Cass. pen., sez. II, sentenza 16/03/2023, n. 11326
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da F G, nato a Chiaravalle Centrale il 19/06/1968 rappresentato ed assistito dall'avv. C V, di fiducia avverso il decreto n. 16/22 in data 08/07/2022 della Corte di appello di Catanzaro, sezione misure di prevenzione;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere A P;
udita la requisitoria con la quale il Sostituto procuratore generale, L O, ha concluso chiedendo di dichiararsi l'inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con decreto in data 08/07/2022, la Corte di appello di Catanzaro rigettava il ricorso presentato nell'interesse di G F, nella qualità di legale rappresentante della F Lgnami s.r.I., destinataria di un'informazione interdittiva antimafia emessa ex art. 84, comma 4, d.lgs. n. 159/2011 dalla Prefettura di Catanzaro, avverso il decreto in data 20/12/2021 del Tribunale di Catanzaro con il quale era stata rigettata la richiesta di ammissione al controllo giudiziario ai sensi dell'art. 34-bis, comma 6, d.lgs. n. 159/2011. 2. Avverso il predetto decreto, nell'interesse di G F, è stato proposto ricorso per cassazione, i cui motivi vengono di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen. Primo motivo: violazione di legge in relazione all'art. 34-bis d.lgs. n. 159/2011. La norma de qua, come precisato dalla Corte territoriale, individua un confine netto tra le due categorie normative indicate dalla stessa, rispetto alle quali tertium non datur: non esiste, cioè, un presupposto di "incompatibilità", quale quello richiamato dalla Corte, in aggiunta a quelli indicati dall'art. 34-bis d.lgs. n. 159/2011, rapporto stabile o occasionale. Nella fattispecie, vi sarebbe un rapporto che la Corte chiarisce non essere trasmodato in relazione stabile, ma che tuttavia, a giudizio della stessa, sarebbe incompatibile con l'accesso alla misura gradata. Secondo motivo: violazione di legge in relazione all'art. 10, comma 3, d.lgs. n. 159/2011, motivazione meramente apparente o addirittura inesistente. Al F si contestano due episodi, risalenti il primo al 2011 ed il secondo al 2016. La Corte territoriale ha soltanto ribadito le ragioni di interessenza con i membri delle cosche Iozzo e Anello esposte nel provvedimento prefettizio e nel decreto di primo grado, paventando una possibile attuale influenza di queste ultime sull'azione imprenditoriale della F, senza tuttavia supportare siffatte conclusioni con il puntuale riferimento ad elementi concreti che corroborino la permanenza dei presunti rapporti, in palese contrasto con quella pregnanza logica che dovrebbe connotare gli aspetti in fatto addotti a sostegno della non occasionalità dell'infiltrazione mafiosa. Terzo motivo: violazione di legge in relazione all'art. 7 d.lgs. 159/2011. La Corte territoriale ha fondato il proprio convincimento sulla mera pendenza del procedimento penale Imponimento a carico di G F, omettendo ogni confronto con il portato delle valutazioni spese in senso opposto nel giudizio cautelare svoltosi nei confronti del sunnominato, i cui provvedimenti non sono stati impugnati dal pubblico ministero. Sia nell'istanza di ammissione al controllo giudiziario che nei motivi di appello che nel giudizio de libertate è stato radicalmente escluso l'asservimento del F della società F Lgnami s.r.l. alla 'ndrangheta ed è stato messa in evidenza l'assenza di elementi a dimostrazione dell'attualità di rapporti con le cosche mafiose di cui si discute, proprio in ragione del decorso del tempo rispetto alle contestazioni mosse nel procedimento penale al F.Quarto motivo: violazione di legge in relazione all'art. 34-bis