TAR Firenze, sez. III, sentenza 2016-06-08, n. 201600945
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N. 00945/2016 REG.PROV.COLL.
N. 01687/2015 REG.RIC.
N. 01858/2015 REG.RIC.
N. 01885/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1687 del 2015, proposto da:
Tenuta di Uopini s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv. D B, L B e L C L, quest’ultimo anche domiciliatario in Firenze, viale S. Lavagnini 42;
contro
Comune di Monteriggioni, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avv. A B, domiciliatario in Firenze, via Palestro 3;
Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici delle Province di Siena e Grosseto – Ministero per i Beni e le Attività Culturali in persona del Ministro in carica, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Firenze, ivi domiciliataria in via degli Arazzieri 4;
sul ricorso numero di registro generale 1858 del 2015, proposto da:
Luca Carapelli, Federico Carapelli ed Eugenio Chechi, rappresentati e difesi dagli avv. Riccardo Tagliaferri e Francesco Paolo Ravenni, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Firenze, via degli Artisti 20;
contro
Comune di Monteriggioni, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avv. A B, domiciliatario in Firenze, via Palestro 3;
Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici delle Province di Siena e Grosseto – Ministero per i Beni e le Attività Culturali in persona del Ministro in carica, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Firenze, ivi domiciliataria in via degli Arazzieri 4;
sul ricorso numero di registro generale 1885 del 2015, proposto da:
Andrea Burroni, Paola Barbara Pianigiani, Federico Magi, Marusca Corradeschi, Luca Cherubini, Deborah Pianigiani, Susanna Aprea, Mauro Tarloni, Luisa Lachi, Monica Marsico e Lorenzo Gambelli, rappresentati e difesi dall'avv. Francesco Paolo Ravenni, con domicilio legale presso la Segreteria del T.A.R. Toscana in Firenze, via Ricasoli 40;
contro
Comune di Monteriggioni, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avv. A B, domiciliatario in Firenze, via Palestro 3;
Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici delle Province di Siena e Grosseto, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Firenze, ivi domiciliataria in via degli Arazzieri 4;
per l'annullamento
quanto al ricorso n. 1687 del 2015:
– dell'ordinanza prot. n. 51 del 29.07.2015, notificata alla ricorrente a mezzo pec il 04.08.2015, con cui il Responsabile dell'Area Assetto del Territorio e Attività Produttive del Comune di Monteriggioni comunicava la determinazione di diniego dell'accertamento di conformità in sanatoria il 10.02.2014, prot. 2476, con contestuale ingiunzione a demolire entro 90 giorni dalla notifica le opere realizzate in difformità dal Permesso di Costruire n. 60 del 17.07.2012;
– del provvedimento della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio per le Province di Siena, Grosseto e Arezzo del 17.06.2015 prot. 8335 con il quale è stato disposto l'annullamento in via di autotutela dell’atto della medesima Soprintendenza 5.08.2014 prot. n. 9851, recante il parere favorevole all'accertamento di compatibilità paesaggistica delle opere realizzate in variante al Permesso di Costruire n. 60 del 17.07.2012;
– di ogni ulteriore atto e/o provvedimento comunque connesso, presupposto e conseguente ancorché di estremi e contenuto non conosciuti alla ricorrente;
nonché
per la condanna delle amministrazioni convenute, ciascuna in ragione delle loro specifiche responsabilità, al risarcimento dei danni patiti e patiendi dalla società ricorrente in ragione dell'illegittimità dei provvedimenti impugnati;
quanto al ricorso n. 1858 del 2015:
– dell'ordinanza del Comune di Monteriggioni n. 51 del 29.07.2015, di cui i ricorrenti hanno avuto conoscenza il 20.08.2015, recante diniego dell'accertamento di conformità in sanatoria richiesto dalla dante causa dei sig.ri Carapelli e Chechi, nonché ordine di demolizione di opere relative ai fabbricati di cui fanno parte gli appartamenti ceduti ai medesimi ricorrenti;
