Cass. civ., SS.UU., sentenza 15/01/2021, n. 00617
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nunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 5562-2020 proposto da: SERRICCHIO PIERA, SERRICCHIO GIUSEPPINA, SERRICCHIO ETTORE, SERRICCHIO ANGELA ANTONIA, SERRICCHIO MICHELE, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA BARNABA TORTOLINI 30, presso lo studio del dott. A P, rappresentati e difesi dagli avvocati G V e M S;- ricorrenti - kG4 contro C D M S'ANGELO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. PAISIELLO 55, presso lo studio dell'avvocato F G S, rappresentato e difeso dall'avvocato G M;- con troricorrente - avverso la sentenza n. 5744/2019 del CONSIGLIO DI STATO, depositata il 20/08/2019. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 01/12/2020 dal Consigliere A C;udito il Pubblico Ministero, in persona dell'Avvocato Generale R F G, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso;uditi gli avvocati G V, M S e B T per delega dell'avvocato G M. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 1. I sigg. G, M, A A, P ed E S hanno proposto ricorso, sulla scorta di un solo motivo, per la cassazione della sentenza del Consiglio di Stato che, confermando la sentenza del TAR Puglia, ha declinato la giurisdizione del giudice amministrativo, in favore del giudice ordinario, sulla controversia da loro introdotta nei confronti del Comune di Monte Sant'Angelo per l'annullamento della delibera di Giunta Comunale n. 116 del 26 giugno 2015 (successivamente integrata con delibera correttiva n. 39/2015 della apposita Commissione Straordinaria) e degli atti presupposti e conseguenti. 2. L'impugnata delibera n. 116/2015 aveva ad oggetto la modifica ed integrazione, in via di autotutela, della delibera di Giunta Comunale n. 341/2005 con la quale il medesimo Comune di Monte Sant'Angelo aveva dichiarato estinto il livello gravante sul terreno di proprietà della sig.ra Mattia Vivabene, previa determinazione del relativo capitale di affrancazione in C 156,97;con la delibera n. 116/2015 il medesimo capitale di affrancazione è stato rideterminato nella somma di C 609.993,28. Ric. 2020 n. 05562 sez. SU - ud. 01-12-2020 -2- 3. In linea di fatto, è necessario esporre che - secondo la ricostruzione dei fatti offerta nel ricorso e non contestata dal Comune contro ricorrente - la suddetta sig.ra Vivabene era proprietaria, in agro di Monte Sant'Angelo, di un terreno che, gravato in passato da usi civici, era stato affrancato da tali usi già in epoca remota, comunque anteriore al 1927 (nella memoria ex articolo 378 c.p.c., a pag. 7, i ricorrenti fanno riferimento alla data del 1891). Detto terreno, secondo quanto riferito dai ricorrenti e non contestato nel controricorso del Comune, era dunque transitato, mediante la procedura di legittimazione dell'occupazione, dallo stato di terra appartenente al demanio civico allo stato di terra allodiale, rimanendo gravato di un livello in favore del Comune di Monte Sant'Angelo. 4. In proposito, ai fini della migliore intelligenza della questione di giurisdizione sottoposta a queste Sezioni Unite, è opportuno svolgere fin da ora le seguenti precisazioni. 5. Come più volte ribadito dalla giurisprudenza di legittimità, il "livello" si identifica in un diritto reale di godimento assimilabile all'enfiteusi (cfr. Cass. 1366/1961, Cass. 1682/1963, Cass. 64/1997, Cass.23752/2011, Cass. 9135/2012, Cass. 3689/2018). Il termine "livello" - derivante da libellus, la scrittura in doppio originale («duo libelli pari tenore conscripti») con cui veniva stipulato il contratto costitutivo del diritto e nel quale venivano documentati gli obblighi delle parti - designa, infatti, un contratto, conosciuto già nel tardo diritto romano e molto diffuso nel medio evo e fino alle soglie dell'età contemporanea, avente ad oggetto il possesso e lo sfruttamento, generalmente con clausole di miglioria, di fondi rustici, o anche urbani. Nella successiva evoluzione storica, fino ai nostri giorni, i nomi "livello" ed "enfiteusi" vennero promiscuamente adoperati nell'uso comune, per modo che i due istituti, pur se originariamente distinti (giacché nell' enfiteusi il concedente si identificava nel proprietario del fondo, mentre nel contratto di livello il concedente non era il titolare del dominio diretto, bensì il vassallo o l'enfiteuta), finirono in prosieguo, già prima delle codificazioni moderne, per confondersi ed unificarsi, con la conseguente estensione della generale disciplina sulla enfiteusi anche ai livelli;la figura del livellario e quella dell'enfiteuta appaiono infatti considerate Ric. 2020 n. 05562 sez. SU - ud. 01-12-2020 -3- unitariamente, ad esempio, nel Regolamento per l'esecuzione delle disposizioni legislative sul riordinamento dell'imposta fondiaria, approvato con il regio decreto n. 1539 del 1933, con riguardo alle modalità dì intestazione dei beni (art. 55) e nel Regolamento per la conservazione del nuovo catasto terreni, approvato con il regio decreto n. 2153 del 1938, con riguardo alle modalità di redazione della nota di voltura (art. 29). 6. Nel caso oggetto del presente giudizio - corrispondente, del resto, a situazioni largamente diffuse nel Mezzogiorno d'Italia in ragione dei processi storici originati dall'eversione della feudalità realizzata dal Re di Napoli G B tra il 1806 ed il 1808 - il livello risulta imposto, come accennato nel § 2 che precede, in conseguenza dell' allodiazione di antiche proprietà collettive;si tratta, dunque, di un canone di natura enfiteutica che il titolare del diritto allodiale deve versare al Comune, quale rappresentante della comunità e referente di tali antiche proprietà collettive. 7. Va ancora evidenziato che, come queste Sezioni Unite hanno avuto occasione di chiarire nella sentenza n. 5600 del 1995, tanto nella disciplina dettata dalla legge n. 1755 del 1927 quanto nella previgente disciplina dettata negli anni immediatamente successivi alla unificazione nazionale (fissata, per quanto riguarda l'Italia meridionale, nei decreti della Luogotenenza generale di Napoli dell' 1 gennaio e del 3 luglio del 1861), il provvedimento di legittimazione delle occupazioni abusive di terre del demanio civico comporta la trasformazione del demanio in allodio e, contestualmente, la nascita, in capo all'occupatore, di un diritto soggettivo perfetto di natura reale sul terreno. 8. Tale diritto tuttavia, contrariamente a quanto sostenuto nel § 4 della memoria ex 378 c.p.c. degli odierni ricorrenti (pag. 6), non si identifica nella piena proprietà, ma mantiene la caratteristica, storicamente tipica del livello, di jus in re aliena;infatti, come spiega la citata sentenza di questa Suprema Corte n. 64/1997, pagg. 7 e segg., «in esito al procedimento - avente natura amministrativa - di legittimazione, da un lato, cessa il regime di inalienabilità e imprescrittibilità delle terre che diventano private, cioè nel patrimonio del comune (e non, come si invoca in ricorso "di proprietà" esclusiva del soggetto in favore del quale è stata pronunciata la Ric. 2020 n. 05562 sez. SU - ud. 01-12-2020 -4- legittimazione), dall' altro, viene emesso un provvedimento di natura concessoria (come tale impugnabile innanzi al giudice amministrativo) in forza del quale il privato acquista un diritto di natura reale, sul bene (v., Cass., sez. un., 9 novembre 1994 n. 9286, nonché Cass. 23 giugno 1993 n. 6940 e, in precedenza, Cass. 15 giugno 1974 n. 1750: per effetto della legittimazione l' abusivo occupatore diventa titolare di un diritto soggettivo perfetto, con pienezza di facoltà) ma non certamente la proprietà (che rimane in capo al Comune) (cfr., sempre nel senso che per effetto della legittimazione, sorge, in capo al privato, già occupante abusivo, non la proprietà sul terreno, ma "un diritto soggettivo di natura privatistica", valido erga omnes, Cass., sez. un. 21 novembre 1983 n. 6916;Cass. 8 novembre 1983 n. 6589). Appunto in questa ottica si giustifica la formula legislativa che prevede l' imposizione, a carico dei fondi, di un "canone enfiteutico", che in tanto è - anche in termini di teoria generale - configurabile in quanto non esiste un diritto reale di proprietà, ma il diverso diritto di enfiteusi (tra le tantissime, nel senso che sia sotto il vigore dell' abrogato codice civile del 1865, che sotto quello vigente l' enfiteusi va configurata come diritto reale di godimento in favore del concessionario sul fondo che rimane di proprietà del concedente, Cass. 24 aprile 1969 n. 1331;Cass. 15 novembre 1976 n. 4231)». In senso conforme si veda anche Cons. Stato, Sez. IV, 16 settembre 2011, n. 5233, ove, nel § 3, si legge:« il livellario - così come l'enfiteuta - è titolare di un diritto reale con pienezza di facoltà nei limiti previsti dalla disciplina del codice civile (artt. 957 ss.), su un bene di proprietà altrui, con obbligo di corrispondere un canone al proprietario e (nel caso dell'enfiteusi, non necessariamente nel caso del livello), con obbligo di migliorare il fondo». 9. Con l'imposizione del livello, in definitiva, l'originaria demanialità delle terre - già civiche, ed ormai allodiali - si trasferisce sul canone di natura enfiteutica e sul relativo capitale di affrancazione;ed è proprio per questa persistente connotazione di demanialità del capitale di affrancazione che l'articolo 24 della legge n. 1766 del 1927 dispone che esso venga «investito in titoli del debito pubblico intestati al Comune, alla frazione od alla associazione, con vincolo a favore del Ministero dell'economia nazionale Ric. 2020 n. 05562 sez. SU - ud. 01-12-2020 -5- ci (ora delle Politiche Agricole e Forestali, n.d.r.), per essere destinato in caso di bisogno, ad opere permanenti di interesse generale della popolazione» (cfr., in termini, Corte dei Conti, Sezione regionale di controllo per il Veneto, Deliberazione n. 663/2014/PAR). 10. Come accennato nel § 2 che precede, con la menzionata delibera n. 341/2005 il Comune di Monte Sant'Angelo dichiarò estinto il rapporto livellario e determinò il capitale di affrancazione a carico della sig.ra Vivabene nell'importo di C 156,97, sulla scorta di una relazione tecnica di stima basata sul valore agricolo del terreno stesso. 11. Va pure precisato che, come riferisce lo stesso Comune di Monte Sant'Angelo, l'Amministrazione municipale procedette ad «estinguere i rapporti livellari esistenti e, contestualmente, a calcolare le indennità di esproprio» al fine di «procedere all'espropriazione delle aree interessate all'edificazione del comparto edificatorio» (pag. 4, § III, del controricorso). Tale estinzione, conviene fin da ora sottolineare, è quindi l'effetto non di un contratto tra la pubblica amministrazione ed il privato, bensì di un provvedimento adottato dall'Amministrazione municipale, con delibera di Giunta Comunale, nell'ambito del più complesso procedimento espropriativo avente ad oggetto il fondo gravato dal livello;ed infatti, come risulta dal testo della menzionata delibera comunale n. 341/2005, l'importo del capitale di affrancazione non fu materialmente versato dalla sig.ra Vivabene ma venne scomputato dalla somma a costei dovuta a titolo di indennità di espropriazione, nella stessa delibera liquidata in C 148.436,81. 