Trib. Santa Maria Capua Vetere, sentenza 04/06/2024, n. 1443
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI SANTA MARIA CAPUA VETERE
Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, in composizione monocratica ed in funzione di giudice del lavoro, in persona del giudice M I, ha pronunciato, ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c., la seguente
SENTENZA nella causa iscritta al n. R.G. 5899/2018 vertente
TRA
, in proprio e nella qualità di genitore esercente la Parte_1
responsabilità genitoriale nei confronti dei figli minori e Persona_1
, tutti quali eredi di , rappresentati e Persona_2 Persona_3 difesi dall'avv. A V, ed elettivamente domiciliati presso lo studio del difensore in Maddaloni alla via Matilde Serao n. 49, giusta procura in atti
R contro
, rapp.to e difeso dagli avv.ti G T e M Controparte_1
T ed elett.te dom.to presso il loro studio sito in Caserta al Corso Trieste n. 116, giusta procura in atti
RESISTENTE
Motivi della decisione
Con ricorso depositato in data 28 giugno 2018, i ricorrenti in epigrafe indicati, rispettivamente coniuge e figli, eredi legittimi di , deceduto in data Persona_3
29.5.2017, esponevano:
- che il de cuius aveva lavorato ininterrottamente dal 1.5.2008 al Persona_3
28.5.2017, sotto la direzione e il controllo di , titolare dell'omonima ditta Controparte_1
individuale, svolgendo mansioni di falegname;
1
- che il rapporto di lavoro veniva tuttavia regolarizzato solo in data 4.4.2013;
- che veniva inquadrato nel livello E del Legno aziende artigiane, con qualifica di Org_1
falegname;
- che era tenuto all'osservanza del seguente orario di lavoro: dal lunedì al venerdì dalle ore
8.00 alle ore 18.00 ed il sabato dalle ore 7.00 alle 14.00;
- che il de cuius per il periodo dal maggio 2008 sino alla formale assunzione aveva percepito
a titolo di retribuzione l'importo di € 1.060,00 e successivamente gli importi indicati nelle buste paga;
- che la retribuzione percepita era inferiore a quanto indicato dal CCNL di categoria e alla quantità di lavoro prestato;
- che il datore di lavoro non aveva corrisposto il compenso per il lavoro straordinario svolto quotidianamente e nella giornata del sabato;aveva omesso il versamento della contribuzione previdenziale ed assistenziale e che alla cessazione del rapporto di lavoro conseguente al decesso del in data 28.5.2017, non aveva corrisposto la retribuzione di Persona_3 maggio, i ratei di tredicesima mensilità, l'indennità per ferie e permessi non goduti, il TFR
e l'indennità sostitutiva del preavviso di cui all'art. 2118 ultimo comma c.c.
Pertanto, i ricorrenti convenivano in giudizio , e previo accertamento Controparte_1 dell'esistenza del rapporto di lavoro subordinato svolto nelle modalità di cui al ricorso, concludevano per la condanna del convenuto al pagamento dell'importo complessivo di €
63.57,28 come da conteggi allegati val ricorso, oltre interessi e rivalutazione monetaria. Il tutto con vittoria di spese di lite e con attribuzione ex art. 93 c.p.c.
Ritualmente instaurato il contraddittorio, si costituiva in giudizio che Controparte_1
resisteva al ricorso eccependo in via preliminare il difetto di rappresentanza dei minori in assenza di autorizzazione del giudice tutelare. Nel merito contestava il ricorso con varie ed articolate argomentazioni. Chiedeva pertanto l'integrale rigetto del ricorso, con vittoria di spese di lite ed attribuzione.
A seguito di integrazione del contraddittorio si costituiva altresì l' , il Controparte_2
quale chiedeva, previo accertamento dell'esistenza di un rapporto di lavoro tra le parti svolto con le modalità di cui al ricorso introduttivo, la condanna del datore di lavoro al pagamento dei contributi non prescritti.
Fallito il tentativo di conciliazione, ammessa ed espletata la prova per testi, la causa veniva rinviata per la discussione.
2
Il ricorso è parzialmente fondato e va accolto per quanto di ragione.
In via preliminare deve rilevarsi che sussiste la legittimazione processuale in capo a
quale genitore esercente la responsabilità genitoriale in via Parte_1
esclusiva nei confronti dei figli minori e , non Persona_4 Persona_2
aventi la capacità processuale, a stare in giudizio e agire quale rappresentante dei figli minori al fine di far valere i diritti di credito di ed in ogni caso aventi fonte nel Persona_3
dedotto rapporto di lavoro intercorso, quali le differenze retributive maturate in ragione del maggiore orario di lavoro osservato, il TFR, l'indennità sostitutiva di permessi e ferie non goduti e i contributi previdenziali non versati per il periodo di lavoro “a nero” (cfr. ricorso ex art. 320 c.p.c. e provvedimento di autorizzazione depositati telematicamente il
18.10.2023).
Al riguardo, si ritiene sufficiente la autorizzazione del giudice tutelare resa con provvedimento del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere n. 1014/2020 del 02.03.2020, versato in atti. Non rileva, infatti, che tale autorizzazione sia intervenuta successivamente al deposito del ricorso introduttivo del presente giudizio e prima ancora che il difetto di rappresentanza fosse sollevato dal giudice. In tal senso depongono la lettera e la ratio dell'art.
