CGARS, sez. I, sentenza 2021-08-09, n. 202100781
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Pubblicato il 09/08/2021
N. 00781/2021REG.PROV.COLL.
N. 00325/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
Sezione giurisdizionale
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 325 del 2018, proposto dalla società Wish Networks s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato M D N, con domicilio digitale come da p.e.c. da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. A C, in Palermo, viale Lazio n. 36;
contro
Comune di Pietraperzia, in persona del Sindaco e legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato G A, con domicilio digitale come da p.e.c. da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza n.2371 del 9 ottobre 2017 resa dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania (sezione I^);
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Pietraperzia;
Visti tutti gli atti della causa;
Nominato relatore nell'udienza smaltimento del giorno 13 aprile 2021, svoltasi mediante collegamento da remoto ai sensi dell’art. 25, d.l. n. 137/2020, il cons. Carlo Modica de Mohac e preso atto che nessuno è presente per le parti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. La società Wish Networks s.r.l. fornisce i servizi di connettività ad internet e di telefonia fissa su IP in qualità Wireless Internet Service Provider, e nell’ambito della propria attività ha predisposto gli impianti e le infrastrutture per la copertura delle province di Enna e Caltanissetta al fine di offrire, nel libero mercato, i relativi servizi di connettività.
Nel 2016 acquisiva la disponibilità di un sito nel Comune di Pietraperzia per realizzare anche in tale comune le opere necessarie per completare l'infrastruttura di rete già realizzata negli altri comuni.
Con nota inviata via PEC il 9 febbraio 2016 inviava al predetto Comune la “segnalazione certificata di inizio attività” (d’ora innanzi “s.c.i.a.”) per la realizzazione di un impianto per la connessione a internet ;e ciò in conformità alle previsioni di cui al modello B dell'art. 13 del codice delle comunicazioni elettroniche ed ai sensi dell'art. 87 del d.lgs. n. 259/2003.
Il 18 aprile 2016, il Comune di Pietraperzia - avendo ritenuto che la comunicazione inviata dalla ricorrente riguardasse due manufatti (e precisamente: un traliccio metallico ed un locale tecnico);che la localizzazione ipotizzata non fosse idonea;che le coordinate indicate fossero imprecise e discordanti;che i due manufatti fossero soggetti alla normativa urbanistica e sismica e che non fosse stata idoneamente documentata la relativa procedura per l’avvio dei lavori - diffidava la società Wish Networks dal proseguire l'attività edilizia intrapresa e chiedeva documentazione integrativa.
Con nota prot. 52016 del 3 maggio 2016 la società Wish Networks inviava parte della documentazione richiesta e con nota prot.113402 del 10 giugno 2016, su sollecitazione del Comune e dell’Ufficio del genio civile di Enna, presentava presso le Amministrazioni interessate il progetto concernente i lavori relativi al traliccio per la cui installazione era stata chiesta l’autorizzazione.
Ma con ulteriore nota prot. 6465 dell’11 maggio 2016 il Comune di Pietraperzia ribadiva il precedente diniego e diffidava ulteriormente la società Wish Network s.r.l. dal proseguire l’attività edilizia.
Con nota prot. 72016 del 24 luglio 2016 la società in questione riscontrava la nota del Comune fornendo alcuni chiarimenti.
2. Ma con la nota dirigenziale prot.9608 del 14 luglio 2016, l’Amministrazione dichiarava definitivamente che la s.c.i.a. era giuridicamente inefficace (e da archiviare) e che pertanto le opere eseguite erano (e sono) da ritenere abusive e ne ordinava la demolizione entro il termine di novanta giorni.
Il Comune motivava tale provvedimento affermando che «non è utilizzabile, nel caso in esame, la procedura di segnalazione certificata di inizio attività prevista dall’articolo 87 bis del d.lgs. n. 259/2003, poiché tale previsione si riferisce al caso di “installazione di apparati (…) su infrastrutture per impianti radioelettrici preesistenti” e non alle nuove installazioni come quella in questione».
3. Poco dopo l’adozione del suddetto provvedimento, per quanto di sua competenza l’Ufficio del Genio civile:
- con nota prot. 142690 del 22 luglio 2016 chiedeva alla società Wish Network la documentazione antisismica relativa al progetto concernente la realizzazione del traliccio;
- con successiva nota prot. 155459 dell’11 febbraio 2016 - spedita a seguito dell’esame della documentazione acquisita - comunicava il proprio nulla-osta all’inizio dei lavori (di collocamento del traliccio) a condizione che le venisse fornita copia autentica degli elaborati progettuali muniti del visto di conformità;
- e con ulteriore nota prot. 155452 dell’11 agosto 2016 attestava che il progetto concernente il predetto traliccio era conforme alla normativa antisismica.
4. Poiché, però - come si è rilevato - con la nota n.9608 del 14 luglio 2016 l’Amministrazione comunale aveva già negato l’efficacia della s.c.i.a. ed ingiunto la demolizione delle opere nel frattempo realizzate, con ricorso (n.2120 r.g.) innanzi al TAR di Catania la Wish Networks s.r.l. impugnava tale provvedimento chiedendone l’annullamento per le conseguenti statuizioni conformative.
Con il medesimo ricorso la società in questione chiedeva altresì il risarcimento dei danni subiti sia per i costi sostenuti (pari ad €.88.900,00, circa, per la realizzazione dei siti della rete) che per i mancati introiti (pari ad €.55.631,00), per un ammontare complessivo calcolato in €.150.000,00 (così: in ricorso introduttivo, pag.19), o per una somma maggiore o minore da determinare, oltre rivalutazione monetaria sulla somma calcolata ed interessi maturati e maturandi fino al soddisfo.
