CGARS, sez. I, sentenza 2021-06-01, n. 202100502

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Sul provvedimento

Citazione :
CGARS, sez. I, sentenza 2021-06-01, n. 202100502
Giurisdizione : Consiglio Di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana
Numero : 202100502
Data del deposito : 1 giugno 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 01/06/2021

N. 00502/2021REG.PROV.COLL.

N. 00908/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA

Sezione giurisdizionale

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 908 del 2020, proposto da
Impresa Profeta s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati M M, V C e M C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Regione Sicilia - Assessorato energia e servizi di pubblica utilità - Dipartimento acqua e rifiuti, Regione Siciliana – Dip. Reg. acqua e rifiuti, Regione Siciliana - Soprintendenza per i beni culturali e ambientali di Palermo, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale, domiciliataria ex lege in Palermo, via Valerio Villareale, 6;

Autorità di sistema portuale del Mare di Sicilia Occidentale, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato Maria Gabriella Valenti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Regione Siciliana – Assessorato regionale territorio ambiente della Regione Siciliana, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale, domiciliataria ex lege in Palermo, via Villareale n. 6;

Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale, domiciliataria ex lege in Palermo, via Valerio Villareale, 6;

Comune di Palermo non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Prima) n. 2114/2020, resa tra le parti

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Siciliana – Assessorato regionale territorio e ambiente della Regione Siciliana e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e di Regione Sicilia - Assessorato energia e servizi di pubblica utilità - Dipartimento acqua e rifiuti e di Regione Siciliana – Dip. Reg. acqua e rifiuti e di Regione Siciliana - Soprintendenza per i beni culturali e ambientali di Palermo e di Autorità di sistema portuale del Mare di Sicilia Occidentale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 maggio 2021, tenutasi ex art. 4 del d.l. n. 84 del 2020 e ex art. 25 del d.l. n. 137 del 2020, così come modificato dall'art. 6 del d.l. n. 44/2021, il Cons. Sara Raffaella Molinaro;

Uditi per le parti gli avvocati M M, M C e Maria Gabriella Valenti;

Vista la richiesta di passaggio in decisione senza discussione presentata dall'Avvocatura dello Stato con nota di carattere generale a firma dell’Avvocato distrettuale del 2 febbraio 2021;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO



1. La controversia riguarda il decreto 1.4.2019 n. 295, con cui l'Autorità di sistema portuale del Mare di Sicilia Occidentale ha revocato la concessione demaniale marittima rilasciata il 26.3.2015 e il connesso atto formale suppletivo rilasciato il 6.4.2017 in favore dell'Impresa Profeta s.r.l. (di seguito: “Impresa Profeta”), e ordinato lo sgombero dell'intera area coperta e scoperta oggetto della concessione stessa.



2. Impresa Profeta ha impugnato il decreto davanti al Tar Sicilia – Palermo.



3. Successivamente l'Autorità di sistema portuale del Mare di Sicilia Occidentale, il Comune di Palermo e Marina Villa Igiea s.r.l. hanno stipulato un accordo ex artt. 11 e 15 della legge n. 241/1990 n. 241, sottoscritto il 26.5.2020.



4. Con motivi aggiunti Impresa Profeta ha impugnato detto accordo.



5. Con sentenza 16.10.2020 n. 2114 il Tar ha respinto il ricorso e rinviato la trattazione dei motivi aggiunti.



6. Impresa Profeta ha appellato la sentenza con ricorso n. 908 del 2020.



7. Nel giudizio di appello si sono costituiti l'Autorità di sistema portuale del Mare di Sicilia Occidentale, l’Assessorato regionale territorio e ambiente, il Dipartimento acqua e rifiuti e la Soprintendenza dei beni culturali e ambientali della Regione Siciliana, nonché il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.



8. All’udienza del 26 maggio 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO



9. L’appello non è meritevole di accoglimento.

10. In via pregiudiziale si rileva che l’Amministrazione appellata ha eccepito l’inammissibilità del ricorso introduttivo e dell’appello in conseguenza del fatto che le censure dedotte riguarderebbero il Piano Regolatore Portuale (di seguito: “PRP”), atto ormai inoppugnabile.

