Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2021-03-01, n. 202101704

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2021-03-01, n. 202101704
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202101704
Data del deposito : 1 marzo 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 01/03/2021

N. 01704/2021REG.PROV.COLL.

N. 07802/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 7802 del 2019, proposto da
M P & C. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati M F, P G e D G, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;



contro

Comune di Vietri di Potenza, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato L B, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
Regione Basilicata, in persona del Presidente pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato N P, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;



per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata 15 luglio 2019, n. 614, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Vietri di Potenza e della Regione Basilicata;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 luglio 2020, tenuta ai sensi dell’art. 84, comma 5, d.l. n. 18 del 2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 27 del 2020, con le modalità di cui al comma 6 dello stesso art. 84 come da verbale, il consigliere Angela Rotondano, uditi per le parti alla discussione da remoto gli avvocati M F e L B, e data la presenza dell’avvocato N P ai sensi dell'art. 4, comma 1, ultimo periodo, D.L. 28/2020;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.




FATTO

1. La società M P & C S.r.l. (di seguito anche solo “la società Macellaro” o “l’appellante” ), conduttrice di una cava di sedimenti carbonatici in località “Pedali” del Comune di Vietri di Potenza, di proprietà comunale, era autorizzata all’esercizio di cava, previo parere favorevole di compatibilità ambientale sul progetto presentato, con delibera di Giunta della Regione Basilicata n. 1105 del 1 luglio 2008, per la durata di dieci anni decorrente dalla data di effettivo inizio dell’attività estrattiva (avvenuto il 23 settembre 2009), con espressa previsione (nel punto 14 della citata delibera) che tale autorizzazione avrebbe potuto “essere prorogata su istanza degli interessati aventi diritto, previa verifica dei requisiti richiesti dalla legislazione vigente in materia di estrazione mineraria ed ambientale”.

Il progetto autorizzato dalla Regione prevedeva un volume complessivo di materiale da estrarre di 2.604.505 mc., di cui circa 114.000 mc. da riutilizzare per il ripristino della continuità morfologica nella fase di sistemazione finale della cava e 250.000 mc. annui per la vendita.

2. In data 9 marzo 2009 veniva rinnovato, tra il Comune proprietario e la società, il contratto di affitto del terreno per l’estrazione del materiale, per una durata di quattro anni, prorogabili, su semplice richiesta della concessionaria, sino alla scadenza dell’autorizzazione regionale, al canone annuo minimo di € 150.000,00 (da corrispondere in tre rate di eguale importo, con possibilità di effettuare il pagamento della terza “previa verifica dei quantitativi effettivamente estratti” e anche di rideterminarla per cause di forza maggiore non imputabili al concessionario, tra cui anche “particolari condizioni di congiuntura economica ascrivibili a concause che possano implicare una imprevedibile contrazione della commercializzazione dei materiali estratti” ).

3. Con nota del 20 gennaio 2017 la società Macellaro manifestava al Comune l’intenzione di ampliare l’area di estrazione della cava con le contestuali opere di bonifica e ripristino ambientale e con nota del 28 marzo 2017 chiedeva anche un pre – parere di massima sul nuovo progetto per il successivo inoltre alla Regione.

Il Comune con nota del 30 marzo 2017, a firma del Responsabile del Settore Tributi e Patrimonio, esprimeva un pre – parere di massima favorevole sul progetto di ampliamento della coltivazione mineraria e di contestuale recupero ambientale, formalizzato con delibera di Giunta Comunale n. 34 del 21 aprile 2017.

Quest’ultima era tuttavia revocata con delibera n. 149 del 14 novembre 2018.

Con nota prot. n. 477 del 16 gennaio 2019, a firma del Responsabile dell’Area tecnica, il Comune, riscontrando la relativa richiesta dell’amministrazione regionale, diffidava quest’ultima dal procedere all’istruttoria della domanda della società di proroga dell’autorizzazione regionale alla coltivazione della cava, in considerazione della revoca dell’originario pre – parere di massima favorevole e delle vertenze in corso tra l’ente e la società.