Con l’ordinanza n. 873 del 18.11.2016 il TAR adìto rigettava l’istanza cautelare, avendo ritenuto inapplicabile alla fattispecie il procedimento semplificato previsto dall’art. 87 bis del D.lgs.259/2003 (riguardante, ad avviso del predetto giudice, soltanto gli interventi su impianti preesistenti ).
Ma con la successiva ordinanza n. 188 del 24.02.2017 il CGA accoglieva l’appello cautelare e concedeva la sospensione dell’ordinanza demolitoria, seppur ai fini della sollecita fissazione del merito, avendo «considerato che non risulta debitamente valutata l'applicabilità al caso concreto della procedura della S.C.I.A. ai sensi dell'art. 87, comma 3, ult. periodo, del Codice delle comunicazioni elettroniche» .
Non ostante il definitivo accoglimento dell’istanza cautelare - alla quale era seguita la comunicazione della società della propria intenzione di proseguire i lavori - con provvedimento del 13 marzo 2017 il Comune ordinava “l’immediata sospensione dei lavori”.
La società Wish Networks s.r.l. si vedeva pertanto costretta ad impugnare con motivi aggiunti - per elusione del giudicato cautelare - anche questo provvedimento sopraggiunto.
5. Infine, con sentenza n.2371 del 9 ottobre 2017, il TAR di Catania (affermata l’applicabilità della s.c.i.a. alla fattispecie) ha:
- accolto il ricorso principale ed i motivi aggiunti nelle parti veicolanti la domanda di annullamento dei provvedimenti impugnati (che sono stati, dunque, annullati);
- respinto la domanda di risarcimento del danno;
- e condannato il Comune resistente al pagamento delle spese processuali.
6. Con l’appello in esame la Wish Networks s.r.l. ha impugnato la sentenza nella parte in cui ha respinto la domanda risarcitoria.
Ne chiede pertanto la riforma per i motivi indicati nella successiva parte (della presente decisione), dedicata alle questioni di diritto.
Ritualmente costituitasi, l’Amministrazione comunale eccepisce l’irricevibilità, l’inammissibilità e comunque l’infondatezza dell’appello, chiedendone il rigetto con vittoria di spese.
Nel corso del giudizio entrambe le parti hanno insistito per l’accoglimento delle proprie domande e/o eccezioni.
Infine, all’udienza fissata per la discussione conclusiva sul merio dell’appello, la causa è stata posta in decisione.
DIRITTO
7. L’appello è fondato, nei sensi e nei limiti appresso indicati.
7.1. Con il primo mezzo di gravame la società appellante lamenta l’ingiustizia dell’impugnata sentenza per violazione dell’art.112 c.p.c., deducendo che il Giudice di primo grado ha omesso di pronunziare sulla domanda risarcitoria.
7.1.1. L’appellante lamenta che il Giudice di primo grado ha rigettato la predetta domanda limitandosi ad affermare che “la richiesta di risarcimento danni va (… omissis …) rigettata perché il presunto lucro cessante non è stato adeguatamente provato” ;e rileva che tale pericope si risolve in una “mera clausola di stile”, che potrebbe essere utilizzata per qualsiasi fattispecie.
Lamenta, dunque, che “l’utilizzo di tale formula stereotipata in realtà non rappresenta altro che una vera e propria omessa pronuncia sulla domanda risarcitoria …” , il che integra la violazione del “principio di corrispondenza fra chiesto e pronunziato”.
La domanda volta ad ottenere la riforma della sentenza nella parte in cui ha del tutto omesso di pronunziare in merito alla richiesta risarcitoria, merita accoglimento nei sensi e per gli effetti che si passa ad esporre.
Che la doglianza sia fondata, appare oltremodo evidente.
La pericope utilizzata dal Giudice di primo grado è palesemente inidonea - nella sua estrema e petitoria sinteticità - a spiegare le ragioni del rigetto.
Ed è criptica a tal punto da concretizzarsi - al pari di qualsiasi motivazione apparente - in una “omessa pronunzia”.
Dunque, in buona sostanza, in un diniego di giustizia.
E poiché - come affermato pacificamente dal Consiglio di Stato - l’omessa pronunzia su una parte della domanda giudiziale si risolve in un vizio della sentenza e costituisce un tipico errore di diritto per violazione del “principio di corrispondenza fra chiesto e pronunziato” (fissato dall’art.112 del codice di procedura civile), non appare revocabile in dubbio che la doglianza al riguardo dedotta dall’appellante meriti accoglimento;e che sul punto la sentenza debba essere riformata in modo che la lacuna venga colmata.
In tal senso ed entro tali limiti la doglianza merita accoglimento;e con essa l’appello, certamente fondato nella misura e nella parte in cui la veicola.
Ne consegue che la sentenza va riformata nel senso che essa va integrata con l’aggiunta della parte volta a decidere la questione risarcitoria.
Resta da stabilire, a questo punto, quale sia l’organo giurisdizionale funzionalmente competente a decidere, nel merito , in che modo la lacuna in questione debba essere colmata (c.d. “giudizio rescissorio”);se, cioè, a decidere in merito alla spettanza o meno del risarcimento debba essere il giudice di primo grado o, direttamente ‘per saltum’ , il giudice d’appello (cfr., sulla intera questione: