Trib. Latina, sentenza 06/06/2024, n. 1232

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Sul provvedimento

Citazione :
Trib. Latina, sentenza 06/06/2024, n. 1232
Giurisdizione : Trib. Latina
Numero : 1232
Data del deposito : 6 giugno 2024

Testo completo

N. R.G. 6040/2017
TRIBUNALE ORDINARIO di LATINA
I Sezione CIVILE
VERBALE DELLA CAUSA n. r.g. 6040/2017
All'udienza del 6 giugno 2024, alle ore 10:40, innanzi al Giudice dott.ssa Giuseppina
Vendemiale, sono comparsi:
Per SO&WI Società Agricola Semplice, l'avv. Fusi Sara
Per AL S.P.A., l'avv. Giovanni D'Erme in sostituzione dell'avv. Luca Dello Iacono.
Il Giudice invita le parti a precisare le conclusioni.
L'avv. Fusi si riporta alle note conclusive depositate in atti e chiede lo stralcio della documentazione depositata tardivamente da controparte in allegato alle memorie conclusive.
L'avv. D'Erme si rimette al Giudice sull'eccezione di controparte;
per il resto si riporta alle note conclusive depositate e ne chiede l'accoglimento.
Il Giudice
Dopo breve discussione orale, si ritira in camera di consiglio.
Alle ore 16:20, il Giudice pronuncia sentenza ex art. 281 sexies c.p.c. dandone lettura in assenza delle parti.
Il Giudice
dott.ssa Giuseppina Vendemiale
pagina 1 di 13 REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di LATINA
I Sezione CIVILE
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa Giuseppina Vendemiale ha pronunciato ex art.
281 sexies c.p.c. la seguente
SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 6040/2017 promossa da:
SOLAR&KIWI SOCIETÀ AGRICOLA SEMPLICE (c.f. 02296750595), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Fusi Sara ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Aprilia, via Nerva n. 38, giusta procura in atti;

ATTRICE
Contro
VALAGRO S.P.A. (c.f. 01295050692), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. De Gregorio Felicetta e dall'avv. Dello Iacono Luca ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell'avv. Luca Amedeo Melegari presso il suo studio in
Latina, Via Zeppieri s.n.c., giusta procura in atti;

CONVENUTA
CONCLUSIONI
Le parti hanno concluso come da verbale d'udienza.
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
Con atto di citazione, ritualmente notificato, la società SO&WI Società Agricola Semplice evocava in giudizio, dinanzi all'intestato Tribunale, la AL S.p.a., deducendo che, nel febbraio del 2016, aveva acquistato dalla società convenuta due prodotti per i propri impianti di kiwi giallo e verde, siti in Cisterna di Latina, rientranti tra i cd. interruttori di dormienza, necessari per soddisfare l'esigenza del freddo nelle piantagioni di kiwi, così aumentando la produzione di germogli (e quindi di frutti) nonché producendo l'effetto di accorciare i tempi di fioritura. Rilevava che il 13.02.16 veniva effettuato il primo trattamento con tali prodotti su un
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appezzamento con piante miste di Hayward e di G3 (60% Hayward e 40% G3) su un terreno di circa 1,75 ettari, mentre in data 19.02.16 venivano trattati altri appezzamenti, per un totale di 8,75 ettari, la metà dei quali con il 60% di Hayward e 40% di G3, l'altra metà con l'80% di Hayward e il 20% di G3.
Esponeva che inizialmente si notava una buona percentuale di germogliamento sulle piante trattate, ma in seguito mentre sul kiwi giallo G3 si riscontravano solo difetti trascurabili, sul kiwi verde venivano riscontrate fortissime anomalie e, in particolare, una presenza abnorme di frutti malformati, tripli, cd. farfalloni e in generale non commerciabili, che dovevano venire ritirati.
Assumeva quindi che le piante trattate con i prodotti della AL determinavano una percentuale di prodotto non commerciabile dal 40% all'80% del totale. L'attrice precisava inoltre di aver prontamente comunicato alla AL le problematiche riscontrate dopo l'applicazione del prodotto, prima a voce e infine con pec del 02.05.16, e che in data 24.10.06 l'odierna convenuta negava ogni responsabilità.
Deduceva di aver subito ingenti danni a causa della mancata produzione, e di aver dovuto altresì sostenere costi per eliminare i frutti incommerciabili, per un danno complessivamente ammontante ad € 60.000,00.
Formulava, quindi, le seguenti conclusioni: “Voglia l'Ill.mo Tribunale adito, respinta ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, accertare e dichiarare la responsabilità della AL
S.p.A. per i danni causati alla SO&WI con i propri prodotti difettosi ER e Active ER, e per l'effetto condannare la AL S.p.A. a risarcire tutti i danni subiti e subendi dalla
SO&WI società agricola semplice nella misura di € 60.000,00 o in quella maggiore che verrà provata in corso di causa e ritenuta di giustizia anche secondo equità.”
