Trib. Torino, sentenza 20/11/2024, n. 5837

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Sul provvedimento

Citazione :
Trib. Torino, sentenza 20/11/2024, n. 5837
Giurisdizione : Trib. Torino
Numero : 5837
Data del deposito : 20 novembre 2024

Testo completo

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI TORINO
Nona Sezione Civile
in composizione collegiale nelle persone di:
Alessandra Aragno Presidente Silvia Carosio Giudice
Monica Mastrandrea Giudice rel./est.
nel procedimento iscritto al r.g n. 17600/2023 vertente tra:
nato a [...]ù) l'8.2.1968, CUI , elettivamente Parte_1 C.F._1 domiciliato presso lo studio dell'Avv. Maria Cristina Barbato che lo rappresenta e difende come da procura in atti
ricorrente
e
– Questura di Torino con l'Avvocatura dello Stato Controparte_1 resistente

avente ad oggetto: ricorso ex art. 281 undecies c.p.c. avverso diniego di rilascio del permesso di soggiorno per protezione speciale del Questore della Provincia di Torino del 17.5.2023 notificato il 22.9.2023.
sciogliendo la riserva che precede, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Con ricorso depositato in data 10.10.2023 il sig. nato a [...] Parte_1 (Perù) l'8.2.1968, ha impugnato il decreto del Questore di Torino datato 17.5.2023 e C.F._2 notificato il 22.9.2023 con cui la PA ha respinto l'istanza di rilascio di permesso di soggiorno per protezione speciale, chiedendo al Tribunale di riconoscere in proprio favore il diritto alla protezione speciale ai sensi degli artt. 32, co. 3, d.lgs. 25/2008 e art. 19, comma 1, T.U.I.
A sostegno della domanda il ricorrente ha richiamato il lungo periodo di permanenza in Italia, l'elevato grado di integrazione socio-lavorativa raggiunta, la presenza sul territorio italiano della sorella. Il Tribunale ha sospeso l'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato ed ha fissato l'udienza al 21.5.2024. Il si è costituito in data 15.5.2024 ed ha sostenuto l'insussistenza dei Controparte_1 presupposti per il riconoscimento in capo al ricorrente di un permesso per protezione speciale evidenziando: che dall'estratto contributo emerge come le attività svolte dal ricorrente non CP_2 abbiano una continuità nel tempo e che i proventi risultano insufficienti per il proprio mantenimento
non potendosi dunque parlare di integrazione sotto questo punto di vista;
che la semplice presenza di una sorella non costituisce elemento tanto pregnante da far presumere una violazione della propria vita privata in caso di rimpatrio. All'udienza del 21.5.2024: nessuno è comparso per la PA costituita;
la difesa ha richiamato il deposito di nuovi documenti ed ha chiesto che l'udienza di discussione fosse fissata in forma scritta;
il Giudice relatore delegato per la trattazione del procedimento ha fissato l'udienza di discussione collegiale al 25.9.2024, ha assegnato ex art 275 bis c.p.c. termini al 5.9.2024 e 14.9.2024 ed ha sostituito l'udienza di discussione con il deposito di note scritte nel termine del 25.9.2024. Allo scadere di questo termine, la causa è stata rimessa alla decisione del Collegio. Quanto all'eccepita illegittimità dell'atto amministrativo per mancato preavviso di rigetto ai sensi dell'art. 10 bis l. 241/1990, si rileva che l'istituto in parola ha lo scopo di far conoscere alla PA procedente le ragioni fattuali e giuridiche dell'interessato che potrebbero contribuire a far assumere una diversa determinazione finale, derivante dal pieno esame di tutti gli interessi in gioco. Ad ogni modo, deve ritenersi la non annullabilità dell'atto finale in ipotesi di mancata notifica del preavviso di rigetto nei casi in cui il contenuto dell'atto amministrativo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, sia perché vincolato, sia perché, sebbene scaturente da un'attività di natura discrezionale dell'amministrazione, esso risulti in concreto non modificabile (in questo senso Cass. ord. 10.6.2020, n. 11083). In definitiva, la norma di cui all'art. 10 bis in parola va letta in combinato disposto con l'art. 21 octies della medesima legge n. 241 del 1990, così come deve essere fatto per le altre norme in materia di partecipazione procedimentale, giungendosi ad una sua interpretazione non in senso formalistico, ma avendo riguardo all'effettivo pregiudizio che l'inosservanza dell'obbligo partecipativo abbia eventualmente causato alle ragioni del privato. Ne consegue doversi ritenere che il mancato preavviso di rigetto non determini l'illegittimità automatica del provvedimento finale, quando possa trovare applicazione l'art. 21 octies sopra citato, secondo cui il giudice non può annullare il provvedimento amministrativo per vizi formali quando questi non abbiano inciso sulla sostanziale legittimità del provvedimento, il cui contenuto non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato (sul punto: Cons. Stato 13.2.2020, n. 1144;
12.2.2020, 1081, 19.2.2019, n. 1156;
