TAR Napoli, sez. I, sentenza 2020-09-01, n. 202003712

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. I, sentenza 2020-09-01, n. 202003712
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202003712
Data del deposito : 1 settembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 01/09/2020

N. 03712/2020 REG.PROV.COLL.

N. 00278/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 278 del 2020, proposto da
-OMISSIS- S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Luigi Maria D'Angiolella, E M, con domicilio eletto presso lo studio Luigi Maria D'Angiolella in Napoli, viale Gramsci n. 16;

contro

Prefettura di Napoli, Ministero Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliataria ex lege in Napoli, via Diaz n. 11;

per l'annullamento

a) del provvedimento emesso dall’UTG di Napoli prot. n. -OMISSIS- di rigetto del riesame del diniego di iscrizione nella c.d. white list ;

b) di ogni altro atto preordinato, connesso e/o conseguenziale compresi i pareri, le relazioni ed i verbali del GIA (Gruppo Ispettivo Antimafia) richiamati nel provvedimento sub a) del 10.7. e 19.9.2019 e di tutti gli atti richiamati nel provvedimento sub a), se ed in quanto lesivi per gli interessi della ricorrente.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Prefettura di Napoli e del Ministero dell’Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore il dott. Maurizio Santise nella udienza pubblica del giorno 10 giugno 2020, svoltasi da remoto, ai sensi dell’art. 84, commi 5 e 6, del D.L. n.18/2020, convertito in legge con l. n. 27/2020, mediante l’utilizzo del software Microsoft Teams, e in cui si è proceduto alla discussione orale tra le parti costituite, ai sensi dell’art. 4 del d.l. 28/2020 e del D.P. C.S. n. 134 del 22 maggio 2020, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con ricorso tempestivamente notificato all’amministrazione resistente e regolarmente depositato nella Segreteria del T.a.r., la società ricorrente ha esposto quanto segue:

1) La Prefettura di Caserta respingeva l’istanza di rinnovo dell’iscrizione nella white list proposta dalla -OMISSIS-, con provvedimento del 22.1.2018;

2) La società si trasformava in srl, trasferiva la sua sede a Napoli e cambiava denominazione in -OMISSIS- srl. Nominava nel 2018 come nuovo amministratore l’ing. -OMISSIS-, già dirigente di società primarie nel settore delle costruzioni e poi Dirigente del Comune di -OMISSIS- per diversi anni, dal -OMISSIS-;

3) l’UTG di Napoli in sede di riesame dell’originario provvedimento di interdittiva antimafia, ha respinto l’istanza di rinnovo dell’iscrizione della white list, con provvedimento prot. n. -OMISSIS-.

Con l’odierno ricorso la società ricorrente ha, quindi, impugnato il citato provvedimento, contestandone la legittimità e chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi:

I. Violazione degli artt. 7 e ss 10 e ss l. 241/90, violazione e falsa applicazione dell’art. 5 dPCM del 19.4.2013 e del dPCM del 24.11.2016, violazione dell’art. 6 par. 3 trattato Ue, violazione della convenzione Cedu sul giusto processo e/o procedimento;

II. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1 comma 52 l. 190/2012, degli art. 91 e ss t.u. antimafia (dlgs 159/2011), violazione e falsa applicazione dell’art. 1 comma 52 l. 190/2012 del dPCM del 18 aprile 2013 e del dPCM del 24.11.2016;

III. Violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e seguenti l. 241/90, violazione del giusto procedimento, violazione dell’art. 6 par. 3 trattato Ue, violazione dell’art. 41 carta dei diritti dell’uomo, della convenzione Cedu sul giusto processo e/o procedimento, violazione degli artt. 3 e 97 e 41 Cost.;

IV. Violazione e falsa applicazione dell’art. 1 comma 52 l. 190/2012 e degli artt. 81 e seg. t.u. antimafia. Sviamento;

V. Violazione e falsa applicazione degli artt. 81 e seguenti d.lgs. N. 159/2011 e s.m.i. Assoluto difetto di istruttoria. Errore sui presupposti. Violazione artt. 3, 97 e 41 cost. Indebita inversione dell’onere della prova.

