TAR Genova, sez. II, sentenza 2014-08-29, n. 201401322

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Genova, sez. II, sentenza 2014-08-29, n. 201401322
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Genova
Numero : 201401322
Data del deposito : 29 agosto 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00355/2014 REG.RIC.

N. 01322/2014 REG.PROV.COLL.

N. 00355/2014 REG.RIC.

N. 00441/2014 REG.RIC.

N. 00445/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 355 del 2014, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Società Cooperativa Italiana di Ristorazione, in persona del Presidente pro tempore , in proprio e in qualità di mandataria del RTI con 8 Marzo S.c.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. E D C, con domicilio eletto presso l’avv. C D nel suo studio in Genova, piazza Leonardo da Vinci, 2/3;

contro

Comune di Genova, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’avv. A D M, presso il quale è elettivamente domiciliato negli uffici della civica Avvocatura in Genova, viale Garibaldi, 9;

nei confronti di

La Cascina Global Service S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , in proprio e in qualità di mandataria del RTI con Solidarietà e Lavoro Soc. Coop., rappresentata e difesa dagli avv. P A e M P, presso i quali è elettivamente domiciliata nello studio dell’avv. P A in Genova, via Corsica, 2;
Solidarietà e Lavoro Soc. Coop., in persona del legale rappresentante pro tempore , in proprio e in qualità di mandante del RTI con La Cascina Global Service S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. P A e M P, presso i quali è elettivamente domiciliata nello studio dell’avv. P A in Genova, via Corsica, 2;
Vivenda S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avv. P A e M P, presso i quali è elettivamente domiciliata nello studio dell’avv. P A in Genova, via Corsica, 2;
Compass Group Italia S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avv. R V, A D E e D A, con domicilio eletto presso l’avv. D A nel suo studio in Genova, via Corsica, 19/10;
Policoop S.c.r.l., Villa Perla Service S.c.r.l., non costituite in giudizio;



sul ricorso numero di registro generale 441 del 2014, proposto da:
Ladisa S.p.a., in persona dell’Amministratore Unico pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Francesco Paolo Bello, domiciliata ex lege presso la segreteria del T.A.R. Liguria in Genova, via dei Mille, 9;

contro

Comune di Genova, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. A D M, presso il quale è elettivamente domiciliato negli uffici della civica Avvocatura in Genova, viale Garibaldi, 9;

nei confronti di

Compass Group Italia S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. R V, A D E e D A, con domicilio eletto presso l’avv. D A nel suo studio in Genova, via Corsica, 19/10;



sul ricorso numero di registro generale 445 del 2014, proposto da:
Serenissima Ristorazione S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. M C e P P, con domicilio eletto presso l’avv. P P nel suo studio in Genova, corso Torino, 30/18;

contro

Comune di Genova, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. A D M, presso il quale è elettivamente domiciliato negli uffici della civica Avvocatura in Genova, viale Garibaldi, 9;

nei confronti di

La Cascina Global Service S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e in qualità di mandataria del RTI con Solidarietà e Lavoro Soc. Coop., rappresentata e difesa dagli avv. P A e M P, presso i quali è elettivamente domiciliata nello studio dell’avv. P A in Genova, via Corsica, 2;
Solidarietà e Lavoro Soc. Coop., in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e in qualità di mandante del RTI con La Cascina Global Service S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. P A e M P, presso i quali è elettivamente domiciliata nello studio dell’avv. P A in Genova, via Corsica, 2;
Vivenda S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. P A e M P, presso i quali è elettivamente domiciliata nello studio dell’avv. P A in Genova, via Corsica, 2;
Compass Group Italia S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. R V, A D E e D A, con domicilio eletto presso l’avv. D A nel suo studio in Genova, via Corsica, 19/10;
La Cascina Cooperativa Soc. Coop. p.a., non costituita in giudizio;

per l'annullamento

quanto al ricorso n. 355 del 2014:

delle determinazioni dirigenziali del 17/3/2014 di aggiudicazione definitiva, distintamente per i singoli lotti, della procedura aperta indetta dal Comune di Genova per l’affidamento del servizio di ristorazione scolastica;

della nota prot. 79444 del 18/3/2014 del Comune di Genova di comunicazione delle intervenute aggiudicazioni definitive;

dell’aggiudicazione provvisoria dei lotti afferenti la procedura aperta de qua ;

dei verbali delle sedute di gara;

della determinazione dirigenziale del 18/11/2013 di nomina della Commissione giudicatrice;

della determinazione dirigenziale del 29/8/2013 di indizione della gara;

delle determinazioni dirigenziali del 9/9/2013 e del 3/10/2013 di modifica degli atti di gara;

dell’avviso di riapertura dei termini e di rettifica del bando di gara spedito per la pubblicazione il 3/10/2013;

delle determinazioni dirigenziali del 31/12/2013 e del 2/1/2014 di nomina della Commissione tecnica per la valutazione dell’anomalia delle offerte;

per quanto occorrer possa, del bando di gara e dei relativi allegati, del disciplinare di gara, del capitolato speciale d’appalto e dei relativi allegati;

per quanto occorrer possa, del regolamento a disciplina dell’attività contrattuale del Comune di Genova approvato con deliberazione C.C. n. 20 del 28/4/2011;

del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta e dei relativi verbali;

del procedimento di verifica dei requisiti ex art. 48 del t.u. 163/2006 e dei relativi verbali;

di tutti i provvedimenti antecedenti, concomitanti e susseguenti,

nonché per la declaratoria di inefficacia dei contratti di appalto

e, in via subordinata, per la condanna

dell’Amministrazione intimata al risarcimento dei danni per equivalente;

quanto al ricorso n. 441 del 2014:

della nota prot. n. 79444 del 18/3/2014 del Comune di Genova, avente ad oggetto la procedura aperta per l’affidamento del servizio di ristorazione scolastica, e della determinazione dirigenziale n. 2014-146.4.0-23, priva di data e allegata alla predetta nota, con cui è stata disposta l’aggiudicazione definitiva a Compass Group del lotto “Media Valbisagno”;