182 comma 2 c.p.c.. Si ritiene, quindi, possibile la sanatoria con effetti retroattivi nei casi, come quelli di specie, di difetto di autorizzazione.
Sempre in via preliminare, si osserva che con il ricorso introduttivo del presente giudizio i ricorrenti in epigrafe indicati, rispettivamente moglie e figli del lavoratore , Persona_3
deceduto in data 29.5.2017, agiscono in giudizio quali eredi sia al fine di accertare il diritto al pagamento del TFR sia al fine di far accertare la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato sin dal 1.5.2008 e per la conseguente condanna del datore di lavoro del de cuius al pagamento delle spettanze specificamente indicate in ricorso e nei conteggi allegati, maturate nel corso del rapporto di lavoro.
Le domande formulate presuppongono l'accertamento della qualità di eredi dei ricorrenti.
Ebbene, con riguardo ai figli minori, deve rilevarsi che non può dirsi raggiunta la prova dell'acquisizione della qualità di eredi in quanto non vi è prova dell'accettazione dell'eredità con beneficio di inventario di cui all'art. 471 c.c., accettazione che presuppone anche essa
l'autorizzazione del giudice tutelare ai sensi dell'art. 320 comma 3 c.c. e degli artt. 321 e
374 c.c., non potendosi configurare rispetto ad essi un'accettazione tacita dell'eredità.
3
Più precisamente, l'art. 471 c.c., disponendo che le eredità devolute ai minori e agli interdetti non si possono accettare se non con il beneficio di inventario, esclude che il rappresentante legale possa accettare l'eredità in modo diverso da quello prescritto dall'art. 484 c.c., che consiste in una dichiarazione espressa di volontà volta a fare acquistare all'incapace la qualità di erede con limitazione della responsabilità ai debiti. Ne consegue che l'accettazione tacita, fatta con il compimento di uno degli atti previsti dall'art. 476 c.c., non rientra nel potere del rappresentante legale e perciò non produce alcun effetto giuridico nei confronti dell'incapace, che resta nella posizione di chiamato all'eredità fino a quando egli stesso o il suo rappresentante eserciti il diritto di accettare o di rinunziare all'eredità entro il termine della prescrizione (Cassazione civile sez. I, 01/02/2007, n. 2211).
Conseguentemente, non può reputarsi allo stato sussistente la legittimazione sostanziale dei minori, rappresentanti dal genitore esercente la responsabilità genitoriale.
Con riguardo alla qualità di erede in capo alla posizione di si Parte_1
osserva invece quanto segue.
La ricorrente ha dedotto che il coniuge è deceduto, senza lasciare Persona_3
testamento, lasciando quali suoi eredi legittimi la stessa quale Parte_1
moglie e i due figli minori (cfr. certificato di stato di famiglia).
Quanto alla prova dell'accettazione dell'eredità, questa è da considerarsi implicita nell'avere la ricorrente agito in giudizio per rivendicare beni ereditari, allegando la propria qualità di erede.
Ed infatti, l'accettazione tacita dell'eredità può appunto desumersi, ex art. 476 c.c., dall'esplicazione di una attività personale del chiamato con la quale venga posto in essere un atto di gestione incompatibile con la volontà di rinunciare all'eredità e non altrimenti giustificabile se non nell'assunzione della qualità d'erede, e cioè un comportamento tale da presupporre necessariamente la volontà di accettare l'eredità, secondo una valutazione obiettiva condotta alla stregua del comune modo d'agire di una persona normale (Cass. n.
12753/1999;n. 9782/1995;n. 8123/1987).
Alla luce delle considerazioni che precedono, va quindi riconosciuta la legittimazione della ricorrente a percepire quanto eventualmente spettante al defunto in ragione del dedotto rapporto di lavoro intercorso con . Controparte_1
Fatte tali premesse, bisogna ora procedere in ordine alla domanda diretta all'accertamento della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra e Persona_3 CP_1
4
con decorrenza sin dal 1.5.2008, svoltosi secondo le modalità dedotte nell'atto CP_1
introduttivo, prima della formale assunzione del 4.4.2013.
Tale questione attiene agli elementi caratterizzanti il rapporto di lavoro subordinato.
Ai fini del decidere, pertanto, è opportuno richiamare i consolidati principi di diritto affermati in ordine al rapporto di lavoro subordinato ed agli indici della subordinazione.
Punto di partenza è l'art. 2094 del c.c. secondo il quale “è prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell'impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore”.
La lettera della norma descrive la verticalità di un rapporto nel quale il lavoro è reso “alle dipendenze e sotto la direzione” dell'imprenditore.
Le norme di cui agli artt. 2099 e ss., ed in particolare all'art. 2104, art. 2105 e art. 2106 c.c., riempiono di contenuti la nozione di subordinazione. Il lavoratore subordinato è colui che, nell'ambito di una diligenza qualificata, deve osservare le disposizioni per l'esecuzione del lavoro impartite dal datore di lavoro e dai collaboratori di questo dai quali gerarchicamente dipende. Il vincolo di dipendenza è reso più stringente da un obbligo di fedeltà e da una soggezione al potere disciplinare del datore di lavoro.
