Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 25/06/2024, n. 17484
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In tema di lavoro svolto dai detenuti in regime carcerario, la prescrizione dei crediti retributivi del lavoratore inizia a decorrere non già dalla cessazione dello stato detentivo, bensì dalla fine del rapporto di lavoro, il quale va considerato un unico rapporto, non essendo configurabili interruzioni intermedie, volontariamente concordate, nei periodi in cui la persona privata della libertà è in attesa della "chiamata al lavoro", rispetto alla quale il detenuto non ha alcun potere di controllo o di scelta e versa in una condizione di soggezione e di metus.
Sul provvedimento
Testo completo
Numero registro generale 17140/2023 Numero sezionale 2102/2024 Numero di raccolta generale 17484/2024 Data pubblicazione 25/06/2024 AULA 'B' R E P U B B L I C A I T A L I A N A IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO Oggetto: Pubblico impiego – Attività lavorativa svolta in regime carcerario - prescrizione dei crediti retributivi - decorrenza Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. LUCIA TRIA - Presidente - R.G.N. 17140/2023 Dott. CATERINA MAROTTA - Consigliere rel. - UP 08/05/2024 Dott. IRENE TRICOMI - Consigliere - Dott. ROBERTO BELLE' - Consigliere - Dott. SALVATORE CASCIARO - Consigliere - ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 17140/2023 R.G. proposto da: MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui uffici in ROMA VIA DEI PORTOGHESI N. 12 è domiciliato ope legis;
- ricorrente -
contro
Numero registro generale 17140/2023 Numero sezionale 2102/2024 Numero di raccolta generale 17484/2024 Data pubblicazione 25/06/2024 MAZZAGLIA PE CARMELO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CIRO MENOTTI N. 24, presso lo studio dell'avv. PIETRO CAPONETTI che lo rappresenta e difende;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 726/2023 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 21/02/2023 R.G.N. 3252/2022;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 08/05/2024 dal Consigliere Dott. CATERINA MAROTTA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MARIO FRESA, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
uditi gli avvocati GIORGIO SANTINI, GAIA IAPPELLI, MELVIO MAUGERI;
udito l'avvocato PIETRO CAPONETTI.
FATTI DI CAUSA
1. IU LO MA, avendo svolto in qualità di detenuto presso istituti penitenziari, attività lavorativa all'interno di diverse Case circondariali, nei periodi specificamente indicati (dall'agosto al settembre 2014 come addetto alla distribuzione dei pasti presso la Casa circondariale di Enna;
dal gennaio al febbraio 2015 e poi dal luglio all'agosto 2015 come inserviente presso la cucina della Casa circondariale di Enna;
dal febbraio al maggio 2016 come scopino presso la Casa circondariale di Termini Imerese) aveva chiesto l'adeguamento retributivo rispetto alla 'mercede' corrispostagli per tali attività lavorativa.
2. Il Tribunale di Roma, disattesa l'eccezione di prescrizione formulata dall'Amministrazione, aveva accolto la domanda e condannato il Ministero della Giustizia al pagamento della somma di euro 2.180,04. 3. La pronuncia era confermata dalla Corte d'appello di Roma. La Corte territoriale, cui era stata unicamente devoluta la questione della decorrenza della prescrizione dalla cessazione di ciascuno dei rapporti a termine, riteneva che il termine di prescrizione non decorresse RGN 17140/2023 Numero registro generale 17140/2023 Numero sezionale 2102/2024 Numero di raccolta generale 17484/2024 Data pubblicazione 25/06/2024 dalla cessazione dei singoli rapporti di lavoro ma dalla cessazione del “lavoro carcerario” e pertanto confermava la pronuncia di primo grado. Rilevava innanzitutto che, nello specifico, non vi erano stati contratti a termine formalizzati essendosi i vari rapporti costituiti mediante provvedimenti di “assegnazione al lavoro”. Rilevava la peculiarità di tali rapporti che, per i condannati, erano “obbligatori”. Assumeva che, in realtà, non si era in presenza di una pluralità di rapporti ma di un unico rapporto svoltosi nel periodo di detenzione, in quanto sempre riconducibile al Ministero della Giustizia e non al singolo istituto di pena e richiamava, sul punto, Cass. n. 12205/2019. Aggiungeva che tale rapporto era da considerarsi continuativo indipendentemente dalle interruzioni perché era sempre il medesimo e non poteva trovare applicazione l'art. 2094 cod. civ. in quanto lo stesso risentiva delle esigenze organizzative del DAP nonché delle modalità essenziali di esecuzione della pena, evocando la tipologia di rapporto piuttosto la figura del 'lavoro intermittente' in cui le parti sono reciprocamente tenute se e in quanto e fintanto che c'è lavoro da svolgere in carcere. Riteneva che in ogni caso la condizione che caratterizza i rapporti in questione non potesse essere assimilata a quella del “lavoro libero” essendo configurabile una condizione di “metus” che, pur non identificandosi, come di regola, nel timore di rappresaglie da parte del datore di lavoro, era riconducibile alla circostanza che la condizione sostanziale e la tutela giurisdizionale dei diritti nascenti dall'attività lavorativa del detenuto non possono coincidere con quelli che caratterizzano il “lavoro libero” attesa la necessità di osservare le modalità essenziali di esecuzione della pena e le corrispondenti esigenze organizzative dell'Amministrazione penitenziaria.