11.1.2019, n. 256). Dunque, la violazione della garanzia partecipativa di cui all'art. 10 bis assume rilevanza nelle sole ipotesi in cui la mancata partecipazione del privato al procedimento amministrativo gli abbia impedito di apportare utili elementi di valutazione da sottoporre alla valutazione della PA. Detta interpretazione è peraltro in linea con la circostanza per cui le garanzie procedimenti devono essere intese come poste a tutela dei concreti interessi, senza risolversi in inutili aggravi procedimentali secondo i principi di efficienza e speditezza del procedimento amministrativo.
Ciò posto in diritto, nella specie il provvedimento questorile di diniego non avrebbe potuto avere diverso contenuto decisorio alla luce del parere negativo al rilascio del richiesto titolo di soggiorno rilasciato dalla Commissione territoriale. Ne consegue, sotto questo profilo, la legittimità dell'atto amministrativo impugnato. Nel merito oggetto del giudizio è l'impugnazione del provvedimento del Questore di Torino che ha rigettato l'istanza di rilascio del permesso di soggiorno per protezione speciale. Sul punto sono intervenute negli ultimi anni varie modifiche normative.
Innanzitutto, con il d.l. n. 113 del 2018 conv. dalla l. n. 132 del 2018, è stata rivista e modificata integralmente la disciplina della protezione umanitaria tipizzando precise fattispecie al fine di riconoscere al richiedente un permesso speciale per motivi diversi dalla protezione internazionale (al riguardo, in assenza, nel d.l. del 2018 n. 113, di una disciplina transitoria e in applicazione dell'art. 11 delle disp. preleggi c.c., si è ritenuto applicabile la normativa previgente alle domande proposte anteriormente all'entrata in vigore del citato decreto: in questo senso, Cass. n. 4890 del 2019;
Cass. n. 7831 del 2019).
Successivamente, in data 22 ottobre 2020, è entrato in vigore il d.l. n. 130 del 2020, conv. con modifiche dalla l. n. 173 del 2020, che, per quanto qui di rilievo, nel confermare la scelta della tipizzazione rispetto alla fattispecie di protezione complementare c.d. “a catalogo aperto”, ha
modificato nuovamente il testo dell'art. 5, comma 6, T.U.I., ripristinando il dovere del rispetto degli obblighi costituzionali e internazionali (originariamente espresso, ma poi eliminato dal d.l. n. 113 del 2018, conv. con modifiche nella l. n. 132 del 2018).
Infine, sempre per quanto di rilievo in questa sede, con d.l. n. 20 del 2023, conv. con modificazioni dalla l. n. 50 del 2023, è stata nuovamente modificata la formulazione (anche) dei commi 1.1. e 1.2. dell'art. 19, T.U.I., ma con norma transitoria è stata prevista l'applicabilità della normativa abrogata alle domande di riconoscimento della protezione speciale presentate in data anteriore all'entrata in vigore del predetto decreto-legge, ossia all'11.3.2023. Al caso di specie, si applica la normativa previgente all'entrata in vigore della modifica di cui al d.l. n. 20 del 2023, conv. con modificazioni dalla l. n. 50 del 2023. Ciò posto, l'art. 19 T.U.I. nella formulazione di cui alle modifiche apportate con d.l. n. 130 del 2020, conv. con modifiche dalla l. n. 173 del 2020, prevede, tra l'altro, al comma 1.1. che: “non sono ammessi il respingimento o l'espulsione o l'estradizione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che essa rischi di essere sottoposta a tortura o a trattamenti inumani o degradanti o qualora ricorrano gli obblighi di cui all'articolo 5, comma 6. Nella valutazione di tali motivi si tiene conto anche dell'esistenza, in tale Stato, di violazioni sistematiche e gravi di diritti umani. Non sono altresì ammessi il respingimento o l'espulsione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che l'allontanamento dal territorio nazionale comporti una violazione del diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, a meno che esso non sia necessario per ragioni di sicurezza nazionale ovvero di ordine e sicurezza pubblica nonché di protezione della salute (…). Ai fini della valutazione del rischio di violazione di cui al periodo precedente, si tiene conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell'interessato, del suo effettivo inserimento sociale in Italia, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonché dell'esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d'origine”. Il successivo comma 1.2. della norma in esame (sempre come modificato dal d.l. n. 130 del 2020, conv. con modifiche dalla l. n. 173 del 2020) stabilisce che: “nelle ipotesi di rigetto della domanda di protezione internazionale, ove ricorrano i requisiti di cui ai commi 1 e 1.1., la Commissione territoriale trasmette gli atti al Questore per il rilascio di un permesso di soggiorno per protezione speciale. Nel caso in cui sia presentata una domanda di rilascio di un permesso di soggiorno, ove ricorrano i requisiti di cui ai commi 1 e 1.1, il Questore, previo parere della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, rilascia un permesso di soggiorno per protezione speciale”. Ciò premesso, si legge nella Relazione illustrativa al d.l. del 2020 che “l'intervento normativo risponde all'esigenza di dar seguito alle osservazioni formulate dalla Presidenza della Repubblica in sede di emanazione del decreto-legge n.
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