TAR Lecce, sez. I, sentenza 2015-01-13, n. 201500118
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N. 00118/2015 REG.PROV.COLL.
N. 02216/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Prima
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2216 del 2013, proposto da:
Monteco Srl, rappresentata e difesa dall'avv. F P, con domicilio eletto presso F P in Lecce, via Francesco D'Elia, 2;
contro
Ato Le/1;Comune di San Cesario di Lecce, rappresentato e difeso dall'avv. A V, con domicilio eletto presso A V in Lecce, via Zanardelli 7;
per l'annullamento
della deliberazione di G.C. n. 163/2013 avente ad oggetto "Sentenza n. 1359/2013 del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia di Lecce - sez. prima - provvedimento definitivo volto alla revisione dei prezzi, da riconoscere alla Monteco srl, in conformità a quanto stabilito dall'art. 8 del contratto di appalto n. 5681 del 23/05/2006", nonchè di ogni ulteriore atto, presupposto, connesso e/o consequenziale, ivi compresi, espressamente e per quanto di interesse, della relazione tecnica redatta dall'ing. Riccardo Bandello, allegata e fatta propria dalla suddetta deliberazione,
e per l'accertamento
del giusto credito vantato dalla ricorrente nei confronti del Comune riveniente dalla revisione del prezzo ex art. 8 del Contratto d'appalto,
nonché per la condanna al pagamento delle relative somme.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di San Cesario di Lecce;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 luglio 2014 la dott.ssa Claudia Lattanzi e uditi per le parti i difensori F P, A V.
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
L’ATI tra Aspica, Ecotecnica e Monteco si è aggiudicata l’appalto indetto dall’Ato LE/1 per l’affidamento dei “servizi di spazzamento delle reti stradali urbane e delle aree pubbliche di 9 Comuni appartenenti all’Autorità per la gestione dei rifiuti solidi urbani nel bacino Lecce/1, di raccolta indifferenziata e differenziata, trasporto agli impianti di stabilimento e/o trattamento dei rifiuti urbani (RSU) e dei rifiuti speciali assimilati agli urbani (RSAU) e per la gestione dell’impianto di Campi Salentina per lo stoccaggio e lavorazioni dei materiali della raccolta differenziata”.
L’ATI ha quindi stipulato con l’ATO Le/1 il contratto di appalto.
Nella suddivisione dei comuni costituenti l’Ato LE/1 tra le ditte costituenti l’ATI, la Monteco, ditta ricorrente, ha avuto la gestione del servizio, tra gli altri, del comune di San Cesario di Lecce.
Nel corso dell’esecuzione dei servizi l’ATI ha attivato il procedimento previsto dall’art. 8 del contratto di appalto, rubricato “Ampliamento e/o riduzione dei servizi e aggiornamento del canone”, anche in relazione alle spettanze di competenza della Monteco.
Il Comune ha ritenuto di non riconoscere le somme richieste.
Avverso questo provvedimento e per l’accertamento del giusto credito è stato proposto il presente ricorso per i seguenti motivi: eccesso di potere per falsità ed erroneità del presupposto;violazione dell’art. 8 C.d.A.;violazione del verbale di riunione 7.7.2009;violazione di generali principi di lealtà e correttezza;sviamento di potere.
Il Comune, con memoria del 26 marzo 2014, ha controdedotto nel merito
Nella pubblica udienza del 10 luglio 2014 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Il ricorso è inammissibile per difetto di giurisdizione.
La giurisprudenza, nell’ambito del riparto di giurisdizione, ha chiarito che “nelle controversie relative ai procedimenti di affidamento degli appalti di lavori, servizi e forniture indetti da soggetti tenuti, nella scelta del contraente, all'applicazione della normativa comunitaria o al rispetto dei principi di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale, l'art. 133 lett. e) n. 1) c.p.a. tiene ben distinta la fase dell'affidamento, strettamente legata alle procedure di evidenza pubblica, nelle quali il privato assume nei confronti dell'Amministrazione prevalentemente una posizione di interesse legittimo, dalla successiva fase dell'esecuzione, posteriore alla stipula del contratto, di natura prettamente privatistica, atteso che il privato appaltatore si trova sullo stesso piano dell'Amministrazione committente, vantando verso di essa soltanto diritti soggettivi, per i quali non hanno alcuna incidenza i poteri discrezionali ed autoritativi della Pubblica amministrazione” (Tar Potenza, sez. I, 8 novembre 2013, n. 704).