Il Collegio, rilevando che l’infondatezza dell’appello esime dallo scrutinare l’eccezione, rileva che l’inoppugnabilità del PRP non rende inammissibile il gravame dell’atto di revoca adottato in conseguenza dell’approvazione del PRP stesso, rilevando piuttosto in punto di fondatezza del medesimo.

10.1. Va premesso che è estraneo al thema decidendum quanto statuito dal Tar Sicilia –Palermo con sentenza 31.3.2021 n. 1033 sui motivi aggiunti di cui ai punti 4 e 5 in fatto (dichiarati inammissibili), non oggetto del ricorso in appello qui in decisione.

11. Con il primo motivo l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza nella parte in cui il Tar ha respinto il primo motivo di ricorso.

In particolare sono articolati tre profili di critica alla pronuncia resa dal giudice di primo grado.

Il prima aspetto riguarda l’effetto prodotto dall’approvazione dell’atto di autorizzazione ambientale in termini di variante allo strumento urbanistico, riguardante l’impianto in concessione dell’appellante. In particolare, ad avviso dell’appellante, l’AIA DDG/DRA n. 496 del 24.6.2014 riguarderebbe l’impianto in concessione, così come il successivo atto di aggiornamento, adottato con DDG/DRA n. 1131 del 27.7.2017. Entrambe, richiamando l’art. 208 del d. lgs. n. 152/2006, costituirebbero variante allo strumento urbanistico.

Il secondo profilo attiene a un’asserita discrepanza fra parte normativa e parte grafica del PRP, che dovrebbe risolversi a favore della prima: la difformità deriverebbe dal fatto che la procedura integrata di VAS-VINCA relativa al PRP ha avuto quale presupposto il rapporto ambientale, il quale menziona l’impianto quale strumento di “ risposta ai fabbisogni di gestione dei rifiuti nel porto di Palermo ” e che tale rilievo sarebbe compreso nella parte normativa del PRP, che quindi contrasterebbe con le tavole del PRP, nelle quali l’area in questione risulta destinata a parcheggio e cantieristica minore. La sentenza sarebbe di conseguenza errata nella parte in cui il Tar, nel ritenere irrilevante il suddetto rapporto ambientale, ha affermato che l’impianto dell’appellante non può essere compreso fra gli impianti portuali ai sensi dell’art. 2 del d. lgs. n. 182/2003.

Infine con un’ultima censura, contenuta nel primo motivo, l’appellante ha riproposto il terzo motivo del ricorso introduttivo, subordinato al primo, con il quale era stata criticata, quale motivo di illegittimità, l’assenza di programmazione in ordine ad altri impianti (alternativi a quello dell’appellante) idonei a svolgere le prestazioni attualmente assicurate da Impresa Profeta.

11.1. Il motivo non è meritevole di accoglimento.

Si premette che l’appellante era titolare di concessione 26.3.2015 avente a oggetto un’area coperta e scoperta della superficie complessiva di mq. 12.967,00 circa, concessa allo scopo di utilizzare e rendere funzionale una parte dell’impianto esistente (serbatoi TK 101-102-103-104-109-201-202-203-204, impianti, vasche, tubazioni, macchinari etc.) già in concessione alla Bonifiche s.r.l. e di rimodernare ed adeguare lo stesso mediante la realizzazione di alcuni interventi di revamping e strutture di facile rimozione e non, destinato allo stoccaggio e trattamento dei fanghi e di oli/rifiuti liquidi.

Nell’art. 3 di detta concessione (di cui al secondo motivo di appello, che sarà scrutinato di seguito) l’appellante ha dichiarato di “ essere a conoscenza del nuovo Piano Regolatore del porto di Palermo, adottato dall’Autorità Portuale ed in fase di approvazione da parte della Regione Siciliana ”, e ha accettato espressamente la facoltà dell’A.P. di “ revocare, ai sensi dell’articolo 42 del codice della navigazione, la presente concessione demaniale ”, con rinuncia ad ogni pretesa risarcitoria (” il concessionario non avrà diritto ad alcun indennizzo e/o risarcimenti di danni ”), impegnandosi, altresì, a lasciare l’area demaniale a semplice richiesta scritta della stessa Autorità.