dei verbali di gara, nella parte in cui è stata disposta l’ammissione ed è stata valutata l’offerta tecnica della Compass Group Italia S.p.a., individuandola successivamente quale aggiudicataria provvisoria del lotto “Media Valbisagno”;

di tutti i provvedimenti riferiti agli ulteriori lotti di gara, nella parte in cui è stata valutata e ricompresa nelle graduatorie l’offerta della Compass Group Italia S.p.a.;

della nota prot. n. 116217 del 16/4/2014, con la quale è stato respinto il preavviso di ricorso;

ove occorra, del capitolato speciale d’appalto e in particolare dell’allegato 16;

di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali,

con declaratoria di inefficacia del contratto di appalto eventualmente stipulato per il lotto “Media Valbisagno” e con domanda di subentro nel contratto medesimo,

nonché per il ristoro di tutti i danni subiti;

quanto al ricorso n. 445 del 2014:

dell’aggiudicazione definitiva del lotto “Levante” del 18/3/2014 a favore di La Cascina Global Service S.r.l., con provvedimento del Dirigente del Comune di Genova n. 2014-146.4.0-20, comunicata in pari data;

di ogni altro atto presupposto o consequenziale;

nonché per la declaratoria di inefficacia del contratto ove stipulato e per il subentro della ricorrente;

in subordine, per la condanna del Comune di Genova al risarcimento del danno per equivalente.


Visti i ricorsi, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Genova e delle società controinteressate;

Visti i ricorsi incidentali;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti dei tre giudizi;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 luglio 2014 il dott. R G e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

A) Con bando pubblicato sulla G.U. del 13 settembre 2013, il Comune di Genova ha indetto una procedura aperta per l’affidamento del servizio di ristorazione scolastica, suddivisa in 8 lotti individuati su base territoriale, per una durata di 23 mesi e un importo complessivo stimato di € 33.268.848,61.

La legge di gara prevedeva che, per ogni lotto, l’appalto sarebbe stato aggiudicato con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, attraverso l’attribuzione di un massimo di 40 punti per l’offerta economica e di 60 punti per l’offerta tecnica.

Hanno presentato offerta, nel termine previsto dal bando, 14 concorrenti.

All’esito della valutazione delle offerte, il Comune di Genova, con distinti provvedimenti dirigenziali in data 17 marzo 2014, ha disposto l’aggiudicazione definitiva dell’appalto per i singoli lotti.

B) La Società Cooperativa Italiana di Ristorazione (abbreviata CIR Food), precedente affidataria di una parte del servizio, ha partecipato alla gara per 7 lotti.

In tre casi, non ha conseguito il punteggio tecnico minimo (20/60) necessario per essere ammessa alla valutazione dell’offerta economica;
negli altri lotti, ha conseguito un terzo posto, due quarti posti e un quinto posto.

Con ricorso giurisdizionale notificato il 4 aprile 2014 e depositato il successivo 9 aprile (r.g. n. 355 del 2014), CIR Food ha impugnato gli atti della gara de qua , dalle determinazioni a contrarre fino ai provvedimenti di aggiudicazione definitiva, formulando anche istanza per la declaratoria di inefficacia dei contratti eventualmente stipulati o, in via subordinata, per il risarcimento dei danni per equivalente

La ricorrente, contestando in radice (per i motivi di cui infra ) l’impostazione della gara, mirava dichiaratamente a conseguire la riedizione del confronto concorrenziale.

Si sono costituiti in giudizio l’intimato Comune di Genova e le controinteressate La Cascina Global Service S.r.l., Solidarietà e Lavoro Soc. Coop. e Vivenda S.p.a.

Le parti resistenti eccepiscono l’inammissibilità, almeno parziale, del ricorso giurisdizionale e, comunque, la sua infondatezza nel merito.

Vivenda S.p.a., inoltre, ha proposto ricorso incidentale, per l’annullamento degli atti di gara nella parte in cui non hanno disposto l’esclusione della ricorrente principale.

Si è successivamente costituita in giudizio la controinteressata Compass Group Italia S.p.a.

Con atto notificato il 16 aprile 2014 e depositato il giorno successivo, CIR Food ha proposto motivi aggiunti di ricorso.

Quindi, ha proposto un secondo ricorso per motivi aggiunti, notificato il 30 aprile 2014 e depositato il successivo 6 maggio, comportante un radicale mutamento di prospettiva: le nuove censure, come si esporrà meglio in parte motiva, non sono più tese a contestare la strutturazione della gara d’appalto, bensì a conseguire, attraverso l’esclusione di tutte le concorrenti che la precedono in graduatoria, l’aggiudicazione di due lotti (“Centro Ovest” e “Valpolcevera”), nei quali CIR Food si era classificata al quarto posto.

La ricorrente chiede espressamente che le censure dedotte con i secondi motivi aggiunti siano esaminate in via principale, cosicché le domande volte a conseguire l’integrale annullamento della gara, proposte con il ricorso introduttivo e con i primi motivi aggiunti, degraderebbero in via subordinata.

Le parti resistenti eccepiscono concordemente la tardività dei secondi motivi aggiunti.

All’udienza camerale del 14 maggio 2014, il difensore della ricorrente ha dichiarato di rinunciare all’istanza cautelare proposta con l’atto introduttivo del giudizio e con i motivi aggiunti.

Le parti costituite hanno depositato ulteriori memorie a sostegno delle rispettive posizioni.

C) Con un secondo ricorso (r.g. n. 441 del 2014), notificato il 17 aprile 2014 e depositato il successivo 30 aprile, Ladisa S.p.a., che aveva presentato offerta per quattro lotti, contesta l’esito della gara limitatamente al lotto “Media Valbisagno” (gestito attualmente dalla stessa ricorrente in regime di proroga), nella graduatoria del quale si è classificata al terzo posto.

Tale lotto è stato aggiudicato a Compass Goup Italia S.p.a., classificatasi al secondo posto della graduatoria, poiché la prima classificata (La Cascina Global Service S.r.l.) era già aggiudicataria di altri due lotti, il massimo consentito dalla lex specialis .

La ricorrente sostiene che l’aggiudicataria sarebbe stata priva dei requisiti previsti dall’art. 3, lett. f), del disciplinare di gara, e che avrebbe presentato un’offerta affetta da evidenti profili di anomalia, illogicamente non sottoposta a verifica di congruità dalla stazione appaltante.

