TAR Roma, sez. II, sentenza 2020-10-22, n. 202010771

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. II, sentenza 2020-10-22, n. 202010771
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202010771
Data del deposito : 22 ottobre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 22/10/2020

N. 10771/2020 REG.PROV.COLL.

N. 05683/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5683 del 2015, proposto da
Roma Multiservizi s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati E M A e G D G, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via Cicerone, n. 49;

contro

Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentata e difesa dall'Luigi D'Ottavi, con domicilio eletto presso la sede dell’Avvocatura dell’Ente in Roma, via Tempio di Giove, n. 21;

per l’accertamento

del diritto, ai sensi e per gli effetti degli artt. 7 e 115 d.lgs. n. 163/2006, alla revisione e all'adeguamento dei prezzi, a decorrere dal secondo anno di fornitura, inerente il contratto di appalto stipulato tra il Comune di Roma e la Roma Multiservizi s.p.a. - partecipata al 51% da AMA s.p.a., società per azioni unipersonale con l'ente comunale come socio unico dell'azienda - in data 15 gennaio 2009, prorogato giusta determina dirigenziale n. 2009 del 5 agosto 2013 per il periodo dell' 1 settembre 2013 al 31 luglio 2014;

per l'annullamento o declaratoria di nullità

- della nota prot. QM/9878 del 27 marzo 2015 del Dipartimento Servizi Educativi e Scolastici, Giovani e Pari Opportunità di Roma Capitale, avente ad oggetto “ Affidamento servizi ausiliari in Global Service - periodo 1° settembre 2013/31 luglio 2014 - Richiesta adeguamento ex art. 115 d.lgs. 163/2006 ”, di diniego adeguamento;

- di tutti gli atti presupposti nella nota richiamati e di qualsivoglia ulteriore atto e/o provvedimento antecedente e/o successivo non cognito;

- nonché della clausola del Capitolato Speciale d'Appalto, art. 19, e dell'afferente contratto che avessero a contenere previsioni contrarie alla normativa invocata (che integra di diritto la regolamentazione contrattuale) ovvero nella parte in cui limita la decorrenza e l'efficacia della clausola revisionale “ da settembre 2011 fino al termine dell'appalto ”;

per la condanna di parte resistente alle correlate obbligazioni.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 ottobre 2020 la dott.ssa Eleonora Monica e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il presente gravame, la società ricorrente impugna il provvedimento in epigrafe con il quale Roma Capitale ha respinto la richiesta di adeguamento prezzi contrattuali da costei avanzata con riferimento al contratto di appalto stipulato con l’amministrazione comunale il 15 gennaio 2009 per la prestazione, per il periodo dal 1° settembre 2008 al 31 luglio 2013, di una serie di servizi, dettagliatamente descritti all’art. 2 del relativo capitolato speciale d’appalto, presso talune strutture educative e scolastiche del Comune di Roma, poi “ prorogato ”, giusta determina dirigenziale n. 2009 del 5 agosto 2013, per il periodo dal 1° settembre 2013 al 31 luglio 2014 come da relativo accordo sottoscritto dalle parti l’8 agosto 2013.

Parte ricorrente – nel premettere come l’amministrazione comunale le abbia già riconosciuto e liquidato l’adeguamento spettantele, ai sensi dell’art. 19 del capitolato, per il periodo dal 1° settembre 2011 al 31 luglio 2013 – chiede che si accerti il suo diritto, ai sensi e per gli effetti degli artt. 7 e 115 del d.lgs. n. 163/2006, alla revisione e all’adeguamento dei prezzi anche:

i) a decorrere dal secondo anno di fornitura e, dunque, pure con riferimento al periodo dal 1° settembre 2009 al 31 luglio 2011, previa declaratoria di nullità ai sensi dell’art. 1419 c.c. del citato art. 19 del capitolato, nella parte in cui stabilisce che l’eventuale revisione dei prezzi potrà avere decorrenza ed efficacia solo a decorrere da settembre 2011, e sua sostituzione, ai sensi degli artt. 1374 e 1339, secondo il meccanismo di integrazione automatica del contratto, con la norma imperativa contenuta all’art. 115 del d.lgs. n. 163/2006;

ii) fino al 31 luglio 2014 e, dunque, anche con riferimento al periodo di “ proroga tecnica ” del solo termine finale del contratto, rimanendo per il resto il relativo rapporto regolato dall’atto originario.

