TAR Roma, sez. II, sentenza 2018-08-02, n. 201808725
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Pubblicato il 02/08/2018
N. 08725/2018 REG.PROV.COLL.
N. 08903/2004 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8903 del 2004, proposto dalla società Plus S.r.l., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati G N, M G, con domicilio eletto in Roma, via Tagliamento, 76 Sc. 7, int. 8, presso lo studio dell’avvocato G N;
contro
Roma Capitale, in persona del Sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dall’avvocato R M, domiciliato in Roma, via Tempio di Giove, 21;
il Commissario Straordinario per Emergenza Rifiuti di Roma e Provincia, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata
ex lege
in Roma, via dei Portoghesi, 12;
il Vice Commissario Delegato per l’Emergenza Rifiuti di Roma e Provincia, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall’avvocato David Ceselli, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, corso Italia, 102;
il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro
pro tempore,
non costituito in giudizio;
per l’annullamento
dell’ordinanza n. 11802 del 6 maggio 2004, di rimozione dei rifiuti,
nonché per la condanna dell’Amministrazione al risarcimento dei danni.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Roma Capitale, del Commissario Straordinario per l’Emergenza Rifiuti di Roma e Provincia e del Vice Commissario Delegato per l’Emergenza Rifiuti di Roma e Provincia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 maggio 2018 la dott.ssa A F e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale d’udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La società Plus s.r.l. è proprietaria di un’area nel territorio di Roma Capitale, sito alla via Cortina, in prossimità dell’autostrada Roma-L’Aquila. Tale area è stata occupata senza titolo da alcuni nomadi (i quali sono stati condannati per la commissione del reato previsto dall’art. 633 del codice penale, con la sentenza del Tribunale di Roma n. 1770 del 2006), ed è stata in parte ricoperta da rifiuti di varia natura.
2. Con l’ordinanza n. 11802 del 6 maggio 2004, il Comune di Roma ha ordinato alla società ricorrente di rimuovere i rifiuti, ai sensi degli articoli 14 e 50 del decreto legislativo n. 22 del 1997.
3. Con il ricorso indicato in esame (notificato anche al Ministero dell’Interno ed al Commissario straordinario per l’emergenza rifiuti di Roma e Provincia), la società ha impugnato la predetta ordinanza n. 11802 del 6 maggio 2004, chiedendone l’annullamento.
La ricorrente ha dedotto la violazione della normativa applicata dal Comune e la presenza di profili di eccesso di potere, poiché non si potrebbe ravvisare la sua colpevolezza in ordine all’accumulo dei rifiuti, riferibile a terzi. La società ha anche chiesto il risarcimento dei danni, derivante dal mancato tempestivo intervento delle autorità, che non avrebbe impedito l’accumulo dei rifiuti sul suo terreno.
Il Comune di Roma (cui è succeduta Roma Capitale) si è costituito in giudizio ed ha chiesto che il ricorso sia respinto.
4. In via preliminare, ritiene il Collegio che la domanda di annullamento vada dichiarata improcedibile. In data 4 aprile 2018, la società ricorrente ha depositato una memoria ove ha evidenziato che ha rimosso i rifiuti “a sue spese e in sostituzione del Comune” . É, quindi, venuta meno l’efficacia del provvedimento impugnato, che non può essere posto in esecuzione coattiva, né può essere posto a base di ulteriori atti dell’Amministrazione.
5. Risulta invece infondata la domanda risarcitoria. In primo luogo, circa la possibilità astratta di configurare una responsabilità colposa del proprietario del fondo occupato da rifiuti, va richiamato l’orientamento giurisprudenziale per il quale la responsabilità del proprietario dell’area, che non sia autore dell’abbandono, può essere affermata quando vi sia stato un suo contegno inerte di fronte ad un fenomeno di deposito di rifiuti prolungato nel tempo: la colpa sussiste anche quando siano mancati quegli accorgimenti e quelle cautele che l’ordinaria diligenza suggerisce per realizzare un’efficace custodia e protezione dell’area, quali ad esempio una idonea recinzione (Cons. Stato, Sez. VI,, 1° dicembre 2017, n. 5632;id., Sez. IV, 13 gennaio 2010, n. 84). Nella specie, non risulta che siano stati posti in essere accorgimenti idonei ad impedire l’accumulo di tali materiali.
In secondo luogo, nella specie sono accertate specifiche responsabilità in capo a coloro che hanno occupato senza titolo il terreno in questione. Ebbene, in presenza di altrui fatti illeciti, non si può ritenere che il Ministero dell’Interno o l’Amministrazione comunale rispondano per i danni che siano stati cagionati al proprietario: non vi è, infatti, alcuna disposizione di legge che comporti la responsabilità della pubblica Amministrazione quando siano commessi illeciti in danno del proprietario.
Inoltre, neppure si può ravvisare un danno risarcibile per l’attività di pulizia del terreno posta in essere dalla società ricorrente. Va richiamato al riguardo il principio per cui – quando un’Amministrazione, sua sponte o per un obbligo giuridico preesistente, e comunque in un’ottica di salvaguardia dell’ambiente abbia bonificato un fondo altri o rimosso i rifiuti ivi giacenti – i privati proprietari o i detentori dei fondi interessati ricavano un vantaggio, in termini di aumento di valore del fondo, che può costituire giusta causa di recupero delle corrispondenti somme, nei limiti ordinari delle azioni di arricchimento (potendosi presumere che l’importo così speso, nel determinare l’impoverimento dell’Amministrazione, comporti quanto meno un corrispondente arricchimento) (Cons. Stato, n. 5623/2017 cit.). Da tale principio si desume lo speculare principio per cui, quando un proprietario bonifica il proprio terreno e rimuove i rifiuti ivi giacenti, valorizza il proprio bene.
In definitiva le spese sostenute dal soggetto che rimuove i rifiuti sversati sul fondo di sua proprietà possono dar luogo a richieste risarcitorie unicamente nei confronti dei responsabili degli illeciti sversamenti, ma non anche nei confronti delle Amministrazioni pubbliche che non sono responsabili e hanno emesso i provvedimenti previsti dalla normativa posta a tutela dell’ambiente.
6. Per le ragioni che precedono, il ricorso in parte va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse e in parte va respinto perché infondato.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio.