TAR Milano, sez. III, sentenza 2023-09-05, n. 202302055
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Pubblicato il 05/09/2023
N. 02055/2023 REG.PROV.COLL.
N. 01425/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1425 del 2018, proposto da
-OMISSIS- -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato G Z, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Milano, via Fontana n. 18;
contro
Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, presso i cui uffici domicilia in Milano, via Freguglia, 1 e con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia;
per l’annullamento
- del decreto prot. n. -OMISSIS-, emesso dalla Direzione Generale per il Personale Militare e recante la sospensione facoltativa dall’impiego;
- provvedimento avente protocollo n. -OMISSIS-, assunto dal Comando Legione Carabinieri “Lombardia” di Milano, recante il conseguente trasferimento al Reparto -OMISSIS-.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 luglio 2023 il dott. F F e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1) Con decreto prot. n. -OMISSIS- e notificato in data 11 giugno 2018, la Direzione Generale per il Personale Militare del Ministero della Difesa ha sospeso dal servizio, ai sensi dell’art. 916 del d.l.vo n. 66/2010 (C.O.M.), il Luogotenente -OMISSIS- -OMISSIS- in ragione del suo coinvolgimento in una serie di procedimenti penali.
Nello specifico, con il Decreto n. -OMISSIS- e n. -OMISSIS-. del -OMISSIS-, il G.I.P. presso il Tribunale di -OMISSIS- ha disposto il rinvio a giudizio del sig. -OMISSIS- in ordine ai reati di appropriazione indebita aggravata, concorso in truffa aggravata, truffa, falsità ideologica commessa da Pubblico Ufficiale in atti pubblici continuata, concorso in emissione dì fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, dichiarazioni fraudolente mediante uso di fatture o altri documenti inesistenti e dichiarazione infedele.
Sulla base di tali vicende, l’amministrazione ha ritenuto che:
- si fosse interrotto il rapporto di fiducia con l’amministrazione;
- il sig. -OMISSIS- non avrebbe potuto espletare le proprie funzioni con pienezza d’autorità e credibilità;
- la sua presenza in servizio, ancorché impiegato in diversa sede e incarico, sarebbe stata di pregiudizio per il prestigio dell’Arma e per il regolare svolgimento delle attività;
- essendo questi imputato per gravi reati, ove il procedimento penale non si fosse concluso con una pronuncia pienamente assolutoria, sarebbe potuta derivare la “perdita del grado”, all’esito di inchiesta formale;
- qualora lo stesso fosse stato condannato con sentenza irrevocabile a pena non sospesa per le imputazioni di “falsità ideologica commessa da Pubblico Ufficiale in atti pubblici”, “truffa” o “appropriazione indebita”, sarebbe stato destituito dal servizio senza giudizio disciplinare, in applicazione della pena accessoria della “rimozione”;
2) Con più censure, il ricorrente lamenta, in primo luogo, la carenza dei presupposti dell’art. 916 C.O.M, anche in termini di carenza di istruttoria e di motivazione, adducendo che l’amministrazione avrebbe valutato fatti ad essa già noti, per i quali nel 2015 aveva ritenuto sufficiente il trasferimento del ricorrente ad altra sede.
Inoltre, la valutazione dell’amministrazione sarebbe erronea alla luce della sentenza del Tribunale di -OMISSIS- che lo ha assolto dai reati di concorso in “falsità ideologica in certificati commessa da persone esercenti un servizio di pubblica necessità” e concorso in “falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico” e lo ha dichiarato non punibile per sopraggiunta prescrizione con riferimento ai reati edilizi di cui agli artt. 44 lett. b), 31 e 32 co.1 d.p.r. n. 380 del 2001.
Si contesta anche la mancata valutazione di misure diverse dalla sospensione, come l’impiego anche temporaneo o il trasferimento in una diversa sede, ritenute più adatte al fine di tutelare gli interessi dell’amministrazione.
Sotto altro profilo, il ricorrente lamenta l’assenza dei presupposti di celerità e di urgenza che giustificano la mancata comunicazione di avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7 l. 241/90.
