TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2023-07-19, n. 202312160

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2023-07-19, n. 202312160
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202312160
Data del deposito : 19 luglio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 19/07/2023

N. 12160/2023 REG.PROV.COLL.

N. 11690/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 11690 del 2016, proposto da
L P, rappresentato e difeso dagli avvocati A P ed E P, con domicilio fisico eletto presso lo studio A P in Roma, via Oslavia, 12;

contro

Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato U G, domiciliato presso l’avvocatura dell’Ente in Roma, via del Tempio di Giove, 21;

nei confronti

Condominio di largo Alfonso Favino n. 5, Roma, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

- della comunicazione prot. 56824 del 30.3.2016 (ricevuta dall’amministratore del condominio, a mezzo posta, il 18.4.2016) con la quale il competente Dirigente del Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica di Roma Capitale ha dichiarato l’improcedibilità - ai sensi dell’art. 2, comma 1. L. 241/90 - della domanda di rilascio del certificato di agibilità prot. IX Dipartimento n. 6348 del 29.1.2007, per asserite carenze documentali;

- - di ogni altro atto precedente, coevo e successivo e comunque connesso alla detta comunicazione, compresa – se ed in quanto possa occorrere – la nota dello stesso Dipartimento prot. 64353 del 20.4.2015 con cui era già stato chiuso il procedimento in forma semplificata, poi riavviato a seguito di istanza di riesame del condominio.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 35, comma 1, lett. a ), c.p.a.

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 giugno 2023 il dott. Giuseppe Licheri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con atto di gravame originariamente proposto in sede straordinaria e, in seguito, per effetto di opposizione dell’amministrazione resistente, ritualmente riassunto dinanzi a questo Tribunale, il sig. P impugnava la nota, meglio specificata in premessa, con la quale il Dipartimento programmazione e attuazione urbanistica di Roma Capitale (di seguito, Dip. PAU), aveva dichiarato improcedibile la domanda di rilascio del certificato di agibilità prot. n. 6348 presentata dal condominio di Largo Alfonso Favino n. 5, Roma, il 29.1.2007, sulla scorta di asserite carenze documentali, cambi di destinazione d’uso senza allegazione dei relativi titoli autorizzativi e omesse indicazioni nella domanda in questione.

Premetteva il ricorrente di essere proprietario dell’appartamento di cui all’int. 21 del condominio in questione, acquistato dalla società costruttrice, la quale aveva presentato la richiesta di rilascio del certificato di agibilità in questione.

Solo nel corso di un’assemblea condominiale svoltasi il 28.7.2016, egli apprendeva che la pratica di agibilità in questione – chiusa in forma semplificata con nota del Dip. P.A.U. n. 64353 del 20.4.2015 indirizzata alla società costruttrice (nel frattempo cessata e, quindi, mai recapitata) e riattualizzata a seguito di richiesta avanzata dal condominio l’11.6.2015 – veniva definitivamente dichiarata improcedibile con la nota qui gravata contro la quale ricorreva, in veste di condominio proprietario di una delle unità immobiliari, l’odierno ricorrente articolando i seguenti mezzi di censura.

Con il primo, veniva lamentata l’omessa comunicazione della sussistenza di motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza

Con il secondo, veniva rilevata la violazione dell’art. 25, commi 4 e 5 del d.P.R. n. 380/2001 (nel testo vigente al momento dell’adozione del provvedimento impugnato) e, conseguentemente, l’intervenuta consumazione del potere dell’amministrazione di respingere la richiesta in questione, nonché l’eccesso di potere del provvedimento avversato.

In sostanza, a parere del ricorrente, l’amministrazione non avrebbe potuto dichiarare improcedibile l’istanza volta a conseguire il certificato di agibilità dell’immobile in questione poiché, essendo la stessa già corredata del parere della competente ASL, essendosi quindi formato il silenzio-assenso previsto dalle norme citate (nella formulazione in vigore all’epoca dei fatti) e consumato il potere dell’amministrazione di opporre un tardivo diniego all’istanza, peraltro avanzata sin dal 2007 dall’impresa costruttrice del fabbricato.