Sulla base delle disposizioni normative citate, la Suprema Corte di Cassazione ha affermato che elemento distintivo del rapporto di lavoro subordinato da quello di lavoro autonomo è rappresentato dalla subordinazione del lavoratore al potere organizzativo, direttivo e disciplinare del datore di lavoro, subordinazione da intendersi come vincolo di natura personale che assoggetta il prestatore ad un potere datoriale che si manifesta in direttive inerenti, di volta in volta, alle modalità di svolgimento delle mansioni e che si traduce in una limitazione della libertà del lavoratore (cfr. Cass. lav. 10.6.98, n. 5792;Cass. lav. 29.3.95,
n. 3745;Cass. lav. 11.8.94, n. 7374;Cass. lav. 9.6.94, n. 5590;Cass. lav. 7.2.94, n. 1219;
Cass. lav. 18.12.87, n. 9459).
Pochi dubbi allorquando la relazione di supremazia che produce l'assoggettamento si concreta nell'emanazione di ordini specifici, nell'esercizio di una assidua e costante attività di vigilanza e controllo nell'esecuzione delle prestazioni, nello stabile e continuativo inserimento nell'organizzazione produttiva dell'impresa.
Tuttavia, può risultare difficile l'accertamento diretto dell'elemento essenziale della subordinazione come sopra delineato. Allora in tali casi può farsi ricorso ad elementi dal carattere sussidiario e con funzione indiziaria (Cass. lav. 19.11.98, n. 11711;Cass., lav.,
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18.06.98, n. 6114;Cass., lav., 04.03.98, 2370;Cass. lav. 26.10.94, n. 8804) che, lungi dal prescindere dall'essenzialità della subordinazione, ne accertano in via indiretta l'esistenza quali elementi sintomatici di un vincolo non rintracciabile aliunde.
Gli indici presuntivi di ordinaria applicazione giurisprudenziale sono i seguenti: eterodirezione delle modalità, anche di tempo e di luogo, della prestazione;inserimento stabile del lavoratore nell'organizzazione produttiva dell'impresa;utilizzo di locali, mezzi e strutture fornite dal datore di lavoro;assenza di rischio imprenditoriale;obbligo di osservanza di un orario di lavoro e di frequenza giornaliera, con annessi obblighi di giustificazione dei ritardi e delle assenze;continuità della collaborazione, quale obbligo ideale tendenzialmente stabile di messa a disposizione da parte del dipendente delle energie lavorative;retribuzione predeterminata a cadenza fissa;pagamento dello straordinario, godimento delle ferie, versamento di contributi assicurativi;esclusività della prestazione;infungibilità soggettiva della prestazione;esercizio di mansioni meramente esecutive.
Le Sezioni Unite hanno confermato la legittimità del procedimento logico di valutazione globale di elementi sintomatici, poiché, se deve negarsi l'idoneità di ciascuno di questi elementi, considerato singolarmente, a fondare l'accertamento della natura del rapporto, non può invece negarsi la possibilità che in una valutazione globale essi vengano assunti come concordanti, gravi e precisi indizi rivelatori della sussistenza effettiva della subordinazione
(Cass. n. 379/99).
Inoltre, secondo i principi generali in tema di distribuzione degli oneri probatori, nel caso di accertamento del rapporto di lavoro subordinato, spetta al lavoratore che agisce in giudizio al fine di ottenere il riconoscimento del rapporto di lavoro subordinato, provare i fatti costitutivi della pretesa azionata, secondo quanto disposto dall'art. 2697 c.c.
Grava, quindi, sul lavoratore ricorrente, l'onere di fornire la prova della sussistenza di un rapporto di lavoro con la resistente, svolto secondo le modalità dedotte nel ricorso ed in particolare la dimostrazione della soggezione al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, che si estrinseca nell'emanazione di ordini specifici oltre che nell'esercizio di un'assidua attività di vigilanza e controllo sull'esecuzione della prestazione lavorativa, così come disposto dall' art. 2094 c.c.
Ove all'esito della prova permangano dubbi circa l'inquadramento giuridico del rapporto stesso, deve necessariamente concludersi per il rigetto del ricorso, non essendo stato assolto
l'onere della prova gravante sulla parte attrice. Infatti, qualora vi sia una situazione oggettiva
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di incertezza probatoria, il giudice deve ritenere che l'onere della prova a carico dell'attore non sia stato assolto e non già propendere per la natura subordinata del rapporto (cfr., in tal senso, Cass., sez. lav., 28/09/2006, n. 21028).
Delineati i principi generali rilevanti nel caso di specie, deve affermarsi che l'istruttoria svolta non ha consentito di confermare le prospettazioni della parte ricorrente, con la conseguenza che la domanda diretta ad accertare la costituzione del rapporto con decorrenza sin dal 1.5.2008 non può trovare accoglimento.
Le dichiarazioni del primo teste di parte ricorrente, , escusso all'udienza Testimone_1
del 24.6.2021, appaiono generiche, pur essendo il teste un collega di lavoro del de cuius e quindi a diretta conoscenza dei fatti di causa. Il teste in questione, benché abbia complessivamente confermato le allegazioni di cui al ricorso, ha genericamente riferito che il lavorava già prima del 2010 sotto le direttive di , Persona_3 Controparte_1 utilizzando gli utensili di proprietà di quest'ultimo e che osservava l'orario di lavoro indicato in ricorso, senza tuttavia precisare la natura degli ordini e delle direttive date dal datore di lavoro, senza indicare quali strumenti venissero utilizzati per lo svolgimento dell'attività di falegnameria e senza riferire in ordine all'esercizio da parte del datore di lavoro del potere di controllo della prestazione lavorativa. Lo stesso ha poi altrettanto genericamente riferito che la retribuzione veniva corrisposta da , senza alcuna precisazione in ordine alle CP_1
modalità di corresponsione della retribuzione.