nonché
– di tutti gli atti presupposti, consequenziali e/o comunque connessi, se lesivi, tra cui la nota della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio di Siena, Grosseto e Arezzo prot. n. 8335 del 17.06.2015, e in parte qua , ove lesiva, la nota prot. n. 9851 dello 05.08.2014 della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Siena e Grosseto;
quanto al ricorso n. 1885 del 2015:
– dell'ordinanza n. 51 del 29.07.2015 del Comune di Monteriggioni
nonché, quali presupposti
– del parere 05.08.2014, prot. n. 9851, della Soprintendenza ai Beni Artistici, Storici e Architettonici di Siena;
– del verbale del 23.08.2014 a firma Ing. Giuliani Paolo e Arch. Mori Claudio, nominati ausiliari di P.G. che hanno rilevato le difformità dipoi trasferite nell'ordinanza 51/20154 impugnata;
– del successivo parere 17.06.2014, prot. n. 8835, della medesima Soprintendenza ai Beni Artistici, Storici e Architettonici di Siena, inviato alla Procura della Repubblica di Siena (e solo per conoscenza al Comune id Monteriggioni), relativo all'annullamento del precedente rilascio del parere di compatibilità dal punto di vista paesaggistico;
– di ogni atto previo, connesso e consequenziale.
Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle amministrazioni intimate;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 maggio 2016 la dott.ssa Rosalia Maria Rita Messina e uditi per le parti gli avv. L. Bianchini, S. Fossati (delegata dall'avv. A B), L C (delegata dall'avv. R T) e l'avvocato dello Stato P P;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. I ricorsi in epigrafe devono essere riuniti per essere decisi con unica sentenza, in quanto essi hanno tutti per oggetto l’ordinanza n. 51 del 29 luglio 2015, con la quale il Comune di Monteriggioni ha provveduto su istanze di sanatoria riguardanti opere realizzate in difformità dal titolo edilizio. Il ricorso n. 1687/2015 R.G. è stato proposto dalla società Tenuta di Uopini s.r.l.;i ricorsi nn. 1858/2015 e 1885/2015 R.G. sono stati proposti da soggetti privati, promissari acquirenti e possessori di appartamenti facenti parte degli edifici oggetto della controversia, come ci si appresta a chiarire meglio mediante una sintetica ricostruzione delle circostanze di fatto dalle quali scaturisce la controversia.
A monte della controversia vi è un piano attuativo approvato con deliberazione consiliare n. 56 del 15 ottobre 2008 (intervento di edilizia convenzionata in area TU8 del Regolamento urbanistico, comprendente la realizzazione di sette edifici).
In data 29 aprile 2011 il Comune di Monteriggioni aveva rilasciato alla società oggi ricorrente il permesso di costruire relativo alla realizzazione di nuovi fabbricati per civile abitazione (blocchi G e D) e, in data 17 luglio 2012, il permesso di costruire per la prosecuzione dei lavori a seguito del rilascio dell’attestazione di conformità del 16 luglio 2012.
Il 10 febbraio 2014 i soggetti attuatori dell’intervento avviavano il procedimento per l’accertamento di conformità delle opere realizzate in difformità dal titolo edilizio del 2012.
La Commissione per il Paesaggio, dopo aver espletato la fase istruttoria anche mediante richiesta di documentazione integrativa, rilasciava il parere favorevole motivato sul rilievo della sostanziale non alterazione di quanto autorizzato (20 giugno 2014).
Parere di compatibilità esprimeva pure la Soprintendenza (5 agosto 2014), la quale tuttavia avvertiva il Comune di qualche perplessità derivante dall’interpretazione giurisprudenziale dell’art. 167 in ordine alla realizzazione di volumi e superfici in zona paesaggisticamente vincolata, precisando di avere richiesto “ indicazioni procedurali ” al Ministero e di attendere da questo riscontro.