Il 6 aprile 2017 ha sottoscritto l’atto di proroga della concessione fino al 31 dicembre 2028, con la dichiarata finalità di consentire l’ammortamento degli ingenti investimenti effettuati dall’Impresa Profeta e autorizzati dall’Autorità portuale.

Tale proroga contiene anch’essa la clausola di cui all’art. 3 della concessione originaria, con le conseguenze già dette in punto di (non venire in essere di alcun) affidamento.

Premesso quanto sopra in relazione al rapporto concessorio, gli accadimenti rilevanti ai fini dello scrutinio dei tre profili di censura di cui al motivo in esame sono i seguenti:

- con delibera 19.12.2011 n. 100 l’Autorità portuale di Palermo ha adottato il piano regolatore del porto di Palermo ai sensi dell’art. 5 comma 3 della legge n. 84/1994, previa delibera del Consiglio comunale di Palermo n. 633 del 23.11.2011, avente ad oggetto “ Intesa con l’Autorità Portuale sul nuovo Piano Regolatore Portuale (Legge n. 84/94 - art. 5) ed individuazione aree bersaglio ”, nel quale è prevista la destinazione dell’area a “parcheggio” ed a “cantieristica minore” a supporto della nautica da diporto;

- con D.A. 29.3.2018 n. 107/GAB il Dipartimento regionale dell’ambiente ha espresso parere favorevole motivato sulla procedura integrata V.A.S. – V.Inc.A. “ Porto di Palermo – Piano Regolatore Portuale ” ai sensi dell’art. 16 del d. lgs. n. 152/2006;

- in particolare, il rapporto ambientale menziona l’impianto quale strumento di “ risposta ai fabbisogni di gestione dei rifiuti nel porto di Palermo ” (pag. 422);

- nel parere n. 73 del 28.3.2018 la Commissione tecnica specialistica dell’Assessorato del territorio e dell’ambiente ha espresso il proprio parere considerando il rapporto ambientale di cui sopra (nelle premesse);

- sulla base della suddetta procedura di VAS sarebbe stata formulata la proposta di parere n. 21/S2.1 del 28 maggio 2018 del Dipartimento regionale urbanistica sul nuovo PRP;

- il PRP è stato quindi approvato dell’Assessorato del territorio e dell’ambiente della Regione Siciliana con DDG n. 100 del 30.7.2018;

- a seguito di detta approvazione l’Amministrazione ha comunicato all’Impresa Profeta l’avvio del procedimento di revoca con atto 23.1.2019 n.1162, oltre che in una riunione del 16.1.2019, nella quale, secondo quanto riferito dall’Amministrazione “ veniva discussa la problematica e manifestata la disponibilità dell’Amministrazione a valutare eventuali possibilità di riallocazione dell’attività esercitata anche in altri porti ”;

- l’Impresa Profeta, con nota 2.2.2019 n. 1725, ha presentato le proprie osservazioni;

- esercitando la facoltà di cui al predetto art. 3 della concessione l’Autorità portuale, con decreto 1.4.2019 n. 295, ha revocato la concessione demaniale marittima perfezionata il 26.3.2015 e il connesso atto suppletivo rilasciato il 6.4.2017 in favore dell'Impresa Profeta s.r.l., e ordinato lo sgombero dell'intera area coperta e scoperta oggetto della concessione stessa.

11.2. Così descritti i tratti salienti del fatto, si rileva innanzitutto che l’Impresa Profeta ha impugnato l’atto di revoca e sgombero, non il PRP, con la conseguenza che eventuali violazioni di legge o profili di contraddittorietà, o comunque di eccesso di potere, che lo connotano non possono essere considerati in questa sede.