Tali dichiarazioni, equivoche per la loro genericità e quindi compatibili con quanto dedotto dalla parte resistente, sono peraltro rimaste prive di riscontro. Infatti, alcun rilievo probatorio assume la dichiarazione resa dal secondo teste di parte ricorrente, il quale Testimone_2
si è limitato a riferire circostanze oggetto di conoscenza indiretta e riferite dallo stesso
. Egli ha dichiarato di essere a conoscenza dei fatti di causa in quanto era Persona_3
solito accompagnare verso le ore 07.00 il a lavoro, per poi tornare a Persona_3
riprenderlo alle 18.30, dal 2008 circa sino a prima del decesso del lavoratore. Quale mero accompagnatore del lavoratore, lo stesso non ha validamente riferito in ordine al rapporto intercorso tra il lavoratore ed il datore di lavoro e in particolare in relazione all'eterodirezione
e/o in relazione ad alcuno degli indici della subordinazione sopraelencati.
Le dichiarazioni rese sono quindi irrilevanti.
Pertanto, alla luce di una valutazione complessiva delle risultanze probatorie della prova testimoniale, deve ritenersi che non vi siano elementi sufficienti per ritenere che il rapporto
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di lavoro abbia avuto inizio sin dal maggio del 2008 e si sia svolto con le modalità di cui al ricorso.
Stante la lacunosità e genericità della prova, deve pertanto farsi ricorso al criterio di cui all'art. 2697 c.c., con la conseguenza che non può ritenersi raggiunta la prova in ordine alla retrodatazione del rapporto di lavoro sin dal maggio 2008, con conseguente assorbimento di ogni ulteriore questione conseguente all'accertamento del rapporto sin da tale data.
Anche in relazione al periodo contrattualizzato dal 4.4.2013 sino al decesso, tenuto conto delle scarne risultanze probatorie della prova per testi espletata, deve affermarsi che non è raggiunta la prova dello svolgimento di un orario di lavoro superiore a quello contrattualmente previsto. Peraltro, l'unico teste di parte ricorrente, a diretta conoscenza dei fatti di causa, ha prestato attività lavorativa sino al 2015.
Né di conseguenza è provato lo svolgimento di un orario di lavoro a tempo pieno, a fronte del part - time contrattualmente previsto con decorrenza dal 1.2.2017, essendo tali fatti rimasti del tutto sforniti di prova per le ragioni appena esposte. Si ribadisce al riguardo che nessun rilievo assumono le dichiarazioni del teste il quale si limitava ad Testimone_2 accompagnare a lavoro il (peraltro all'incirca tre – quattro volte al mese) Persona_3
e nulla ha riferito il teste in relazione al periodo in questione (febbraio Testimone_1
2017 – maggio 2017).
A questo punto, tenuto conto delle risultanze istruttorie, deve rilevarsi che alla luce delle generiche allegazioni di cui al ricorso nonché del parametro di cui all'art. 36 Cost. e delle previsioni del CCNL richiamato dalle parti ed applicabile in ragione del riferimento contenuto nella documentazione inerente al rapporto di lavoro, si ritiene che sia sufficiente la retribuzione corrisposta al , come risultante dalle buste paga e dai bonifici versati Per_3
in atti, in ragione della natura delle mansioni e dell'orario di lavoro contrattualmente previsto.
In ordine alla domanda di regolarizzazione della posizione contributiva del lavoratore per il
Org_ periodo 1.5.2008 sino al 3.4.2013 presso l' , in conseguenza dell'accertamento dell'effettiva retribuzione dovuta al ricorrente, la stessa per tutte le argomentazioni esposte non può trovare accoglimento in quanto non risulta accertato alcun fittizio inquadramento sia in ordine alla data di assunzione sia in ordine all'orario di lavoro contrattualmente previsto.
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Orbene, tenuto conto del rapporto di lavoro così come accertato, non essendo stata raggiunta la prova della retrodatazione del rapporto e dello svolgimento di un orario di lavoro maggiore, in relazione alle spettanze di fonte legale e contrattuale, deve rilevarsi che il datore di lavoro ha assolto l'onere della prova sullo stesso gravante dando prova di aver corrisposto, all'esito della cessazione del rapporto, mediante la documentazione contabile allegata alla memoria, il pagamento del TFR maturato dal 4.4.2013, della retribuzione ordinaria del mese di maggio 2017, i ratei di tredicesima mensilità maturati nell'anno 2017 e dell'indennità sostitutiva di ferie e permessi, maturati e non goduti. Le somme corrisposte appaiono corrispondenti a quanto spettante al lavoratore, in ragione della regolamentazione del rapporto di lavoro e quindi di quanto previsto dal contratto stipulato tra le parti.
Infine, va rilevato che pur avendo la parte allegato la mancata corresponsione dell'indennità di mancato preavviso di cui al combinato disposto 2122 e 2118 c.c. (cfr. punto 22 del ricorso introduttivo del giudizio), non è poi formulata alcuna domanda di condanna avente ad oggetto tale spettanza, sicché alcuna pronuncia può emettersi in relazione a tale indennità.
Alla luce di tutte le considerazioni suesposte, il ricorso va integralmente rigettato.
Le spese di lite si dichiarano integralmente compensate in ragione della qualità delle parti.
