Cass. civ., SS.UU., ordinanza 19/04/2022, n. 12445
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Testo completo
ciato la seguente ORDINANZA sul ricorso 13368-2021 proposto da: M PASQUALE & C. S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati D G, M F e P G;
- ricorrente -
contro
COMUNE DI VIETRI DI POTENZA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati L B e P G;
REGIONE BASILICATA, in persona del Presidente della Giunta Regionale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
NIZZA
56, presso l'Ufficio di Rappresentanza dell'Ente, rappresentata e difesa dall'avvocato N P;
- controricorrenti -
avverso la sentenza n. 1704/2021 del CONSIGLIO DI STATO, depositata il 01/03/2021. Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/01/2022 dal Consigliere ROBERTA CRUCITTI;
lette le conclusioni scritte dell'Avvocato Generale F S, il quale chiede che le Sezioni Unite della Corte di cassazione vogliano dichiarare inammissibile il ricorso.
FATTI DI CAUSA
La Società Macellaro Pasquale & C. s.r.l. era stata autorizzata, con delibera della Giunta regionale della Basilicata del giorno 1.07.2008, all'esercizio di una cava di sedimenti carbonatici, di proprietà del Comune di Vietri di Potenza, per la durata di dieci anni, decorrenti dalla data di inizio dell'attività (23.09.2009). Con istanza, datata 11.04.2019, la Società -nelle more di altra istanza, già avanzata, di proroga dell'attività estrattiva- richiese di essere autorizzata al prelievo e alla successiva lavorazione del materiale già depositato nella zona di stoccaggio dell'area di cava. Con nota, del giorno 11 aprile 2019, del dirigente dell'Ufficio geologico del Comune, l'Ente precisava che le attività di coltivazione mineraria dovevano cessare alla data del 23 aprile 2019. Ric. 2021 n. 13368 sez. SU - ud. 25-01-2022 -2- La Società impugnò tale provvedimento, innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata, chiedendone l'annullamento per violazione dell'art.7 della legge n.241 del 1990, per omessa comunicazione dell'avvio del procedimento e per omessa motivazione e per violazione della normativa regionale in materia. Con altro ricorso, la Società chiedeva al T.A.R. l'annullamento della delibera comunale di Giunta municipale n.149 del 2018 che non aveva autorizzato il richiesto ampliamento della coltivazione mineraria e dei servizi connessi. Il T.A.R., con sentenza n.614 del 2019, previa riunione dei ricorsi, li rigettava rilevando che il contratto di affitto intercorrente tra la ricorrente e il Comune si era risolto e che, in ogni caso, nelle more, era intervenuta la scadenza del contratto di concessione e di autorizzazione dell'attività di coltivazione. Tale decisione, appellata dalla Società, veniva confermata, con rigetto dell'appello, dal Consiglio di Stato, Sezione quinta, con sentenza in data 1.3.2021 n.1704. In particolare, il Consiglio di Stato (d'ora in poi C.d.S.) riteneva che: -il Dirigente dell'Ufficio regionale geologico fosse competente all'adozione dell'atto impugnato, in quanto a questo spettavano i compiti di vigilanza in virtù di espressa delega;
-la nota di tale dirigente era sufficientemente motivata in quanto, appurato che l'autorizzazione regionale aveva ad oggetto l'attività estrattiva finalizzata alla commercializzazione del prodotto di cava, era sufficiente, ai fini motivazionali, fare riferimento alla scadenza dell'autorizzazione stessa, al verificarsi della quale tutte le attività (comprese quelle attinenti alla lavorazione e alla vendita del materiale già lavorato e stoccato) non potevano più essere esercitate;
- quanto alla questione della risoluzione del contratto di affitto stipulato con il Comune, lo stesso T.A.R. della Basilicata, con Ric. 2021 n. 13368 sez. SU - ud. 25-01-2022 -3- sentenza passata in giudicato, aveva dichiarato risolto il contratto, dichiarando la nullità delle clausole contrattuali che prevedevano il rinnovo tacito dello stesso sino alla scadenza dell'autorizzazione regionale, a semplice richiesta;
-correttamente il primo giudice aveva ritenuto infondata la censura relativa alla violazione dell'art 1 bis, comma 4, secondo periodo, legge regionale n.12/1979 dato che la norma invocata, legittimante la prosecuzione di attività pur dopo la scadenza dell'attività di cava, non poteva essere oggetto di immediata applicazione, in mancanza dell'istituzione del registro delle cave abbandonate o dismesse e della pubblicazione dei bandi per le azioni di recupero ambientale;
erano insussistenti le dedotte violazioni degli obblighi partecipativi, posto che la comunicazione dell'avvio del procedimento della revoca della delibera n.34 del 2017 non avrebbe potuto condurre ad esiti differenti e cioè all'adozione di un provvedimento di diverso
- ricorrente -
contro
COMUNE DI VIETRI DI POTENZA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati L B e P G;
REGIONE BASILICATA, in persona del Presidente della Giunta Regionale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
NIZZA
56, presso l'Ufficio di Rappresentanza dell'Ente, rappresentata e difesa dall'avvocato N P;
- controricorrenti -
avverso la sentenza n. 1704/2021 del CONSIGLIO DI STATO, depositata il 01/03/2021. Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/01/2022 dal Consigliere ROBERTA CRUCITTI;
lette le conclusioni scritte dell'Avvocato Generale F S, il quale chiede che le Sezioni Unite della Corte di cassazione vogliano dichiarare inammissibile il ricorso.