La Prefettura di Napoli si è costituita regolarmente in giudizio, contestando l’avverso ricorso e chiedendone il rigetto.

Alla pubblica udienza del 10 giugno 2020 la causa è stata trattenuta in decisione.

Tanto premesso in punto di fatto il ricorso è infondato.

2. Tanto premesso in punto di fatto, va evidenziato che, in via di principio, – come rilevato da Cons. Stato, sez. III, n. 1743/2016 – l’informativa interdittiva antimafia è una misura volta alla salvaguardia dell’ordine pubblico economico, della libera concorrenza tra le imprese e del buon andamento dell’amministrazione pubblica: nella sostanza, essa comporta che l’autorità prefettizia escluda che un imprenditore – pur dotato di adeguati mezzi economici e di una adeguata organizzazione – possa considerarsi affidabile e instaurare rapporti contrattuali con enti pubblici ovvero essere destinatario di titoli abilitativi individuati dalla legge.

Come, peraltro, questa Sezione ha già evidenziato, aderendo ad un consolidato orientamento giurisprudenziale, l’interdittiva antimafia, per la sua natura cautelare e per la sua funzione di massima anticipazione della soglia di prevenzione, non richiede la prova di un fatto, ma solo la presenza di una serie di indizi in base ai quali non sia illogico o inattendibile ritenere la sussistenza di un collegamento con organizzazioni mafiose o di un condizionamento da parte di queste.

Pertanto, ai fini della sua adozione, da un lato, occorre non già provare l'intervenuta infiltrazione mafiosa, bensì soltanto la sussistenza di elementi sintomatico-presuntivi dai quali – secondo un giudizio prognostico latamente discrezionale – sia deducibile il pericolo di ingerenza da parte della criminalità organizzata;
d’altro lato, detti elementi vanno considerati in modo unitario, e non atomistico, cosicché ciascuno di essi acquisti valenza nella sua connessione con gli altri (cfr., ex multis, TAR Campania, Napoli, n. 3195/2018;
Cons. Stato, sez. III, n. 2342/2011;
n. 5019/2011;
n. 5130/2011;
n. 254/2012;
n. 1240/2012;
n. 2678/2012;
n. 2806/2012;
n. 4208/2012;
n. 1329/2013;
sez. VI, n. 4119/2013;
sez. III, n. 4414/2013;
n. 4527/2015;
n. 5437/2015;
n. 1328/2016;
n. 3333/2017;
TAR Lazio, Roma, sez. II, n. 1951/2011;
TAR Campania, Napoli, sez. I, n. 3242/2011;
n. 3622/2011;
n. 2628/2012;
n. 2882/2012;
n. 4127/2012;
n. 4674/2013;
n. 858/2014;
n. 4861/2016;
TAR Calabria, Reggio Calabria, n. 401/2012;
TAR Lombardia, Milano, sez. III, n. 1875/2012;
TAR Basilicata, Potenza, n. 210/2013;
TAR Piemonte, Torino, sez. I, n. 1923/2014).

Sotto tale profilo, rileva il complesso degli elementi concreti emersi nel corso del procedimento: in altri termini, una visione ‘parcellizzata’ di un singolo elemento, o di più elementi, non può che far perdere a ciascuno di essi la sua portata nel legame sistematico con gli altri.

Questa Sezione ha poi chiarito che in linea di principio, l'interdittiva antimafia può legittimamente fondarsi anche su fatti risalenti nel tempo, purché dall'analisi del complesso delle vicende esaminate emerga, comunque, un quadro indiziario idoneo a giustificare il necessario giudizio di attualità e di concretezza del pericolo di infiltrazione mafiosa nella gestione dell'attività di impresa (cfr., T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 7.01.2019, n.73;
conf. Cons. St., sez. III, 2 gennaio 2020, n. 2).