Si ritiene invece equo compensare integralmente le spese di lite tra la parte ricorrente e
Org_ l' .
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI SANTA MARIA CAPUA VETERE
Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, in composizione monocratica ed in funzione di giudice del lavoro, in persona del giudice M I, ha pronunciato, ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c., la seguente
SENTENZA nella causa iscritta al n. R.G. 5899/2018 vertente
TRA
, in proprio e nella qualità di genitore esercente la Parte_1
responsabilità genitoriale nei confronti dei figli minori e Persona_1
, tutti quali eredi di , rappresentati e Persona_2 Persona_3 difesi dall'avv. A V, ed elettivamente domiciliati presso lo studio del difensore in Maddaloni alla via Matilde Serao n. 49, giusta procura in atti
R contro
, rapp.to e difeso dagli avv.ti G T e M Controparte_1
T ed elett.te dom.to presso il loro studio sito in Caserta al Corso Trieste n. 116, giusta procura in atti
RESISTENTE
Motivi della decisione
Con ricorso depositato in data 28 giugno 2018, i ricorrenti in epigrafe indicati, rispettivamente coniuge e figli, eredi legittimi di , deceduto in data Persona_3
29.5.2017, esponevano:
- che il de cuius aveva lavorato ininterrottamente dal 1.5.2008 al Persona_3
28.5.2017, sotto la direzione e il controllo di , titolare dell'omonima ditta Controparte_1
individuale, svolgendo mansioni di falegname;
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- che il rapporto di lavoro veniva tuttavia regolarizzato solo in data 4.4.2013;
- che veniva inquadrato nel livello E del Legno aziende artigiane, con qualifica di Org_1
falegname;
- che era tenuto all'osservanza del seguente orario di lavoro: dal lunedì al venerdì dalle ore
8.00 alle ore 18.00 ed il sabato dalle ore 7.00 alle 14.00;
- che il de cuius per il periodo dal maggio 2008 sino alla formale assunzione aveva percepito
a titolo di retribuzione l'importo di € 1.060,00 e successivamente gli importi indicati nelle buste paga;
- che la retribuzione percepita era inferiore a quanto indicato dal CCNL di categoria e alla quantità di lavoro prestato;
- che il datore di lavoro non aveva corrisposto il compenso per il lavoro straordinario svolto quotidianamente e nella giornata del sabato;aveva omesso il versamento della contribuzione previdenziale ed assistenziale e che alla cessazione del rapporto di lavoro conseguente al decesso del in data 28.5.2017, non aveva corrisposto la retribuzione di Persona_3 maggio, i ratei di tredicesima mensilità, l'indennità per ferie e permessi non goduti, il TFR
e l'indennità sostitutiva del preavviso di cui all'art. 2118 ultimo comma c.c.
Pertanto, i ricorrenti convenivano in giudizio , e previo accertamento Controparte_1 dell'esistenza del rapporto di lavoro subordinato svolto nelle modalità di cui al ricorso, concludevano per la condanna del convenuto al pagamento dell'importo complessivo di €
63.57,28 come da conteggi allegati val ricorso, oltre interessi e rivalutazione monetaria. Il tutto con vittoria di spese di lite e con attribuzione ex art. 93 c.p.c.
Ritualmente instaurato il contraddittorio, si costituiva in giudizio che Controparte_1
resisteva al ricorso eccependo in via preliminare il difetto di rappresentanza dei minori in assenza di autorizzazione del giudice tutelare. Nel merito contestava il ricorso con varie ed articolate argomentazioni. Chiedeva pertanto l'integrale rigetto del ricorso, con vittoria di spese di lite ed attribuzione.
A seguito di integrazione del contraddittorio si costituiva altresì l' , il Controparte_2
quale chiedeva, previo accertamento dell'esistenza di un rapporto di lavoro tra le parti svolto con le modalità di cui al ricorso introduttivo, la condanna del datore di lavoro al pagamento dei contributi non prescritti.
Fallito il tentativo di conciliazione, ammessa ed espletata la prova per testi, la causa veniva rinviata per la discussione.
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Il ricorso è parzialmente fondato e va accolto per quanto di ragione.
In via preliminare deve rilevarsi che sussiste la legittimazione processuale in capo a
quale genitore esercente la responsabilità genitoriale in via Parte_1
esclusiva nei confronti dei figli minori e , non Persona_4 Persona_2
aventi la capacità processuale, a stare in giudizio e agire quale rappresentante dei figli minori al fine di far valere i diritti di credito di ed in ogni caso aventi fonte nel Persona_3
dedotto rapporto di lavoro intercorso, quali le differenze retributive maturate in ragione del maggiore orario di lavoro osservato, il TFR, l'indennità sostitutiva di permessi e ferie non goduti e i contributi previdenziali non versati per il periodo di lavoro “a nero” (cfr. ricorso ex art. 320 c.p.c. e provvedimento di autorizzazione depositati telematicamente il
18.10.2023).
Al riguardo, si ritiene sufficiente la autorizzazione del giudice tutelare resa con provvedimento del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere n. 1014/2020 del 02.03.2020, versato in atti. Non rileva, infatti, che tale autorizzazione sia intervenuta successivamente al deposito del ricorso introduttivo del presente giudizio e prima ancora che il difetto di rappresentanza fosse sollevato dal giudice. In tal senso depongono la lettera e la ratio dell'art.
182 comma 2 c.p.c.. Si ritiene, quindi, possibile la sanatoria con effetti retroattivi nei casi, come quelli di specie, di difetto di autorizzazione.