Dal sopralluogo effettuato da ausiliari di Polizia giudiziaria del 22 agosto 2014 scaturiva il verbale del giorno successivo, con il quale si rilevavano diverse difformità, tra le quali un rialzamento dell’altezza degli edifici di circa 25 cm.
In data 25 gennaio 2015 la documentazione agli atti del Comune di Monteriggioni veniva acquisita dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Siena e successivamente riconsegnata.
La Soprintendenza competente disponeva, in data 17 giugno 2015, l’annullamento in autotutela del parere favorevole su menzionato, richiamando una nota della predetta Procura della Repubblica (di cui non specificava il contenuto) e motivando la propria determinazione con l’aumento del volume autorizzato.
Il Comune di Monteriggioni adottava quindi l’ordinanza impugnata.
La società Tenuta di Uopini s.r.l. insorgeva con il ricorso in epigrafe, deducendo diverse censure di violazione di legge ed eccesso di potere, sia con riguardo ad aspetti procedimentali, sia con riguardo ai profili sostanziali dell’ordinanza impugnata.
Il Comune e la Soprintendenza intimati si sono costituiti in resistenza.
Alla camera di consiglio del 12 novembre 2015 vi è stata rinuncia alla trattazione della domanda cautelare in vista di una rapida definizione del giudizio nel merito.
Alla pubblica udienza del 3 maggio 2016 il ricorso in esame è stato tratto in decisione come pure gli altri due ricorsi in epigrafe.
2. Innanzitutto la società ricorrente contesta la legittimità dell’ordinanza impugnata nella parte in cui con essa si sanziona l’aumento di volume derivante dai 25 cm di altezza eccedenti la misura autorizzata con i titoli edilizi. La ricorrente sostiene che, essendosi reso necessario l’inspessimento dei solai al fine di realizzare gli impianti di riscaldamento a pavimento, come previsto in convenzione, l’aumento di volume e di altezza non costituiscono difformità totale e neppure variazione essenziale, potendosi al più parlare di volumi tecnici (in relazione alla maggiore altezza dell’edificio);si veda la relazione redatta da un tecnico incaricato dalla società ricorrente (21 marzo 2016, depositata il 22 marzo 2016), che registra variazioni complessive ancora minori di 25 cm.
Il Comune di Monteriggioni, dal canto suo, oltre a ricordare la natura vincolante del parere soprintendentizio, osserva che l’incremento di volume va non soltanto ricondotto all’aumento di 25 cm di altezza (con conseguente modifica della sagoma degli edifici), bensì anche nella realizzazione di un volume interrato, eccedente il limite consentito dal permesso di costruire del 2012 (13,70 mc). Da ciò parte resistente trae la conseguenza che, ai sensi dell’art. 167, comma quarto, lettera a), del d. lgs. n. 42/2004, che vieta ogni incremento di volume in zona paesaggisticamente vincolata, non sarebbe possibile per la società ricorrente ottenere l’accertamento di compatibilità in sanatoria.
O, deve osservarsi che nel provvedimento impugnato non si menziona espressamente un aumento di volume localizzato nel seminterrato, ma – al punto e) dell’elenco delle opere da demolire – si parla della “ chiusura di una porta, tra l’altro non riportata negli elaborati grafici di cui alla richiesta di accertamento di conformità in esame, di accesso a un locale interrato posto sotto il corsello di distribuzione ai posti auto e garage. ”
Nella relazione dei funzionari tecnici del Comune – incaricati di effettuare un sopralluogo (23 agosto 2014) ai fini dell’accertamento di conformità – si legge che con riguardo ai due edifici denominati G e D, per quel che qui rileva (aumento di volume), il maggiore spessore di tutti i solai (fino a raggiungere i 25 cm di altezza in più dell’edificio) ha comportato modifica della sagoma ma non variazione dell’altezza utile interna dei singoli piani.
