Trib. Asti, sentenza 20/02/2024, n. 964

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Sul provvedimento

Citazione :
Trib. Asti, sentenza 20/02/2024, n. 964
Giurisdizione : Trib. Asti
Numero : 964
Data del deposito : 20 febbraio 2024

Testo completo

R.G.L. n. 3844/2021
TRIBUNALE DI ASTI
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Giudice Ivana Lo Bello ha pronunciato la seguente
SENTENZA nel procedimento portante il n. 3844 degli affari contenziosi civili dell'anno 2021 promosso da
GELAIT S.R.L. in persona del suo legale rappresentante pro tempore, assistito e difeso dall'avv.to
Alberto Deasti per procura rilasciata con separato atto allegato all'atto introduttivo ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Milano, Via Emilio Morosini n.
31, giusta procura rilasciata con separato atto allegato all'atto introduttivo parte ricorrente
CONTRO
SA MA assistita e difesa dall'avv.to Giuseppe Leuzzi per procura rilasciata con separato atto allegato alla comparsa di costituzione e risposta ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in TI, Via Incisa n. 10 parte resistente
OGGETTO: domanda di risarcimento del danno
Conclusioni: per parte ricorrente: come in ricorso per le parti resistenti: come in memoria di costituzione
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato in data 21/12/2021 IT S.r.l. evocava in giudizio
NO RA per sentirla condannare alla restituzione in proprio favore della somma di € 211.633,32 dalla stessa asseritamente sottratta nel periodo in cui aveva lavorato alle sue dipendenze.
A sostegno della propria domanda, deduceva di:
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- aver assunto la convenuta nel gennaio 2014 con contratto di apprendistato in seguito trasformato in contratto a tempo indeterminato, inquadramento nel V livello del C.C.N.L. di riferimento e mansioni di impiegata amministrativa;

- aver instaurato con la dipendente un rapporto di fiducia tale da averle affidato la gestione degli ordini e dei pagamenti in favore dei fornitori, con conseguente accesso al conto corrente della società;

- aver appreso nell'ottobre 2020, a seguito di un accertamento condotto dall'istituto di credito della convenuta, che la stessa, nel periodo di tempo compreso tra il 2015 e il 2019, le aveva illecitamente sottratto ingenti somme di denaro, disponendo in proprio favore bonifici solo fittiziamente intestati a fornitori aziendali o agli amministratori della stessa IT ovvero utilizzando il denaro aziendale per spese personali di varia natura;

- aver per tali fatti elevato una contestazione disciplinare con lettera del
5/10/2020, con la quale aveva disposto la sospensione cautelare dal lavoro della lavoratrice, riservandosi di procedere ad ulteriori verifiche contabili e bancarie;

- aver ricevuto da NO RA lettera datata 8/10/2020, con la quale la dipendente aveva riconosciuto la fondatezza degli addebiti e si era impegnata a restituire le somme illecitamente sottratte, quantificate in € 63.473,73 e versate mediante bonifico nel minor importo di € 48.023,73;

- aver sporto denuncia-querela nei confronti della dipendente, in data
23/12/2020, a fronte dell'inottemperanza della stessa all'obbligo restitutorio assunto, dal che era scaturito procedimento penale in danno della predetta.
Stante l'avvenuto riconoscimento, seppur parziale, del debito da parte della odierna convenuta, la società attrice chiedeva inoltre emettersi ordinanza di ingiunzione provvisoriamente esecutiva per la somma non contestata di € 15.450.
Ritualmente instauratosi il contraddittorio, resisteva in giudizio la convenuta, la quale rilevava innanzitutto il rapporto di pregiudizialità tra il procedimento penale pendente a suo carico e il presente giudizio civile, chiedendo disporsi la sospensione di quest'ultimo ai sensi dell'art. art. 295 c.p.c.
Eccepiva inoltre l'incompetenza del giudice adito ex art. 409 c.p.c. in favore del giudice del lavoro, per essere la materia trattata scaturita dal rapporto di lavoro intercorso tra le parti in causa, e nel merito riconosceva di dover ancora versare
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alla IT S.r.l. l'importo di € 15.450, ribadendo la volontà di provvedervi, anche mediante compensazione con l'asserito credito vantato nei confronti della datrice di lavoro a titolo di TFR e di mancata retribuzione della mensilità di settembre
2020.
Contestava invece la debenza del maggior importo rivendicato dalla società attrice, evidenziando sotto tale profilo di essere stata assente dal lavoro per maternità dal maggio 2018 al maggio 2019.
In accoglimento dell'eccezione di incompetenza formulata dalla convenuta, la causa veniva rimessa a codesto giudice del lavoro, che in data 21/9/2022 disponeva il mutamento del rito.
Con memoria integrativa la società attrice chiedeva in via istruttoria ordinarsi
l'esibizione ex art. 210 c.p.c. degli estratti conto intestati alla resistente o a suoi parenti e sui quali riteneva essere confluito denaro aziendale.
La convenuta rilevava l'inammissibilità di siffatta istanza istruttoria per carenza dei presupposti ed eccepiva l'inutilizzabilità della documentazione allegata dalla attrice alla memoria integrativa, in quanto reperita in violazione delle norme nazionali ed europee in materia di privacy.
Essendosi, nelle more, concluso il procedimento penale pendente a carico di
NO RA avanti il Tribunale di Torino con sentenza di applicazione della pena concordata resa il 12/5/2022, la convenuta contestava altresì l'efficacia di tale pronuncia nel giudizio civile di risarcimento e ripetizione delle somme.
Emessa ordinanza ex art. 423 c.p.c., la controversia veniva istruita con
l'acquisizione documentale disposta con ordinanza del 30/11/2022;
indi all'udienza del 22/12/2023 il procuratore di parte ricorrente discuteva la causa, che, sulle conclusioni di cui all'atto introduttivo, è stata decisa come da separato dispositivo.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La domanda attorea merita accoglimento per le ragioni e nei limiti di cui appresso.