Sempre in via preliminare, si osserva che con il ricorso introduttivo del presente giudizio i ricorrenti in epigrafe indicati, rispettivamente moglie e figli del lavoratore , Persona_3
deceduto in data 29.5.2017, agiscono in giudizio quali eredi sia al fine di accertare il diritto al pagamento del TFR sia al fine di far accertare la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato sin dal 1.5.2008 e per la conseguente condanna del datore di lavoro del de cuius al pagamento delle spettanze specificamente indicate in ricorso e nei conteggi allegati, maturate nel corso del rapporto di lavoro.
Le domande formulate presuppongono l'accertamento della qualità di eredi dei ricorrenti.
Ebbene, con riguardo ai figli minori, deve rilevarsi che non può dirsi raggiunta la prova dell'acquisizione della qualità di eredi in quanto non vi è prova dell'accettazione dell'eredità con beneficio di inventario di cui all'art. 471 c.c., accettazione che presuppone anche essa
l'autorizzazione del giudice tutelare ai sensi dell'art. 320 comma 3 c.c. e degli artt. 321 e
374 c.c., non potendosi configurare rispetto ad essi un'accettazione tacita dell'eredità.
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Più precisamente, l'art. 471 c.c., disponendo che le eredità devolute ai minori e agli interdetti non si possono accettare se non con il beneficio di inventario, esclude che il rappresentante legale possa accettare l'eredità in modo diverso da quello prescritto dall'art. 484 c.c., che consiste in una dichiarazione espressa di volontà volta a fare acquistare all'incapace la qualità di erede con limitazione della responsabilità ai debiti. Ne consegue che l'accettazione tacita, fatta con il compimento di uno degli atti previsti dall'art. 476 c.c., non rientra nel potere del rappresentante legale e perciò non produce alcun effetto giuridico nei confronti dell'incapace, che resta nella posizione di chiamato all'eredità fino a quando egli stesso o il suo rappresentante eserciti il diritto di accettare o di rinunziare all'eredità entro il termine della prescrizione (Cassazione civile sez. I, 01/02/2007, n. 2211).
Conseguentemente, non può reputarsi allo stato sussistente la legittimazione sostanziale dei minori, rappresentanti dal genitore esercente la responsabilità genitoriale.
Con riguardo alla qualità di erede in capo alla posizione di si Parte_1
osserva invece quanto segue.
La ricorrente ha dedotto che il coniuge è deceduto, senza lasciare Persona_3
testamento, lasciando quali suoi eredi legittimi la stessa quale Parte_1
moglie e i due figli minori (cfr. certificato di stato di famiglia).
Quanto alla prova dell'accettazione dell'eredità, questa è da considerarsi implicita nell'avere la ricorrente agito in giudizio per rivendicare beni ereditari, allegando la propria qualità di erede.
Ed infatti, l'accettazione tacita dell'eredità può appunto desumersi, ex art. 476 c.c., dall'esplicazione di una attività personale del chiamato con la quale venga posto in essere un atto di gestione incompatibile con la volontà di rinunciare all'eredità e non altrimenti giustificabile se non nell'assunzione della qualità d'erede, e cioè un comportamento tale da presupporre necessariamente la volontà di accettare l'eredità, secondo una valutazione obiettiva condotta alla stregua del comune modo d'agire di una persona normale (Cass. n.
12753/1999;n. 9782/1995;n. 8123/1987).
Alla luce delle considerazioni che precedono, va quindi riconosciuta la legittimazione della ricorrente a percepire quanto eventualmente spettante al defunto in ragione del dedotto rapporto di lavoro intercorso con . Controparte_1
Fatte tali premesse, bisogna ora procedere in ordine alla domanda diretta all'accertamento della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra e Persona_3 CP_1
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con decorrenza sin dal 1.5.2008, svoltosi secondo le modalità dedotte nell'atto CP_1
introduttivo, prima della formale assunzione del 4.4.2013.
Tale questione attiene agli elementi caratterizzanti il rapporto di lavoro subordinato.
Ai fini del decidere, pertanto, è opportuno richiamare i consolidati principi di diritto affermati in ordine al rapporto di lavoro subordinato ed agli indici della subordinazione.
Punto di partenza è l'art. 2094 del c.c. secondo il quale “è prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell'impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore”.
La lettera della norma descrive la verticalità di un rapporto nel quale il lavoro è reso “alle dipendenze e sotto la direzione” dell'imprenditore.
Le norme di cui agli artt. 2099 e ss., ed in particolare all'art. 2104, art. 2105 e art. 2106 c.c., riempiono di contenuti la nozione di subordinazione. Il lavoratore subordinato è colui che, nell'ambito di una diligenza qualificata, deve osservare le disposizioni per l'esecuzione del lavoro impartite dal datore di lavoro e dai collaboratori di questo dai quali gerarchicamente dipende. Il vincolo di dipendenza è reso più stringente da un obbligo di fedeltà e da una soggezione al potere disciplinare del datore di lavoro.