Da ultimo, si deduce la violazione dell’art. 21 bis della legge n. 241/90 perché, trattandosi di un atto sfavorevole per il destinatario, gli effetti del provvedimento di sospensione dovrebbero decorrere dal momento della sua notificazione, anziché dalla data dell’emissione.
Il ricorso è infondato e deve essere respinto.
2.1) Per ragioni di precedenza logica, il Tribunale ritiene di esaminare con priorità le censure volte a contestare la mancata comunicazione di avvio del procedimento.
La censura è infondata, in ragione della natura cautelare del provvedimento di sospensione.
Sul punto, consolidata giurisprudenza chiarisce che l’adozione del provvedimento di sospensione facoltativa dal servizio di un dipendente pubblico (civile o militare), sottoposto a procedimento penale, non è subordinata alla preventiva comunicazione di avvio del procedimento, data la natura cautelare della misura (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 19/5/2010 n. 3164 ;id. 11/4/2007 n. 1632;Cons. Stato, sez. II, 11 aprile 2022, n. 2665;nello stesso senso Tar Lombardia, sez. IV, 2 maggio 2022, n. 971).
In siffatte ipotesi “la partecipazione […] al procedimento de quo non potrebbe comunque apportare alcun elemento nuovo. Per cui in questo caso, le esigenze di celerità e tempestività con cui occorre allontanare il ricorrente dal posto di lavoro impongono di intervenire con urgenza, dispensando l’Amministrazione dal procedere alla previa comunicazione dell’avvio del procedimento di sospensione” (T.A.R. Lazio, sede Roma, Sez. III, 15 marzo 2011, n. 2352).
Pertanto, l’omessa comunicazione di avvio del procedimento non vizia il provvedimento impugnato, dal momento che la sospensione risponde all’esigenza di allontanare con urgenza il soggetto dall’ambiente lavorativo per preservare il buon andamento ed il prestigio dell’amministrazione, prevalendo, suddette ragioni, sull’esigenza di garantire la sua partecipazione procedimentale.
2.2) È infondata anche la censura con cui si lamenta la carenza dei presupposti richiesti dall’art. 916 del d.l.vo n. 66 del 2010.
La norma in esame dispone che “la sospensione precauzionale può essere applicata nei confronti di un militare se lo stesso è imputato per un reato da cui può derivare la perdita del grado”.
Il riferimento va ai delitti che possono astrattamente comportare, in caso di condanna, l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e di conseguenza, ai sensi dell’art. 33 del C.p.m.p., la pena accessoria della perdita del grado (Cons. di Stato sez. IV, 6 novembre 2017, n. 5115;id., 8 febbraio 2017, n. 559), senza che tale valutazione implichi un giudizio prognostico sull’esito del relativo procedimento giudiziario (cfr. C.A.R.G.S., sez. giurisd., 2 marzo 2022, n. 275).
Sul punto, la giurisprudenza precisa che la ratio dell’art. 916 C.O.M. è quella di “allontanare il dipendente dal servizio, al fine di evitare un pregiudizio per il buon andamento e il prestigio dell’amministrazione”.
In conseguenza dell’applicazione di tale misura, infatti, pur non estinguendosi il rapporto di pubblico impiego, esso permane in forma quiescente. “Tale istituto, quindi, non ha natura sanzionatoria, ma si configura come un rimedio provvisorio di natura cautelare posto a tutela del superiore interesse pubblico dell’amministrazione militare, il cui perseguimento risulta pregiudicato dalla permanenza in servizio del dipendente cui sono stati contestati fatti penalmente rilevanti e di notevole gravità (...). Si tratta, in sostanza, di una misura squisitamente cautelare, priva di risvolti sanzionatori e di limitata durata temporale” (cfr. Consiglio di Stato, sez. II, 11 aprile 2022, n. 2665;Tar Lombardia, sez. IV, 02/05/2022, n. 971).
Nel caso di specie, contrariamente a quanto addotto dal ricorrente, sussistono i presupposti normativi per la disposta sospensione, essendo incontestato che il ricorrente è stato sottoposto a procedimento penale per reati cui è applicabile la pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici e che, in caso di condanna, possono comportare la perdita del grado.
