Trib. Busto arsizio, sentenza 23/05/2024, n. 241

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Sul provvedimento

Citazione :
Trib. Busto arsizio, sentenza 23/05/2024, n. 241
Giurisdizione : Trib. Busto arsizio
Numero : 241
Data del deposito : 23 maggio 2024

Testo completo

TRIBUNALE ORDINARIO di BUSTO ARSIZIO SEZIONE LAVORO
Il Tribunale, nella persona del giudice designato dott.ssa F M, all'udienza del 9.4.2024 ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa lavoro di I grado iscritta al N. 147/2022 R.G. promossa da:
, , CP_1 CP_2 Controparte_3 [...]
, , Controparte_4 Controparte_5 [...]
, , CP_6 Controparte_7 Controparte_8
, , ,
[...] CP_9 Controparte_10 CP_11
, ,
[...] CP_12 CP_13 Controparte_14
, ,
[...] Controparte_15 Controparte_16 [...]
, , CP_17 CP_18 Controparte_19
, , ,
[...] CP_20 CP_21 CP_22
, e Controparte_23 Controparte_24 [...]
rappresentati e difesi dagli Avv.ti ANDREA Controparte_25
BORDONE e MARIO LOTTI
RICORRENTI

contro

:
, in persona del legale rappresentante pro Controparte_26
tempore, rappresentato e difeso dall'Avv. FULVIO ANTONIO MOIZO,
MARIA FRANCESCA CAVALIERE e CLAUDIO MOIZO
RESISTENTE
CONCLUSIONI: come in atti

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con ricorso ritualmente notificato i ricorrenti in epigrafe indicati hanno convenuto in giudizio il loro datore di lavoro, , Controparte_26
chiedendo di:
accertare e dichiarare il diritto dei ricorrenti a essere compensati per ciascuna ora di lavoro svolto di domenica con una maggiorazione oraria del 30% o nella diversa misura o con i diversi vantaggi e/o benefici che verranno ritenuti di giustizia;