1.1. Occorre innanzitutto rilevare che i fatti posti dalla società ricorrente a fondamento della domanda restitutoria sono stati oggetto del procedimento penale svoltosi dinanzi al Tribunale di Torino, che ha visto la convenuta imputata
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per i reati di appropriazione indebita (poi riqualificato in furto aggravato dal mezzo fraudolento), di accesso abusivo a sistema informatico, di indebito utilizzo e falsificazione di strumenti di pagamento diversi dai contanti e di sostituzione di persona in danno della società datrice di lavoro e che detto procedimento si è concluso con sentenza di applicazione della pena resa il 12/05/2022 (cfr. doc. 6 in atti di parte attrice).

1.2. Va poi evidenziato che la dipendente, ricevuta la lettera di contestazione disciplinare del 5/10/2020, ha riconosciuto di aver distratto dalle casse della società la complessiva somma di € 63.473,73 (cfr. docc. 2 e 3 in atti di parte attrice), provvedendo alla restituzione dell'importo di € 48.023,73;
da qui
l'ordinanza ex art. 423 c.p.c. del 30/11/2022 per il pagamento in favore di IT
S.r.l. della somma riconosciuta come ancora dovuta pari a € 15.450.

1.3. Oggetto della presente decisione è quindi l'an debeatur del maggior importo rivendicato da IT S.r.l., da questa determinato in € 148.159,59, ovverosia €
211.633,32, oggetto della domanda principale, detratti € 63.473,73, di cui al punto che precede.

2. Tanto precisato, si osserva come la sussistenza di tale maggior credito sia stata solo genericamente contestata dalla difesa della convenuta, che si è infatti limitata
a respingere l'addebito senza tuttavia assumere una puntuale e dettagliata posizione sui fatti allegati dalla società attrice a fondamento di tale pretesa. Come del resto osservato dalla Suprema Corte “il convenuto, a fronte di una allegazione da parte dell'attore chiara e articolata in punto di fatto, ha l'onere ex art. 167 c.p.c. di prendere posizione in modo analitico sulle circostanze di cui intenda contestare la veridicità e, se non lo fa, i fatti dedotti dall'attore debbono ritenersi non contestati, per i fini di cui all'art. 115 c.p.c.” (Cass. civ. n. 9439/2022;
principio peraltro espresso anche con specifico riferimento al rito del lavoro dalla Suprema Corte corrispondente a quella con sentenza n. 16970/2018, secondo cui “il convenuto ha
l'onere di contestare in termini specifici, e non limitati a una generica negazione, le circostanze di fatto dedotte a fondamento della domanda, ai sensi dell'art. 416, comma 3, c.p.c.”).

2.1. La dipendente nulla ha invero replicato in merito al dedotto utilizzo di denaro aziendale per spese personali, come l'abbonamento a Netflix, l'acquisto di articoli
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su Amazon e il pagamento del canone Wind. Quanto poi alla circostanza addotta dalla società attrice secondo cui la dipendente avrebbe effettuato bonifici in proprio favore utilizzando le credenziali di accesso al conto corrente aziendale per effettuare apparenti fittizi pagamenti in favore di fornitori o rimborsi ai soci, la convenuta non solo non ha negato il fatto, ma ha riconosciuto espressamente di aver operato sui conti correnti aziendali e di avere ai
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