Chiede, dunque, la società la condanna di Roma Capitale alla corresponsione dei relativi importi, invocando al riguardo l’applicazione dei criteri già assunti dall’amministrazione in sede di liquidazione della revisione già accordata per gli anni scolatici 2012 e 2013 (per il 70% l’incremento del costo del lavoro come da tabelle FISE e per il 30% l’incremento del costo della vita come da indici Istat FOI), come da relativa tabella riepilogativa versata in atti.

Si costituiva in giudizio Roma Capitale, preliminarmente eccependo il difetto di giurisdizione dell’adito T.A.R., sul presupposto che la pretesa di parte ricorrente, in quanto fondata su di una specifica clausola del contratto (l’art. 19 del capitolato), si sostanzi in una richiesta di adempimento contrattuale con attribuzione della controversia alla giurisdizione ordinaria.

Sostiene, in ogni caso, la resistente la legittimità del gravato diniego di revisione prezzi anche con riferimento al periodo di proroga, argomentando come le parti abbiano nel caso di specie, attraverso la sottoscrizione del contratto dell’8 agosto 2013, dato inizio ad un distinto, nuovo e autonomo rapporto giuridico, ancorché di contenuto analogo a quello originario, sicché trattandosi di rinnovo e non già di proroga del solo termine finale del rapporto, la ricorrente non potrebbe invocare l’adeguamento dei prezzi anche con riferimento al relativo periodo.

Seguivano ulteriori memorie difensive in cui ciascuna delle parti ribadiva le proprie rispettive argomentazioni.

All’udienza pubblica del 7 ottobre 2020, la causa veniva trattata e, dunque, trattenuta in decisione.

Occorre, preliminarmente ed in rito, farsi carico di valutare l’ammissibilità dell’azione di accertamento e di condanna spiegata dalla società ricorrente, involgente il riconoscimento in suo favore del compenso revisionale nell’ambito di un appalto di servizi.

Ebbene, il Collegio ritiene che, nel caso di specie, la giurisdizione appartenga al giudice amministrativo, alla luce dell’art. 133, comma 1, lett. e), n. 2, del c.p.a. che devolve “alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo... le controversie... relative alla clausola di revisione del prezzo e al relativo provvedimento applicativo nei contratti ad esecuzione continuata o periodica, nell'ipotesi di cui all'articolo 115 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nonché quelle relative ai provvedimenti applicativi dell'adeguamento dei prezzi ai sensi dell'articolo 133, commi 3 e 4, dello stesso decreto”.

L'ambito della giurisdizione esclusiva in materia di revisione dei prezzi ha, infatti, per l’effetto, definitivamente assunto - in ragione del concorso di situazioni di interesse legittimo e di diritto soggettivo - una portata ampia e generale, includendo ogni controversia concernente la revisione dei prezzi di un contratto di appalto, compreso il profilo del quantum debeatur (Consiglio di Stato, Sezione III, n. 1937/2019), con definitivo superamento di quel tradizionale orientamento interpretativo secondo il quale al giudice amministrativo spettavano le sole controversie relative all’ an della pretesa alla revisione del prezzo, mentre competevano al giudice ordinario le questioni inerenti alla quantificazione del compenso.

Né a conclusioni diverse può pervenirsi sulla base del recente arresto delle Sezioni Unite di Cassazione, secondo il quale “ In tema di revisione prezzi negli appalti di opere pubbliche, l'ampia e generale portata assunta dalla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, per effetto del disposto dell'art. 244 del d.lgs. n. 163 del 2006, prima, e dell'art. 133, comma 1, lett. e), n. 2, c.p.a., poi, nella quale rientra ogni controversia concernente detta revisione, compreso il profilo del "quantum debeatur", incontra un limite nel solo caso in sia in contestazione esclusivamente l'espletamento di una prestazione già puntualmente prevista nel contratto e disciplinata in ordine all'an ed al quantum del corrispettivo (benché le parti controvertano nell'interpretazione della clausola quanto al secondo profilo) .... È di tutta evidenza che in tale fattispecie la controversia concerne l'espletamento da parte dell'appaltatore di una prestazione già puntualmente convenuta e disciplinata (anche in ordine al quantum) con il contratto, con la conseguenza che essa ha ad oggetto una mera pretesa di adempimento contrattuale e, quindi, comporta l'accertamento dell'esistenza di un diritto soggettivo, che ricade nell'ambito della giurisdizione ordinaria". In tali ipotesi la domanda rinviene la sua ragione nel contratto, in relazione al quale la P.A. si trova in una situazione paritetica e, concernendo la controversia un diritto soggettivo, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario (Cass. sez. un. n. 14559 del 2015, in motivazione;
n. 6595 del 2009)
” (in tal senso, l’ordinanza del 1° febbraio 2019, n. 3160;
nonché, in termini, T.A.R. Campania, Napoli, Sezione V, n. 1949/2019 e n. 566/2019, nonché T.A.R. Lombardia, Milano, Sezione IV, n. 764/2019).