condannare la convenuta al pagamento in favore di ciascuno dei ricorrenti di una maggiorazione oraria nella misura del 30% con corresponsione delle somme per ciascuno dei ricorrenti indicate in ricorso.
Si costituiva in giudizio contestando ed impugnando tutte le CP_26
deduzioni in fatto e diritto svolte nel ricorso e chiedendo il rigetto delle domande formulate dai ricorrenti.
Senza svolgimento di istruttoria orale, la causa veniva discussa e decisa all'udienza del 9 aprile 2024.
La domanda di riconoscimento del diritto dei ricorrenti a godere di una maggiorazione sulla retribuzione oraria utile a compensare la maggiore gravosità del lavoro svolto nelle giornate domenicali è fondata sia nell'an che nel quantum.
E' pacifico e conforme a un orientamento giurisprudenziale consolidato il fatto che il lavoro prestato nelle giornate domenicali, anche nell'ipotesi di
differimento del riposo settimanale in un giorno diverso, debba essere compensato con un quid pluris.
La difesa della resistente nega la maggior gravosità del lavoro domenicale alla luce dei cambiamenti sociali, ma ha sostenuto che, di fatto, i lavoratori ricorrenti già godano di questo quid pluris. Sostiene, infatti, che “la domenica non CP_26
è più il giorno dedicato da tutti i consociati, cittadini e non, per lo svolgimento delle attività di carattere religioso, culturale e sociale” e che, pertanto, il lavoro domenicale non sarebbe più oneroso del lavoro prestato negli altri giorni della settimana.
La tesi non è condivisibile. E' ancora consolidato il costume sociale che vede nella domenica il giorno dedicato non solo al riposo, ma anche e soprattutto alle attività sociali e culturali (si pensi all'accesso gratuito ai musei e ad altri luoghi di interesse artistico e paesaggistico nelle giornate di domenica, alle manifestazioni
e gare sportive anche amatoriali), alle pratiche religiose e alla famiglia (non solo
l'attività scolastica è sospesa la domenica, ma anche la gran parte delle altre attività lavorative). Per le ragioni sopra indicate, il rilievo che molti lavoratori siano necessariamente impegnati in attività lavorative (settore ristorazione, sanitario etc..) anche nella giornata di domenica, non esclude affatto la maggior gravosità del lavoro domenicale.
Il CCNL imprese di pulizia e servizi integrati/multiservizi applicato tra le parti prevede espressamente all'art.40 che “per i lavoratori per i quali è ammesso il lavoro nei giorni di domenica con riposo compensativo in altro giorno della settimana, la domenica sarà considerato giorno lavorativo mentre sarà considerato festivo a tutti gli effetti il giorno fissato per il riposo compensativo”.
Di conseguenza, le prestazioni rese nella giornata di domenica vengono retribuite da con la normale retribuzione oraria, in assenza di CP_26
qualsivoglia maggiorazione. In altre parole, la retribuzione oraria riconosciuta ai lavoratori turnisti è la stessa di quella spettante ai colleghi che non rendono la prestazione alla domenica e tutti i dipendenti godono di un identico numero di riposi annui (104). ha sottoscritto un accordo con le OO.SS. che prevede la prestazione CP_26
di ulteriori 17 giorni nell'anno solare da parte dei lavoratori turnisti 4+2. La circostanza è quindi documentale. però sostiene di non aver sempre CP_26
preteso tale prestazione e che i ricorrenti non hanno effettivamente recuperato tutti e 17 i giorni. A sostegno di tale allegazione ha prodotto prospetti sui riposi effettivi goduti dai lavoratori, superiori ai colleghi adibiti al turno 5+2.
Di conseguenza, secondo la resistente, i lavoratori adibiti al turno 4+2 avrebbero, di fatto, goduto di vantaggi e/o benefici compensativi del lavoro domenicale.
Anche a prescindere dal fatto che è documentalmente provato che non tutti i ricorrenti hanno effettivamente goduto di tale beneficio di fatto (consistito appunto nel mancato recupero di tutti i 17 giorni), diversamente da quanto sostenuto dalla resistente, i benefici, di fatto, previsti dalla turnazione 4+2, così come gestita e organizzata da non possono dirsi effettivi Controparte_26
proprio perché non garantiti, ossia non espressamente concordati per iscritto con accordo di secondo livello o di altro tipo e quindi unilateralmente e arbitrariamente la società potrebbe decidere di far recuperare ai lavoratori tutti i
17 giorni. Il “ quid pluris” da riconoscere al “lavoratore domenicale” non può essere demandato all'unilaterale iniziativa del datore di lavoro (o, addirittura, alla sua discrezionalità) in quanto l'attribuzione dei vantaggi e dei benefici
(economici o non) compensativi del lavoro domenicale deve necessariamente
trovare la propria origine e la propria fonte nella contrattazione collettiva. (Cass.
Civ., sez. lavoro 8 novembre 2013, n. 25196, Cass. 29.07.10 n. 17725 e 28.11.01
n. 15044). La “prassi” del “mancato recupero” non può essere ritenuta garanzia di un beneficio compensativo dal momento che esiste un accordo sindacale del 4 settembre 2019, la cui vigenza non è in discussione, che sancisce, invece, l'obbligo dei lavoratori di effettuare 17 giorni di rientro lavorativo all'anno (doc. 50 ric.).
Non si intende negare che la turnazione 4+2 predisposta da CP_26
nell'esecuzione del servizio a lei affidato e la prassi dalla stessa seguita nella gestione di tale turnazione possa aver consentito alla platea dei lavoratori di potere godere complessivamente di un numero maggiore di riposi rispetto ai lavoratori adibiti al turno 5+2, ma ciò non significa che sia stato loro garantito un beneficio compensativo del lavoro prestato nelle giornate di domenica e ciò per le ragioni e le considerazioni sopra esposte.