Con il terzo motivo, la parte contestava, nel merito, le asserite irregolarità ed incompletezze poste da Roma Capitale a fondamento del provvedimento impugnato.

In particolare, priva di rilievo sarebbe l’asserita carenza del timbro di presentazione al Genio Civile del certificato di collaudo statico, dovendo l’amministrazione supplire a detta carenza acquisendo autonomamente la prova della presentazione del documento in questione al Genio Civile.

Del pari, a detta del ricorrente non dirimente sarebbe la mancata presentazione agli atti della dichiarazione di conformità degli impianti installati, con particolare riferimento all’impianto termico a servizio dei negozi. Infatti, in disparte l’asserita non veridicità di tale affermata carenza, la circostanza non osterebbe, a dire del ricorrente, ad un rilascio dell’agibilità per porzioni di edificio pure normativamente consentita.

Con riferimento, poi, all’asserita variazione della destinazione d’uso da ufficio ad abitazione di due unità in assenza di titolo abilitativo, sosteneva il ricorrente che la prova di tale irregolare preposizione delle unità immobiliari in questione sarebbe stata nella disponibilità della stessa amministrazione titolare, peraltro, del potere di reprimere gli abusi edilizi in questione, ove sussistenti.

Infine, con riguardo al certificato di prevenzione incendi scaduto nel 2013, il ricorrente obiettava che lo stesso sarebbe scaduto a distanza di sei anni dall’originaria istanza la quale quindi, al momento della sua presentazione, non ne sarebbe stata carente e che, soprattutto, l’agibilità andrebbe contestualizzata al dì della fine dei lavori e non agli eventi sopravvenuti, specie ove il ritardo nella definizione della pratica sia imputabile alla stessa amministrazione procedente.

Si costituiva in giudizio Roma Capitale.

In prossimità dell’udienza di discussione nel merito del gravame, le parti scambiavano memorie.

Parte resistente prendeva espressamente posizione, per la prima volta, sui motivi di ricorso dispiegati da controparte eccependone, preliminarmente, l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse, giacché le modifiche normative medio tempore intervenute avrebbero definitivamente privato l’amministrazione del potere di rilasciare il certificato richiesto, tenuto conto che, alla luce del quadro normativo adesso vigente, esso è stato sostituito da una segnalazione certificata da rendere a cura degli interessati.

Nel merito, essa contestava la fondatezza dei motivi posti dal ricorrente a fondamento del gravame sostenendo la mancata formazione, nel caso di specie, del silenzio assenso previsto dall’art. 25 del d.P.R. n. 380/2001 ratione temporis applicabile, non essendo la domanda presentata in possesso di tutti i requisiti soggettivi e oggettivi previsti dalla norma per l’esercizio dell’attività a cui l’istanza era diretta.

Inoltre, essendo stati riscontrati, all’interno del fabbricato, alcuni mutamenti di destinazione d’uso relativi ad unità immobiliari per i quali non sono stati corredati i relativi titoli autorizzatori, a parere di Roma Capitale sarebbe venuta meno la conformità edilizio-urbanistica del bene indispensabile per consentire all’autorità comunale il rilascio del certificato di agibilità.

Replicava controparte sostenendo l’intervenuta formazione del silenzio assenso sull’istanza presentata il 29.1.2007 dall’impresa costruttrice del fabbricato e riproposta dal condominio il l’11.6.2015 essendo la stessa completa di tutta la documentazione richiesta dalla legge, con particolare riguardo alla prova della presentazione del certificato di collaudo al Genio Civile (di cui si rinvenirebbe traccia persino nella produzione documentale offerta da parte resistente e che, comunque, parte ricorrente attesta essere avvenuta il 10.2.2006, come attestato anche dall’ufficio del Genio Civile con nota del 24.5.2016).