Si costituiva in giudizio la AL S.p.a., contestando la fondatezza dell'avversa domanda e chiedendone l'integrale rigetto. Deduceva, infatti, di non aver mai partecipato e/o assistito al trattamento delle piante, di non aver mai confermato la correttezza dei dosaggi o delle modalità di applicazione dei prodotti, di non aver mai assistito al c.d. diradamento dei frutti né al relativo raccolto. Al contrario, rappresentava che in data 13 febbraio 2017 il legale rappresentante della società attrice aveva contattato l'agente di zona AL, dott. Agr. Attilio Centola, informandolo di aver applicato per errore di un suo dipendente, sui kiwi impiantati, una dose maggiore di quella indicata in etichetta e ciò con riguardo ad entrambi i prodotti acquistati. Pertanto, il dott. Centola
e lo sperimentatore Per. Agr. Nicolini Gianluca visitavano la Soc. SO & WI rispettivamente il
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12.4.2016 e il 19.4.2016, senza riscontrare alcun problema nel germogliamento;
successivamente, il 14.6.2016 la società attrice comunicava al Dott. Agr. Attilio Centola che il germogliamento era stato perfetto, ma che doveva procedere con un diradamento perché erano presenti moltissimi farfalloni (frutti piatti). Ancora, assumeva che in occasione del sopralluogo del 22.9.2016, curato dal dott. Centola e dal dott. Marrollo, il legale rappresentante della SO & WI confessava di aver applicato, nella fase precedente la fioritura, anche altri prodotti a base di ormoni, in aggiunta
a quelli AL (leggasi ER ed Active ER), per aumentare la pezzatura dei frutti sia in termini di peso, che di dimensione.
Esponeva altresì che nelle avvertenze riportate in etichetta dei prodotti forniti si raccomandava, tra l'altro, di effettuare prove limitate su alcune piante per ogni varietà interessata all'interno dell'appezzamento, di non utilizzare il prodotto su piante di età inferiore a 4 anni, di non utilizzare nell'annata in corso altri prodotti promotori dell'interruzione della dormienza e di non associare ER ad altri prodotti che non fossero Active ER. Riteneva, pertanto, di aver correttamente adempiuto a tutti gli obblighi di legge, indicando nell'etichetta apposta sul prodotto ogni informazione utile al corretto utilizzo dello stesso, con la puntuale specificazione di consigli
e prescrizioni circa i tempi di applicazione del prodotto, mettendolo, altresì, in guardia in ordine ad eventuali effetti dannosi che un uso errato e non rispettoso delle istruzioni raccomandate potrebbe comportare sulle piantagione. Per contro, la società attrice non aveva osservato tutte le prescrizioni indicate in etichetta, ed erano altresì intervenuti fattori esterni, non controllabili dal produttore, causativi dell'asserito danno.
Concludeva, pertanto, domandando l'integrale rigetto delle pretese attoree.
Concessi i termini ex art. 183, VI comma, c.p.c., la causa veniva istruita mediante espletamento dell'interrogatorio formale delle parti e prova per testi, dopodiché veniva rinviata per discussione orale e decisione, ex art. 281-sexies c.p.c., all'udienza del 6.6.2024.
Tanto premesso, la domanda è infondata e non merita di trovare accoglimento per le ragioni di seguito esposte.
La società SO & WI ha agito per conseguire il risarcimento del danno asseritamente subito in conseguenza dei prodotti “ER” e “Active ER”, acquistati nel febbraio del 2016 dalla società
AL per favorire la produzione di germogli dei propri impianti di kiwi gialli e verdi. In particolare, sostiene la società attrice che, nonostante l'esecuzione dei trattamenti nel più scrupoloso rispetto delle indicazioni riportate sui prodotti e impartite dai tecnici della AL,
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sul kiwi verde venivano riscontrate fortissime anomalie e, in particolare, una presenza abnorme di frutti malformati, tripli, cd. farfalloni e in generale non commerciabili, tanto da dover essere ritirati.
Sulla scorta di tali premesse, la SO & WI ha agito per far valere l'inadempimento della controparte a causa della difettosità dei prodotti acquistati dalla convenuta e conseguire il risarcimento del danno subito, in termini di mancata produzione di kiwi e costi sostenuti per
l'eliminazione dei frutti deformi, quantificato in € 60.000,00.
Ciò posto, pur in difetto di allegazione sul punto ad opera di parte attrice, occorre procedere alla corretta qualificazione giuridica della domanda proposta, dovendo ritenersi che la SO & WI abbia inteso azionare la garanzia per i vizi dei beni compravenduti ai sensi degli artt. 1490 e ss.
c.c.