d.lgs. 159/2011 e all'art. 20 d.lgs. 159/2011. La Corte territoriale non ha tenuto conto delle valutazioni del giudice per le indagini preliminari che, con riferimento al reato di cui all'art. 513-bis cod. pen., aveva ritenuto inesistenti le esigenze cautelari non ravvisando uno stabile rapporto collusivo o di messa a disposizione fra le cosche mafiose ed il F, escludendo altresì che l'impresa F avesse stretto con le organizzazioni criminali operanti sul territorio un vero e proprio rapporto sinallagmatico finalizzato all'ottenimento di reciproci vantaggi e benefici. Quinto motivo: violazione di legge in relazione all'art. 6 d.lgs. 231/2001. La motivazione del decreto impugnato deve ritenersi assente o comunque meramente apparente anche con riferimento all'idoneità o meno del controllo giudiziario ex art. 34-bis, comma 4, d.lgs. 159/2011 a bonificare l'azienda e renderla impermeabile alle ingerenze mafiose, ma soprattutto viola il disposto normativo del d.lgs. 231/2001 che, in materia di illecito amministrativo derivante da reato, prevede che la società possa dotarsi di un modello di organizzazione, gestione e controllo pur dopo la commissione del reato, nella misura in cui i protocolli ed i meccanismi previsti prevedano una cesura netta tra il singolo amministratore o dipendente e la società. Nei motivi di appello si era dato atto che l'impresa F aveva attivato misure di self cleaning adottando il modello organizzativo di cui al d.lgs. 231/2001 volto a creare la massima distanza rispetto alle possibili ragioni di influenza ovvero infiltrazione derivanti dalle rimarcate interessenze mafiose poste alla base del provvedimento interdittivo prefettizio: aspetto, questo, che la Corte territoriale aveva del tutto estromesso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Va evidenziato in premessa come l'oggetto del giudizio di legittimità avverso il provvedimento di ammissione o rigetto al controllo giudiziario riguarda esclusivamente la sussistenza dei presupposti richiesti dall'art. 34-bis codice antimafia, dovendo la Suprema Corte limitarsi a valutare le eventuali illegittimità del procedimento ex art. 34-bis ovvero l'errata valutazione dei presupposti di legge per ammettere il controllo giudiziario compiuto da parte dello stesso tribunale e ciò nei limiti propri del giudizio di legittimità in tema di misure di prevenzione in cui è precluso l'analisi di circostanze di fatto ed unico vizio deducibile è la violazione di legge ex art. 10, comma terzo, d.lgs. n. 159/2011 (cfr., ex multis, Sez. 2, n. 18564 del 13/02/2019, Consorzio Sociale Coin società cooperativa sociale, Rv. 275419).Inoltre, quanto alla identificazione dei presupposti, questa corte ha affermato che in materia di misure di prevenzione, l'impresa destinataria dell'informazione antimafia interdittiva può avere accesso alla misura del controllo giudiziario a sua richiesta, ai sensi dell'art. 34-bis, comma 6, d.lgs. n. 159 del 2011, allorché abbia impugnato il provvedimento prefettizio e ricorra un'ipotesi di agevolazione dei soggetti indicati dall'art. 34, comma 1, d.lgs. n. 159 del 2011 con carattere " occasionale" (Sez. 5, n. 34526 del 02/07/2018, Eurostrade s.r.I., Rv. 273646, in motivazione). Il controllo giudiziario è, quindi, ontologicamente connotato dalla natura occasionale del "contagio mafioso" poiché se non ricorresse tale condizione non si verterebbe nell'alveo del "controllo giudiziario" ma in altre fattispecie e non avrebbe allora senso l'inserimento del comma 6 nel tessuto normativo dell'art. 34- bis.
3. Manifestamente infondati sono tutti e cinque i collegati (e, per questo, trattabili congiuntamente) motivi di ricorso.