Si sono costituiti in giudizio l’intimato Comune di Genova e Compass Group Italia S.p.a.

L’impresa controinteressata ha proposto ricorso incidentale avverso il provvedimento di aggiudicazione, nella parte in cui non ha disposto l’esclusione dalla gara della ricorrente principale.

Anche in questo caso, il ricorso è stato chiamato all’udienza camerale del 14 maggio 2014, fissata per la trattazione dell’istanza cautelare incidentalmente proposta con l’atto introduttivo del giudizio, e rinviato all’udienza pubblica contestualmente fissata.

Le parti hanno depositato memorie difensive e di replica.

D) Infine, con un terzo ricorso (r.g. n. 445 del 2014), notificato il 17 aprile 2014 e depositato il successivo 30 aprile, Serenissima Ristorazione S.p.a. impugna l’aggiudicazione del lotto “Levante”, nel quale si era classificata al secondo posto della graduatoria.

Con l’unico motivo di ricorso, l’esponente denuncia la violazione dell’art. 38, comma 1, lett. m- quater , del d.lgs. n. 163/2006, nonché dell’art. 2 del disciplinare di gara, in relazione alla dichiarata situazione di collegamento tra l’impresa aggiudicataria e altre due concorrenti (Solidarietà e Lavoro Soc. Coop. e Vivenda S.p.a.) che avrebbero formulato offerte riconducibili ad un unico centro decisionale.

Chiede, pertanto, l’annullamento del provvedimento impugnato e la declaratoria di inefficacia del contratto eventualmente stipulato o, in subordine, la condanna al risarcimento dei danni per equivalente.

Il giudizio così introdotto ha avuto uno sviluppo analogo al precedente, con la costituzione in giudizio del Comune di Genova e delle società controinteressate, la rinuncia alla trattazione dell’istanza cautelare in occasione dell’udienza camerale del 14 maggio 2014 e la successiva presentazione di memorie difensive.

E) I tre ricorsi sono stati chiamati alla pubblica udienza del 9 luglio 2014 e, previa trattazione orale, sono stati ritenuti in decisione.

Ha fatto seguito la pubblicazione del dispositivo di sentenza n. 1093 del 10 luglio 2014.

DIRITTO

1) In via preliminare, vanno riuniti d’ufficio, ai sensi dell’art. 70 cod. proc. amm., i ricorsi giurisdizionali in trattazione che, concernendo la medesima gara d’appalto, sono connessi dal punto di vista oggettivo nonché, parzialmente, da quello soggettivo.

2) Il primo ricorso (r.g. n. 355/2014) è stato proposto da CIR Food che, pur avendo partecipato alla gara per 7 lotti sul totale di 8, non ha conseguito alcuna posizione in graduatoria utile ai fini dell’aggiudicazione.

2.1) Come accennato in premessa, la ricorrente ha successivamente proposto nel giudizio, seguendo un iter piuttosto tortuoso, domande diversificate tra loro e nel complesso contraddittorie.

Con il ricorso introduttivo, CIR Food ha fatto valere l’interesse strumentale alla caducazione della gara e alla sua riedizione.

Identica impostazione è stata mantenuta con il primo ricorso per motivi aggiunti, contenente una sola nuova censura di legittimità.

Con i secondi motivi aggiunti, esposti con un atto particolarmente corposo, la ricorrente ha capovolto la propria strategia difensiva, deducendo censure che non mirano più al travolgimento della gara, bensì, limitatamente a due lotti nei quali si era classificata al quarto posto, all’esclusione delle rispettive aggiudicatarie e delle altre imprese che la precedono in graduatoria.

Tali nuove domande sono state proposte in via dichiaratamente principale, cosicché degradano a livello subordinato, nell’intenzione della ricorrente, le richieste già formulate con il ricorso introduttivo e ribadite con i primi motivi aggiunti.

2.2) L’Amministrazione resistente e le controinteressate eccepiscono concordemente l’irricevibilità dei secondi motivi aggiunti di ricorso che, essendo stati notificati il 30 aprile 2014, risultano proposti oltre il termine decadenziale di 30 giorni decorrente dal 18 marzo 2014, data di comunicazione dell’aggiudicazione definitiva.

Essi avrebbero comportato, peraltro, la sostanziale abdicazione alle pretese articolate con il ricorso introduttivo e con i primi motivi aggiunti che, in conseguenza, dovrebbero essere dichiarati improcedibili.

2.3) E’ fondata l’eccezione di tardività del secondo ricorso per motivi aggiunti.

Va preliminarmente precisato che, mediante l’istituto dei motivi aggiunti ex art. 43 cod. proc. amm., possono essere introdotte “nuove ragioni a sostegno delle domande già proposte” e “domande nuove purché connesse a quelle già proposte”.

E’ pacificamente ammessa la possibilità, mediante il ricorso per motivi aggiunti, di modificare la domanda originaria e di ampliare il thema decidendum , anche mediante un arricchimento della causa petendi , laddove fatti o atti incolpevolmente non conosciuti prima della notificazione del ricorso introduttivo abbiano fatto emergere la sussistenza di ulteriori vizi originari dei provvedimenti impugnati.

Tale possibilità sussiste a condizione che la nuova domanda introdotta con i motivi aggiunti sia connessa, su un piano logico-giuridico, a quella originariamente proposta.

Nel caso in esame, non è dato rinvenire la sussistenza del necessario rapporto di connessione tra le due domande, poiché la pretesa di aggiudicazione avanzata con i motivi aggiunti si contrappone logicamente alla richiesta di annullamento dell’intera gara formulata con il ricorso introduttivo.

Il secondo ricorso per motivi aggiunti si configura sostanzialmente, quindi, alla stregua di ricorso principale che andava notificato, a pena di decadenza, entro il su indicato termine di 30 giorni dalla comunicazione delle intervenute aggiudicazioni.