“Ai sensi dell'art. 133 comma 1 lett. e) n. 2 c.p.a., rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo la controversia inerente alla revisione dei prezzi in un contratto qualificabile come appalto pubblico di servizi, atteso che l'art. 244 del Codice dei contratti pubblici, superando la tradizionale distinzione in base alla quale erano devolute alla giurisdizione del giudice ordinario le controversie relative al quantum della revisione prezzi e al giudice amministrativo quelle relative all'an debeatur, impone la concentrazione dinanzi alla stessa Autorità giurisdizionale di tutte le cause relative all'istituto della revisione prezzi negli appalti pubblici ad esecuzione continuata o periodica, con conseguente potere del giudice amministrativo di conoscere della misura della revisione e di emettere condanna al pagamento delle relative somme, risultando in tal modo superata la tradizionale distinzione fondata sulla consistenza della situazione soggettiva fatta valere (diritto soggettivo / interesse legittimo)” (Tar Lecce, sez. III, 13 settembre 2013, n. 1926).
Posti questi principi è da rilevare che la clausola di cui si chiede l’applicazione stabilisce “Per il calcolo ed il pagamento del canone, durante i primi sei mesi del servizio verranno utilizzate le quantità utilizzate dall’A.T.O. e poste a base di riferimento nella procedura di aggiudicazione e nel Capitolato speciale d’Appalto. A termine di tale periodo, con procedura in contraddittorio tra l’A.T.O. e l’Imprese, si procederà ad una revisione delle quantità presunte inizialmente segnalate ed alla rideterminazione del canone con il conguaglio delle somme già liquidate. La procedura indicata sarà effettuata semestralmente e quanto determinato a tali scadenze, sarà preso come riferimento per i sei mesi successivi. Nel caso che l’entità della variazione sia inferiore o uguale al 10% (dieci percento) non si procederà ad alcun aggiornamento del canone ma tale variazione sarà tenuta in conto nelle successive verifiche semestrali ai fini dell’aggiornamento stesso. L’A.T.O. si riserva di procedere alla fornitura di attrezzature intese al miglioramento delle raccolte differenziate alla cui attuazione l’A.T.I resta comunque obbligata, senza che essa abbia nulla a pretendere, anche sotto l’aspetto economico essendo tale obbligo, comunque, compreso tra quelli di cui al presente appalto (art. 25 c.s.a)”.
Tale clausola non può essere considerata una clausola di revisione prezzi, come tale spettante alla giurisdizione del giudice amministrativo, per due ordini di ragioni.
In primo luogo, nel contratto in esame è presente una clausola (art. 7) (“ La revisione periodica con cadenza biennale del prezzo contrattuale ex art. 6 della legge 573/93 come sostituita dall’art. 44 del d.lgs. 724/94 sarà applicata ...”) che ha espressamente previsto il meccanismo della revisione dei prezzi nell’appalto in questione,cioè dell’adeguamento del canone in dipendenza dell’aumento dei costi dei beni e servizi utilizzati per rendere il servizio previsto ;clausola revisionale che è stata inoltre azionata ed è oggetto di due sentenze di questo Tribunale (1746/2012 e 2423/13), che hanno determinato il quantum dovuto alla ricorrente.
Nel caso in esame, invece, la ricorrente assume l'insufficienza dell'importo del canone di esercizio ritenendosi inadeguati alcuni costi così come determinati dal contratto rispetto alle prestazioni necessarie così come evidenziatesi nel corso del rapporto, con la conseguenza che le pretese in esame non attengono alla revisione dei prezzi dell’appalto, ma riguardano la fase esecutiva del contratto.
Rectius, oggetto del presente giudizio sono i costi ulteriori che si ritengono sostenuti per rendere prestazioni eccedenti quelle previste nel contratto, con la conseguenza che difetta la giurisdizione del giudice amministrativo.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione.
Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio.