Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 02/02/2023, n. 03128

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 02/02/2023, n. 03128
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 03128
Data del deposito : 2 febbraio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

subordinazione SENTENZA sul ricorso 18344-2021 proposto da: CETRULO GRAZIA, rappresentata e difesa, per procura conferita in calce al ricorso per cassazione, dagli avvocati FRANCESCO DI FEO E LOREDANA LIONETTI

- ricorrente -

contro

ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (INPS), in persona del legale rappresentante pro tempore

- intimato -

per la cassazione della sentenza n. 1764 del 2020 della CORTE D'APPELLO DI BARI, pronunciata il 24 novembre 2020 e pubblicata il 18 dicembre 2020 (R.G.N. 1170/2018). Udita la relazione della causa, svolta nella camera di consiglio del 9 novembre 2022 dal Consigliere A C. Lette le conclusioni motivate formulate dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale S V, che ha chiesto di rigettare il ricorso.

FATTI DI CAUSA

1.- La signora G C ha chiesto al Tribunale di Foggia l'accredito delle giornate lavorative, prestate nell'anno 2013 come operaia agricola a tempo determinato alle dipendenze di G. & G. di Ciccolella Luigi s.a.s., e il pagamento dell'indennità di disoccupazione agricola correlata alle giornate prestate. Il giudice adìto ha rigettato la domanda, con sentenza del 4 dicembre 2017. 2.- La lavoratrice soccombente ha interposto gravame, respinto dalla Corte d'appello di Bari con sentenza pubblicata il 18 dicembre 2020 con il numero 1764/2020. A fondamento della decisione, la Corte territoriale ha osservato che: a) dal verbale ispettivo emergono «allarmanti irregolarità», che attengono, in particolare, al numero spropositato delle giornate denunciate, anche alla luce del ruolo marginale della «attività manuale precedente alla raccolta dei prodotti (su fondi di terzi)»;
b) quando l'Istituto previdenziale disconosca il rapporto di lavoro, spetta al lavoratore provarne l'esistenza, la durata e l'onerosità e il giudice non può risolvere la controversia solo sulla base del riscontro dell'iscrizione, che si configura come un mero meccanismo di agevolazione probatoria;
c) le annotazioni del sedicente datore di lavoro, cui non corrisponde il regolare versamento dei contributi, hanno un labile «grado di efficienza probatoria»;
d) la prova testimoniale, richiesta in primo grado, non è stata ammessa, in quanto inerente a «circostanze assolutamente generiche», oltre che inidonea a dar conto dei tratti distintivi di un rapporto di lavoro subordinato;
e) le argomentazioni del Tribunale sono state confutate «in termini del tutto inadeguati e, in quanto tali, affatto inidonei ad investire efficacemente questo giudice di gravame delle corrispondenti censure, in parte del tutto generiche ed in parte addirittura non conferenti con il contenuto del ricorso di primo grado»;
f) ad ogni modo, la valutazione di genericità delle prove sfugge a censure, in quanto nessun ragguaglio la parte appellante ha fornito in ordine a dettagli essenziali sullo svolgimento della prestazione lavorativa: le carenze si riscontrano, in primo luogo, dal punto di vista delle allegazioni. 3.- G C impugna per cassazione la sentenza della Corte d'appello di Bari, con ricorso notificato il 18 giugno 2021, che affida a due motivi, illustrati da memoria ai sensi dell'art. 378 cod. proc. civ. 4.- L'INPS non ha svolto in questa sede alcuna attività difensiva. 5.- La causa, fissata alla pubblica udienza del 9 novembre 2022 (art. 375, secondo comma, cod. proc. civ.), è stata trattata in camera di consiglio, senza l'intervento del Procuratore Generale e dei difensori delle parti, in quanto nessuno degl'interessati ha formulato istanza di discussione orale (art. 23, comma 8-bis, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, inserito dalla legge di conversione 18 dicembre 2020, n. 176, e prorogato fino al 31 dicembre 2022 dall'art. 16, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228, convertito, con modificazioni, nella legge 25 febbraio 2022, n. 15). 6.- Il Pubblico Ministero ha formulato conclusioni motivate e ha chiesto di dichiarare tanto inammissibile quanto infondata la prima censura e inammissibile la seconda.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Il ricorso per cassazione della signora G C si articola in due motivi.1.1.- Con il primo mezzo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la ricorrente si duole della violazione dell'art. 2697 cod. civ. e imputa alla sentenza d'appello di aver attribuito valore di piena prova al provvedimento di cancellazione e di aver fatto gravare sulla lavoratrice cancellata dagli elenchi l'onere di provare la sussistenza del rapporto di lavoro. Spetterebbe all'INPS la prova delle ragioni che hanno giustificato la cancellazione. 1.2.- Con il secondo motivo (art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ.), la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 2697 cod. civ. e 244, 420 e 421 cod. proc. civ., sul presupposto che la Corte territoriale abbia errato nel ritenere non adeguatamente censurata la valutazione d'inammissibilità delle prove e non abbia assegnato alla parte un termine per sanare le irregolarità nell'articolazione dei mezzi istruttori, così pregiudicando il "diritto alla prova". 2.- Il primo motivo è in parte infondato e in parte inammissibile. 3.- Il motivo è infondato nella parte in cui censura l'erronea applicazione dei criteri che presiedono alla distribuzione dell'onere della prova. 3.1.- Questa Corte è costante nell'affermare che l'iscrizione di un lavoratore nell'elenco dei lavoratori agricoli adempie a una mera funzione ricognitiva della corrispondente situazione soggettiva e di agevolazione probatoria. Funzione che viene meno qualora l'INPS, a seguito di un controllo, disconosca l'esistenza del rapporto di lavoro (Cass., sez. lav., 2 dicembre 2022, n. 35548). In caso di contestazione da parte dell'Istituto, incombe sul lavoratore l'onere di provare l'esistenza, la durata e la natura onerosa del rapporto dedotto a fondamento del diritto d'iscrizione negli elenchi dei braccianti agricoli a tempo determinato (Cass., sez. lav., 16 maggio 2018, n. 12001, in linea con Cass., S.U., 26 ottobre 2000, n. 4 _ 1133;
di recente, Cass., sez. lav., 28 dicembre 2022, n. 37971, punto 17). 3.2.- Da tali criteri la sentenza d'appello non ha mostrato di discostarsi. 4.- Il motivo è inammissibile nella parte in cui addebita alla sentenza d'appello di aver conferito valore di piena prova al provvedimento di cancellazione, senza cogliere la ratio decidendi della pronuncia d'appello. La sentenza impugnata, lungi dall'annettere al provvedimento amministrativo un valore probatorio privilegiato, ha evidenziato che, in seguito alla contestazione dell'INPS, spetta al giudice valutare con prudente apprezzamento tutti gli elementi probatori acquisiti (pagine 3 e 4). Tali affermazioni sono conformi a diritto e sono coerenti con i principi enunciati da questa Corte sin dalla richiamata sentenza n. 1133 del 2000. La Corte d'appello ha poi scrutinato in maniera globale e complessiva, alla luce dei principi enunciati da questa Corte, il materiale probatorio agli atti, senza conferire valore preminente al provvedimento di cancellazione. 5.- Il primo mezzo è inammissibile anche sotto un diverso profilo, segnalato dalle conclusioni motivate del Pubblico Ministero (pagina 2). 5.1.- La violazione del precetto di cui all'art. 2697 cod. civ. può essere censurata in cassazione ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., solo quando il giudice abbia attribuito l'onere della prova a una parte diversa da quella che ne era gravata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni (Cass., sez. III, 29 maggio 2018, n. 13395). La violazione dell'art. 2697 cod. civ. non può essere utilmente denunciata in sede di legittimità quando, in virtù di un'incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, il giudice abbia ritenuto erroneamente che la parte onerata avesse assolto tale onere: in questo caso vi è un erroneo apprezzamento sull'esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. (Cass., sez. lav., 19 agosto 2020, n. 17313). 5.2.- Ad avviso della ricorrente, il verbale ispettivo sarebbe «assolutamente generico e laconico, in quanto non circostanziato, non specifico, non direttamente pertinente alla posizione del ricorrente» (pagina 11) e sarebbero preponderanti gli elementi di prova forniti sulla base della documentazione prodotta (pagina 12). Dietro lo schermo della violazione di legge, il motivo di ricorso, nella sua essenza, si appunta sulla valutazione delle risultanze istruttorie, compiuta dai giudici d'appello in modo approfondito, e sul peso che la sentenza impugnata ha attribuito ad alcuni dati, anteponendoli ad altri. La Corte territoriale ha ponderato gli elementi probatori acquisiti, ha passato in rassegna la documentazione prodotta dall'odierna ricorrente, per affermare l'insufficienza delle annotazioni del datore di lavoro (pagina 5), contraddette dalle risultanze dell'accertamento ispettivo (pagine 2 e 3): sono macroscopiche le irregolarità riscontrate e molteplici le incongruenze, con riguardo al numero dei lavoratori impiegati (pagina 3 della sentenza d'appello). A fronte di una pronuncia d'appello, che conferma la decisione di primo grado e vaglia il materiale probatorio agli atti, le critiche tendono a sollecitare a questa Corte un riesame dei fatti di causa e una rilettura delle risultanze processuali e sono, da quest'angolo visuale, inammissibili. 