La Sezione in analoghi casi ha aderito all’interpretazione rigorosa dell’art. 167, comma quarto, lettera a) del d. lgs. n. 42/2004 (sent. n. 1216/2014, non appellata), e ciò anche nei casi in cui i volumi realizzati in incremento rispetto ai titoli edilizi siano da qualificare volumi tecnici o siano interrati, secondo la giurisprudenza la predetta disposizione del Codice dei Beni culturali impedisce la sanatoria (cfr. TAR Campania – Napoli, VI, n. 1814/2016;Cons. di Stato, VI, n. 3289/2015;TAR Toscana, III, n. 1216/2014, in una fattispecie che prevedeva modificazioni della sagoma, ha aderito a tale orientamento).
Le questioni sostanziali da affrontare nella controversia in esame, come si è accennato, sono essenzialmente due:
a) l’aumento di altezza degli edifici D e G e la sua rilevanza ostativa al rilascio della sanatoria paesaggistica;
b) la realizzazione di un volume interrato, sempre ai fini della possibilità per la società ricorrente di ottenere siffatta sanatoria.
Quanto al primo aspetto, il Collegio richiama un precedente analogo (in quel caso la copertura era stata aumentata di 30 cm), sul quale, con sentenza n. 124/2015, la Sezione ha ritenuto che “ il rialzamento riscontrato non sia in realtà idoneo a escludere l’accertamento di compatibilità paesaggistica richiesto, non integrando la fattispecie preclusiva correlata all’aumento di volume di cui all’art. 167, comma 4, invocato dall’amministrazione. ” A tale conclusione la Sezione è pervenuta non soltanto sulla base di considerazioni fondante sulle disposizioni urbanistiche del Comune resistente in quella controversia (che evidentemente qui non rilevano), bensì tenendo conto anche “… che l’ulteriore altezza realizzata è stata posta in essere, pacificamente, per realizzare un intervento di “risparmio energetico”;tale tipologia di interventi risulta fortemente incoraggiata dall’ordinamento, realizzando finalità pubblicistiche di sicura rilevanza” e che “… norme di legge statale e regionale perseguono l’obiettivo della realizzazione di edifici che garantiscano un superiore indice di prestazione energetica (art. 11 del d.lgs. n. 115 del 2008, art. 146 della legge regionale n. 1 del 2005). ” È stato stabilito quindi, sulla base di tali premesse, che “ In tal quadro è da escludere, al fine di evitare che l’ordinamento entri in contraddizione con sé stesso, che un intervento edilizio … ispirato al perseguimento di finalità che sono riconosciute anche di valenza pubblicistica (non essendo contestato che l’intervento in parola è funzionale a perseguire obiettivi di risparmio energetico), possa invece essere ritenuto illegittimo da un punto di vista paesaggistico, dovendo in senso contrario la preclusione di cui all’art. 167, comma 4, del d.lgs. n. 42 del 2004 essere ritenuta non applicabile in presenza di un intervento che non costituisce aumento di volume … e che è ispirato a finalità di contenimento di risparmio energetico.”
Alle su riportate considerazioni, dalle quali il Collegio non ha motivo di discostarsi, si aggiungano le condivisibili considerazioni svolte da parte ricorrente sia in ricorso sia nella memoria depositata il 30 marzo 2016, in cui si richiama anche il d. lgs. n. 56/2010, recante modifiche e integrazioni alla disciplina di cui al decreto n. 115/2008 su menzionato, in attuazione della direttiva 2006/32/CE.