FATTI DI CAUSA
La Società Macellaro Pasquale & C. s.r.l. era stata autorizzata, con delibera della Giunta regionale della Basilicata del giorno 1.07.2008, all'esercizio di una cava di sedimenti carbonatici, di proprietà del Comune di Vietri di Potenza, per la durata di dieci anni, decorrenti dalla data di inizio dell'attività (23.09.2009). Con istanza, datata 11.04.2019, la Società -nelle more di altra istanza, già avanzata, di proroga dell'attività estrattiva- richiese di essere autorizzata al prelievo e alla successiva lavorazione del materiale già depositato nella zona di stoccaggio dell'area di cava. Con nota, del giorno 11 aprile 2019, del dirigente dell'Ufficio geologico del Comune, l'Ente precisava che le attività di coltivazione mineraria dovevano cessare alla data del 23 aprile 2019. Ric. 2021 n. 13368 sez. SU - ud. 25-01-2022 -2- La Società impugnò tale provvedimento, innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata, chiedendone l'annullamento per violazione dell'art.7 della legge n.241 del 1990, per omessa comunicazione dell'avvio del procedimento e per omessa motivazione e per violazione della normativa regionale in materia. Con altro ricorso, la Società chiedeva al T.A.R. l'annullamento della delibera comunale di Giunta municipale n.149 del 2018 che non aveva autorizzato il richiesto ampliamento della coltivazione mineraria e dei servizi connessi. Il T.A.R., con sentenza n.614 del 2019, previa riunione dei ricorsi, li rigettava rilevando che il contratto di affitto intercorrente tra la ricorrente e il Comune si era risolto e che, in ogni caso, nelle more, era intervenuta la scadenza del contratto di concessione e di autorizzazione dell'attività di coltivazione. Tale decisione, appellata dalla Società, veniva confermata, con rigetto dell'appello, dal Consiglio di Stato, Sezione quinta, con sentenza in data 1.3.2021 n.1704. In particolare, il Consiglio di Stato (d'ora in poi C.d.S.) riteneva che: -il Dirigente dell'Ufficio regionale geologico fosse competente all'adozione dell'atto impugnato, in quanto a questo spettavano i compiti di vigilanza in virtù di espressa delega;
-la nota di tale dirigente era sufficientemente motivata in quanto, appurato che l'autorizzazione regionale aveva ad oggetto l'attività estrattiva finalizzata alla commercializzazione del prodotto di cava, era sufficiente, ai fini motivazionali, fare riferimento alla scadenza dell'autorizzazione stessa, al verificarsi della quale tutte le attività (comprese quelle attinenti alla lavorazione e alla vendita del materiale già lavorato e stoccato) non potevano più essere esercitate;
- quanto alla questione della risoluzione del contratto di affitto stipulato con il Comune, lo stesso T.A.R. della Basilicata, con Ric. 2021 n. 13368 sez. SU - ud. 25-01-2022 -3- sentenza passata in giudicato, aveva dichiarato risolto il contratto, dichiarando la nullità delle clausole contrattuali che prevedevano il rinnovo tacito dello stesso sino alla scadenza dell'autorizzazione regionale, a semplice richiesta;
-correttamente il primo giudice aveva ritenuto infondata la censura relativa alla violazione dell'art 1 bis, comma 4, secondo periodo, legge regionale n.12/1979 dato che la norma invocata, legittimante la prosecuzione di attività pur dopo la scadenza dell'attività di cava, non poteva essere oggetto di immediata applicazione, in mancanza dell'istituzione del registro delle cave abbandonate o dismesse e della pubblicazione dei bandi per le azioni di recupero ambientale;
erano insussistenti le dedotte violazioni degli obblighi partecipativi, posto che la comunicazione dell'avvio del procedimento della revoca della delibera n.34 del 2017 non avrebbe potuto condurre ad esiti differenti e cioè all'adozione di un provvedimento di diverso
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