La natura cautelare della sospensione esclude la rilevanza dell’esito, anche assolutorio, dei processi relativi ai reati oggetto del rinvio a giudizio posto a base della misura;invero, l’ordinaria applicazione del principio del tempus regit actum, impone che la legittimità della determinazione debba essere valutata considerando la situazione di fatto e di diritto esistente al tempo dell’adozione dell’atto e, nel caso di specie, l’amministrazione ha provveduto dopo l’esercizio dell’azione penale, rispetto al quale l’esito del giudizio resta irrilevante.
In ogni caso, la sentenza – emessa in data 18 aprile 2018 dal Tribunale di -OMISSIS- – che ha assolto il ricorrente per i reati di concorso in “Falsità ideologica in certificati commessa da persone esercenti un servizio di pubblica necessità” e concorso in “Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico” riguarda solo alcune delle condotte che gli erano state contestate e non si riferisce a tutti gli altri fatti per i quali è stato sottoposto a processo, quali la truffa, l’appropriazione indebita, il concorso in emissione dì fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.
Del pari, non rileva che il ricorrente abbia tenuto un comportamento ineccepibile nel periodo successivo alla commissione dei fatti.
Fermo restando che il serbare un “comportamento ineccepibile” dovrebbe rappresentare la normalità per il militare, resta fermo che la condotta successiva non rientra fra i presupposti dell’atto di sospensione, né integra un parametro di cui l’amministrazione debba tenere conto stante il disposto rinvio a giudizio.
Vero è che la misura integra una sospensione facoltativa, ma il giudizio articolato dall’amministrazione ha tenuto conto, in modo ragionevole ed aderente ai fatti, della gravità e della consistenza dei fatti oggetto del rinvio a giudizio, mentre la correttezza della condotta successiva non integra una circostanza in grado di elidere la gravità degli stessi e il loro riflesso sull’affidabilità del militare e sul prestigio dell’amministrazione.
2.3) Sono infondate anche le censure con le quali il ricorrente contesta la motivazione del provvedimento.
Secondo una consolidata giurisprudenza, la valutazione della gravità del fatto, ai fini della commisurazione della sanzione, costituisce espressione di un’ampia discrezionalità amministrativa, sindacabile solo per evidenti profili di manifesto travisamento dei fatti o manifesta illogicità e irragionevolezza, che palesino con immediatezza una chiara carenza di proporzionalità tra l’infrazione e il fatto (cfr. Consiglio di Stato, II, 20 febbraio 2020, n. 1296).
In presenza di condotte di particolare gravità – quali quelle palesemente contrarie ai principi di moralità e di rettitudine che devono improntare l’agire di un militare, ai doveri attinenti al giuramento prestato, a quelle di correttezza ed esemplarità propri dello status di militare e di appartenente all’Arma dei Carabinieri – risulta sufficiente una motivazione di carattere attenuato per poter irrogare la sanzione disciplinare (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 26 marzo 2020, n. 2107).
Nel caso di specie, la motivazione si basa su puntuali elementi istruttori e le ragioni della decisione sono state minuziosamente esposte nel provvedimento.
Esso, infatti, richiama analiticamente la proposta avanzata il 6 aprile 2018, con la quale il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, in conformità con la linea gerarchica, ha prospettato di sospendere il militare, poiché, in ragione della gravità dei reati contestatigli, era venuto meno il rapporto di fiducia con l’amministrazione.
Nell’atto di sospensione, è precisato che, per via di suddetti avvenimenti, il ricorrente non avrebbe potuto espletare le sue mansioni con credibilità e autorità e la sua permanenza in servizio avrebbe comportato un pregiudizio per il buon andamento e per il prestigio dell’Arma.
Si tratta di valutazioni coerenti con le risultanze istruttorie e proporzionate ai fatti contestati, che pur non essendo direttamente attinenti al servizio svolto - essendo connessi all’attività di gestione e rappresentanza di alcune società - sono di oggettiva gravità gravi e pregiudicano in modo immediato e diretto l’affidabilità e l’integrità del militare, nonché il prestigio dell’Istituzione.
Né è censurabile la scelta dell’amministrazione di sospendere il militare anziché trasferirlo presso un’altra sede, ciò in quanto gli istituti del trasferimento e della sospensione precauzionale dall’impiego hanno presupposti e finalità diverse.