12. Nel 2015, con delibera di Giunta n. 116 (successivamente integrata con delibera correttiva n. 39/2015 della apposita Commissione Straordinaria), lo stesso Comune, in via di autotutela, modificò la delibera n. 341/2005, rideterminando il canone livellario - e, conseguentemente, il capitale di affrancazione - in base al valore edificatorio del medesimo terreno. Con tali atti il Comune liquidò il capitale di affrancazione in un importo enormemente maggiore di quelle fissato nel 2005, ossia - come pure già accennato nel § 2 che precede - in C 609.993,28, e addebitò agli eredi Vivabene anche l'ulteriore importo dei canoni livellari relativi agli Ric. 2020 n. 05562 sez. SU - ud. 01-12-2020 -6- ultimi cinque anni, non prescritti, e degli interessi, formulando nei loro confronti la richiesta di una somma complessiva di C 765.611,57. 13. Non è superfluo precisare che l'iniziativa di autotutela adottata dal Comune di Monte Sant'Angelo nel 2015 fa seguito, come espressamente enunciato a pag. 3 della impugnata delibera n. 116/2015, alla pronuncia della sentenza n. 1402/2012 con cui la Corte d'appello di Bari, investita dell'opposizione della sig.ra Vivabene alla liquidazione dell'indennità di esproprio operata dal Comune (in C 148.436,81, come riferito nel precedente § 11) aveva rideterminato tale indennità in C 610.000. 14. Gli eredi Vivabene hanno impugnato davanti al TAR Puglia le delibere n. 116 e n. 39 del 2015, e gli atti alle stesse presupposti e conseguenti, deducendo l'illegittimità di tali delibere in quanto recanti una riliquidazione unilaterale dell'importo dovuto per l'affrancazione del terreno dal canone livellario in relazione ad una fattispecie già esaurita da circa dieci anni. 15. Il TAR ha declinato la giurisdizione in favore del giudice ordinario, argomentando che la controversia rientrerebbe nella giurisdizione di quest'ultimo in quanto, avendo ad oggetto la rideterminazione del capitale di affrancazione di canoni livellari, avrebbe un contenuto meramente patrimoniale. 16. Il Consiglio di Stato, adito degli eredi Vivabene, ha confermato la decisione del TAR argomentando che «l'oggetto del contendere è la legittimità della rideterminazione del canone di legittimazione e dell'importo (corrispettivo) di affrancazione del livello costituito sul fondo degli appellanti, da riparametrare sul valore venale, anziché su quello agricolo, senza peraltro rimettere in discussione l'estinzione della concessione livellaria per effetto dell'atto di affrancazione di quella delibera di G.C. n. 341 del 2005. Dagli atti impugnati non è dato infatti evincere che sia stata annullata l'affrancazione del suolo terreno. Attiene ad altro piano del ragionamento giuridico quello degli effetti della mancata condivisione o mancata contestazione della nuova indennità di affrancazione, che comunque non appartiene al thema decidendum della presente controversia» (pag. 5, secondo capoverso, della sentenza impugnata). Ric. 2020 n. 05562 sez. SU - ud. 01-12-2020 -7- 17. Con l'unico motivo di ricorso, riferito all'articolo 360 n. 1 c.p.c., in relazione all'art. 7 c.p.a., gli eredi Vivabene, dopo aver sostenuto che la rideterminazione unilaterale del capitale di affrancazione travolgerebbe necessariamente la stessa deliberazione di estinzione del livello, hanno argomentato che la controversia non avrebbe ad oggetto «la determinazione del capitale di affrancazione del terreno allodiale di proprietà dei ricorrenti, ma l'esercizio (illegittimo) da parte Comune di Monte Sant'Angelo, della potestà di autotutela, dieci anni dopo l'affrancazione del terreno stesso» (pag. 12, secondo capoverso, del ricorso). 18. Il Comune di Monte Sant'Angelo ha depositato controricorso. 19. La causa è stata discussa nella pubblica udienza dell'i dicembre 2020, per la quale entrambe le parti hanno depositato una memoria e nella quale il Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso per l'accoglimento del ricorso.
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