Trib. Roma, sentenza 14/01/2025, n. 356

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Sul provvedimento

Citazione :
Trib. Roma, sentenza 14/01/2025, n. 356
Giurisdizione : Trib. Roma
Numero : 356
Data del deposito : 14 gennaio 2025

Testo completo

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI ROMA
SEZIONE LAVORO - PRIMO GRADO 3^
Il Giudice dott. Umberto Buonassisi, all'udienza del 14.01.2025 ha
pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n° 37185/2024, vertente
TRA
CI EL, elettivamente domiciliata in Roma, Salita di San
Nicola da Tolentino 1b, presso lo studio dell'avv. Domenico Naso, che la rappresenta e difende per procura in atti;

- RICORRENTE-
E
MINISTERO DELL'ISTRUZIONE E DEL MERITO, in persona del
legale rappresentante p.t.,;

-RESISTENTE CONTUMACE-
FATTO E DIRITTO


Con ricorso iscritto il 15.10.2024 CI ME ha convenuto in giudizio il
Ministero dell'Istruzione per sentir accogliere le seguenti conclusioni: "
DICHIARARE ED ACCERTARE il diritto della ricorrente ad ottenere il
pagamento, da parte dell'Amministrazione, delle trattenute previdenziali illegittimamente operate dall'Amministrazione, pari a €511,26.- DICHIARARE ED
ACCERTARE, ai sensi dell'art. 23 L. n. 218/52, che le trattenute previdenziali pari a
€511,26 sono illegittime in quanto operate su una contribuzione pagata dopo la scadenza fissata dall'art. 18 D. Lgs. n. 241/92;- CONDANNARE
l'Amministrazione resistente alla restituzione in favore della ricorrente di € 511,26 per le somme illegittimamente trattenute, oltre interessi e rivalutazione;Con vittoria di spese, competenze e onorari, IVA e CPA da distrarsi a favore del difensore costituito che si dichiara antistatario.
Il Ministero non si è costituito e ne è stata dichiarata la contumacia.
All'odierna udienza la causa è stata infine decisa.
****
Risulta dagli atti che il Tribunale di Roma, con la sentenza n.7810/2022, il
Tribunale di Roma ha dichiarato il diritto della ricorrente al riconoscimento
del servizio di pre-ruolo prestato con tutti gli effetti giuridici ed economici conseguenti e ha condannato il Ministero dell'Istruzione alla ricostruzione
integrale della carriera anche della ricorrente, con riconoscimento degli scatti previdenziali.Le differenze retributive sono state corrisposte a luglio 2024, come si evince dal cedolino di cui al doc. n. 2 del ricorso.
Pur tuttavia,come si evince dai due prospetti riassuntivi depositati delle trattenute operate dall'Amministrazione, l'Amministrazione ha eseguito trattenute previdenziali pari a €342,00 liquidando così alla ricorrente la somma di €2.726,28, come si evince dal primo prospetto riassuntivo (All.3) e
la somma di €169,26 liquidando €1.349,46, come si evince dal secondo prospetto riassuntivo (All4).
In sostanza, l'amministrazione ha eseguito trattenute previdenziali ad oggi ancora non recuperate dalla ricorrente pari a € 511,26 che non appaiono
legittime.
E' noto infatti che: "in tema di contributi previdenziali il datore di lavoro che non abbia provveduto ai versamenti dovuti nei termini di legge resta obbligato ai sensi dell'art. 23 della legge n. 218/1952, in via esclusiva per l'adempimento, con esclusione del diritto di rivalsa nei confronti del lavoratore per la quota a carico di quest'ultimo e ciò anche nell'ipotesi in cui l'inadempimento sia conseguenza della nullità del termine di durata apposto al contratto di lavoro, non potendosi ravvisare, in tale situazione, una impossibilità della prestazione derivante da causa oggettiva non imputabile al datore di lavoro" (Cass. n. 6448/2009;
Cass. n. 3782/2008;

Cass. n. 15349/2012;
Cass. n. 23181/2013 ecc.)".
In questo quadro, secondo un indirizzo consolidatosi a partire da Corte di
Cassazione n. 18044/2015 "[...] ai sensi degli artt. 19 e 23 della legge n. 218/1952, solo se il datore di lavoro corrisponde tempestivamente all'ente previdenziale la quota retributiva a carico del lavoratore può legittimamente operare la ritenuta, non consentita, invece, in caso di pagamento non tempestivo, con la conseguenza che in detta ipotesi il credito retributivo si estende automaticamente alla quota contributiva a carico del lavoratore, che diviene perciò parte della retribuzione a lui spettante>> (così in motivazione Cass. 25956/2017 che richiama Cass.
23426/2016, Cass. 18044/2015 e Cass. 19790/2011)"v. pure :Sentenza Corte di
Cassazione n. 18044/2015;
Ordinanza Corte di Cassazione n. 18897/2019).
Il richiamato art. 19 della legge 218/52 recita: "Il datore di lavoro è responsabile del pagamento dei contributi anche per la parte a carico del lavoratore;
qualunque
patto in contrario è nullo. Il contributo a carico del lavoratore è trattenuto dal datore di lavoro sulla retribuzione corrisposta al lavoratore stesso alla scadenza del periodo di paga cui il contributo si riferisce".
L'art. 23, comma 1, afferma invece: "Il datore di lavoro che non provvede al pagamento dei contributi entro il termine stabilito o vi provvede in misura inferiore alla dovuta è tenuto al pagamento dei contributi o delle parti di contributo non versate tanto per la quota a proprio carico quanto per quella a carico dei lavoratori, nonché al versamento di una somma aggiuntiva pari a quella dovuta...."
La norma parla quindi del "datore di lavoro", senza distinguere tra quello pubblico e quello privato ed in relazione al tipo di gestione.
Non solo: secondo l'orientamento (ugualmente consolidato) della Suprema
Corte, il principio fissato dall'art. 23 L. n. 218/1952 “ha carattere generale nell'ordinamento previdenziale, per essere espressione del principio di buona fede e correttezza nell'attuazione del contratto di lavoro" (Cass., Sez. Lav., nn.
5916/1998, 15924/2013, 18232/2015, 14317/16 e numerose altre).
Non si tratta quindi di una regola di carattere "eccezionale", bensì proprio di un principio generale del nostro ordinamento.
La regola positivizzata nell'art. 23 cit., pertanto, deve trovare applicazione nell'ambito dell'intero sistema previdenziale, restando qualificata dai suoi fini e dai suoi scopi di tutela. Tra gli altri, quello di evitare che, "in conseguenza dell'inadempimento del datore di lavoro, venga riversato sul lavoratore il pagamento delle somme arretrate, il cui livello si accresce per il tempo dell'inadempimento, assumendo proporzioni apprezzabili e direttamente proporzionali al perdurare dell'inadempimento del soggetto obbligato" (Cass., Sez.
Lav., n. 1711/2016
).
Alla luce delle considerazioni della Suprema Corte è pertanto evidente che: "-
o il datore di lavoro corrisponde tempestivamente all'ente previdenziale la quota contributiva a carico del lavoratore, nel qual caso legittimamente egli opera
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