Né, a giudizio del ricorrente, Roma Capitale potrebbe fondare il diniego del certificato di agibilità sulla scorta del presunto cambio di destinazione di alcuni locali, essendo la stessa avvenuta successivamente alla formazione del silenzio assenso e, comunque, non coinvolgendo l’unità immobiliare di proprietà del ricorrente.

All’udienza pubblica del 26.6.2023, previo avviso ex art. 73 in ordine all’irricevibilità parziale del gravame proposto, il ricorso passava in decisione.

Preliminarmente, il Collegio ravvisa l’irricevibilità dei motivi di ricorso dispiegati nei confronti della dichiarazione di improcedibilità dell’istanza di agibilità presentata dall’impresa costruttrice il 29.1.2007.

Essa, infatti, (contraddistinta dal numero di protocollo QI/64353 del 20.4.2015), risulta essere stata trasmessa, in un primo momento, all’impresa costruttrice e al tecnico della medesima e successivamente, in ragione della mancata consegna della stessa, era stata nuovamente notificata anche al condominio di Largo Alfonso Favino n. 5, del quale fa anche parte l’odierno ricorrente, in data ricompresa tra l’8.6.2015 (come attestato dal timbro di protocollazione in uscita apposto dall’ufficio) e l’11.6.2015, mentre la proposizione, in sede straordinaria, dell’odierno gravame è avvenuta solamente il 5.8.2016.

Pertanto, ogni doglianza inerente la prima comunicazione di improcedibilità emessa dall’amministrazione capitolina deve, irrimediabilmente, dichiararsi irricevibile per tardiva proposizione del relativo ricorso ai sensi dell’art. 35, comma 1, lett. a ).

Quanto all’impugnazione della nota prot. n. QI/56824 del 30.3.2016, sempre in via preliminare il Collegio si pone, d’ufficio, la questione della legittimazione dell’odierno ricorrente ad agire nei confronti di un atto avente, come destinatario, il condominio del quale egli fa pure parte.

Il dubbio non sussiste in quanto, da un lato, pur risultando l’agibilità dell’unità immobiliare di proprietà esclusiva disgiunta da quella relativa al più ampio condominio nella quale la prima si trova ad essere inserita, la stessa non può non presupporre l’agibilità dell’intero edificio, così sussistendo un interesse proprio e diretto del sig. P ad agire per contestare un provvedimento col quale Roma Capitale ha respinto la richiesta del certificato di agibilità complessivo del condominio.

D’altronde, è indiscutibile la legittimazione del singolo proprietario, non essendo egli privato di tale potere dalla legittimazione concorrente dell'amministratore (cfr. Cass Civ., sez. VI, ord. n. 12626 del 12.5.2021, secondo la quale “ l'impostazione tradizionale è stata confermata dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 10934 del 2019, che ha affermato il principio secondo cui, "nelle controversie condominiali che investono i diritti dei singoli condomini sulle parti comuni, ciascun condomino ha, in considerazione della natura dei diritti contesi, un autonomo potere individuale - concorrente, in mancanza di personalità giuridica del condominio, con quello dell'amministratore - di agire e resistere a tutela dei suoi diritti di comproprietario pro quota ”).

In definitiva, quindi, il Collegio ritiene l’odierno ricorrente provvisto della legittimazione ad agire avverso la determinazione del Dip. PAU di Roma Capitale declarativa dell’improcedibilità della domanda di rilascio del certificato di agibilità reiterata dal condominio di Largo Alfonso Favino, n. 5 l’11.6.2015.

Nondimeno, nel merito – ed assorbita l’eccezione di improcedibilità avanzata da parte resistente – il gravame è privo di fondamento.