Né può trascurarsi, in tal senso, come l’istituto dei motivi aggiunti sia funzionale ad esigenze di concentrazione ed economia processuale, particolarmente impellenti in materia di pubblici appalti, che sarebbero inevitabilmente frustrate qualora si consentisse alla parte ricorrente di dilatare i tempi del processo mediante l’introduzione di nuove domande, proponibili ab origine , le quali, non risultando intese a completare la tutela della situazione giuridica lesa, costituiscano invece il riflesso di un arbitrario mutamento della strategia difensiva prescelta dal privato.

2.4) Non può convenirsi, invece, con la diagnosi di improcedibilità del ricorso introduttivo formulata dalle eccepienti.

La rilevata mancanza del necessario rapporto di accessorietà tra motivi aggiunti e ricorso principale comporta, infatti, che la sorte dei primi non incida sulle condizioni dell’azione che rendono scrutinabile il secondo.

Equivale a dire che, essendo stati dichiarati irricevibili ed espunti dal giudizio i motivi aggiunti, è venuta meno anche la graduazione delle domande proposta con gli stessi e nulla osta, sotto questo profilo, al vaglio della domanda di annullamento proposta con il ricorso introduttivo.

3) Prima dell’esame del merito, occorre soffermarsi sul ricorso incidentale con cui Vivenda S.p.a. sostiene che la ricorrente principale avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara, non avendo menzionato nella domanda di partecipazione l’affitto dell’azienda della Società La Rocca a r.l., avvenuto nell’anno antecedente la pubblicazione del bando, né presentato alcuna dichiarazione ex art. 38 del codice dei contratti pubblici con riguardo agli amministratori della Società medesima.

A prescindere dall’astratta valenza del rilievo in questione, esso appare infondato in fatto in quanto, come documentalmente dimostrato da CIR Food, il contratto di affitto del ramo di azienda de La Rocca S.r.l. è stato stipulato il 5 novembre 2010, quindi prima dell’anno antecedente la pubblicazione del bando di gara.

4) Può prescindersi, invece, dalle eccezioni di inammissibilità proposte dalla difesa comunale e dalle controinteressate, in relazione all’intempestiva impugnazione dei provvedimenti di esclusione da alcuni lotti e alla carenza di interesse a contestare l’aggiudicazione del lotto per il quale la ricorrente non aveva presentato offerta, essendo evidente che la fondatezza di tali rilievi non varrebbe comunque a rendere inammissibile il ricorso nella sua interezza.

5) Con il primo motivo di gravame, l’impresa ricorrente denuncia la violazione dell’art. 84, comma 4, del codice dei contratti pubblici, secondo il quale, nelle gare da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, “i commissari diversi dal presidente non devono aver svolto né possono svolgere alcun’altra funzione o incarico tecnico o amministrativo relativamente al contratto del cui affidamento si tratta”.

Tale prescrizione, evidentemente intesa a prevenire possibili disfunzioni determinate dalla commistione di ruoli, non sarebbe stata rispettata dalla stazione appaltante che ha chiamato a far parte della Commissione giudicatrice due funzionarie (Paola B e Maria Antonietta M) le quali, come si evince dal curriculum e dall’ulteriore documentazione afferente le funzioni svolte, verserebbero in chiara situazione di incompatibilità ex art. 84 cit.: la prima è responsabile dell’ufficio che pianifica e controlla, sotto il profilo dei costi, tutte le procedure di gara dell’area servizi scolastici;
la seconda si è occupata specificamente, per molti anni, del servizio di ristorazione scolastica.

Le riferite doglianze contraddicono apertamente, però, quanto la stessa ricorrente afferma in altra parte del ricorso introduttivo, laddove lamenta (pag. 32) che “la Commissione giudicatrice, pur essendo dotata delle competenze necessarie, si è limitata all’applicazione di una semplice formula matematica, senza esercitare il potere di natura discrezionale proprio della fase valutativa della parte descrittiva delle offerte tecniche …”.

Infatti, se la ratio della norma che si assume violata è indubbiamente quella di evitare che il funzionario possa contribuire a formulare gli atti di gara in modo da orientare in favore di una determinata impresa le valutazioni discrezionali che sarà successivamente chiamato ad effettuare in qualità di membro della commissione giudicatrice, tale pericolo di inquinamento della funzione valutativa dovrebbe essere radicalmente escluso nella fattispecie in quanto, secondo quanto affermato dalla stessa ricorrente, la Commissione ha abdicato ai propri compiti valutativi, essendosi limitata a svolgere un ruolo prettamente ragionieristico.

In ogni caso, alla luce delle precisazioni formulate dalla difesa comunale, le doglianze in esame risultano anche infondate in fatto.

La dott. B, in qualità di funzionario responsabile dell’Ufficio costi dei servizi, sistemi tariffari e rapporti convenzionali, si è limitata a fornire i dati storici relativi al costo del servizio di ristorazione scolastica e non ha partecipato alla redazione del bando, cui ha direttamente provveduto la Dirigente del Settore con l’ausilio dell’Ufficio gare e contratti.

La signora M è stata trasferita ad altro ufficio in data ampiamente antecedente la pubblicazione del bando di gara.

In entrambi i casi, perciò, non è dimostrato (anzi, va escluso) che le funzionarie in questione abbiano esplicato compiti idonei ad interferire con la successiva attività di valutazione delle offerte ovvero a diminuire le garanzie di imparzialità della procedura concorrenziale.

6) I motivi di ricorso dal secondo al quarto possono essere esaminati congiuntamente, poiché inerenti alla strutturazione della gara d’appalto e tesi a contestare la legittimità dei criteri applicati per la valutazione delle offerte.

6.1) L’esponente sostiene che gli elementi individuati dalla legge di gara ai fini dell’attribuzione del punteggio per il merito tecnico (fino ad un massimo di 60 punti), non riguardando aspetti qualitativi dell’offerta, ma prettamente quantitativi (quali il numero di automezzi impiegati nel servizio, i litri di acqua minerale a disposizione per situazioni di emergenza, ecc.), avrebbero snaturato il criterio di aggiudicazione indicato dalla stazione appaltante (offerta economicamente più vantaggiosa).