Invero, nel caso di specie, parte ricorrente ha chiarito come l’adeguamento revisionale del canone sia stato invocato, non già e non tanto ai sensi del citato art. 19 del capitolato speciale di appalto, nella parte in cui sancisce che “ l’eventuale revisione dei prezzi potrà avere decorrenza ed efficacia per il periodo 2011 - fino al termine dell’appalto ”, costituendo oggetto del contendere, non già l’adempimento di tale clausola contrattuale, bensì invocandosi, invece, l’attivazione del meccanismo di adeguamento revisionale del canone contrattuale previsto dall’art. 115 del d.lgs. 163/2006 e la determinazione del quantum , alla luce del prospetto suggerito, elaborato tenendo conto della revisione dei prezzi già riconosciuta dall’amministrazione con riferimento al periodo compreso tra il 1° settembre 2011 e il 31 luglio 2013.

Ciò premesso, il ricorso proposto dalla Roma Multiservizi s.p.a. è fondato.

Parte ricorrente, come accennato, richiamando gli artt. 1419, 1338 e 1374 del codice civile, eccepisce la nullità della clausola contenuta all’art. 19 del capitolato per contrasto con l’art. 115 del d.lgs. n. 163/2006, nella parte in cui prevede che la revisione dei prezzi possa trovare applicazione solo a partire da settembre 2011 piuttosto che dal secondo anno di prestazione del servizio esecuzione - e, quindi, fin da settembre 2009 -, invocandone la sostituzione de iure per prevalenza automatica della norma imperativa contenuta in tale art. 115 ( ratione temporis applicabile al caso di specie), a mente del quale “ Tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo. La revisione viene operata sulla base di una istruttoria condotta dai dirigenti responsabili dell'acquisizione di beni e servizi sulla base dei dati di cui all'articolo 7, comma 4, lettera c) e comma 5 ”.

Lo scopo della clausola di revisione periodica del corrispettivo di tali contratti è, infatti, quello di tenere indenni gli appaltatori delle amministrazioni pubbliche da quegli aumenti dei prezzi dei fattori della produzione che, incidendo sulla percentuale di utile stimata al momento della formulazione dell'offerta, potrebbero indurre l'appaltatore a svolgere i servizi o ad eseguire le forniture a condizioni deteriori rispetto a quanto pattuito o, addirittura, a rifiutarsi di proseguire nel rapporto, con inevitabile compromissione degli interessi pubblici (in tal senso, Consiglio di Stato, Sezione III, 19 luglio 2011, n. 4362).

Ebbene, la giurisprudenza è unanime nell’affermare che tale art. 115 si sostituisca di diritto ad eventuali pattuizioni contrarie o mancanti nei contratti pubblici di appalti di servizi e forniture ad esecuzione periodica o continuativa (in tal senso, ex multis , Consiglio di Stato, Sezione III, 6 agosto 2018, n. 4827 e 19 giugno 2018, n. 3768;
Sezione VI, 13 dicembre 2016, n. 5237 e 17 marzo 2016, n. 1091;
Sezione V, 20 agosto 2008, n. 3994), sicché il meccanismo della revisione prezzi, determinabile attraverso precisi parametri, non può, pertanto, essere “ sostituito ” da un sistema differente (quale quello previsto, nel caso in esame, all’art. 19 del capitolato), che ne esclude, invece, operatività per il secondo e terzo anno di esecuzione del contratto.

Come sostenuto da parte ricorrente, l’art. 19 del capitolato risulta, dunque, in parte qua arbitrario sicché affetto da nullità ai sensi dell’art. 1419 c.c., trattandosi di disposizione negoziale contrastante con una norma di legge imperativa, nonché sostituito de iure , ex art. 1339 c.c., dalla disciplina di cui all’invocato art. 115 del d.lgs. n. 163/2006 (in termini, ex multis , Consiglio di Stato, Sezione III, 6 dicembre 2017, n. 5751;
Sezione V, 21 luglio 2015, n. 3594 e 22 ottobre 2012, n. 5395).