3.1. Con decreto in data 21/12/2021, il Tribunale di Catanzaro rigettava l'istanza di ammissione al controllo giudiziario avanzata ex art. 34-bis, comma 6, d.lgs. 159/2011, nell'interesse di G F, nella qualità di legale rappresentante della F Lgnami s.r.I., destinataria di un'informazione interdittiva antimafia emessa, ex art. 84, comma 4, d.lgs. 159/2011, dal Prefetto di
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere A P;
udita la requisitoria con la quale il Sostituto procuratore generale, L O, ha concluso chiedendo di dichiararsi l'inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con decreto in data 08/07/2022, la Corte di appello di Catanzaro rigettava il ricorso presentato nell'interesse di G F, nella qualità di legale rappresentante della F Lgnami s.r.I., destinataria di un'informazione interdittiva antimafia emessa ex art. 84, comma 4, d.lgs. n. 159/2011 dalla Prefettura di Catanzaro, avverso il decreto in data 20/12/2021 del Tribunale di Catanzaro con il quale era stata rigettata la richiesta di ammissione al controllo giudiziario ai sensi dell'art. 34-bis, comma 6, d.lgs. n. 159/2011. 2. Avverso il predetto decreto, nell'interesse di G F, è stato proposto ricorso per cassazione, i cui motivi vengono di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen. Primo motivo: violazione di legge in relazione all'art. 34-bis d.lgs. n. 159/2011. La norma de qua, come precisato dalla Corte territoriale, individua un confine netto tra le due categorie normative indicate dalla stessa, rispetto alle quali tertium non datur: non esiste, cioè, un presupposto di "incompatibilità", quale quello richiamato dalla Corte, in aggiunta a quelli indicati dall'art. 34-bis d.lgs. n. 159/2011, rapporto stabile o occasionale. Nella fattispecie, vi sarebbe un rapporto che la Corte chiarisce non essere trasmodato in relazione stabile, ma che tuttavia, a giudizio della stessa, sarebbe incompatibile con l'accesso alla misura gradata. Secondo motivo: violazione di legge in relazione all'art. 10, comma 3, d.lgs. n. 159/2011, motivazione meramente apparente o addirittura inesistente. Al F si contestano due episodi, risalenti il primo al 2011 ed il secondo al 2016. La Corte territoriale ha soltanto ribadito le ragioni di interessenza con i membri delle cosche Iozzo e Anello esposte nel provvedimento prefettizio e nel decreto di primo grado, paventando una possibile attuale influenza di queste ultime sull'azione imprenditoriale della F, senza tuttavia supportare siffatte conclusioni con il puntuale riferimento ad elementi concreti che corroborino la permanenza dei presunti rapporti, in palese contrasto con quella pregnanza logica che dovrebbe connotare gli aspetti in fatto addotti a sostegno della non occasionalità dell'infiltrazione mafiosa. Terzo motivo: violazione di legge in relazione all'art. 7 d.lgs. 159/2011. La Corte territoriale ha fondato il proprio convincimento sulla mera pendenza del procedimento penale Imponimento a carico di G F, omettendo ogni confronto con il portato delle valutazioni spese in senso opposto nel giudizio cautelare svoltosi nei confronti del sunnominato, i cui provvedimenti non sono stati impugnati dal pubblico ministero. Sia nell'istanza di ammissione al controllo giudiziario che nei motivi di appello che nel giudizio de libertate è stato radicalmente escluso l'asservimento del F della società F Lgnami s.r.l. alla 'ndrangheta ed è stato messa in evidenza l'assenza di elementi a dimostrazione dell'attualità di rapporti con le cosche mafiose di cui si discute, proprio in ragione del decorso del tempo rispetto alle contestazioni mosse nel procedimento penale al F.Quarto motivo: violazione di legge in relazione all'art. 34-bis d.lgs. 159/2011 e all'art. 20 d.lgs. 159/2011. La Corte territoriale non ha tenuto conto delle valutazioni del giudice per le indagini preliminari che, con riferimento al reato di cui all'art. 