Di nessun pregio è la censura riguardante la violazione dell’art. 10-bis della l. n. 241/1990, ove si consideri che l’atto avversato è conseguito al riavvio di un procedimento su impulso del condominio di cui fa parte l’odierno ricorrente e, soprattutto, all’esito di una prima declaratoria di improcedibilità alla quale l’atto oggetto del presente gravame è integralmente sovrapponibile, con la conseguenza che, nel concreto dei fatti, il mancato invio del preavviso di rigetto costituisce irregolarità non sostanziale alla stregua dell’art. 21-octies della l. n. 241/1990 inidonea a refluire nell’illegittimità del provvedimento impugnato.

Ad analoghe conclusioni deve giungersi anche con riguardo al secondo mezzo di ricorso, col quale la parte si duole dell’intervenuto rilascio, per silenzio assenso, del certificato di agibilità in questione.

In proposito, l’indirizzo assolutamente univoco assunto dalla giurisprudenza amministrativa sul punto è nel senso che “ La disciplina della certificazione dell'agibilità, infatti, non configura una vera e propria ipotesi di silenzio assenso in senso tecnico, di cui all'art. 20 della L. n. 241/1990, ma dà invece luogo ad una sorta di legittimazione ex lege, che prescinde dalla pronuncia della Pubblica amministrazione e che trova il suo fondamento nella effettiva sussistenza dei presupposti richiesti dalla legge per il rilascio del titolo ” (così Cons. St., sez. II, n. 3836 del 17.5.2021. In termini analoghi, recentemente, T.A.R. Campania – Napoli, sez. II, n. 1160 del 21.2.2022 e T.A.R. Sardegna, n. 399 del 3.6.2023).

Con la conseguenza che “ Il silenzio assenso per l'istanza di rilascio del certificato di agibilità non può operare nel caso di omessa allegazione della documentazione prescritta dall'art. 25 del D.P.R. n. 380/2001. Il provvedimento di assenso tacito non può formarsi, infatti, in assenza della documentazione completa prescritta dalle norme di settore, in quanto l'eventuale inerzia dell'amministrazione nel provvedere sull'istanza di avvio del procedimento non può far conseguire agli interessati un risultato che gli stessi non potrebbero mai conseguire in virtù di un provvedimento espresso”;
[al riguardo, osservandosi che] il silenzio equivale al provvedimento amministrativo ma non incide in senso abrogativo sull'esistenza del regime autorizzatorio, che rimane inalterato, trattandosi di una modalità semplificata di conseguimento dell'autorizzazione. La produzione di tale documentazione è indispensabile proprio al fine del riscontro dei requisiti soggettivi ed oggettivi, la cui incompletezza preclude la formazione del titolo abilitativo in forma tacita
” (T.A.R. Campania – Napoli, sez. I. n. 1773 del 21.3.2018).

Ora, a prescindere dalla analitica verifica della completezza della documentazione prodotta dal condominio l’11.6.2015, dirimente appare la circostanza che, col provvedimento avversato, Roma Capitale ha dato conto della sussistenza di difformità urbanistico edilizie che, interessando alcune delle unità immobiliari in cui si articola il condominio, avrebbero impedito il rilascio dell’agibilità dell’intero edificio.

Considerato allora che, come correttamente fatto rilevare da Roma Capitale, il rilascio del certificato di agibilità, ovvero il formarsi del silenzio assenso sulla sua richiesta, presuppongono necessariamente la conformità urbanistico-edilizia delle opere realizzate – non potendosi ammettere che l’autorità attesti l’idoneità all’uso di un immobile non conforme alla normativa urbanistico - edilizia e, quindi, in potenziale contrasto con la tutela di quel corpo di interessi collettivi alla cui protezione quella disciplina è preordinata – ne deriva che nessun silenzio - assenso sul rilascio del certificato di agibilità per decorso del termine di cui all'art. 25, comma 4, del D.P.R. n. 380/2001, può ritenersi formato nel caso di specie.

L'assenso per silentum non è, infatti invocabile nei casi in cui emergano profili ostativi al rilascio dell'agibilità, quali la difformità della destinazione dell'immobile prevista nel permesso di costruire rispetto a quella indicata nella domanda di agibilità, il contrasto con la destinazione urbanistica dell'area o l'omessa allegazione della documentazione prescritta dall'art. 25 del D.P.R. n. 380/2001 ” (T.A.R. Campania – Napoli, cit., n. 1773/2018).

