Trib. Bari, sentenza 11/11/2024, n. 4292
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Tribunale di Bari
Sezione Lavoro
Il Tribunale, nella persona del giudice designato Dott. Francesco De Giorgi
Alla udienza del 11/11/2024 ha pronunciato la seguente
SENTENZA CONTESTUALE nella causa lavoro di I grado iscritta al N. 13571/2023 R.G. promossa da:
, rappresentato e difeso dall'avv.DE ANGELIS AURELIO giusta Parte_1 procura in atti
RICORRENTE
contro
:
rappresentato e difeso dall'avv LOIACONO Controparte_1
LA, B.BI e D.ON giusta procura in atti
RESISTENTE
Oggetto: differenze retributive
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con ricorso depositato il 4.12.2023 il ricorrente conveniva in giudizio la propria datrice di lavoro, chiedendo la condanna della stessa Controparte_1 al pagamento delle differenze retributive, asseritamente maturate e non corrisposte, a titolo di straordinario per le giornate di lavoro prestato in trasferta dal gennaio 2017 al maggio 2023. Parte In particolare dichiarava di essere dipendente delle con mansioni di
“operatore certificatore di cui alla III area professionale - area operativa: manutenzione impianti officina” ai sensi del CCNL autoferrotranvieri del
27.11.2000 e di svolgere attività lavorativa dalle 7:00 alle 13:30 (in caso di
lavoro notturno dalle 22:00 alle 5:48), per un totale di 39 ore settimanali distribuite su sei giorni.
Lo stesso specificava, poi, di essere assegnato al “punto di raccolta” presso la stazione di Altamura, ove iniziava e concludeva la propria giornata lavorativa con la timbratura del cartellino e le attività di vestizione e svestizione imposte dal DVR. La sua tratta di competenza, ossia il “luogo di lavoro” si estendeva per un raggio di 50 km dalla stazione di Altamura, così che l'attività lavorativa svolta oltre i suddetti limiti territoriali veniva considerata “lavoro in trasferta”, con erogazione di apposita indennità diaria.
Ciò premesso il ricorrente lamentava il mancato riconoscimento e pagamento, da parte della datrice di lavoro, delle ore di straordinario, in aggiunta all'indennità di trasferta, ogni qual volta il tempo di viaggio per il lavoro prestato oltre i 50 km determinava uno sforamento dal normale orario di lavoro.
Concludeva per la condanna della convenuta al pagamento della somma di
€8.205,99. Parte Si costituivano in giudizio le le quali contestavano quanto dedotto dal ricorrente e concludevano per il rigetto del ricorso.
Tanto premesso il ricorso è fondato e merita accoglimento.
Ritiene lo scrivente di confermare quanto deciso nella sentenza n.2316/22 passata in cosa giudicata su caso analogo.
Per giungere alla soluzione della questione occorre chiarire se, nel caso di specie, il tempo di viaggio impiegato per la trasferta sia o meno qualificabile come orario di lavoro, computabile ai fini dello straordinario ovvero se esso, lungi dall'incidere sull'orario di lavoro, sia già adeguatamente retribuito a mezzo di indennità di trasferta.
Tanto anche tenendo presente che, il caso specifico oggetto di esame si differenzia dall'ipotesi, più frequente e generale, in cui lo spostamento e dunque il tempo di viaggio precede l'inizio della giornata lavorativa ed è dunque escluso dal computo dell'orario di lavoro (Cass. n. 1555/03). In questo caso, infatti, la trasferta si colloca nel corso della giornata lavorativa ossia quando il lavoratore si è già recato al “punto di raccolta” per timbrare il cartellino in entrata e ha già svolto le attività di vestizione, pacificamente rientranti nell'orario di lavoro. Allo stesso modo il tempo di viaggio si rende
necessario affinchè il lavoratore rientri al “punto di raccolta” per timbrare il cartellino in uscita e compiere le attività di svestizione, terminando così la sua giornata lavorativa.
Occorre dunque prendere le mosse dalla nozione di “orario di lavoro” che
l'art 1 lett. a) d.lvo 66/03 definisce come il periodo di tempo durante il quale sussistono tre condizioni: il lavoratore si trova a lavoro;
è a disposizione del datore di lavoro ed è nell'esercizio delle sue attività o funzioni.
A tale proposito occorre precisare che la giurisprudenza (Cassazione, sez. lav.,sent. n. n. 13466/2017;
Cass., sez. lav. n. 5701/2004)