513-bis cod. pen., aveva ritenuto inesistenti le esigenze cautelari non ravvisando uno stabile rapporto collusivo o di messa a disposizione fra le cosche mafiose ed il F, escludendo altresì che l'impresa F avesse stretto con le organizzazioni criminali operanti sul territorio un vero e proprio rapporto sinallagmatico finalizzato all'ottenimento di reciproci vantaggi e benefici. Quinto motivo: violazione di legge in relazione all'art. 6 d.lgs. 231/2001. La motivazione del decreto impugnato deve ritenersi assente o comunque meramente apparente anche con riferimento all'idoneità o meno del controllo giudiziario ex art. 34-bis, comma 4, d.lgs. 159/2011 a bonificare l'azienda e renderla impermeabile alle ingerenze mafiose, ma soprattutto viola il disposto normativo del d.lgs. 231/2001 che, in materia di illecito amministrativo derivante da reato, prevede che la società possa dotarsi di un modello di organizzazione, gestione e controllo pur dopo la commissione del reato, nella misura in cui i protocolli ed i meccanismi previsti prevedano una cesura netta tra il singolo amministratore o dipendente e la società. Nei motivi di appello si era dato atto che l'impresa F aveva attivato misure di self cleaning adottando il modello organizzativo di cui al d.lgs. 231/2001 volto a creare la massima distanza rispetto alle possibili ragioni di influenza ovvero infiltrazione derivanti dalle rimarcate interessenze mafiose poste alla base del provvedimento interdittivo prefettizio: aspetto, questo, che la Corte territoriale aveva del tutto estromesso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Va evidenziato in premessa come l'oggetto del giudizio di legittimità avverso il provvedimento di ammissione o rigetto al controllo giudiziario riguarda esclusivamente la sussistenza dei presupposti richiesti dall'art. 34-bis codice antimafia, dovendo la Suprema Corte limitarsi a valutare le eventuali illegittimità del procedimento ex art. 34-bis ovvero l'errata valutazione dei presupposti di legge per ammettere il controllo giudiziario compiuto da parte dello stesso tribunale e ciò nei limiti propri del giudizio di legittimità in tema di misure di prevenzione in cui è precluso l'analisi di circostanze di fatto ed unico vizio deducibile è la violazione di legge ex art. 10, comma terzo, d.lgs. n. 159/2011 (cfr., ex multis, Sez. 2, n. 18564 del 13/02/2019, Consorzio Sociale Coin società cooperativa sociale, Rv. 275419).Inoltre, quanto alla identificazione dei presupposti, questa corte ha affermato che in materia di misure di prevenzione, l'impresa destinataria dell'informazione antimafia interdittiva può avere accesso alla misura del controllo giudiziario a sua richiesta, ai sensi dell'art. 34-bis, comma 6, d.lgs. n. 159 del 2011, allorché abbia impugnato il provvedimento prefettizio e ricorra un'ipotesi di agevolazione dei soggetti indicati dall'art. 34, comma 1, d.lgs. n. 159 del 2011 con carattere " occasionale" (Sez. 5, n. 34526 del 02/07/2018, Eurostrade s.r.I., Rv. 273646, in motivazione). Il controllo giudiziario è, quindi, ontologicamente connotato dalla natura occasionale del "contagio mafioso" poiché se non ricorresse tale condizione non si verterebbe nell'alveo del "controllo giudiziario" ma in altre fattispecie e non avrebbe allora senso l'inserimento del comma 6 nel tessuto normativo dell'art. 34- bis.
3. Manifestamente infondati sono tutti e cinque i collegati (e, per questo, trattabili congiuntamente) motivi di ricorso.
3.1. Con decreto in data 21/12/2021, il Tribunale di Catanzaro rigettava l'istanza di ammissione al controllo giudiziario avanzata ex art. 34-bis, comma 6, d.lgs. 159/2011, nell'interesse di G F, nella qualità di legale rappresentante della F Lgnami s.r.I., destinataria di un'informazione interdittiva antimafia emessa, ex art. 84, comma 4, d.lgs. 159/2011, dal Prefetto di
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