4. Per la cassazione della sentenza di appello il Ministero della Giustizia ha proposto ricorso con due motivi. RGN 17140/2023 Numero registro generale 17140/2023 Numero sezionale 2102/2024 Numero di raccolta generale 17484/2024 Data pubblicazione 25/06/2024 5. IU LO MA ha resistito con controricorso.
6. Il P.G. ha presentato memoria scritta concludendo per il rigetto del ricorso.
7. Entrambe le parti hanno depositato memorie e quindi, udita la requisitoria anche orale del Pubblico Ministero, hanno proceduto a discussione orale. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Con il primo motivo il Ministero ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2948 e 2935 cod. civ. e degli artt. 20 e ss. della legge 26 luglio 1975, n. 354 in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. Sostiene che la Corte d'appello è incorsa in un'erronea ricognizione della fattispecie astratta recata dalle norme di legge richiamate. Rileva che il lavoro dei detenuti, sia esso alle dipendenze dell'Amministrazione penitenziaria o all'esterno, è primariamente connotato da finalità assolutamente prevalenti di riadattamento del detenuto alla vita sociale e di sviluppo dell'abitudine al lavoro e della qualificazione professionale, che valgono ad agevolarne il reinserimento. Assume che la presenza di tali finalità comporta che l'Amministrazione debba tendere, per quanto possibile, ad assecondare le richieste di coloro che presentino domanda di ammissione al lavoro, potendo il relativo svolgimento consentire al detenuto di acquisire competenze professionali e disponibilità economiche da destinare al mantenimento della famiglia o a sé medesimo. Tali connotazioni, assolutamente peculiari e non rinvenibili in nessun'altra forma di lavoro privatistico, nei quali vige un principio di assoluta libertà da parte del datore di lavoro, incidono inevitabilmente anche sui rapporti di lavoro che si instaurano alle dipendenze dell'Amministrazione penitenziaria. Anzitutto, infatti, ciascun istituto penitenziario è obbligato, ai sensi dell'art. 20, comma 4, ord. penitenz., a costituire una commissione per il RGN 17140/2023 Numero registro generale 17140/2023 Numero sezionale 2102/2024 Numero di raccolta generale 17484/2024 Data pubblicazione 25/06/2024 lavoro penitenziario, la quale è tenuta a formare gli elenchi di detenuti per l'assegnazione dei posti di lavoro e a stabilire criteri per il loro l'avvicendamento. Secondariamente, in ragione di quanto stabilito dalla commissione, l'Amministrazione instaura rapporti di lavoro, che poi vengono a cessare in modo da garantire adeguata rotazione e il più ampio soddisfacimento delle istanze dei detenuti. Proprio in ragione di tale assoluta specialità, non è previsto alcun obbligo di legge che imponga una forma per l'avvio del rapporto medesimo, né alcun obbligo di “licenziamento”, essendo la cessazione del rapporto del tutto connaturata all'esigenza di garantire il ridetto avvicendamento. Sostiene l'erroneità dell'accostamento tra il rapporto di lavoro penitenziario ed il rapporto di lavoro intermittente. Assume che da tale errata qualificazione la Corte d'appello ha fatto discendere un regime prescrizionale che si pone in chiaro contrasto con la giurisprudenza di questa Corte che in tema di lavoro penitenziario ha ripetutamente affermato che occorre tenere ben distinti il rapporto di lavoro dal rapporto detentivo, con la conseguenza la prescrizione comincia a decorrere dalla cessazione di ciascun rapporto di lavoro, a prescindere dalla continuazione della detenzione.
2. Con il secondo motivo il Ministero denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 115 cod. proc. civ. e dell'art. 2697 cod. civ., in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. Assume che, nel caso in esame, il detenuto ha prodotto in giudizio buste paga che si riferiscono a periodi di lavoro intervallati da periodi, più o meno lunghi, non lavorati. Sostiene che è la stessa discontinuità delle buste paga prodotte a provare le interruzioni del rapporto di lavoro, dalle quali decorre il termine di prescrizione secondo l'attuale orientamento di questa Corte (cfr., ex multis, Cass. civ., sez. lav., 24 ottobre 2019, n. 27340;
Cass. civ., sez. lav., 16 febbraio 2015, n. 3062;
Cass. civ., sez. lav., 15 ottobre 2007, n. 21573). Nel configurare il rapporto di lavoro RGN 17140/2023 Numero registro generale 17140/2023 Numero sezionale 2102/2024 Numero di raccolta generale 17484/2024 Data pubblicazione 25/06/2024 come “unitario” e “continuativo”, la sentenza impugnata ha finito sostanzialmente per negare che la discontinuità del lavoro desumibile dalle buste paga prodotte dal ricorrente provi la cesura del rapporto lavorativo, tale da far decorrere il termine di prescrizione per i crediti retributivi fatti valere in giudizio da controparte. Aggiunge che proprio l'art. 20, co. 5, lett. c) dell'ord. penitenz. dimostra che il rapporto, rectius i rapporti, di lavoro alle dipendenze dell'Amministrazione penitenziaria sono discontinui per volontà della legge e rileva che la circostanza che il datore di lavoro possa coincidere con il soggetto che sovrintende alla esecuzione della pena non