Sulla base delle disposizioni normative citate, la Suprema Corte di Cassazione ha affermato che elemento distintivo del rapporto di lavoro subordinato da quello di lavoro autonomo è rappresentato dalla subordinazione del lavoratore al potere organizzativo, direttivo e disciplinare del datore di lavoro, subordinazione da intendersi come vincolo di natura personale che assoggetta il prestatore ad un potere datoriale che si manifesta in direttive inerenti, di volta in volta, alle modalità di svolgimento delle mansioni e che si traduce in una limitazione della libertà del lavoratore (cfr. Cass. lav. 10.6.98, n. 5792;Cass. lav. 29.3.95,
n. 3745;Cass. lav. 11.8.94, n. 7374;Cass. lav. 9.6.94, n. 5590;Cass. lav. 7.2.94, n. 1219;
Cass. lav. 18.12.87, n. 9459).
Pochi dubbi allorquando la relazione di supremazia che produce l'assoggettamento si concreta nell'emanazione di ordini specifici, nell'esercizio di una assidua e costante attività di vigilanza e controllo nell'esecuzione delle prestazioni, nello stabile e continuativo inserimento nell'organizzazione produttiva dell'impresa.
Tuttavia, può risultare difficile l'accertamento diretto dell'elemento essenziale della subordinazione come sopra delineato. Allora in tali casi può farsi ricorso ad elementi dal carattere sussidiario e con funzione indiziaria (Cass. lav. 19.11.98, n. 11711;Cass., lav.,
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18.06.98, n. 6114;Cass., lav., 04.03.98, 2370;Cass. lav. 26.10.94, n. 8804) che, lungi dal prescindere dall'essenzialità della subordinazione, ne accertano in via indiretta l'esistenza quali elementi sintomatici di un vincolo non rintracciabile aliunde.
Gli indici presuntivi di ordinaria applicazione giurisprudenziale sono i seguenti: eterodirezione delle modalità, anche di tempo e di luogo, della prestazione;inserimento stabile del lavoratore nell'organizzazione produttiva dell'impresa;utilizzo di locali, mezzi e strutture fornite dal datore di lavoro;assenza di rischio imprenditoriale;obbligo di osservanza di un orario di lavoro e di frequenza giornaliera, con annessi obblighi di giustificazione dei ritardi e delle assenze;continuità della collaborazione, quale obbligo ideale tendenzialmente stabile di messa a disposizione da parte del dipendente delle energie lavorative;retribuzione predeterminata a cadenza fissa;pagamento dello straordinario, godimento delle ferie, versamento di contributi assicurativi;esclusività della prestazione;infungibilità soggettiva della prestazione;esercizio di mansioni meramente esecutive.
Le Sezioni Unite hanno confermato la legittimità del procedimento logico di valutazione globale di elementi sintomatici, poiché, se deve negarsi l'idoneità di ciascuno di questi elementi, considerato singolarmente, a fondare l'accertamento della natura del rapporto, non può invece negarsi la possibilità che in una valutazione globale essi vengano assunti come concordanti, gravi e precisi indizi rivelatori della sussistenza effettiva della subordinazione
(Cass. n. 379/99).
Inoltre, secondo i principi generali in tema di distribuzione degli oneri probatori, nel caso di accertamento del rapporto di lavoro subordinato, spetta al lavoratore che agisce in giudizio al fine di ottenere il riconoscimento del rapporto di lavoro subordinato, provare i fatti costitutivi della pretesa azionata, secondo quanto disposto dall'art. 2697 c.c.
Grava, quindi, sul lavoratore ricorrente, l'onere di fornire la prova della sussistenza di un rapporto di lavoro con la resistente, svolto secondo le modalità dedotte nel ricorso ed in particolare la dimostrazione della soggezione al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, che si estrinseca nell'emanazione di ordini specifici oltre che nell'esercizio di un'assidua attività di vigilanza e controllo sull'esecuzione della prestazione lavorativa, così come disposto dall' art. 2094 c.c.
Ove all'esito della prova permangano dubbi circa l'inquadramento giuridico del rapporto stesso, deve necessariamente concludersi per il rigetto del ricorso, non essendo stato assolto
l'onere della prova gravante sulla parte attrice. Infatti, qualora vi sia una situazione oggettiva
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di incertezza probatoria, il giudice deve ritenere che l'onere della prova a carico dell'attore non sia stato assolto e non già propendere per la natura subordinata del rapporto (cfr., in tal senso, Cass., sez. lav., 28/09/2006, n. 21028).
Delineati i principi generali rilevanti nel caso di specie, deve affermarsi che l'istruttoria svolta non ha consentito di confermare le prospettazioni della parte ricorrente, con la conseguenza che la domanda diretta ad accertare la costituzione del rapporto con decorrenza sin dal 1.5.2008 non può trovare accoglimento.
Le dichiarazioni del primo teste di parte ricorrente, , escusso all'udienza Testimone_1
del 24.6.2021, appaiono generiche, pur essendo il teste un collega di lavoro del de cuius e quindi a diretta conoscenza dei fatti di causa. Il teste in questione, benché abbia complessivamente confermato le allegazioni di cui al ricorso, ha genericamente riferito che il lavorava già prima del 2010 sotto le direttive di , Persona_3 Controparte_1 utilizzando gli utensili di proprietà di quest'ultimo e che osservava l'orario di lavoro indicato in ricorso, senza tuttavia precisare la natura degli ordini e delle direttive date dal datore di lavoro, senza indicare quali strumenti venissero utilizzati per lo svolgimento dell'attività di falegnameria e senza riferire in ordine all'esercizio da parte del datore di lavoro del potere di controllo della prestazione lavorativa. Lo stesso ha poi altrettanto genericamente riferito che la retribuzione veniva corrisposta da , senza alcuna precisazione in ordine alle CP_1
modalità di corresponsione della retribuzione.