, chiedendo il risarcimento del danno, per cui trova applicazione la disciplina dettata dagli artt.
1490 c.c.
e ss. Come noto, infatti, l'art. 1490 c.c. sancisce che il venditore è tenuto a garantire il compratore dai vizi c.d. redibitori, per tali comunemente intendendosi le imperfezioni che siano tali da rendere la cosa venduta inidonea all'uso cui è destinata ovvero a diminuirne in modo apprezzabile il valore. Gli effetti della garanzia sono delineati dall'art. 1492 c.c., comma 1, il quale prevede che, nei casi di cui all'art. 1490 c.c., il compratore può domandare a sua scelta la risoluzione del contratto (azione redibitoria), ovvero la riduzione del prezzo (azione estimatoria,
o quanti minoris), salvo che, per determinati vizi, gli usi escludano la risoluzione. Alla risoluzione del contratto conseguono effetti restitutori in quanto il venditore è tenuto a restituire il prezzo e a rimborsare al compratore le spese e i pagamenti sostenuti per la vendita, mentre il compratore deve restituire la cosa, a meno che questa non sia perita a causa dei vizi (art. 1493
c.c.
). L'art. 1494 c.c., riconosce, inoltre, al compratore il diritto al risarcimento del danno, a meno che il venditore non dimostri di aver ignorato senza sua colpa l'esistenza dei vizi. L'esercizio delle azioni previste dall'art. 1492 c.c. (cc.dd. azioni edilizie) è poi circoscritto temporalmente attraverso la previsione di un duplice termine, di decadenza e di prescrizione. In particolare, ai sensi dell'art. 1495 c.c., comma 1, il compratore decade dal diritto di garanzia se non denuncia i vizi al venditore entro otto giorni dalla scoperta, salvo che non sia stato convenzionalmente stabilito un termine diverso, ovvero che il venditore abbia riconosciuto l'esistenza del vizio o lo abbia occultato, nel qual caso la denuncia non è necessaria. L'art. 1495 c.c., comma 3, prevede, poi, un breve termine di prescrizione disponendo che l'azione si prescrive, in ogni caso, in un anno dalla consegna, con la precisazione per cui il compratore che sia convenuto in giudizio per
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l'esecuzione del contratto, può sempre far valere la garanzia, purché il vizio sia stato denunciato entro il termine di decadenza e prima che sia decorso un anno dalla consegna.
A norma dell'art. 1497 c.c., poi, quando la cosa venduta non ha le qualità promesse ovvero quelle essenziali per l'uso a cui è destinata, il compratore ha diritto di ottenere la risoluzione del contratto secondo le disposizioni generali sulla risoluzione per inadempimento, purché il difetto di qualità ecceda i limiti di tolleranza stabiliti dagli usi e a condizione che sia rispettato il duplice termine di decadenza e prescrizione di cui all'art. 1495 c.c. Infine, le fattispecie contemplate dall'art. 1490 c.c. e dall'art. 1497 c.c. si differenziano a loro volta dall'ipotesi della c.d. vendita di aliud pro alio, figura di elaborazione giurisprudenziale riscontrabile ogni qualvolta la diversità tra la cosa venduta e quella consegnata incide sulla natura pagina 8 di 16 e, quindi, sull'individualità, consistenza e destinazione della stessa, in modo da potersi ritenere che essa appartenga ad un genere del tutto diverso da quello posto a base della decisione del compratore di effettuare
l'acquisto, o quando la cosa consegnata presenti difetti che le impediscono di assolvere alla sua funzione naturale o a quella concreta assunta come essenziale dalle parti. Trattasi di una distinzione di non poco momento, atteso che la risoluzione in ipotesi di aliud pro alio soggiace alle regole ordinarie di cui agli artt. 1453 c.c. e ss. ed è pertanto svincolata alle preclusioni di decadenza e prescrizione sancite dall'art. 1495 c.c., oltre a seguire i criteri ordinari di riparto dell'onere della prova in materia di inadempimento delle obbligazioni. Ciò detto, occorre innanzitutto procedere alla corretta qualificazione dell'azione proposta, al fine della sua sussunzione nell'ambito della categoria dei vizi redibitori, ex art. 1490 c.c., del difetto di qualità promesse, ex art. 1497 c.c., ovvero della vendita di c.d. aliud pro alio. Al riguardo, infatti, è principio consolidato quello per cui “In tema di garanzia per vizi della cosa venduta, il giudice, chiamato a pronunciarsi su una domanda di accertamento dei vizi della cosa venduta, ha il compito di qualificare d'ufficio l'azione proposta in termini di vendita di bene privo delle qualità essenziali ovvero, sulla base delle circostanze acquisite al processo a tal fine rilevanti, di vendita di “aliud pro alio”, la quale dà luogo all'azione contrattuale di risoluzione o di inadempimento ex art. 1453 cod. civ., svincolata dai termini di decadenza e prescrizioni previsti dall'art. 1495 cod. civ.” (cfr. Cass. Civ., sez. II, 14/10/2021 , n. 28069). Giova quindi osservare che l'ipotesi della consegna di aliud pro alio si differenzia nettamente dalle fattispecie contemplate dall'art.