Né può accedersi all’argomento, pure adombrato da parte ricorrente, secondo il quale l’unità immobiliare del quale egli è proprietario esclusivo potrebbe beneficiare dell’agibilità a prescindere dal condominio nel quale si trova inserita.

E ad ostare all’accoglimento di tale prospettazione è la considerazione che egli, col presente gravame, ha inteso agire in funzione sussidiaria rispetto all’azione esercitabile dall’amministratore del condominio nell’interesse delle parti comuni dell’edificio, sicché non è consentibile a costui ritrarre dalla propria qualità di condominio una legittimazione a ricorrere avverso il provvedimento impugnato (col quale è stata negata l’agibilità dell’intero fabbricato) e disconoscerne le conseguenze ad egli pregiudizievoli all’atto di definire le conclusioni circoscrivendo al proprio appartamento la pretesa vantata al rilascio del certificato di agibilità.

Ancora, non va sottaciuto neanche che l’art. 26 del d.P.R. n. 380/2001 consentiva (e consente tuttora) all’autorità comunale di intervenire, in qualunque tempo, per dichiarare l’inagibilità di un edificio o di parte di essi ai sensi dell’articolo 222 del regio decreto 27.7.1934, n. 1265, senza che occorra, in tali ipotesi, che ricorrano i presupposti, sostanziali e procedurali, prescritti dall’ordinamento per il legittimo esercizio del potere di autotutela.

Pertanto, anche il secondo mezzo di gravame deve considerarsi infondato.

A conclusioni non dissimili deve pervenirsi anche con riguardo al terzo motivo di impugnazione, col quale vengono confutate le carenze documentali richieste.

Al riguardo, si osserva quanto segue.

Relativamente al certificato di prevenzione incendi, è incontestabile che esso sia scaduto il 25.1.2013 e, se è pur vero che lo stesso era valido al momento della presentazione della prima richiesta di agibilità avvenuta il 29.1.2007, è pur vero che quell’istanza è stata definita con provvedimento del 20.4.2015 comunicato anche al condominio di cui il sig. P fa parte e rimasto inoppugnato.

Esso, poi, è stato ripresentato, tale e quale, nella nuova istanza dell’11.6.2015 e a quella data lo stesso risultava, inevitabilmente, scaduto.

Pertanto, in proposito non sussiste la lamentata doglianza.

Quanto, poi ,al certificato di collaudo statico che la parte asserisce essere stato presentato il 10.2.2006, si limita il Collegio ad osservare che tale convincimento viene tratto esclusivamente dall’apposizione, sul documento presentato dalla parte, di un timbro recante la dicitura “ Regione Lazio – Area decentrata LL.PP. Roma ” e la data “ 10 feb 2006 ”, senza che ad esso si accompagni l’apposizione di alcuna protocollazione in entrata non essendo, così, consentito di verificare la corrispondenza tra quanto affermato dalla parte e l’attestazione di avvenuto deposito del certificato in parola rilasciata dalla Regione Lazio il 24.5.2016 e relativa ad un’istanza avente protocollo in entrata n. 23338.

Ad ogni modo, e come già segnalato in relazione all’infondatezza del secondo mezzo di impugnazione dispiegato dalla parte, dirimente è la circostanza che l’istanza non sia mai stata accompagnata da documentazione legittimante l’intervenuta modifica delle destinazioni d’uso di talune delle porzioni immobiliari di cui si compone il condominio in questione.

Tale carenza, per le ragioni già illustrate, in precedenza, giustifica il diniego dell’agibilità da parte dell’amministrazione resistente e, di conseguenza, comporta la reiezione dell’intero gravame.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano, in favore di Roma Capitale, nella misura determinata in dispositivo.,

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