In altre parole, non sarebbero stati in alcun modo valorizzati, ai fini dell’aggiudicazione della gara, gli aspetti qualitativi-progettuali insiti nelle offerte tecniche dei concorrenti che, anche sulla scorta dei principi comunitari in materia, rappresentano l’essenza del criterio di aggiudicazione prescelto, ma elementi “tabellari” che possono rilevare solo nelle gare da aggiudicarsi con il criterio del prezzo più basso.

Come anticipato, tale impostazione avrebbe anche comportato l’alterazione del ruolo svolto dalla Commissione giudicatrice la quale, anziché valutare la capacità progettuale delle imprese concorrenti, ha potuto solamente applicare le formule matematiche previste dal disciplinare.

6.2) La difesa comunale afferma che le sopra richiamate censure sarebbero irricevibili per tardività, non potendosi accettare che un’impresa partecipi al confronto concorrenziale, senza sollevare alcun rilievo in ordine alla legittimità della sua impostazione, e solo in un secondo momento, a fronte dell’esito completamente negativo della gara, ne contesti la stessa struttura, sulla base di rilievi che avrebbe potuto dedurre fin dall’origine.

L’eccezione non può essere condivisa in quanto, per consolidato orientamento giurisprudenziale, gli atti costituenti la lex specialis di una gara d’appalto vanno impugnati, di regola, unitamente agli atti che di essi fanno applicazione, mentre, in via di eccezione, devono essere immediatamente impugnati i soli atti della legge di gara che contengono clausole cosiddette escludenti, correlate cioè all’illegittima richiesta del possesso di determinati requisiti di qualificazione la cui mancanza inibisce o rende vana la partecipazione, o clausole che impediscano, indistintamente a tutti i concorrenti, una corretta e consapevole elaborazione dell’offerta (cfr., ex multis , Cons. Stato, sez. IV, 7 novembre 2012, n. 5671).

Nel caso in esame, non ricorre alcuna delle circostanze che, alla luce delle indicazioni della prevalente giurisprudenza, avrebbe imposto l’immediata impugnazione del bando di gara, senza attendere l’adozione degli atti applicativi che, aggiudicando la gara ad altri concorrenti, hanno reso attuale la lesione della situazione giuridica dell’impresa ricorrente.

6.3) Le censure in esame, invece, sono infondate nel merito.

Il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, infatti, si differenzia rispetto a quello del prezzo più basso per la presenza di profili valutativi ulteriori rispetto al mero aspetto economico, normalmente discrezionali (in misura più o meno ampia) e tali da implicare la sollecitazione di soluzioni progettuali diversificate da parte dei concorrenti.

Nessuna previsione normativa esclude, però, che la qualità delle offerte sia valutata, non attraverso criteri discrezionali, bensì con riguardo a profili suscettibili di valutazione automatica.

L’elenco esemplificativo dettato dall’art. 83, comma 1, del codice dei contratti pubblici, d’altronde, prevede sia criteri aventi natura prettamente discrezionale (“qualità” e “pregio tecnico”) sia criteri da valutarsi in modo meccanicistico (“costo di utilizzazione” e “data di consegna”).

Non vi è ragione, perciò, per ritenere che gli elementi dell’offerta tecnica da sottoporre a valutazione (quali le giornate di utilizzo di prodotti biologici o il tempo di consegna dei pasti), pur essendo indicati con valori numerici, non fossero idonei ad esprimere il profilo qualitativo del servizio.

In secondo luogo, la normale apertura di questo tipo di selezioni alla progettualità dei concorrenti non significa che non se ne possa prescindere nei singoli casi concreti (a differenza di quanto si verificherebbe in un vero e proprio appalto concorso), quando la stazione appaltante, in virtù delle caratteristiche dello specifico contratto e dell’esigenza di assicurare una disciplina uniforme in tutti i lotti suddivisi su base territoriale, abbia ritenuto opportuno definire compiutamente la configurazione progettuale delle prestazioni dell’appaltatore, senza spazio residuo per la proposta di eventuali varianti o soluzioni migliorative.

7) Con il quinto motivo di ricorso, l’esponente denuncia la pretesa illogicità dei criteri di valutazione dell’offerta tecnica, nella misura in cui non fissano alcun limite massimo per gli elementi “quantitativi” che possono essere indicati dai concorrenti.

Ad esempio, è prevista l’attribuzione di uno specifico punteggio per il numero di automezzi impiegati nel servizio, ma non viene definito un tetto corrispondente alle effettive esigenze dell’amministrazione, cosicché l’offerta contenente l’indicazione di un numero di automezzi altissimo e obiettivamente sproporzionato ha ricevuto il punteggio massimo previsto per il relativo sub-criterio, mentre del tutto irrisori sono stati i punteggi attribuiti ai concorrenti che avevano indicato valori realmente parametrati alle esigenze del servizio.

La censura è inammissibile in quanto non supera la cosiddetta prova di resistenza.

Come dimostra la ricostruzione effettuata dalla difesa delle controinteressate, infatti, anche attribuendo alle offerte di CIR Food il punteggio massimo previsto per i sub-criteri di valutazione in parola, ciò non le avrebbe comunque consentito di conseguire l’aggiudicazione di alcuno dei lotti in cui è suddivisa la gara.

8) Le censure dedotte con il sesto motivo di ricorso fanno riferimento alle modifiche della normativa di gara intervenute dopo la pubblicazione del bando e alla riapertura dei termini conseguentemente disposta dalla stazione appaltante.

Sostiene la ricorrente che, atteso il carattere non marginale delle modifiche suddette, avrebbe dovuto essere accordato alle concorrenti un nuovo termine per la presentazione delle offerte non inferiore a quello minimo previsto dall’art. 70, comma 2, del codice dei contratti pubblici, ossia 52 giorni decorrenti dalla data di trasmissione del bando di gara.

Anche tenendo conto dell’eventuale riduzione di 5 giorni prevista dal comma 9 del citato art. 70, il Comune di Genova non avrebbe rispettato il termine minimo previsto dalla legge, atteso che il bando modificato è stato spedito per la pubblicazione sulla G.U.C.E. 45 giorni prima della scadenza del termine previsto per la presentazione delle offerte.

La censura è infondata sotto un duplice profilo.