In particolare, il trasferimento è disposto al fine di tutelare la serenità e la coesione interna del Reparto cui appartiene il militare che pone in essere condotte criminose, in quanto la credibilità del medesimo e il rapporto di fiducia con comandanti e collaboratori diretti vengono fortemente diminuiti.
La sospensione precauzionale dall’impiego, invece, può essere disposta sul presupposto dell’intervenuto esercizio dell’azione penale, quando il militare è accusato di ipotesi di reato dalle quali può derivare perdita del grado in caso di accertamento di responsabilità in sede penale.
Tale misura non mira a impedire il rischio di distorsioni nell’esercizio della specifica funzione a cui è assegnato il Carabiniere, ma si propone di scongiurare il pericolo di incrinare il rapporto di fiducia dei cittadini verso l’Istituzione, a causa delle gravi accuse che colpiscono la persona attraverso la quale l’Istituzione stessa opera (cfr. Corte Cost., n. 206 del 1999).
I due istituti sono del tutto autonomi e l’amministrazione che intende disporre la sospensione non è tenuta a valutare preventivamente la possibilità di disporre il trasferimento.
Parimenti, il provvedimento non è viziato per il fatto che le condotte contestate erano già state valutate dall’amministrazione nel 2015 al fine di disporre il trasferimento del ricorrente.
Ciò infatti non denota un uso distorto del potere, in quanto l’autorità pubblica ha legittimamente preso in considerazione quegli stessi fatti, questa volta per decidere in merito dell’applicazione della sospensione ex art. 916 C.O.P. e ne ha riconosciuto la rilevanza a tali fini.
2.4) Da ultimo, il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 21 bis della l. 241/90 posto che l’amministrazione ha dato esecuzione al provvedimento gravato sin dal momento dell’emissione – avvenuta in data 1 giugno 2018 – nonostante la notifica sia avvenuta l’11 giugno 2018.
La norma invocata prevede che “Il provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati acquista efficacia nei confronti di ciascun destinatario con la comunicazione allo stesso effettuata anche nelle forme stabilite per la notifica agli irreperibili nei casi previsti dal codice di procedura civile”.
Il Tribunale osserva che il provvedimento di sospensione incide negativamente sulla sfera giuridica del destinatario e, pertanto, essendo un atto recettizio, produce effetti solo dal momento della comunicazione al destinatario e non già in una fase precedente.
Tuttavia, l’atto impugnato dispone “la sospensione precauzionale dall’impiego a titolo facoltativo, ai sensi dell’articolo 916 del Decreto Legislativo 15 marzo 2010, n. 66, a decorrere dalla data del presente provvedimento” anticipandone così gli effetti al momento dell’emissione.
In proposito va evidenziato che la circostanza dedotta dal ricorrente non incide sulla validità dell’atto, in quanto non riguarda i presupposti di fatto e di diritto che giustificano la sospensione;essa, piuttosto, attiene agli effetti dell’atto, compresi quelli c.d. “secondari” che si producono ex lege come conseguenza dell’emanazione del provvedimento, determinando ad esempio la sospensione dallo stipendio o il mancato computo dell’anzianità di servizio.
Ciò è stato confermato anche dal Consiglio di Stato che ha affermato che in tali ipotesi “il motivo investe non la legittimità del provvedimento, ma il solo momento dell’efficacia” (Cons. Stato, sez. IV sez., 2 dicembre 2012, n. 5882).
Pertanto la censura in esame non è condivisibile, perché non esprime un vizio del provvedimento, non incidendo sulla sua conformità al paradigma normativo.
Tuttavia deve essere evidenziato, anche in vista delle future determinazioni, che il carattere recettizio dell’atto comporta che gli effetti ad esso correlati, compresi quelli derivanti in via “indiretta”, decorrano dalla data della comunicazione del provvedimento di sospensione e non dalla data della sua adozione.
3) In definitiva, il ricorso è infondato e deve essere respinto.
La considerazione della fattispecie complessiva sottesa all’impugnazione proposta conduce a compensare tra le parti le spese della lite.