6.- Con il secondo mezzo, la parte ricorrente chiede di «esperire l'istruttoria a mezzo dei testimoni indicati, mai ammessa né in primo grado né nel giudizio d'appello» (pagina 2 della memoria illustrativa), al fine di smentire le inferenze che i giudici d'appello hanno tratto dal verbale ispettivo e dalle anomalie riscontrate. 7.- La seconda censura è inammissibile, nella parte in cui evoca il vizio di cui all'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. Nell'ipotesi di "doppia conforme" di cui all'art. 348-ter, quinto comma, cod. proc. civ., applicabile ai giudizi d'appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012 (art. 54, comma 2, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 134), il ricorso per cassazione «può essere proposto esclusivamente per i motivi di cui ai numeri 1), 2), 3) e 4) del primo comma dell'articolo 360». Al fine di evitare l'inammissibilità del motivo di cui all'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. (nel testo riformulato dall'art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, e applicabile alle sentenze pubblicate dal giorno 11 settembre 2012), il ricorrente deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell'appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (fra le molte, Cass., sez. I, 22 dicembre 2016, n. 26774). La parte ricorrente non ha ottemperato all'onere di dimostrare la diversità delle ragioni di fatto che sorreggono le due pronunce di merito, al fine di superare la preclusione sancita dall'art. 348-ter, quinto comma, cod. proc. civ. 8.- Inammissibili sono le doglianze della ricorrente, anche nella parte in cui lamentano che la Corte di merito, in violazione dell'art.2697 cod. civ., abbia equiparato l'onere della prova delle controversie previdenziali a quello che presiede alle controversie di lavoro (pagina 16 del ricorso per cassazione). Tali deduzioni sono avulse dalla decisione, che ha richiamato i principi a più riprese enunciati da questa Corte, senza alcun aggravio degli oneri probatori. 9.- Nel suo nucleo essenziale, il secondo mezzo vede sulla genericità delle istanze istruttorie, erroneamente affermata nella sentenza d'appello in contrasto con l'art. 244 cod. proc. civ., e sull'esercizio dei poteri istruttori officiosi, che la Corte territoriale avrebbe trascurato, in spregio agli artt. 420 e 421 cod. proc. civ. La genericità dovrebbe essere valutata alla stregua del complesso delle allegazioni e alla parte comunque dovrebbe essere assegnato un termine per sanare l'irregolarità che inficia l'articolazione della prova. 10.- Le critiche non colgono nel segno. 11.- Questa Corte è costante nell'affermare che la specificazione dei fatti oggetto di richiesta di prova testimoniale è soddisfatta quando essi, sebbene non siano definiti in tutti i loro minuti dettagli, siano esposti nei loro elementi essenziali, per consentire al giudice di controllarne l'influenza e la pertinenza e all'altra parte di chiedere prova contraria. La verifica della specificità e della rilevanza dei capitoli di prova va dunque condotta non soltanto alla stregua della loro letterale formulazione, ma anche in relazione agli altri atti di causa e a tutte le deduzioni delle parti e tenendo conto della facoltà del giudice di domandare ex art. 253, primo comma, cod. proc. civ. chiarimenti e precisazioni ai testi (Cass., sez. lav., 4 agosto 2021, n. 22254, e 28 agosto 2003, n. 12642;
in termini analoghi, anche Cass., sez. III, 29 gennaio 2021, n. 2149 e Cass., sez. II, 6 maggio 2019, n. 11765). 12.- La pronuncia d'appello s'incardina, a tale riguardo, su una duplice ratio decidendi: l'appellante non ha confutato in maniera idonea la motivazione della sentenza di primo grado (pagina 6 e 7) e comunque tale motivazione è ineccepibile, in ragione della genericità delle istanze istruttorie e delle allegazioni (pagine 7, 8, 9 e 10). Le critiche della ricorrente non infirmano le argomentazioni della sentenza d'appello.13.- Quanto all'inadeguata confutazione delle statuizioni della sentenza di primo grado in ordine all'inammissibilità delle prove, la parte ricorrente riproduce nel ricorso (pagina 8) i motivi di gravame, che non attingono la necessaria specificità imposta dall'art. 434 cod. proc. civ. La ricorrente sostiene che i testi avrebbero potuto confermare lo svolgimento della prestazione lavorativa e la natura subordinata del rapporto di lavoro, senza indirizzare, tuttavia, rilievi puntuali contro la carenza delle allegazioni posta a fondamento della mancata ammissione delle prove. Corretto è dunque l'apprezzamento della Corte territoriale, che resiste alle censure della ricorrente. 14.- La sentenza impugnata, a prescindere dall'inammissibilità dei motivi di gravame, ha confermato con autonoma ed esaustiva motivazione la valutazione di genericità delle prove. Anche con riguardo a tale profilo, le doglianze non meritano di essere accolte. 14.1.- La Corte d'appello di Bari non ha esaminato in maniera irrelata e atomistica le prove capitolate, ma le ha inquadrate nel contesto delle deduzioni difensive complessivamente svolte dalla lavoratrice e degli altri elementi di prova acquisiti. All'esito di tale vaglio, i giudici d'appello hanno confermato le conclusioni cui era pervenuto il giudice di primo grado, ritenendo generici i mezzi istruttori richiesti nel ricorso introduttivo. 14.2.- La sentenza impugnata ha osservato che del tutto insufficienti sono le allegazioni sul versante dell'orizzonte temporale delle prestazioni lavorative, dell'orario di lavoro, delle colture praticate, dei compiti svolti dai braccianti, della collocazione dei fondi coltivati, dell'ammontare delle retribuzioni e delle modalità di versamento, dei tratti caratteristici del potere direttivo del datore di lavoro, della presenza di preposti o intermediari (pagina 9). -9 All'insufficienza delle allegazioni, per la gravità che la connota, non potrebbe sopperire il potere del giudice e delle parti di chiedere chiarimenti, in applicazione dell'art. 253 cod. proc. civ. (pagina 8). I chiarimenti non possono rivestire valenza meramente esplorativa e presuppongono pur sempre un fatto allegato ritualmente e specificato nelle sue coordinate oggettive. Dev'essere condiviso anche il risalto che la sentenza impugnata, alla stregua delle peculiarità del processo del lavoro, conferisce alla circolarità tra oneri di allegazione, oneri di contestazione e oneri di prova (pagina 10). L'onere di corredare la domanda con allegazioni circostanziate si coglie in termini ancor più pregnanti anche alla luce della necessità di scardinare i puntuali elementi elementi oggettivi e logici che la sentenza impugnata ha tratto dal verbale ispettivo (pagine 2 e 3) e dalle lacune della documentazione di formazione unilaterale prodotta in causa (registrazioni e denunce aziendali, concernenti la manodopera, pagina 5 della sentenza impugnata). 14.3.- Non si tratta, pertanto, di una mera irregolarità formale nella capitolazione della prova, suscettibile di essere emendata nel termine assegnato dal giudice, ma di una valutazione d'inammissibilità delle prove, in quanto radicalmente generiche, al pari delle allegazioni che rappresentano l'ineludibile termine di raffronto nello scrutinio di ammissibilità dei mezzi istruttori (in termini analoghi, con riguardo a una controversia in larga parte sovrapponibile a quella odierna, la già richiamata ordinanza n. 35548 del 2022, che esamina e reputa irrilevante un argomento svolto anche nella presente controversia, nella memoria illustrativa depositata in vista dell'adunanza in camera di consiglio). Quanto all'esercizio dei poteri istruttori officiosi, questa Corte, nel disattendere censure formulate in termini non dissimili, ha richiesto la sussistenza di una semiplena probatio e l'individuazione ex actis di una pista probatoria (Cass., sez. VI-L, 10 novembre 2022, n. 33113), presupposti incompatibili con la genericità delle allegazioni, evidenziata dai giudici di merito e sorretta da un'argomentazione analitica e aderente alla concreta dialettica processuale. 15.- La parte ricorrente si limita a invocare i precedenti di questa Corte, senza additare, tuttavia, l'erroneità dei principi giuridici o le contraddizioni che minano la valutazione di genericità delle prove (Cass., sez. lav., 21 novembre 2022, n. 34189), compiuta dalla sentenza impugnata con dovizia di argomenti, alla luce di tutte le deduzioni svolte, in coerenza con i principi affermati da questa Corte. 16.- Il ricorso, pertanto, dev'essere, nel suo complesso, rigettato. 17.- Nessuna statuizione si deve adottare sulle spese, in quanto l'INPS non ha svolto in questa sede attività difensiva. 18.- Il rigetto del ricorso impone di dare atto (Cass., S.U., 27 novembre 2015, n. 24245) dei presupposti per il pagamento, a carico della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per l'impugnazione, ove sia dovuto (Cass., S.U., 20 febbraio 2020, n. 4315).
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