Trib. Roma, sentenza 25/11/2024, n. 11976

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Sul provvedimento

Citazione :
Trib. Roma, sentenza 25/11/2024, n. 11976
Giurisdizione : Trib. Roma
Numero : 11976
Data del deposito : 25 novembre 2024

Testo completo


R.G. 32942/2024
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TERZA SEZIONE LAVORO
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa Silvia Antonioni, spirati i termini assegnati ex art. 127 ter cpc fino al 22.11.2024, ha pronunciato, mediante deposito telematico in data odierna, la seguente
SENTENZA nella causa promossa da
, elettivamente domiciliato in Roma, viale Parte_1
Gorizia 52, presso lo studio dell'avv. Marco Tavernese che lo rappresenta e difende per procura allegata al ricorso
RICORRENTE
CONTRO
, in persona del rappresentato e Controparte_1 CP_2
difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato e domiciliato presso i suoi uffici in
Roma, Via dei Portoghesi 12
RESISTENTE
CP_3
CONTUMACE
OGGETTO: differenze retributive
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


1. Con ricorso depositato in data 13 settembre 2024 e ritualmente notificato, la parte ricorrente in epigrafe indicata ha convenuto avanti l'intestato Tribunale il Controparte_1
e l esponendo:
[...] CP_3
- di essere detenuto, dal mese di dicembre 2004 sino al mese di aprile 2006 presso l'Istituto
Casa Circondariale “Bicocca” di Catania;
dal mese di aprile 2006 sino al mese di novembre
2008 presso l'Istituto Casa Circondariale di Livorno;
dal mese di novembre 2008 sino alla data di redazione del presente ricorso presso l'Istituto Casa di Reclusione “Paolo Pittalis” di Tempio Pausania;
di aver prestato - dal mese di gennaio 2005 sino al mese di settembre 2023 - attività lavorativa, con varie mansioni, specificate in ricorso, presso i suddetti istituti penitenziari, precisando altresì che detto rapporto di lavoro deve ritenersi unico, sia pure con interruzioni e perché non cessata l'attività lavorativa.
- che, con riferimento al lavoro intramurario svolto nel periodo gennaio 2005 - giugno
2017, si è visto corrispondere la mercede carceraria, come da cedolini paga allegati, inferiore a quanto previsto dagli artt. 20 e 22 l. n. 354/1975 (in relazione all'adeguamento della mercede) in quanto parametrata ai livelli retributivi del CCNL applicabile vigenti al
1993 e non più adeguati da parte del . CP_1
Assumendo, quindi, di aver maturato un credito per differenze retributive (per retribuzione, 13^ e 14^, indennità sostitutiva delle ferie maturate e non godute, lavoro straordinario, compenso aggiuntivo per lavoro festivo e TFR) pari a € 3.791,38 calcolato mediante applicazione di una retribuzione oraria corrispondente alla misura non inferiore ai due terzi delle tariffe minime previste dalla contrattazione collettiva per i livelli di inquadramento corrispondenti alle mansioni svolte, secondo le determinazioni già individuate dal convenuto (come da nota 10.11.1993), CP_1 Controparte_1
ha chiesto la condanna del al pagamento del detto ammontare, “con ogni CP_1
conseguenza prevista dalla legge in punto di regolarizzazione della posizione previdenziale ed assicurativa”, oltre interessi e rivalutazione monetaria e con vittoria di spese da distrarsi.

4. Il , tempestivamente costituitosi, ha eccepito in via preliminare Controparte_1
la prescrizione quinquennale del credito ex art. 2948 c.c. per il periodo anteriore al quinquennio alla data di notifica del ricorso. In relazione al quantum ha eccepito la non
debenza della 14^ mensilità, l'assenza di prova del lavoro straordinario svolto ed il difetto di compenso raddoppiato per il lavoro festivo perché non determinato dalla competente commissione prima del 2018.