O, l’art. 11 del d. lgs. da ultimo citato, come modificato dal pure citato successivo d. lgs. del 2010 e vigente al momento dell’istanza di accertamento di conformità, prevede, al comma primo, che “ Nel caso di edifici di nuova costruzione, lo spessore delle murature esterne, delle tamponature o dei muri portanti, superiori ai 30 centimetri, il maggior spessore dei solai e tutti i maggiori volumi e superfici necessari ad ottenere una riduzione minima del 10 per cento dell'indice di prestazione energetica previsto dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, e successive modificazioni, certificata con le modalità di cui al medesimo decreto legislativo, non sono considerati nei computi per la determinazioni dei volumi, delle superfici e nei rapporti di copertura, con riferimento alla sola parte eccedente i 30 centimetri e fino ad un massimo di ulteriori 25 centimetri per gli elementi verticali e di copertura e di 15 centimetri per quelli orizzontali intermedi. Nel rispetto dei predetti limiti è permesso derogare, nell'ambito delle pertinenti procedure di rilascio dei titoli abitativi di cui al titolo II del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, a quanto previsto dalle normative nazionali, regionali o dai regolamenti edilizi comunali, in merito alle distanze minime tra edifici, alle distanze minime dai confini di proprietà, alle distanze minime di protezione del nastro stradale, nonché alle altezze massime degli edifici .”
Il su riportato art. 11 è stato infine abrogato dall’art. 18 del d. lgs. n. 102/2014;l’art. 14 di detto testo normativo (vigente dal 19 luglio 2014 ai sensi dell’art. 20, comma primo) prevede, al comma sesto, che “ 6. Nel caso di edifici di nuova costruzione, con una riduzione minima del 20 per cento dell'indice di prestazione energetica previsto dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, e successive modificazioni, certificata con le modalità di cui al medesimo decreto legislativo, lo spessore delle murature esterne, delle tamponature o dei muri portanti, dei solai intermedi e di chiusura superiori ed inferiori, eccedente ai 30 centimetri, fino ad un massimo di ulteriori 30 centimetri per tutte le strutture che racchiudono il volume riscaldato, e fino ad un massimo di 15 centimetri per quelli orizzontali intermedi, non sono considerati nei computi per la determinazione dei volumi, delle altezze, delle superfici e nei rapporti di copertura. Nel rispetto dei predetti limiti è permesso derogare, nell'ambito delle pertinenti procedure di rilascio dei titoli abitativi di cui al titolo II del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, a quanto previsto dalle normative nazionali, regionali o dai regolamenti edilizi comunali, in merito alle distanze minime tra edifici, alle distanze minime dai confini di proprietà, alle distanze minime di protezione del nastro stradale e ferroviario, nonché alle altezze massime degli edifici. Le deroghe vanno esercitate nel rispetto delle distanze minime riportate nel codice civile. ”
Al di là dalla sussistenza in concreto di tutte le condizioni previste dalla disposizione testé riportata, ciò che appare certo è che non può ritenersi legittimo un diniego di accertamento di conformità basato puramente e semplicemente sull’aumento dell’altezza dovuto alla realizzazione di un impianto di riscaldamento a pavimento (come previsto dalla Convenzione: si veda, in atti, il capitolato esecutivo delle opere previste, allegato B1, punto 39;si vedano anche, nel permesso di costruire n. 9/2009 e in quello n. 12/2012, la lettera f del punto 18 delle avvertenze e prescrizioni generali, che fa obbligo alla ditta di rispettare la l. n. 10/1991, il cui art. 8 prevede incentivi per il miglioramento, fra l’altro, dell’efficienza energetica) con conseguente necessità di aumentare lo spessore dei solai. Oltretutto, l’aumento di altezza di 25 cm corrisponde al 2% dell’altezza assentita.
4. Per quanto attiene al volume interrato, osserva il Collegio che la Sezione ha ritenuto (con sentenza n. 338/2015) di discostarsi dalla giurisprudenza dominante con riguardo ai volumi interrati, rilevando che “ se è del tutto ragionevole che gli incrementi volumetrici che interessino la superficie siano ex lege considerati insanabili in quanto, nella normalità, pregiudizievoli rispetto all’assetto riconoscibile del territorio antropizzato, altrettanto non lo è il fatto che allo stesso modo vengano considerati gli spazi ricavati nel sottosuolo a cui non può essere riconosciuto il medesimo valore culturale dei luoghi su cui ordinariamente si svolge la vita umana .”