Tali dichiarazioni, equivoche per la loro genericità e quindi compatibili con quanto dedotto dalla parte resistente, sono peraltro rimaste prive di riscontro. Infatti, alcun rilievo probatorio assume la dichiarazione resa dal secondo teste di parte ricorrente, il quale Testimone_2
si è limitato a riferire circostanze oggetto di conoscenza indiretta e riferite dallo stesso
. Egli ha dichiarato di essere a conoscenza dei fatti di causa in quanto era Persona_3
solito accompagnare verso le ore 07.00 il a lavoro, per poi tornare a Persona_3
riprenderlo alle 18.30, dal 2008 circa sino a prima del decesso del lavoratore. Quale mero accompagnatore del lavoratore, lo stesso non ha validamente riferito in ordine al rapporto intercorso tra il lavoratore ed il datore di lavoro e in particolare in relazione all'eterodirezione
e/o in relazione ad alcuno degli indici della subordinazione sopraelencati.
Le dichiarazioni rese sono quindi irrilevanti.
Pertanto, alla luce di una valutazione complessiva delle risultanze probatorie della prova testimoniale, deve ritenersi che non vi siano elementi sufficienti per ritenere che il rapporto
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di lavoro abbia avuto inizio sin dal maggio del 2008 e si sia svolto con le modalità di cui al ricorso.
Stante la lacunosità e genericità della prova, deve pertanto farsi ricorso al criterio di cui all'art. 2697 c.c., con la conseguenza che non può ritenersi raggiunta la prova in ordine alla retrodatazione del rapporto di lavoro sin dal maggio 2008, con conseguente assorbimento di ogni ulteriore questione conseguente all'accertamento del rapporto sin da tale data.
Anche in relazione al periodo contrattualizzato dal 4.4.2013 sino al decesso, tenuto conto delle scarne risultanze probatorie della prova per testi espletata, deve affermarsi che non è raggiunta la prova dello svolgimento di un orario di lavoro superiore a quello contrattualmente previsto. Peraltro, l'unico teste di parte ricorrente, a diretta conoscenza dei fatti di causa, ha prestato attività lavorativa sino al 2015.
Né di conseguenza è provato lo svolgimento di un orario di lavoro a tempo pieno, a fronte del part - time contrattualmente previsto con decorrenza dal 1.2.2017, essendo tali fatti rimasti del tutto sforniti di prova per le ragioni appena esposte. Si ribadisce al riguardo che nessun rilievo assumono le dichiarazioni del teste il quale si limitava ad Testimone_2 accompagnare a lavoro il (peraltro all'incirca tre – quattro volte al mese) Persona_3
e nulla ha riferito il teste in relazione al periodo in questione (febbraio Testimone_1
2017 – maggio 2017).
A questo punto, tenuto conto delle risultanze istruttorie, deve rilevarsi che alla luce delle generiche allegazioni di cui al ricorso nonché del parametro di cui all'art. 36 Cost. e delle previsioni del CCNL richiamato dalle parti ed applicabile in ragione del riferimento contenuto nella documentazione inerente al rapporto di lavoro, si ritiene che sia sufficiente la retribuzione corrisposta al , come risultante dalle buste paga e dai bonifici versati Per_3
in atti, in ragione della natura delle mansioni e dell'orario di lavoro contrattualmente previsto.
In ordine alla domanda di regolarizzazione della posizione contributiva del lavoratore per il
Org_ periodo 1.5.2008 sino al 3.4.2013 presso l' , in conseguenza dell'accertamento dell'effettiva retribuzione dovuta al ricorrente, la stessa per tutte le argomentazioni esposte non può trovare accoglimento in quanto non risulta accertato alcun fittizio inquadramento sia in ordine alla data di assunzione sia in ordine all'orario di lavoro contrattualmente previsto.
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Orbene, tenuto conto del rapporto di lavoro così come accertato, non essendo stata raggiunta la prova della retrodatazione del rapporto e dello svolgimento di un orario di lavoro maggiore, in relazione alle spettanze di fonte legale e contrattuale, deve rilevarsi che il datore di lavoro ha assolto l'onere della prova sullo stesso gravante dando prova di aver corrisposto, all'esito della cessazione del rapporto, mediante la documentazione contabile allegata alla memoria, il pagamento del TFR maturato dal 4.4.2013, della retribuzione ordinaria del mese di maggio 2017, i ratei di tredicesima mensilità maturati nell'anno 2017 e dell'indennità sostitutiva di ferie e permessi, maturati e non goduti. Le somme corrisposte appaiono corrispondenti a quanto spettante al lavoratore, in ragione della regolamentazione del rapporto di lavoro e quindi di quanto previsto dal contratto stipulato tra le parti.
Infine, va rilevato che pur avendo la parte allegato la mancata corresponsione dell'indennità di mancato preavviso di cui al combinato disposto 2122 e 2118 c.c. (cfr. punto 22 del ricorso introduttivo del giudizio), non è poi formulata alcuna domanda di condanna avente ad oggetto tale spettanza, sicché alcuna pronuncia può emettersi in relazione a tale indennità.
Alla luce di tutte le considerazioni suesposte, il ricorso va integralmente rigettato.
Le spese di lite si dichiarano integralmente compensate in ragione della qualità delle parti.
Si ritiene invece equo compensare integralmente le spese di lite tra la parte ricorrente e
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