La società resistente non ha potuto indicare (perché insussistente) un criterio oggettivo in base al quale il mancato recupero compenserebbe la maggior gravosità del lavoro domenicale. lamenta il fatto che tra gli addetti alla turnazione 4+2 vi sia un CP_26
assenteismo “del tutto patologico” causato dalla scorrettezza del comportamento dei lavoratori.
A dire della resistente la questione della “malattia” ha pesantemente condizionato la gestione delle turnazioni e dei rientri. Nei giorni in cui i ricorrenti si mettevano in malattia in giornata di rientro, non faceva CP_26
più effettuare il rientro e non lo recuperava nei turni di lavoro successivi. Tali mancati rientri, nella prospettazione di parte resistente, rientravano così
stabilmente nel “patrimonio” complessivo del lavoratore quali benefici e/o vantaggi compensativi per l'asserita maggiore gravosità del lavoro prestato di domenica”.
Non è questa la sede per indagare sulle cause del fenomeno dell'assenteismo
(che potrebbero risiedere anche nelle condizioni in cui viene esercitata l'attività lavorativa), ma sicuramente non è corretto considerare la malattia come riposo e quindi escludere dal computo dei giorni di rientro i giorni di malattia che sono caduti in giorni di rientro. In ogni caso, la malattia è un dato puramente soggettivo che rende le posizioni dei lavoratori tutte differenti.
In conclusione, appare evidente come la società resistente non abbia assolto
l'onere della prova su di essa gravante in merito alla dedotta sussistenza di benefici compensativi del lavoro domenicale: non vi è prova in atti del fatto che effettivamente i lavoratori ricorrenti hanno potuto godere, quale compensazione dell'attività domenicale, di un numero di giorni di lavoro programmati inferiore
a quello richiesto ai lavoratori non turnisti.
A monte di tale rilievo, non si può trascurare non solo la mancanza di accordi
e/o patti disciplinanti i benefici compensativi , ma al contrario la presenza dell'accordo del 4 settembre 2019 in base al quale i lavoratori devono effettuare
17 giorni di rientro nel corso dell'anno (peraltro con le scansioni temporali analiticamente fissate nel medesimo accordo).
Anche con riferimento al quantum debeatur, le domande svolte dai ricorrenti devono trovare pieno accoglimento.
Poiché la contrattazione collettiva non ha previsto, sino ad ora, una adeguata misura compensativa del lavoro domenicale, spetta al Giudice, ai sensi di quanto previsto dall'art.1374 c.c., la determinazione del quid pluris.
A tale riguardo, con particolare riferimento alla maggiorazione che dovrà essere riconosciuta in via equitativa, si ritiene che non vi siano ragioni per discostarsi dalla percentuale del 30% già ritenuta congrua, in più occasioni, da questo stesso
Tribunale e dalla Corte d'Appello di Milano in giudizi aventi il medesimo oggetto nei confronti della società che ha preceduto l'odierna resistente nell'ambito degli appalti relativi ai servizi di pulizia dell' Controparte_27
Il raffronto è utile con l'art. 38 del CCNL Multiservizi laddove le parti sociali, nel disciplinare ipotesi di maggiore gravosità del lavoro reso in regime di lavoro straordinario, notturno e festivo, hanno previsto maggiorazioni oscillanti tra un minimo del 25% e un massimo del 75%, contemplando una maggiorazione del
50% per l'ipotesi più prossima a quella del lavoro domenicale, ovvero per “il lavoro nei giorni considerati festivi”. La percentuale del 30% appare equa anche in considerazione del fatto che il trattamento economico riservato ai lavoratori ricorrenti è particolarmente esiguo e si colloca appena al di sopra della soglia minima tracciata dall'art. 36 della Costituzione.
In conclusione, deve essere condannata, per ogni Controparte_26
singolo lavoratore ricorrente, al riconoscimento del diritto, sin dall'assunzione, a una maggiorazione oraria nella misura del 30% per le attività lavorative svolte nelle giornate di domenica. Conseguentemente la società convenuta dovrà essere altresì condannata, con riferimento al periodo decorrente dalla data di assunzione al 31 luglio 2021 (o alla data di cessazione del rapporto di lavoro, se antecedente), al versamento degli importi analiticamente indicati nei conteggi in atti ( doc.65), cui dovranno aggiungersi gli importi dovuti per ogni ora di lavoro domenicale prestata dal 1° agosto 2021 sino al riconoscimento del diritto.
L'ammontare delle domeniche lavorate e il numero di ore domenicali complessivamente prestate sino al 31 luglio 2021, è documentale e si evince: a) dalla tabella riepilogativa delle giornate e delle ore lavorate, mese per mese, da ogni singolo lavoratore;
b) dai prospetti paga allegati, elaborati da
[...]
riportanti il calendario delle presenze nel quale, mese per mese, CP_26
sono analiticamente indicate sia le domeniche lavorate sia le ore di servizio prestate in tali giornate.
La contestazione dei conteggi effettuata da parte resistente riguarda sostanzialmente il fatto che taluni dei ricorrenti hanno goduto di un maggior numero di riposi. Tale circostanza, ove adeguatamente provata, potrà semmai fondare il diritto della resistente a richiedere un “rimborso”.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
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