Ne discende, pertanto, come il Comune, anziché tralasciare di esperire l’attività istruttoria per il periodo dal 1° settembre 2009 al 31 luglio 2013, avrebbe dovuto prendere in considerazione l’intero periodo decorrente dal secondo anno di vigenza contrattuale, atteso che l’aggiornamento del corrispettivo contrattuale di cui si discorre - se non riguarda, per sua stessa natura, il primo anno di riferimento della prestazione, potendosi l’alterazione dell'equilibrio economico del contratto configurarsi solo con il decorso del tempo - necessariamente comprende il corrispettivo riferibile a tutte le annualità contrattuali successive al primo anno (in tal senso, T.A.R. Campania, Napoli, Sezione III, 28 dicembre 2018, n. 7382).

Per quanto, poi, concerne la pretesa di parte ricorrente a vedersi riconosciuto il diritto alla revisione dei prezzi anche con riferimento al periodo relativo all’intervenuta “ proroga tecnica ” del contratto originario dal 1° settembre 2013 al 31 luglio 2014, giusta determina dirigenziale n. 2009 del 5 agosto 2013 e relativo accordo sottoscritto dalle parti l’8 agosto 2013, osserva, in generale, il Collegio come dalla natura imperativa dell’art. 115 non possa automaticamente dedursi l’esistenza del diritto alla revisione dei prezzi ogni qualvolta sussista la proroga del termine previsto nell'originario contratto, dovendosi, invece, tenere conto anche dell’eventuale mutamento delle condizioni e del prezzo nuovamente negoziati dalle parti.

Invero, il carattere imperativo di tale norma e la sua conseguente capacità d’imporsi sui patti contrari non può, infatti, comportare l’assoluta irrilevanza degli eventuali intervenuti accordi delle parti che, rinegoziando volontariamente e nuovamente l’originario assetto del rapporto contrattuale, rinnovino le condizioni del contratto originario, che, dunque, viene a costituire solo il mero presupposto della rinegoziazione.

La revisione dei prezzi dei contratti stipulati con la pubblica amministrazione si applica, infatti, soltanto alle proroghe contrattuali non anche agli atti successivi al contratto originario con cui, attraverso specifiche manifestazioni di volontà, sia stato dato corso tra le parti a distinti, nuovi ed autonomi rapporti giuridici, ancorché di contenuto analogo a quello originario (in tal senso, Consiglio di Stato, Sezione IV, 1° giugno 2010, n. 3474;
Sezione III, 23 marzo 2012, n. 1687 e 11 luglio 2014, n. 3585).

Diversamente opinando, verrebbe, infatti, vanificata la ratio della norma che, come accennato, è quella di adeguare il prezzo determinato nell'originario rapporto per finalità di conservazione del livello qualitativo delle prestazioni dell'appaltatore, che - a ben vedere - non sussistono allorquando il rapporto, nel rinnovato esercizio dell'autonomia negoziale, sia consensualmente rinegoziato e rinnovato, sicché, nelle ipotesi di rinegoziazione, la proroga del rapporto contrattuale si concreta nel rinnovo dello stesso, con la conseguenza che da ritenersi come riconsiderati gli elementi essenziali del contratto, ivi incluso il prezzo, per tutto l'arco temporale del rapporto rinnovato (in termini, T.A.R. Sardegna, Sezione I, n. 45/2007).

In particolare, al fine di distinguere tra proroga e rinnovo, la giurisprudenza amministrativa ha, poi, chiarito come la prima consista nel solo effetto del differimento del termine finale del rapporto, il quale rimane per il resto regolato dall'atto originario, ed il secondo comporti, invece, una nuova negoziazione con il medesimo soggetto, che può anche concludersi con l’integrale conferma delle precedenti condizioni o con la modifica di alcune di esse in quanto non più attuali.

La rinnovazione si contraddistingue, pertanto, per la rinegoziazione del complesso delle condizioni (Consiglio di Stato, Sezione VI, 7 maggio 2015, n. 2295), di talché, per il periodo in cui l'espletamento del servizio è proseguito in virtù di apposita clausola di rinnovo del rapporto contrattuale, si determina uno iato con il contratto originario ed il nuovo periodo contrattuale si configura, pertanto, come autonomo rispetto al precedente (con la conseguenza che non può, quindi, trovare applicazione il meccanismo di revisione dei prezzi, perché incompatibile con la rinnovata volontà negoziale della ditta di rendere il servizio al medesimo costo in precedenza concordato e con accettazione della congruità del corrispettivo (Consiglio di Stato, Sezione III, 18 dicembre 2015, n. 5779).