Sulla stessa scia questa Sezione ha precisato che il mero decorso del tempo è in sé un elemento neutro, che non smentisce da solo la persistenza di legami vincoli e sodalizi e, comunque, non dimostra da solo l’interruzione di questi, se non corroborato da ulteriori e convincenti elementi indiziari. Peraltro, occorre considerare che l’infiltrazione mafiosa, per la natura stessa delle organizzazioni criminali dalla quale promana e per la durevolezza dei legami che essi instaurano con il mondo imprenditoriale, ha una stabilità di contenuti e, insieme, una mutevolezza di forme, economiche e giuridiche, capace di sfidare il più lungo tempo e di occupare il più ampio spazio disponibile (cfr., T.a.r. Campania, Napoli, Sez, I, n. 155/2020 e Cons. Stato, Sez. III, n. 4657/2015).

Questa Sezione ha, inoltre, chiarito che ai fini dell'emanazione dell'interdittiva antimafia, l'Amministrazione può dare rilievo anche ai rapporti di parentela tra titolari di un'impresa e familiari che siano soggetti affiliati, organici o contigui a contesti malavitosi laddove tali rapporti, per loro natura, intensità, o per altre caratteristiche concrete, lascino ritenere, secondo criteri di verosimiglianza, che l'impresa ovvero che le decisioni sulla sua attività possano essere influenzate, anche indirettamente, dalla criminalità organizzata. Specialmente, nei contesti sociali in cui attecchisce il fenomeno mafioso, all'interno della famiglia ben può verificarsi un'influenza reciproca di comportamenti e possono sorgere legami di cointeressenza, di solidarietà, di copertura o quanto meno di soggezione o di tolleranza. Tale influenza può essere, quindi, desunta dalla considerazione che la complessa organizzazione della mafia ha una struttura clanica, si fonda e si articola, a livello particellare, sul nucleo fondante della famiglia, sicché in una famiglia mafiosa, anche il soggetto che non sia attinto da pregiudizio mafioso può subire, nolente, l'influenza del capofamiglia e dell'associazione. Deve essere, quindi, esclusa ogni presunzione di irrilevanza dei rapporti di parentela, ove gli stessi risultino indizianti di una situazione complessiva tale da non rendere implausibile un collegamento, anche non personale e diretto, tra soggetti imprenditori ed ambienti della criminalità organizzata (sentenza del 09/12/2019, n. 5796).

3. Il provvedimento della Prefettura impugnato in questa sede si fonda su un’analisi dettagliata della figura del nuovo amministratore della società ricorrente, -OMISSIS-.

In particolare, quest’ultimo:

- risulta indicato tra gli imputati nel decreto di sequestro preventivo art. 321 cpp quale “…dirigente del settore lavori pubblici del Comune di -OMISSIS-… abusavano del proprio ufficio autorizzando la società -OMISSIS- alla realizzazione di un’area di parcheggio in violazione dello strumento urbanistico, risultando la suddetta strada difforme da quella prevista dal PRG e innviolazione di legge, segnatamente della normativa edilizia trattandosi di opere che comportano trasformazioni urbanistiche del territorio senza seguire l’iter previsto per il rilascio di titoli concessori/permessi di costruire… procurando così intenzionalmente un ingiusto vantaggio patrimoniale al predetto -OMISSIS- e al centro -OMISSIS-;

- risulta condannato dalla Corte dei Conti in via definitiva nell’ambito della gestione del servizio di igiene urbana in relazione al rapporto contrattuale tenuto con la -OMISSIS- (già -OMISSIS-);

- la società -OMISSIS-risulta citata nella relazione parlamentare del ciclo rifiuti del 29.3.2000 con riferimento ad altra società gravata da interdittiva antimafia riferibile al -OMISSIS-;

- la condanna della Corte dei Conti è scaturita dalla mancata applicazione delle decurtazioni e delle penalità, nonché dall’erogazione di compensi extracontratto per servizi eccedenti il normale servizio e per l’aumento dei costi di revisione;

- le società -OMISSIS- e -OMISSIS- sono collegate al gruppo imprenditoriale -OMISSIS- e indirettamente al gruppo -OMISSIS- come emerge da diverse ordinanze di custodia cautelare;

- alcune società del gruppo -OMISSIS- risultano attinte da interdittiva antimafia e lo stesso -OMISSIS- risulta coinvolto nel procedimento iscritto per il reato di cui agli artt. 110, 434 e 440 c.p.

Ciò posto, secondo la ricorrente tale provvedimento sarebbe illegittimo, perché la Prefettura ha emessa un’interdittiva antimfia non rispettando l’istanza di riesame del provvedimento proposto dalla ricorrente e fuori dai casi in cui la stessa opera e senza neanche avvertire ex art. 7 e ss L. 241/90 la società interessata del fatto che si sarebbe proceduto con una diversa valutazione della situazione applicando altre norme.

Tale motivo di ricorso è infondato, in quanto la circostanza che la Prefettura abbia emesso un’interdittiva antimafia in seguito ad una richiesta di riesame del provvedimento di diniego nella white list non comporta l’illegittimità del provvedimento di interdittiva, in quanto, comunque, il provvedimento di diniego dell’iscrizione della white list, o comunque, il riesame dello stesso, si basa su presupposti sovrapponibili a quelli dell’interdittiva antimafia e ben può la Prefettura emanare quest’ultimo provvedimento.

Questa Sezione ha già chiarito in passato che l'iscrizione nella white list è subordinata ai sensi dell'art. 1 comma 52, l. n. 190 del 2012 alla preventiva verifica da parte della Prefettura della circostanza che gli operatori economici richiedenti siano in possesso degli stessi requisiti prescritti per il rilascio dell'informazione antimafia liberatoria, consistenti nell'assenza delle cause di decadenza, sospensione e di divieto elencate dall'art. 67, d.lg. n. 159 del 2011;
nell'assenza dei tentativi di infiltrazioni mafiose, desunte dal ventaglio di fattispecie elencate dall'art. 84 comma 4 e dall'art. 91 comma 6 del medesimo d.lg. n. 159 del 2011. L'iscrizione nella white list dei fornitori è un provvedimento che condivide natura e finalità con le informative antimafia interdittive, differenziandosi da esse solo per la forma negativa anziché affermativa, con l'importante precisazione che l'eventuale diniego di iscrizione deve rispondere agli stessi requisiti di legittimità stabiliti per le informative antimafia di cui agli artt. 84 e 91 del Codice antimafia (T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 02/11/2018, n.6423).

Ne consegue che è immune da censure il provvedimento della Prefettura che in relazione ad una richiesta di riesame del diniego di iscrizione nella white list, respinga l’istanza e contestualmente emani l’interdittiva antimafia.

4. Peraltro, nell’adottare il provvedimento di interdittiva antimafia, la Prefettura non è tenuta a rispettare il contraddittorio, adottando la comunicazione prevista dall’art. 10 bis l. 241/1990 o procedendo con la comunicazione di avvio del procedimento, ai sensi dell’art. 7, come già evidenziato dal Consiglio di Stato. In particolare, è stato precisato che l'informazione antimafia non richiede la necessaria osservanza del contraddittorio procedimentale, meramente eventuale in questa materia ai sensi dell'art. 93, comma 7, d.lgs. n. 159 del 2011 né è configurabile l'applicazione dell'art. 21-octies, comma 2, l. n. 241 del 1990 non essendo l'informazione antimafia provvedimento vincolato, ma per sua stessa natura discrezionale (cfr., Consiglio di Stato sez. III, 31/01/2020, n. 820).