In primo luogo, trattandosi di appalto avente per oggetto uno dei servizi elencati nell’allegato II B del codice dei contratti pubblici, trovano applicazione le sole previsioni espressamente richiamate dall’art. 20 del codice medesimo, fra le quali non figura l’art. 70 citato.

In ogni caso, la stazione appaltante, avendo assolto le formalità previste dai commi 8 e 9 dello stesso art. 70, ha sommato entrambe le riduzioni ivi previste (7 giorni più 5 giorni), cosicché il termine accordato per la presentazione delle offerte (45 giorni) è stato comunque superiore al minimo di legge (40 giorni).

9) Con il settimo e l’ottavo motivo di ricorso, vengono evidenziate modalità di svolgimento delle operazioni di gara che, infrangendo i vincoli posti da disposizioni di rango legislativo o regolamentare, avrebbero inficiato il successivo svolgimento e l’esito della procedura concorrenziale.

Si tratta di rilievi formalistici che valgono, al limite, a configurare mere irregolarità non invalidanti.

9.1) Tale conclusione si impone, in primo luogo, per la censura concernente la verbalizzazione delle operazioni di gara che, in occasione di alcune sedute pubbliche, non è stata effettuata dal segretario formalmente nominato, come prescritto dall’art. 11, comma 3, del regolamento comunale in materia di contratti, ma da altro funzionario dell’Ente, senza rendere conto a verbale di eventuali impedimenti del primo.

In assenza di allegazioni relative ad eventuali infedeltà della verbalizzazione, la sostituzione del segretario potrebbe tutt’al più configurare, come anticipato, un’irregolarità non idonea ad incidere sulla legittimità degli atti della Commissione giudicatrice.

In ogni caso, l’art. 11, comma 2, del regolamento citato da parte ricorrente, consente, nel caso di appalti di servizi di importo superiore alla soglia comunitaria, che i compiti di segretario siano svolti da un funzionario appartenente alla struttura preposta ai contratti, come appunto verificatosi in occasione delle sedute pubbliche della gara in questione.

9.2) La censura dedotta con l’ottavo e ultimo motivo del ricorso introduttivo concerne l’omessa indicazione, in alcuni verbali delle operazioni di gara, delle modalità adottate per la custodia dei plichi contenenti le offerte tecniche, nonostante l’obbligo posto in tal senso dall’art. 13 del regolamento comunale dei contratti.

L’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 8 del 3 febbraio 2014 (che la stessa parte ricorrente cita a sostegno della censura), ha definitivamente chiarito che le contestazioni volte ad ipotizzare la possibile esposizione a manomissioni delle offerte non possono trovare sostegno nel solo dato formale rappresentato dalle indicazioni che si rinvengono nel verbale redatto per ogni seduta della commissione giudicatrice, ma devono essere suffragate da circostanze ed elementi che, su un piano di effettività e di efficienza causale, abbiano inciso sulla cosiddetta genuinità dell’offerta.

Non essendo stata allegata alcuna circostanza atta a comprovare, perlomeno su un piano indiziario, che le offerte siano state manipolate negli intervalli fra una seduta e l’altra, la censura in questione deve essere dichiarata inammissibile.

Peraltro, essa è anche infondata in fatto, poiché i verbali danno adeguatamente atto, nel loro complesso, delle modalità adottate per la conservazione delle offerte.

10) Il quadro dei rilievi tesi a contestare la legittimità della gara d’appalto si completa con la censura, dedotta con il primo ricorso per motivi aggiunti, concernente la violazione delle “Linee di indirizzo nazionale per la ristorazione scolastica”, approvate dal Ministero della salute con provvedimento del 29 aprile 2010, che la stazione appaltante, come si evincerebbe dalla memoria depositata dalla difesa comunale in data 15 aprile 2014, si era vincolata a rispettare.

Tale atto di indirizzo prevede la valorizzazione di elementi qualitativi dell’offerta tecnica (quale la formazione del personale addetto al servizio) che, nel caso in esame, non sarebbero stati presi in considerazione dalla legge di gara.

La censura, riferita alla pretesa violazione di prescrizioni conoscibili fin dal momento della notificazione del ricorso introduttivo, è palesemente tardiva.

In ogni caso, essa è priva di pregio giuridico, atteso che le citate “Linee di indirizzo” non hanno portata precettiva né risulta, dal contenuto della determinazione a contrarre, degli atti di gara o della memoria difensiva citata dalla parte ricorrente, che la stazione appaltante avesse realmente inteso autovincolarsi alle indicazioni ivi contenute.

11) Per tali ragioni, il ricorso introduttivo e i primi motivi aggiunti di CIR Food sono infondati e devono essere respinti.

12) Il secondo ricorso (r.g. n. 441/2014) è stato proposto da Ladisa S.p.a. avverso l’aggiudicazione del lotto “Media Valbisagno”, nella graduatoria del quale si era classificata al terzo posto.

Come anticipato in premessa, il lotto in questione è stato aggiudicato a Compass Group Italia S.p.a., seconda classificata, poiché La Cascina Global Service S.r.l., che aveva presentato la migliore offerta, risultava già aggiudicataria del numero massimo di lotti consentito dalla lex specialis .

13) L’evidente infondatezza delle censure dedotte dalla ricorrente principale suggerisce di prescindere, per ragioni di economia processuale, dal vaglio del ricorso incidentale proposto dall’impresa controinteressata.

14) Con il primo motivo di ricorso, Ladisa S.p.a. sostiene che l’offerta della controinteressata avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara in quanto priva del requisito previsto dall’art. 3, lett. F), del disciplinare, ossia la disponibilità di strutture (cucina e magazzino) munite delle necessarie autorizzazioni sanitarie e tali da consentire la consegna dei pasti alla sede di ristorazione più lontana in un tempo non superiore a 45 minuti.

Gli elementi suddetti avrebbero configurato, secondo l’espressa previsione dell’art. 3 citato, un requisito di ammissione la cui assenza comportava inderogabilmente l’esclusione dal confronto concorrenziale.

Peraltro, anche prescindendo dalle previsioni della legge di gara, tale conclusione si imporrebbe alla luce della natura degli elementi richiesti, configuranti un requisito di capacità tecnica ex art. 42 del codice dei contratti pubblici.