5. L pur ritualmente evocato in giudizio, non si è costituito. CP_3

6. All'odierna udienza, celebrata con le modalità della trattazione scritta, previo scambio di note ex art. 127 ter cpc, la causa, di natura documentale, è stata dunque decisa mediante deposito telematico della presente sentenza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente va dichiarata la contumacia dell CP_3
L'eccezione di prescrizione sollevata dal è infondata. Controparte_1
Come noto in tema di lavoro carcerario la prescrizione non decorre durante lo svolgimento dell'attività lavorativa e tale sospensione permane fino alla cessazione del rapporto di lavoro non potendo estendersi all'intero periodo di detenzione ( cfr Ord. Cass sez lav n° 27340/2019, Cass. 3925/2015, Cass. 3062/2015 ). Come ben chiarito dalla sentenza della Corte di Appello di Roma n° 726/2023 “ l'esistenza di fatti estintivi del “rapporto di lavoro carcerario”, atti ad interrompere il regime di sospensione del termine prescrizionale, deve essere provata da chi l'adduce, e non può essere desunta dal fatto che l'attività sia stata svolta in diverse carceri, posto che il rapporto di lavoro si instaura con il e non con l'Istituto di pena - argomentando da CP_1
Cass. n. 12205/2019 e Cass n. 18308/2009, sia pure riguardo all'applicazione dei criteri di competenza territoriale di cui all'art. 413 c.p.c. - sicchè il trasferimento del detenuto non comporta, di per sé, cessazione del rapporto, né, come pretende l'appellante, la cessazione del rapporto può essere desunta dal mero mutamento di mansioni via via assegnate” .
Deve richiamarsi sul tema il condivisibile orientamento da ultimo ribadito dalla Corte di
Appello di Roma con le recenti sentenze n° 677/2024 del 23/2/2024 e n° 680/2024 del
16/2/2024, secondo il quale “Invero, pur nella diversità delle mansioni (riconducibili tutte, comunque, alla figura di addetto ai servizi vari dell'Istituto di pena), e pur nella diversità dei luoghi di espletamento di tali mansioni (le varie Case circondariali), il rapporto de quo - lo si ripete - è caratterizzato dalla unicità e dalla continuità. In altri termini, appare dirimente sottolineare che non siamo in presenza di una pluralità di rapporti distinti, ma di un unico rapporto di lavoro, svoltosi continuativamente durante il periodo di detenzione, anche se non coincidente con la durata di quest'ultimo (tanto che qui il dies a quo si fa decorrere dalla “cessazione del rapporto di lavoro”, e non dal “fine pena”, ossia dalla scadenza dello stato di detenzione). Al riguardo - pur in difetto di idonea documentazione di supporto da parte del
Ministero (v. supra) - potrebbe opinarsi che trattavasi di una pluralità di contratti a termine, ma privi della forma scritta, richiesta ad substantiam per il lavoro a tempo determinato. In realtà, va evidenziata la peculiarità del lavoro penitenziario che, innanzitutto, per i condannati, è obbligatorio, per cui non si costituisce per contratto, ma mediante provvedimenti di “assegnazione al lavoro” che, stante il carattere limitato dei posti disponibili, dipendono dall'utile collocazione in un'apposita graduatoria;
le stesse assegnazioni al lavoro sono, poi, del tutto precarie, e non danno luogo a rapporti stabili;
inoltre, nessuna disciplina sembra emergere quanto alla cessazione del “rapporto di lavoro” interno, potendo il lavoratore- detenuto essere “escluso dall'attività lavorativa” se manifesta un sostanziale rifiuto ad espletarla o per motivi disciplinari, che, peraltro, non si riferiscono specificamente al lavoro come tale (v, in proposito, legge

n. 354/1975, d.P.R. n. 230/2000, e s.m.i.). Ne deriva che il lavoro penitenziario non dà luogo ad un rapporto giuridico obbligatorio simile, per struttura, a quello delineato dall'art. 2094 c.c., nel quale una parte assume stabilmente l'obbligo di collaborare e l'altra quello di retribuire, potendo tali obblighi persistere fino a quando una delle parti recede;
i detenuti hanno il diritto e
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