5. Parimenti non fondate sono le doglianze con cui la ricorrente contesta la mancata valorizzazione del provvedimento del Tribunale di Prevenzione che avrebbe escluso qualunque rischio di permeabilità mafiosa all’interno della società ricorrente, in quanto i provvedimenti giurisdizionali resi da altri plessi giurisdizionali rappresentano elementi di prova che non vincolano il giudice amministrativo. Peraltro, nel caso di specie, il provvedimento impugnato in questa sede si è fondato su elementi sopravvenuti, che hanno interessato l’amministratore -OMISSIS-, e non valutati dal Tribunale di Prevenzione.

6. La circostanza che l’amministratore unico -OMISSIS- sia stato condannato per danno erariale non è poi circostanza irrilevante ai fini antimafia, come sostiene la ricorrente, ma può essere posta a supporto del provvedimento antimafia quando la stessa sveli un pericolo di infiltrazione mafiosa. La Prefettura ha, in particolare, valorizzato la circostanza che il -OMISSIS- risulta condannato dalla Corte dei Conti per danno erariale nell’ambito della gestione del servizio di igiene urbana in relazione al rapporto contrattuale tenuto con la -OMISSIS- (già -OMISSIS-), per la mancata applicazione delle decurtazioni e delle penalità, nonché dall’erogazione di compensi extracontratto per servizi eccedenti il normale servizio e per l’aumento dei costi di revisione di cui ha beneficiato la stessa Ati -OMISSIS- .

La ricorrente mette in discussione che tale comportamento sia andato a beneficio dell’Ati -OMISSIS-, ma la semplice circostanza di non applicare penalità comporta un chiaro vantaggio per la controparte contrattuale, oltre al denunciato aumento dei costi di revisione.

7. Quest’ultime società sono state poi considerate come collegate al -OMISSIS- e indirettamente al -OMISSIS-, come risulta dalle ordinanze di custodia cautelare citate nell’interdittiva.

In particolare, la Prefettura ha valorizzato la circostanza che la società -OMISSIS- s.p.a., colpita da interdittiva antimadia, vanta tra i suoi soci la -OMISSIS- il cui amministratore delegato è -OMISSIS-. L’intero pacchetto azionario di quest’ultima società è interamente detenuto dalla -OMISSIS- Su questi presupposti la Prefettura ha valorizzato la circostanza che il latitante -OMISSIS- ha contattato il -OMISSIS- su un’utenza telefonica intestata alla -OMISSIS- s.r.l. gravata da interdittiva antimafia. Nel corso della telefonata è emerso l’interessamento del latitante nel comparto dello smaltimento dei rifiuti.

Tale circostanza delineano un quadro inquietante di infiltrazione mafiosa all’interno di una serie di società attive nel settore di smaltimento dei rifiuti, cui non può dirsi estraneo l’amministratore unico della società ricorrente, -OMISSIS-, che è stato condannato dalla Corte dei Conti per una serie di comportamenti tenuti proprio nell’ambito della gestione del servizio di igiene urbana e che ha favorito proprio società colpite da interdittiva antimafia o a queste chiaramente collegate.

Considerato che il -OMISSIS- risulta amministratore unico della società ricorrente che opera proprio nel settori dei rifiuti, il provvedimento impugnato è immune dalle censure mosse dalla ricorrente.

Né rileva che le circostanze contestate siano risalenti nel tempo, in quanto, come già evidenziato, il mero decorso del tempo è in sé un elemento neutro che non smentisce da solo la persistenza di legami vincoli e sodalizi e, comunque, non dimostra da solo l’interruzione di questi, se non corroborato da ulteriori e convincenti elementi indiziari.

Ne consegue che il ricorso va respinto.

Le ragioni che hanno condotto alla presente decisione giustificano la compensazione delle spese di lite tra le parti

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi