Trib. Bari, sentenza 02/01/2025

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Sul provvedimento

Citazione :
Trib. Bari, sentenza 02/01/2025
Giurisdizione : Trib. Bari
Numero :
Data del deposito : 2 gennaio 2025

Testo completo

TRIBUNALE DI BARI
SEZIONE PROTEZIONE INTERNAZIONALE riunito in camera di consiglio nelle persone dei Signori Magistrati: dr. Sergio Di Paola - Presidente dr. Enzo Davide Ruffo - Giudice dr. Gianluca Tarantino - Giudice rel. nel procedimento recante n. 4240/2024 r.g. degli affari da trattarsi in Camera di Consiglio, decidendo sul ricorso ex art. 35-bis d.lgs. n. 25/2008, depositato in data 30.04.2024, proposto da
OU SI, nato in [...] il [...] (C.F.: [...]- CUI
06MIUNO), rappresentato e difeso dall' avv. Ivana Nicolò,
RICORRENTE contro
MINISTERO DELL'INTERNO - COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL
RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI BARI
RESISTENTI CONTUMACI
e con l'intervento del
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI
BARI;
letti ed esaminati gli atti di causa, verificata la regolare instaurazione del contraddittorio, all'esito della camera di consiglio del 27.12.2024, ha emesso il seguente
DECRETO
1 – Il ricorrente, cittadino marocchino, ha impugnato il provvedimento adottato dalla
Commissione Territoriale il 10.10.2023 e notificatogli il 17.4.2024, recante diniego della protezione internazionale per manifesta infondatezza ed ha chiesto, previa sospensione del provvedimento impugnato: in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato;
in via subordinata, il riconoscimento della protezione sussidiaria;
in estremo subordine, il riconoscimento della protezione speciale.
1
Con decreto pubblicato il 9.5.2024 è stato dichiarato non luogo a provvedere sull'istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva del provvedimento opposto ed è stata fissata l'udienza di prima comparizione delle parti per il 26.11.2024.
Il Ministero dell'Interno – Commissione Territoriale di Bari, sebbene ritualmente evocato, non si è costituito in giudizio e, pertanto, se ne deve dichiarare la contumacia.
Il Pubblico Ministero non è comparso, nonostante abbia ricevuto comunicazione del procedimento.
L'udienza del 26.11.2024 è stata sostituita dal deposito di note scritte ex art. 127-ter
c.p.c., giusta decreto regolarmente ricevuto dalle parti in data 3.10.2024.
In data 3.12.2024 la causa è stata riservata per la decisione.
2 – Nel merito, il ricorso è parzialmente fondato e, pertanto, può essere accolto nei limiti di seguito precisati.
2.1 – Preliminarmente, deve osservarsi che l'esame dei profili di illegittimità formale della decisione (es. difetto di istruttoria, carenza di motivazione) resta assorbito nella prevalente esigenza, propria delle caratteristiche intrinseche del giudizio de quo, di rivalutare la domanda di protezione internazionale nel merito, alla luce della sussistenza delle condizioni di fatto e di diritto esistenti al momento della presente decisione.
Va anzitutto evidenziata l'irrilevanza dell'audizione diretta dell'istante il quale ha prodotto in causa il verbale delle articolate dichiarazioni rese dinanzi alla Commissione territoriale, sufficientemente ampie e adeguatamente illustrative dei motivi dell'invocata protezione.
Come noto, la nuova disciplina processuale introdotta dalla l. n. 46/2017 (nota come
“legge Minniti”) non impone l'udienza pubblica e il rinnovo dell'audizione, la cui necessità va opportunamente vagliata caso per caso, e ciò in aderenza a quanto statuito dalla Corte di
Giustizia dell'Unione europea (sent. Sacko del 26/7/2017, in causa C-348/16) e allo scopo di garantire al ricorrente un “rimedio effettivo”, così come previsto dall'art. 47 della c.d. Carta di
Nizza. Sullo specifico punto, si è peraltro pronunciata, da ultimo, la giurisprudenza di legittimità con indirizzo costante (Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 5 febbraio 2019 n. 3236;