1490 e 1497 c.c., dacché tanto il vizio redibitorio che la mancanza di qualità promesse o essenziali presuppongono che la cosa consegnata appartenga al genere merceologico dedotto nel
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contratto di compravendita. A loro volta, poi, le fattispecie di cui agli artt. 1490 e 1497 c.c. si differenziano in quanto il vizio redibitorio riguarda le imperfezioni inerenti il processo di produzione, di fabbricazione, di formazione o di conservazione della res tradita, mentre la mancanza di qualità concerne la natura della merce e riguarda le differenze di sostanza, di razza, di materia, di tessuto, di colore, di origine et similia, riferendosi genericamente a tutti quegli elementi sostanziali che, nell'ambito dello stesso genere, influiscono sulla classificazione della cosa in un tipo o in una specie piuttosto che in un'altra. Nel senso innanzi indicato si è espressa più volte la Suprema Corte che, anche di recente, ha precisato: “In tema di compravendita, il vizio redibitorio (art. 1490 c.c.), e la mancanza di qualità promesse o essenziali (1497 c.c.) pur presupponendo l'appartenenza della cosa al genere pattuito, si differenziano in quanto il primo riguarda le imperfezioni e i difetti inerenti il processo di produzione, fabbricazione, formazione e conservazione della cosa, mentre la seconda è inerente alla natura della merce e concerne tutti gli elementi essenziali e sostanziali che influiscono, nell'ambito di un medesimo genere, sull'appartenenza ad una specie piuttosto che a un'altra;
entrambe le ipotesi differiscono dalla consegna di “aliud pro alio” che si ha quando la cosa venduta appartenga ad un genere del tutto diverso o presenti difetti che le impediscano di assolvere alla sua funzione naturale o a quella ritenuta essenziale dalle parti
” (Cass. Civ., Sez. II, 05/04/2016, n.6596).
Ebbene, nel caso di specie la società attrice sostiene che i danni cagionati alle piante trattate con i prodotti “ER” e “Active ER” sarebbero una conseguenza della composizione chimica dei prodotti stessi. Le doglianze attoree, quindi, attengono chiaramente all'asserita sussistenza di vizi nel processo di produzione degli “interruttori di dormienza” forniti dalla AL ed applicati sulle piantagioni di kiwi, di guisa che il difetto lamentato da parte attrice va ricondotto alla categoria del vizio redibitorio, ex art. 1490 c.c.
Va peraltro precisato che la qualificazione dell'azione nell'ambito della categoria del vizio redibitorio – anziché nella diversa fattispecie della vendita di aliud pro alio – non rileva ai fini della verifica del rispetto dei termini di decadenza e prescrizione, atteso che parte convenuta non ha sollevato alcuna eccezione in merito. Infatti, l'intempestività della denuncia dei vizi della cosa venduta, in quanto integra una causa di decadenza del compratore dal diritto alle garanzie contemplate per la vendita, al pari della prescrizione, va eccepita dalla parte interessata e non può essere rilevata d'ufficio. La suesposta qualificazione incide, invece, in ordine all'individuazione dei criteri di riparto dell'onere probatorio.
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Come noto, –secondo l'orientamento giurisprudenziale che ha trovato cristallizzazione in un noto intervento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Cassazione civile, sez. un., 30 ottobre pagina 10 di 16 2001, n. 13533) che ha risolto un contrasto in materia di inadempimento di obbligazioni e relativo onere probatorio (si vedano, a favore dell'orientamento poi ripreso dalle
Sezioni Unite, Cassazione civile, sez. III, 23 maggio 2001, n. 7027;
Cassazione civile, sez. I, 15 ottobre 1999, n. 11629;
Cassazione civile, sez. II, 5 dicembre 1994, n. 10446)– in tema di prova dell'inadempimento di un'obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno ovvero per l'adempimento –salvo che si tratti di obbligazioni negative– deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dall'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento. Tale criterio di riparto, tuttavia, incontra una deroga proprio in materia di garanzia per i vizi della cosa venduta. La questione è stata affrontata dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, chiamate a dirimere un contrasto giurisprudenziale insorto in ordine all'individuazione del soggetto onerato di fornire la prova della sussistenza dei vizi della cosa venduta. In particolare, le Sezioni Unite sono state interpellate per stabilire se il principio affermato con la richiamata sentenza n. 13533 del 2001 sia
o meno applicabile anche in tema di garanzia per vizi della cosa
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