La Sezione ha quindi aderito, sotto il profilo considerato, “ all’orientamento giurisprudenziale secondo cui la nozione di volume presa in considerazione dall’art. 167 comma 4 lett. a) del D.Lgs 42/2004 non coincide con quella urbanistica (che implica il consumo di indici e non si correla necessariamente con una trasformazione visibile ab externo) ma ha una propria connotazione implicante la creazione di manufatti fuori terra o la alterazione della sagoma di quelli già esistenti (T.A.R. Brescia sez. I, 08/01/2015 n. 14;v. TAR Brescia Sez. I 15 ottobre 2014 n. 1057;TAR Napoli Sez. VII 10 febbraio 2014 n. 930;TAR Torino Sez. II 17 dicembre 2011 n. 1310;circolare del Ministero per i Beni e le Attività Culturali n. 33 del 26 giugno 2009);con la conseguenza che le trasformazioni che avvengono nel sottosuolo non possono essere considerate tout court insuscettibili di sanatoria, dovendo la relativa rilevanza paesaggistica essere vagliata caso per caso dagli organi competenti.
Peraltro, affermare la assoluta insanabilità di volumi o superfici interrate può condurre a risultati incongrui… ”.
La circolare del MIBAC n. 33 del 26 giugno 2009, nel fornire – al fine dell’applicazione dell’art. 167, comma quarto e comma quinti, del codice dei Beni culturali – alcune definizioni sulle quali l’Ufficio legislativo di detto Ministero ha espresso parere favorevole, chiarisce che per “volumi” si intende “ qualsiasi manufatto costituito da parti chiuse emergente dal terreno o dalla sagoma di un fabbricato preesistente indipendentemente dalla destinazione d’uso del manufatto, ad esclusione dei volumi tecnici ”. La nozione così delineata è formulata in modo da escludere chiaramente i volumi non emergenti dal terreno.
In applicazione dei su esposti principi, la doglianza in esame va accolta.
5. La fondatezza delle censure esaminate comporta l’illegittimità del diniego di accertamento di compatibilità paesaggistica e contestuale ordine di demolizione, con assorbimento delle ulteriori doglianze formulate, stante l’assenza del presupposto (aumento di volumetria e altre difformità rilevanti) sul quale l’amministrazione ha basato l’applicazione dell’art. 167, comma quarto, del codice dei Beni culturali. È superfluo sottolineare che le altre difformità (diverso posizionamento di alcuni elementi esterni), pur indicate nel provvedimento impugnato, non sono tali da impedire la sanatoria paesaggistica, come per altro sembra aver ritenuto la stessa Soprintendenza che ha motivato il provvedimento in autotutela (nota del 17 giugno 2015) con riguardo al solo aumento di volumetria.
In conclusione, il ricorso va accolto e, per l’effetto, l’ordinanza e gli altri atti impugnati devono essere annullati.
La genericità della domanda risarcitoria – in mancanza di prova dell’ammontare del danno subìto, quantificato in € 1.800.000 in termini di lucro cessante – ne comporta la reiezione.
6. L’esito favorevole del ricorso vagliato nei precedenti paragrafi (con annullamento dei provvedimenti impugnati) giova anche ai promissari acquirenti che hanno proposto i ricorsi nn. 1858/2015 e 1885/2015 R.G. impugnando i medesimi provvedimenti, sicché il Collegio si esime dall’esaminare detti ricorsi, i quali possono essere dichiarati improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse.
Le spese di lite – poste a carico del Comune di Monteriggioni e del Ministero per i Beni e le Attività culturali – si liquidano in dispositivo.