Corte di cassazione, sezione I civile, ordinanza 13 dicembre 2018 n. 32319;
Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 5 luglio 2018 n. 17717).
Nel caso di specie la richiesta di audizione non è fondata in quanto non avanzata dal ricorrente mediante indicazione specifica dei punti su cui avrebbe voluto essere sentito per rendere eventuali chiarimenti né detta audizione appare necessaria avuto riguardo alle molteplici domande già rivoltegli in sede amministrativa sugli aspetti decisivi della sua vicenda (cfr. Cass.
2
Civ., Sez. I, n. 21584 del 7.10.2020 secondo cui: “E', in ogni caso, escluso che il giudice debba disporre una nuova audizione del richiedente (salvo che lo stesso giudice non lo ritenga necessario) in difetto di un'istanza di quest'ultimo contenuta nel ricorso, o comunque allorquando tale eventuale richiesta sia stata formulata in termini generici… Il giudice non deve provvedere all'audizione del richiedente nei casi in cui la domanda venga ritenuta dallo stesso manifestamente infondata o inammissibile per ragioni diverse dal giudizio formulato sulla base di incongruenze che, alla luce di quanto sopra evidenziato, possano o debbano essere chiarite attraverso l'audizione del richiedente”;
conforme Cass. n. 8931/2020).
Inoltre, dal comportamento processuale della ricorrente (istanza di audizione formulata genericamente e non reiterata nel corso del giudizio), è emerso il manifesto disinteresse verso la narrazione orale dei fatti inerenti alla propria vicenda personale.
2.2 – Venendo al merito della controversia, nel corso dell'audizione svoltasi dinanzi alla
Commissione Territoriale il 28.9.2023, il richiedente [nato e vissuto a Khouribga, arabo, musulmano, padre deceduto, figlio unico, celibe, mai occupatosi di politica, diciassette anni di frequenza scolastica, ambulante] ha esposto di aver lasciato definitivamente il Paese di origine perché, dopo la morte del padre, la madre ha contratto nuove nozze e suo marito non ha voluto ospitarlo in casa.
In particolare, l'istante ha rappresentato di essere giunto in Italia ad agosto 2022 per ricongiungersi con i parenti paterni.
2.3 – Il richiedente la protezione internazionale in alcuna delle forme anzidette è, secondo
i fondamentali principi regolanti il diritto di azione, gravato dall'onere di allegare e dimostrare le circostanze di fatto integranti i presupposti della protezione invocata, anche sotto il profilo del pericolo di subire grave danno in caso di rimpatrio, con preciso riferimento alla effettività e attualità del rischio.
Qualora tuttavia taluni fatti non siano suffragati da prove documentali o di altro tipo, la loro conferma non è necessaria se l'istante abbia compiuto sinceri sforzi per circostanziare la domanda, abbia prodotto tutti gli elementi in suo possesso ed abbia fornito spiegazione plausibile della mancanza di altri, le dichiarazioni siano coerenti e plausibili, la domanda sia stata presentata quanto prima possibile e sia accertata la credibilità dell'interessato (Cass., S.U., n.
27310/2008).
In altre parole, allorquando l'onere della prova non sia stato assolto dal richiedente la protezione internazionale per motivi ritenuti in qualche misura “meritevoli” dal legislatore (art.
3, comma 5, d.lgs. n. 251/2007), il giudice non può sic et simpliciter accogliere l'istanza, ma è comunque chiamato a valutare la fondatezza dei relativi presupposti sostanziali alla stregua di
3
una valutazione probabilistica da compiersi in forza non di mere ipotesi astratte o congetturali, ma in base alle condizioni concrete esistenti nel paese d'origine dello straniero, la cui sussistenza deve pur sempre essere dimostrata dall'istante, quanto meno in termini di prova logica o circostanziale, non essendo all'uopo sufficienti le dichiarazioni dell'interessato, le attestazioni provenienti da terzi estranei al giudizio (in difetto di altri elementi di prova atti a suffragare le risultanze promananti da detti scritti), il riferimento a situazioni politico-economiche di dissesto del Paese di origine o a persecuzioni nei confronti di non specificate etnie di appartenenza ovvero il richiamo al fatto notorio, non accompagnato dall'indicazione di specifiche circostanze riguardanti direttamente il richiedente, il quale per l'appartenenza ad etnia, associazione, credo politico o religioso, ovvero in ragione delle proprie tendenze o stili di vita, rischi verosimilmente specifiche misure sanzionatorie a carico della sua integrità fisica o libertà personale (tra le altre,
Cass. n. 26278/2005, n. 18353/2006, n.26822/2007).
Muovendo da tali condivisibili principi di diritto, il Tribunale ritiene che non vi siano i presupposti per riconoscere: - la protezione ai sensi dell'art. 7, d.lgs. n. 251/2007, poiché non si rinvengono elementi per ritenere che il medesimo, se facesse ritorno al Paese d'origine, sarebbe perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o opinione politica né sono state dedotte situazioni di persecuzione intesa quale vessazione o repressione violenta e implacabile;
- la protezione sussidiaria, atteso che in sede di audizione non è emersa l'esistenza di alcuna circostanza sussumibile nell'ambito applicativo dell'art. 14, lett. a), b) e c), d.lgs. n. 251/07 (e dunque nel concetto di “danno grave”), non sussistendo fondati motivi per ritenere che, in caso di rientro, il ricorrente correrebbe il rischio di subire un grave danno, costituito dalla condanna a morte o all'esecuzione della pena di morte, dalla tortura od altra forma di pena o trattamento inumano o degradante, o dalla minaccia grave e individuale alla vita o alla persona, derivante dalla violenza indiscriminata in situazione di conflitto armato interno o internazionale.
Orbene, s'impone di rimarcare che gli episodi raccontati assumono in maniera inequivocabile i connotati di una vicenda che si colloca al di fuori del novero dei casi e delle ipotesi in presenza dei quali l'ordinamento nazionale e sovranazionale accorda – a seconda dei presupposti concreti – lo status di rifugiato o la protezione internazionale.
Orbene, premesso che le motivazioni del rigetto poste a fondamento del diniego opposto, ben evidenziate dalla Commissione Territoriale nel provvedimento impugnato (al quale si fa rinvio), non sono state confutate dal ricorrente
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