meno la pratica di Fditalia presa in considerazione rientra a buon diritto nello sfondo che vede una evidente asimmetria tra consumatore e professionista del credito e che vuole che quest’ultimo operi con la massima diligenza, attenzione, buona fede e correttezza.

Non passibili di rilievo di illegittimità, pertanto, sono le conclusioni dell’AGCM, per la quale le modalità di esercizio dell’attività di recupero crediti in concreto perseguite realizzavano una fattispecie di pratica commerciale scorretta ai sensi degli artt. 20, 22, 24 e 25 del Codice del Consumo, in quanto vi risultavano presenti gli elementi che la connotano, quali quello “strutturale”, rappresentato dall’indebito condizionamento, e quello “funzionale”, consistente nell’effetto distorsivo che la pratica induceva sulla libertà di scelta del consumatore (in tal senso: Cons. Stato, Sez. VI, 4.7.12, n. 3904;
id., 22.6.11, n. 3763, nonché, Corte di Giustizia UE, 9.11.10, in C-137, Océano Grupo Editorial e Salvat Editores).

Prima di inviare i solleciti in questione, la ricorrente, pertanto, aveva l’onere di verificare approfonditamente l’effettività dell’inadempimento, non essendo sufficiente allo scopo il breve termine (contrattuale, di cinque giorni) di attesa dopo la scadenza, soprattutto se – come riferito dalla stessa Fditalia – era noto che alcuni enti terzi solevano accreditare con ritardo i pagamenti già avvenuti nei termini.

Né può assumere rilevanza il richiamo al “Codice di Deontologia e buona condotta per i sistemi informativi gestiti dai privati” operato dalla ricorrente, avendo la Sezione già chiarito come l’eventuale conformità a codici di condotta non possa ritenersi scriminante di una pratica commerciale scorretta (Tar Lazio, Sez. I, 24.12.11, n. 10185 e 13.12.10, n. 36119) e che la conformità della condotta sanzionata a parametri dettati, in ambito privatistico, da codici deontologici, non è idonea in sé ad attestare l’assolvimento degli oneri di diligenza imposti dal Codice del Consumo, da valutarsi alla luce delle diverse finalità di tutela allo stesso sottese, non potendo le valutazioni di un organismo di autodisciplina elidere le diverse competenze e natura dell’intervento dell’Autorità (TAR Lazio, Sez. I, 24.12.11, n. 10185 e 13.12.10, n. 36119).

Ad ogni modo, per quanto riguarda il contenuto dei solleciti di pagamento e la reclamata “doverosità” della segnalazione nel SIC, il Collegio rileva – come condivisibilmente affermato anche nelle difese dell’Autorità – che, per quanto indicato nel richiamato codice deontologico a cui Fdatalia diceva di attenersi, il “singolo” inadempimento o il tardivo pagamento di “una” rata del finanziamento potevano costituire solo un segnale indicativo di una possibile decozione patrimoniale del debitore, ma non poteva essere considerato sufficiente per l’affermazione di un’insolvenza tale da legittimare la segnalazione nel SIS.

L’art. 4, commi 6 e 7, prevede infatti che “… I dati relativi al primo ritardo nei pagamenti in un rapporto di credito sono utilizzati e resi accessibili agli altri partecipanti nel rispetto dei seguenti termini:

a) nei sistemi di informazioni creditizie di tipo negativo, dopo almeno centoventi giorni dalla data di scadenza del pagamento o in caso di mancato pagamento di almeno quattro rate mensili non regolarizzate;

b) nei sistemi di informazioni creditizie di tipo positivo e negativo:

1) qualora l'interessato sia un consumatore, decorsi sessanta giorni dall'aggiornamento mensile di cui al successivo comma 8, oppure in caso di mancato pagamento di almeno due rate mensili consecutive, oppure quando il ritardo si riferisce ad una delle due ultime scadenze di pagamento. Nel secondo caso i dati sono resi accessibili dopo l'aggiornamento mensile relativo alla seconda rata consecutivamente non pagata;

2) negli altri casi, dopo almeno trenta giorni dall'aggiornamento mensile di cui al successivo comma 8 o in caso di mancato pagamento di una rata.

7. Al verificarsi di ritardi nei pagamenti, il partecipante, anche unitamente all'invio di solleciti o di altre comunicazioni, avverte l'interessato circa l'imminente registrazione dei dati in uno o più sistemi di informazioni creditizie. I dati relativi al primo ritardo di cui al comma 6 possono essere resi accessibili ai partecipanti solo decorsi almeno quindici giorni dalla spedizione del preavviso all'interessato.

L’art. 4, comma 2, a sua volta prevede che “ Il partecipante adotta idonee procedure di verifica per garantire la lecita utilizzabilità nel sistema, la correttezza e l'esattezza dei dati comunicati al gestore .

Come detto in precedenza, è contestato alla ricorrente proprio di non aver adottato “idonee” procedura di verifica prima di inviare il sollecito.