14.1) La censura è infondata.

L’art. 3 del disciplinare di gara classificava gli elementi ivi previsti in tre categorie ben distinte: “requisiti richiesti per l’ammissione a presentare offerta per tutti i lotti” (fino alla lettera E), “requisiti richiesti per l’esecuzione per ciascuno dei lotti … Media Valbisagno” (lettera F) e “requisiti richiesti per l’esecuzione per tutti i lotti” (dalla lettera G alla lettera I).

Il requisito concernente la disponibilità di cucina e magazzino, previsto alla lettera F, doveva quindi qualificarsi, alla luce della formulazione letterale della legge di gara, come requisito di esecuzione che, essendo attinente alla sola fase di svolgimento del contratto di appalto, non condizionava l’ammissione delle imprese concorrenti.

Tale conclusione si impone anche in virtù della successiva previsione concernente la possibilità che le concorrenti, anziché dichiarare la disponibilità immediata delle strutture predette, assumessero semplicemente l’impegno ad acquisirle, con tutte le caratteristiche richieste, entro la data di avvio del servizio.

14.2) Più in generale, va anche sottolineato come l’interpretazione proposta da parte ricorrente determinerebbe un’evidente violazione del principio di tutela della concorrenza, in forza del quale deve ritenersi vietata la previsione di requisiti di ammissione legati alla presenza di un determinato assetto produttivo nel territorio di interesse della stazione appaltante.

Proprio con riferimento all’appalto del servizio di ristorazione scolastica, la giurisprudenza amministrativa ha univocamente precisato che la richiesta inerente alla disponibilità effettiva e attuale di un centro di cottura in un determinato territorio, senza consentire che l’impresa possa organizzarsi all’esito della vittoriosa partecipazione alla gara, equivarrebbe a riservare la gara stessa ai soggetti che (esattamente come si verifica nel caso dell’odierna ricorrente) già operano sul territorio medesimo, in palese violazione dell’ordinamento comunitario (cfr., fra le ultime, T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 25 luglio 2013, n. 3914).

15) Identica diagnosi di infondatezza si impone per il secondo motivo di ricorso, con cui viene denunciata la pretesa incongruità dell’offerta aggiudicataria, tale da non consentire, sulla base della ricostruzione dei costi effettuata da parte ricorrente, la remunerazione di tutto il personale (117 unità) dell’impresa uscente che l’aggiudicataria, in forza dei vincoli derivanti dal contratto collettivo di categoria e dall’art. 21 del capitolato speciale d’appalto, sarebbe tenuta ad assumere.

L’esponente lamenta che, nonostante l’evidenza di tale rilievo e in presenza di un ribasso sensibilmente maggiore rispetto a quello proposto dagli altri concorrenti (6,60% contro l’1,39% indicato dalla ricorrente), la stazione appaltante non ha ritenuto che l’offerta dell’aggiudicataria dovesse essere sottoposta a verifica di congruità, non essendo emersi “elementi specifici che la facessero apparire anomala”.

15.1) Nel caso in esame, non sussistevano i presupposti che, giusta la previsione di cui all’art. 86, comma 2, del codice dei contratti pubblici, rendono doverosa la verifica di congruità dell’offerta aggiudicataria.

L’offerta della controinteressata, peraltro, non presentava eventuali profili di anomalia che avrebbero reso illogica la contestata decisione di non sottoporla alla verifica suddetta.

L’opposta tesi di parte ricorrente sconta, infatti, un errore di impostazione consistente nella mancata inclusione, nei costi del personale, delle spese per la manodopera impiegata nella somministrazione dei pasti e nel susseguente riordino dei locali.

Per effetto di tale omissione, si registra una macroscopica differenza tra l’importo che, secondo la ricorrente, rappresenterebbe la spesa per il personale nell’offerta aggiudicataria (1,059 milioni di euro) e quello individuato, sulla base di una metodologia più corretta, dalla difesa comunale (1,921 milioni di euro).

Quest’ultimo importo, peraltro, risulta superiore a quello indicato dall’originaria aggiudicataria (1,905 milioni di euro) e accertato congruo all’esito della verifica doverosamente effettuata ai sensi dell’art. 86, comma 2, del codice dei contratti pubblici.

15.2) Per quanto concerne, in secondo luogo, il numero dei dipendenti che dovrebbero transitare nell’impresa subentrante, l’allegato 16 del capitolato speciale d’appalto specificava che il personale addetto al centro di cottura del lotto “Media Valbisagno”, ammontante a 52 unità, “è dedicato anche ad un altro lotto con durata contrattuale non in scadenza”, cosicché, tenendo conto dell’incidenza percentuale dei pasti preparati per i due lotti, esso non poteva considerarsi superiore a 24/25 unità.

Ne deriva che il personale interessato dal processo di transito nell’impresa subentrante non ammonta a 117 unità, come pretende parte ricorrente, ma ad un massimo di 90 unità.

Anche sotto questo secondo profilo, pertanto, la prospettazione intesa a dimostrare l’incongruità dell’offerta aggiudicataria si fonda su presupposti erronei.

Fermo restando che le doglianze concernenti la pretesa violazione della “clausola sociale”, ossia l’obbligo di assumere il personale dell’impresa uscente, attengono, in ogni caso, alla fase esecutiva del contratto.

16) Per tali ragioni, il ricorso n. 441/2014 è infondato e deve essere respinto.

17) Rimane da esaminare il terzo ricorso (r.g. n. 445/2014), con cui Serenissima Ristorazione S.p.a. contesta la legittimità dell’aggiudicazione del lotto “Levante”, nel quale si è classificata al secondo posto della graduatoria, preceduta da La Cascina Global Service S.r.l.

Il ricorso si fonda su un motivo di gravame formalmente unico, concernente la pretesa violazione dell’art. 38, comma 1, lett. m- quater ), del codice dei contratti pubblici.

Più precisamente, l’aggiudicataria aveva dichiarato l’esistenza di un collegamento sostanziale con Vivenda S.p.a., anch’essa partecipante alla gara d’appalto de qua , ma di aver formulato l’offerta in modo autonomo.

