Corte d'Appello Roma, sentenza 02/07/2024, n. 2594
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE D'APPELLO DI ROMA
II SEZIONE LAVORO
composta dai seguenti magistrati dott. Alberto CELESTE Presidente relatore
dott.ssa Donatella CASABLANCA Consigliere dott.ssa Eliana ROMEO Consigliere
a seguito di trattazione scritta ex art. 127-ter c.p.c. in sostituzione dell'udienza collegiale del 2/7/2024 riunita in camera di consiglio, ha pronunciato la seguente
SENTENZA CON MOTIVAZIONE CONTESTUALE
nella causa civile in grado d'appello iscritta al R.G. n. 1784/2023 vertente
TRA
AR FA
(avv.to Murineddu)
PARTE RICORRENTE IN RIASSUNZIONE
E
ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA SOCIALE - I.N.P.S.
(avv.to Tortato)
PARTE RESISTENTE IN RIASSUNZIONE
OGGETTO: appello avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 3282 del 26/4/2018
CONCLUSIONI: come da scritti difensivi in atti.
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
Con la sentenza n. 3282 del 26/4/2018 - per quel che qui ancora rileva - il Tribunale di Roma, in accoglimento della domanda, proposta da MA EF nei confronti dell'Inps, dichiarava il diritto della ricorrente al ricalcolo della base di calcolo della quota B nella liquidazione della pensione di anzianità - secondo i parametri indicati nella parte motiva della decisione - e, per l'effetto, condannava il resistente a corrispondere le relative differenze mensili per tredici mensilità l'anno, unitamente agli interessi legali dalla maturazione di ogni importo differenziale mensile sino al soddisfo.
Con la sentenza n. 690 del 16/3/2020, la Corte d'Appello di Roma rigettava il gravame dell'Istituto.
Con l'ordinanza n. 13684 del 18/5/2023, la Corte di Cassazione, in accoglimento del primo motivo del ricorso per cassazione dell'Inps - dichiarato inammissibile il secondo - cassava la sentenza impugnata, rinviando la causa davanti a questa Corte, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
La pensionata riassumeva il giudizio, mentre l'Istituto resisteva.
Disposta la trattazione scritta ai sensi dell'art. 127-ter c.p.c., la causa è stata decisa come segue con dispositivo e motivazione contestuale.
Si controverte qui unicamente sull'interpretazione della normativa di riferimento in ordine alla corretta quantificazione della quota B, operata dall'Inps, riguardo alla pensione di anzianità di cui è titolare l'odierna parte ricorrente in riassunzione, ex lavoratore dello spettacolo.
Al riguardo, il Tribunale e la Corte d'Appello hanno concordemente opinato che il limite massimo inerente alla retribuzione giornaliera pensionabile si applicasse alla sola determinazione della quota A del trattamento di quiescenza, mentre non sarebbe più vigente per la quota B, regolata dai nuovi criteri fissati dal d.lgs. n. 182/1997.
Tuttavia, la Corte di Cassazione, andando di contrario avviso, ha affermato il seguente principio di diritto: “nella determinazione della quota B della pensione, relativa alle anzianità maturate successivamente al 31/12/1992 dai lavoratori iscritti al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo in data anteriore al
31/12/1995, non si prendono in considerazione, ai fini del calcolo della retribuzione giornaliera pensionabile, per la parte eccedente, le retribuzioni giornaliere superiori al limite fissato dall'art. 12, comma 7, del d.P.R.
31/12/1971, n. 1420, così come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 10, del d.lgs. 30/4/1997, n. 182”, aggiungendo che “tale limite non è stato abrogato né espressamente dai successivi interventi legislativi, né per incompatibilità dall'art. 4, comma 8, del medesimo decreto legislativo”, dovendosi ritenere che la fissazione di un tetto alla retribuzione giornaliera pensionabile, contribuendo a comporre i diversi interessi di
rilievo costituzionale, sia coessenziale alla disciplina, in quanto si colloca in un sistema ampiamente favorevole per gli iscritti, in ordine all'entità delle prestazioni ed alle condizioni di accesso, rispetto a quello della generalità dei lavoratori assicurati presso l'Inps.
Non resta a questo Collegio che uniformarsi all'orientamento espresso, di recente, dal giudice di legittimità nell'esercizio della sua funzione nomofilattica, a confutazione della tesi sostenuta costantemente da questa Corte territoriale sul punto (v., dapprima, come leading case, Cass., sez. lav., 9/12/2022, n.
36056;
sull'abbrivio di quest'ultima, v., ex multis, Cass., sez. lav., nn. 36641, 36644 e 36646 del 14/12/2022;
Cass., sez. lav., nn. 36945, 36946 e 36947 del 16/12/2022;
Cass., sez. lav., n. 37043 del 17/12/2022;
Cass.,
sez. lav., n. 38016, 38017 e 38018 del 29/12/2022;
tutte con identiche argomentazioni, che vengono qui di seguito riportate, cui adde, più di recente, Cass., sez. lav., nn. 867, 868, 869 e 870 del 13/1/2023, nonché
Cass., sez. lav., nn. 8734, 8742, 8748, 8755, 8771 e 8792 del 28/3/2023).
In applicazione di tale principio di diritto, pertanto, si rivela infondata la pretesa della pensionata di vedersi calcolata la quota B del trattamento di quiescenza in godimento senza l'applicazione del limite fissato dall'art. 12, comma 7, del d.P.R. n. 1420/1971, così come da ultimo
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