Lo stesso sollecito – di cui si riporta una stralcio: “… Gentile Cliente, con riferimento al contratto di finanziamento in oggetto, La informiamo che, ad oggi, dall’esame della posizione contabile rileviamo ritardi nei pagamenti rispetto alle scadenze convenute contrattualmente…La invitiamo a contattarci con urgenza…Tuttavia, permanendo il ritardo nei pagamenti, i dati relativi al Suo contratto saranno registrati in più Sistemi d’Informazione Creditizie (SIC)… Da tali segnalazioni si rileverà la sua posizione debitoria, e ciò consentirà di determinare tutte quelle condizioni che potrebbero influire, anche negativamente, sulla concessione di futuri finanziamenti ” – non specificava se la ritenuta morosità si riferisse a una sola rata e indicava la registrazione “in più Sistemi di Informazione Creditizie” come atto conseguenziale, sia pure nel generico “ritardo” nei pagamenti, inducendo in tale modo il consumatore – come detto - a saldare subito l’asserito debito, anche se convinto di non averlo mai contratto (in quanto già saldato), pur di evitare le paventate conseguenze.

Nel caso di specie non risulta che la ricorrente operasse i dovuti controlli di cui all’art. 4 cit., per cui non è condivisibile la sua affermazione secondo la quale il preavviso non era condizionato a una valutazione di merito della posizione ed era obbligatoria ogniqualvolta si verificava un (solo) inadempimento.

Né il parere reso dalla Banca d’Italia nel corso del procedimento afferma genericamente quanto riportato dalla ricorrente (“il preavviso di segnalazione rappresenta un obbligo per la finanziaria e può anche essere indirizzato con il sollecito di pagamento), in quanto si limita a rappresentare la struttura della modalità di segnalazione, ma non deroga da quanto previsto dall’art. 4 del suddetto codice deontologico.

Alla luce di quanto finora precisato, pertanto, non rileva la singola posizione dello specifico consumatore esaminata dalla ricorrente, dato che non è su essa (soltanto) che l’AGCM ha adottato le sue determinazioni.

Ad analoga conclusione di infondatezza deve pervenirsi per quanto riguarda le censure sul “servizio clienti”.

Dal provvedimento impugnato emerge con sufficiente chiarezza che ciò che risultava contestato era il sistematico riscontro alle richieste/reclami dei clienti con missive dal contenuto generico e privo di adeguati chiarimenti sulle criticità lamentate, in particolare sugli importi richiesti, sui tassi applicati ai piani di ammortamento e sui conteggi estintivi.

Non rileva, quindi, che in seguito Fditalia abbia provveduto nei casi concreti, dato che la contestazione era sulla genericità del riscontro alle lamentele, che non dava alcun elemento al consumatore per verificare se e quando la sua posizione sarebbe stata esaminata.

Così pure, la ricorrente non offre argomenti oggettivi per confutare l’ulteriore osservazione dell’AGCM in ordine alla condotta ostruzionistica riferita ai contratti di finanziamento “contro cessione del quinto” dello stipendio, in cui Fditalia risultava particolarmente “garantita” dalla peculiarità del meccanismo di rimborso, tramite trattenuta diretta in busta paga, che abbatteva fortemente il rischio di insolvenza volontaria del debitore, nonché dall’obbligo di una duplice copertura assicurativa (vita e perdita impiego), i cui costi ricadevano sul consumatore.

Infondato, infine, è anche il terzo motivo di ricorso, sull’entità della sanzione, considerata sproporzionata anche in relazione all’esiguità dei casi di cui alla condotta sub b).

In primo luogo, il Collegio osserva che la sanzione non è stata suddivisa tra condotta a) e condotta b) ma è stata irrogata complessivamente, così che le doglianza sulla sproporzione in merito soprattutto alla condotta sub b) non assumono robustezza in tal senso.

Inoltre, valga osservare come l’Autorità si sia fondata – secondo i parametri di legge (art. 11 della legge n. 689/81, in virtù del richiamo previsto all'articolo 27, comma 13, del Codice) - sulla notevole dimensione economica del professionista (fatturato nel 2013 pari a circa € 376 milioni), sulla natura della violazione (aggressività), sul potenziale pregiudizio arrecato ai consumatori, sulla la notevole durata della violazione posta in essere (ottobre 2011 fino a giugno 2014).

La valutazione della dimensione economica e dell'importanza del professionista, in particolare, risponde a due diverse e fondamentali finalità dell’intervento sanzionatorio dell’Autorità in quanto, da un lato, è volta a garantire l'effettiva efficacia deterrente della sanzione pecuniaria, dall'altro, concorre a delineare la gravità della condotta nella considerazione che la dimensione economica del professionista, la sua notorietà - e conseguente credibilità - e la sua posizione nel mercato aggravino la valenza lesiva della condotta (TAR Lazio, Sez. I, 4.7.19 n. 8747 e 11.6.19 n. 7601).

Ne risulta il corretto apprezzamento della gravità della pratica, considerata anche la puntuale e argomentata motivazione del provvedimento sanzionatorio in ordine alla idoneità della condotta posta in essere dal professionista a produrre l’indebito condizionamento dei consumatori, diffusamente argomentata nel testo del provvedimento impugnato.

Anzi, è da osservare che l’AGCM aveva anche applicato un’aggravante per “recidiva”, contestualmente annullata dalla riduzione concessa per le condizioni economiche del professionista.

In definitiva, il complessivo quadro motivazionale utilizzato dall’Autorità per quantificare la sanzione appare intrinsecamente logico e congruente.

Le spese del giudizio, in considerazione della sua peculiarità, possono essere eccezionalmente compensate.

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