Ad avviso della ricorrente, tale assunto sarebbe smentito dalla documentazione prodotta in sede di gara, attestante la presentazione di offerte sostanzialmente identiche e imputabili ad un unico centro decisionale, cui sarebbe riconducibile anche l’offerta del raggruppamento formato da La Cascina Global Service S.r.l. e Solidarietà e Lavoro Soc. Coop.

Queste tre società apparterrebbero ad un unico gruppo che, attraverso il “frazionamento delle offerte”, sarebbe riuscito ad eludere la prescrizione della legge di gara inerente al numero massimo di lotti aggiudicabili allo stesso soggetto (due), avendo invece conseguito l’aggiudicazione di sei lotti sul totale di otto in cui era suddivisa la gara.

18) L’esposizione di parte ricorrente è caratterizzata da vistosi errori di fatto (non è vero che avesse partecipato al confronto competitivo anche La Cascina Soc. Coop., ulteriore soggetto riconducibile al gruppo “La Cascina”) e sorregge una domanda palesemente inammissibile, nella parte in cui è dichiaratamente volta a conseguire l’esclusione dalla gara di Vivenda S.p.a., poiché tale Società non aveva partecipato alla gara per il lotto “Levante”, l’unico sul quale si concentra l’interesse all’impugnazione.

19) Nel merito, occorre innanzitutto domandarsi quale sia la valenza giuridica del rilievo che chiude la prospettazione di parte ricorrente, relativo alla pretesa violazione o elusione, attraverso la presentazione di offerte da parte di imprese collegate, del divieto di aggiudicazione di più di due lotti in favore dello stesso soggetto.

Nessuna prescrizione della legge di gara consente di ritenere che tale limite fosse riferibile anche al complesso delle imprese fra loro collegate.

L’art. 3 del disciplinare, infatti, prevedeva che ogni concorrente potesse presentare offerta per tutti i lotti, non potendo tuttavia risultare aggiudicatario di più di due lotti, senza ulteriormente precludere la possibilità che le imprese partecipanti in dichiarata situazione di collegamento si aggiudicassero un massimo di due lotti ciascuna.

La ratio della limitazione in parola, peraltro, si identifica con l’esigenza di favorire l’accesso delle piccole e medie imprese, finalità che non può risultare compromessa per il fatto che l’esito della gara abbia favorito imprese fra loro collegate, purché sia rispettato il più volte citato limite di due lotti per ogni impresa aggiudicataria e le offerte, ovviamente, siano state formulate in modo autonomo rispetto alle imprese collegate che partecipano al medesimo lotto.

20) Occorre ulteriormente verificare se la causa di esclusione prevista dall’art. 38, comma 1, lett. m- quater , del codice dei contratti pubblici, trovi applicazione nell’ipotesi in cui imprese tra loro collegate (nella specie: Vivenda S.p.a. e La Cascina Global Service S.r.l.), le cui offerte sono sospettate di essere riconducibili ad un unico centro decisionale, abbiano partecipato a lotti distinti della stessa gara d’appalto.

Anche in questo caso, si deve tener conto della ratio della disposizione citata, chiaramente intesa a prevenire i fenomeni distorsivi del confronto concorrenziale generati dalla presentazione di offerte che, costituendo espressione di un unico centro decisionale, non sono state formulate in modo autonomo.

Tale esigenza di tutela della libera concorrenza, però, si può manifestare solo nell’ambito della medesima gara, essendo evidente che il pericolo di alterazione della genuinità del confronto non può sussistere nel caso in cui le imprese collegate partecipino, anche mediante offerte effettivamente concordate e riconducibili ad un unico centro decisionale, a gare distinte.

Nel caso in esame, le due imprese collegate hanno presentato offerte solo per lotti diversi, cosicché occorre ulteriormente domandarsi se la fattispecie escludente prevista dalla citata lettera m- quater ) debba trovare applicazione in tale ipotesi.

Condividendo appieno le conclusioni cui è recentemente pervenuto, in analoga fattispecie, il T.A.R. Lazio, sede di Roma, sez. II, con la sentenza n. 4810 del 8 maggio 2014, ritiene il Collegio che la questione debba essere definita negativamente, poiché ogni lotto costituiva, in realtà, una gara autonoma.

Tale affermazione trova fondamento nelle previsioni della legge di gara che richiedevano, per ciascun lotto, la presentazione di offerte differenziate e di distinte cauzioni, prevedendo anche diversi requisiti di ammissione nonché la formazione di separate graduatorie.

Sotto un profilo ricostruttivo di ordine generale, deve quindi ritenersi che, laddove una gara abbia ad oggetto l’aggiudicazione di più lotti, con possibilità per le imprese interessate di partecipare ad uno solo di essi e connessa autonoma aggiudicabilità dei lotti medesimi, detta suddivisione consente di configurare l’esistenza di gare autonome e distinte, “atteggiandosi il bando quale atto ad oggetto plurimo disciplinante un numero di gare corrispondente al numero dei lotti da aggiudicare” (T.A.R. Lazio, sent. 4810/2014 cit.).

In conclusione, atteso che il procedimento in questione era suddiviso in lotti distinti, ognuno dei quali configurava sostanzialmente un’autonoma procedura concorrenziale, e considerando che Vivenda S.p.A. e La Cascina Global Service S.r.l. (le cui offerte sarebbero in ipotesi riconducibili ad un unico centro decisionale) non hanno partecipato contestualmente agli stessi lotti, non può trovare applicazione la fattispecie escludente prevista dall’art. 38, comma 1, lett. m- quater , del codice dei contratti pubblici, poiché il presupposto di tale disposizione è costituito dalla contemporanea partecipazione di imprese in situazione di controllo alla medesima procedura di affidamento.

Non appare rilevante, in conseguenza, accertare se le offerte delle due imprese collegate fossero effettivamente riconducibili ad un unico centro decisionale, poiché tale circostanza non sarebbe comunque risultata idonea a condizionare la regolarità del confronto concorrenziale.

21) Anche il ricorso n. 445/2014, per tali ragioni, è infondato e deve essere respinto.

22) Considerando la complessità delle questioni controverse, le spese dei giudizi riuniti vanno integralmente compensate fra le parti costituite.

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