Ebbene, passando al caso in esame, ritiene il Collegio che, contrariamente a quanto assume Roma Capitale, nel caso di specie si tratti di proroga e non già di rinnovo dell’originario contratto, come da relativa determina dell’amministrazione n. 2009 del 5 agosto 2013 di mera “ proroga tecnica dal 1 settembre 2013 al 31 luglio 2014 del vigente contratto d’appalto …, secondo le modalità e i termini di quanto previsto e disposto dal relativo Capitolato Speciale d’appalto e dalle Schede Tecniche allo stesso allegate ” e relativo atto sottoscritto tra le parti l’8 agosto 2013, in cui esse, vista tale determina, si limitavano sostanzialmente a prenderne atto, “ deciden (do) di addivenire ad una “proroga tecnica” del vigente appalto per il (suddetto) periodo ”.

Nessuna negoziazione risulta, infatti, essere intercorsa tra le parti su alcuna delle previgenti condizioni contrattuali per l’effetto prorogate, prevedendo l’accordo tra le parti il solo differimento del termine finale del rapporto, il quale continuava per il resto ad essere regolato dall’atto originario, come confermato anche dall’essere ivi riportato il prezzo del contratto originario che rimaneva, pertanto, immutato senza che ciò solo possa di per sé costituire, come vorrebbe la resistente, espressione di una rinnovata volontà negoziale, bensì circostanza idonea a ulteriormente avvalorare l’intervenuta mera proroga del previgente contratto, in accordo, tra l’altro, anche alla terminologia adottata dalla stessa amministrazione.

Ne consegue, pertanto, l’obbligo di Roma Capitale ad istruire il procedimento di revisione dei prezzi sia per il periodo dal 1° settembre 2009 al 31 luglio 2011 che per quello di successiva proroga del contratto dal 1° settembre 2013 al 31 luglio 2014, tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto, come statuito all'art. 115 del d.lgs. n. 163/2006.

Deve, dunque, essere annullato l’atto con il quale l’amministrazione resistente ha limitato l’applicabilità della clausola generale di revisione dei prezzi al solo periodo dal 1° settembre 2011 al 31 luglio 2013.

Ne deriva - come da relativa domanda della ricorrente formulata in atti - l’accertamento del suo diritto alla revisione dei prezzi anche con riferimento ai periodi sopra indicati nonché la condanna di Roma Capitale al pagamento della relativa somma da liquidarsi, tuttavia, all’esito di apposito procedimento istruttorio così come prescritto al citato art. 115, nell’ambito del quale l’amministrazione dovrà tener conto di tutte le circostanze del caso concreto, al fine di esprimere la propria determinazione ricognitiva e dichiarativa del quantum dovuto, limitandosi al riguardo il Collegio ad evidenziare come “ a fronte della mancata pubblicazione da parte dell'ISTAT dei dati rilevati e pubblicati semestralmente sull'andamento dei prezzi dei principali beni e servizi acquisiti dalle amministrazioni appaltanti, la revisione dei prezzi debba essere calcolata utilizzando l'indice (medio del paniere) di variazione dei prezzi per le famiglie di operai e impiegati (c.d. “indice FOI”) mensilmente pubblicato dal medesimo ISTAT, trattandosi del parametro generale al quale al momento si deve fare riferimento, potendo l'appaltatore solo in casi eccezionali affermare il suo diritto ad un maggior compenso revisionale fondato su criteri differenti, ma sempre tale da non superare i valori ottenibili con i predetti parametri, che pertanto costituiscono, in altri termini, il limite massimo oltre il quale, salvo circostanze eccezionali che devono essere provate dall'impresa, l’amministrazione non può spingersi nella determinazione del compenso revisionale ” (in tal senso, ex multis , T.A.R. Campania, Napoli, Sezione V, n. 969/2017).

Sulla somma che risulterà dovuta all'esito dell'apposito procedimento istruttorio ed in accoglimento della domanda sugli interessi pure avanzata da parte ricorrente, spetterà poi alla stessa amministrazione procedere al conteggio degli interessi sulla base dei parametri legali (artt. 2,3,4 e 5 del d.lgs. n. 231/2002, artt. 1283 e ss. c.c.), dalla data della domanda giudiziale al saldo.

Le spese seguono come di regola la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

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