4. La società Macellaro chiedeva al TAR della Basilicata l’annullamento della delibera di G.M. n. 149 del 2018 e della nota comunale n. 477/2019 (ricorso NRG. 98/2019), lamentando la violazione della art. 7 l. 7 agosto 1990, n. 241, per omessa comunicazione di avvio del procedimento; l’eccesso di potere per difetto di motivazione, per omessa valutazione comparativa degli interessi in conflitto e per errore nei presupposti, essendo tuttora pendenti le indicate vertenze giudiziarie; l’ incompetenza della Giunta Municipale nella materia de qua, appartenente esclusivamente all’ente regionale; la violazione e falsa applicazione della normativa regionale in materia di cave e torbiere, richiamata dal provvedimento impugnato, normativa che riguardava solo l’autorizzazione all’attività estrattiva e non anche il prelievo e la lavorazione del materiale già estratto e depositato.

5. Con altro ricorso (NRG. 182/2019) la predetta società chiedeva al TAR per la Basilicata l’annullamento anche della nota del Dirigente dell’Ufficio Geologico della Regione dell’11 aprile 2019 (che, a riscontro della richiesta della ditta di essere comunque autorizzata, nelle more del rilascio della proroga, al prelievo e alla successiva lavorazione del materiale già abbattuto e depositato nella zona di stoccaggio dell’area di cava, precisava che le attività di coltivazione mineraria, compresa quelle relative al materiale già abbattuto, dovevano cessare alla data di scadenza dell’autorizzazione regionale di cui alla d.G.R. n. 1105/2008, fissata al 23 aprile 2019), deducendo l’illegittimità per eccesso di potere sub specie di difetto di istruttoria, manifesta illogicità, carenza di motivazione e incompetenza del Dirigente dell’Ufficio Geologico Regionale.

6. Con motivi aggiunti la ricorrente deduceva anche violazione dell’art.1 bis , comma 4, secondo periodo della legge regionale 27 marzo 1979, n. 12, ribadendo che fino alla definizione della lite civile pendente era da considerarsi legittima la detenzione della cava in questione, anche in virtù di accordo transattivo stipulato con il Comune.

7. L’adito tribunale, nella resistenza delle amministrazioni intimate, con la sentenza indicata in epigrafe, riuniti i ricorsi, li ha respinti, rilevando, da un lato, che il contratto di affitto tra il Comune e la società ricorrente si era risolto (sulla base delle statuizioni, passate in giudicato, di cui alla precedente sentenza 8 settembre 2014, n. 618) e, dall’altro, che nelle more era comunque intervenuta la scadenza sia del contratto di concessione che dell’autorizzazione all’attività di coltivazione, con conseguente obbligo di cessazione di tutte le attività svolte all’interno dell’area di cava, comprese le ulteriori lavorazioni indicate dalla ricorrente nell’istanza di proroga.

In particolare il predetto tribunale:

a) quanto all’impugnazione della delibera giuntale di revoca e della nota comunale di diffida al prosieguo dell’istruttoria sulla richiesta di proroga dell’autorizzazione regionale, ha: a1) respinto la censura di incompetenza; a2) ritenuto infondate le censure di eccesso di potere per difetto di motivazione ed errore nei presupposti, in quanto l’amministrazione comunale aveva adeguatamente esternato le finalità di interesse pubblico incompatibili con il richiesto ampliamento della coltivazione della cava, evidenziando anche la necessità di indire, alla scadenza contrattuale, un procedimento di evidenza pubblica per la scelta del concessionario, mentre non erano inconferenti i richiami alla pendenza di una lite civile; a3) ritenuto parimenti infondate le censure formali sulla dedotta violazione dell’art. 7 L. n. 241/1990, in quanto ai sensi dell’art. 21 octies , comma 2, secondo periodo, della stessa legge, il provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato dall’Amministrazione comunale; a4) respinto anche la domanda risarcitoria, anche per l’assenza di prova dei danni asseritamente subiti per spese di progettazione e di investimento;

b) quanto al ricorso e ai motivi aggiunti avverso la nota del Dirigente dell’Ufficio Geologico Regionale, ha: b1) respinto la censura di incompetenza del Dirigente dell’Ufficio Geologico regionale; b2) ritenuto infondate le censure di eccesso di potere per difetto di istruttoria e manifesta illogicità, in quanto il contratto di affitto si era comunque risolto per inadempimento della società nel pagamento delle rate di canone, prima dell’istanza dell’8 aprile 2019; b3) ritenuto insussistente la censura di difetto di motivazione, giacché la nota impugnata risultava sufficientemente motivata con il riferimento alla scadenza contrattuale; b4) ritenute non meritevoli di favorevole considerazione le censure di violazione della L.R. n. 12/1979, anche con riferimento alla doglianza formulata con i motivi aggiunti, stante l’inapplicabilità alla cava in oggetto dell’art. 1 bis osservando, tra l’altro, che il comma 4, secondo periodo di tale norma, stabilisce l’obbligatoria rimozione “dei manufatti, degli impianti e di ogni altra opera collegata all’attività della cava” alla scadenza dell’autorizzazione regionale, salva la possibilità di utilizzo degli stessi solo per altre attività economiche diverse dalla coltivazione mineraria, se conformi agli strumenti urbanistici.

8. Di tale sentenza la società Macellaro ha chiesto la riforma, in quanto ingiusta ed errata, per i seguenti motivi (articolati “secondo una sequenza logica e di presupposizione nonché in relazione all’interesse prioritario dell’appellante di proseguire l’attività principale” ):

“A- Sulla mancata risoluzione del contratto di affitto della cava:

I. Error in iudicando - Violazione di legge (L.R.B. n. 12/1979. Artt. 3 e ss. L. n. 241/1990- art. 97 Cost.) eccesso di potere (difetto assoluto del presupposto- di istruttoria- erroneità manifesta;

B- Sul diritto al recupero del materiale estratto anche all’esito dell’eventuale scadenza dell’autorizzazione alla coltivazione della cava;

II. Error in iudicando - Violazione di legge (L.R.B. n. 12/1979- Artt. 3 e ss. L. n. 241/1990- art. 97 Cost.) - Eccesso di potere (difetto assoluto del presupposto- di istruttoria-erroneità manifesta);

C- Sull’illegittimità della revoca del parere di massima all’ampliamento della cava (ricorso R.G. n. 98/2019).

III- Error in iudicando- Violazione di legge (L.R.B. n. 12/1979-Artt. 3 e ss. l. n. 241/1990-art. 97 Cost.) - eccesso di potere (difetto assoluto del presupposto- di istruttoria-erroneità manifesta);

IV. Error in iudicando - Violazione di legge (L.R.B. n. 12/1979. Artt. 3 e ss. L. n. 241/1990- art. 97 Cost.) – Eccesso di potere (difetto assoluto del presupposto- di istruttoria-erroneità manifesta).

9. Hanno resistito al gravame il Comune (che ha riproposto le eccezioni, sollevate nel giudizio di primo grado, di inammissibilità del ricorso introduttivo per difetto di allegazione della procura speciale alle liti ex art. 40, comma 1, lett. d) Cod. proc. amm. e per carenza della firma digitale del difensore della ricorrente, con conseguente nullità del ricorso per violazione degli artt.136, comma 2 bis , del c.p.a. e dell’art. 9, comma 1, del D.P.C.M. 16 febbraio 2016, n. 40) e la Regione (che ha eccepito, sempre in via preliminare, l’improcedibilità dell’appello per sopravvenuta carenza di interesse, stante l’intervenuto rigetto, nelle more, dell’istanza di proroga formalizzata dalla società con le note del Dirigente dell’Ufficio Compatibilità ambientale del 17 giugno e del 6 agosto 2019, anch’esse impugnate dinanzi allo stesso Tribunale amministrativo, con ricorso iscritto al n. 505/2019 R.G.).

10. Tutte le parti hanno prodotto memorie e repliche a sostegno delle proprie rispettive tesi difensive; in particolare l’appellante ha sottolineato che il tribunale ordinario, in accoglimento del suo reclamo, avesse respinto il ricorso ex art. 700 c.p.c. proposto dal Comune per il rilascio del bene ed ha ribadito la permanenza dell’interesse alla decisione del gravame.

11. E’ stata accolta la domanda cautelare di sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata, giusta ordinanza n. 5413 del 25 ottobre 2019, per la riscontrata sussistenza del “…danno per l’appellante…dell’impossibilità di asportare la materia già estratta ed accumulata al di

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