11.3. In ogni caso, quanto al primo profilo di critica di cui al motivo di appello in esame, si rileva innanzitutto che l’autorizzazione unica di cui all’art. 208 del d. lgs. n. 152/2006 può costituire (“ costituisce, ove occorra ”, così il comma 6) variante allo strumento urbanistico ma nel caso di specie né l’Aia 2014, né l’aggiornamento 2017 fa specifico riferimento alla supposta variante.

La circostanza è rilevante in quanto la norma prevede solo la potenzialità di modifica dello strumento urbanistico (che necessita quindi di trovare concretizzazione), specie considerando che nel caso di specie l’autorizzazione è stata rilasciata nel 2003 alla prima società intestataria del servizio, - alla quale è subentrata, con un passaggio intermedio, l’attuale appellante - e che l’AIA 2014 è stata rilasciata ai sensi dell’art. 5 del d. lgs. n. 59/2005, nel quale non si prevede l’effetto di variante sugli strumenti urbanistici vigenti. A ciò si aggiunge che il provvedimento reca un generico riferimento al fatto che l’AIA sostituisce l’autorizzazione di cui all’art. 208 del d. lgs. n. 152/2006, senza nulla specificare sull’effetto (solo eventuale) sugli strumenti urbanistici, mentre l’aggiornamento riporta l’identica frase contenuta nel comma 6 dell’art. 208 del d. lgs. n. 152/2006.

Si aggiunge che l’AIA 2014 e l’aggiornamento 2017 non recano uno specifico riferimento alla supposta variante e accedono a una concessione avente lo scopo di “ utilizzare e di rendere funzionale una parte dell’impianto esistente ” già in concessione ad altra società e “ di rimodernare ed adeguare lo stesso mediante la realizzazione di alcuni interventi di revamping e strutture di facile rimozione e non, destinato allo stoccaggio e al trattamento di fanghi e di oli/rifiuti liquidi provenienti dalle navi e via terra, nonché di istituire un laboratorio di ricerca sui medesimi rifiuti ” mentre l’art. 208 del d. lgs. n. 152/2006 riguarda i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti.

Lo stesso riferimento al fatto che l’autorizzazione unica sostituisce ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni riguarda gli atti di competenza degli organi regionali, provinciali e comunali, cui si riconnette anche la portata di variante allo strumento urbanistico (comma 6 dell’art. 208 del d. lgs. n. 152/2006), non recando alcun richiamo che possa, dal punto di vista soggettivo, ricomprendere l’Autorità portuale mentre, dal punto di vista oggettivo, al comma 14 si specifica che il controllo e l'autorizzazione delle operazioni di carico, scarico, trasbordo, deposito e maneggio di rifiuti in aree portuali sono disciplinati da altre disposizioni, contenute nella legge n. 84/1994, n. 84 e nel d. lgs. n. 182/2003.

Del resto, la partecipazione dell’Autorità portuale alla conferenza di servizi prodromica al rilascio dell’aggiornamento dell’AIA è stata funzionale, per come emerge dal verbale del 22.12.2015, a rendere edotti i partecipanti dell’avvenuto rilascio della concessione del 2015: non si evince invece la trattazione di alcuna tematica urbanistica intestata a detta Autorità portuale (che non risulta avere partecipato alla seduta della stessa conferenza di servizi del 6.5.2015), così come non si evince dal verbale 12.10.2016.

Né può desumersi l’esistenza della variante dal fatto che la procedura di rilascio dell’AIA è intestata all’ARTA, competente anche ad approvare il PRP: è infatti l’Autorità portuale ad essere portatrice delle competenze necessarie ad adottare il PRP (e le relative varianti).

Quanto al primo profilo di critica di cui al motivo di appello in esame, si osserva altresì che le Autorità portuali adottano, ai sensi dell’art. 5 l. n. 84/1994, un Piano Regolatore Portuale, avente lo scopo di delimitare “ l’assetto complessivo del porto, ivi comprese le aree destinate alla produzione industriale, all’attività cantieristica e alle infrastrutture stradali e ferroviarie ”, delineandone “ le caratteristiche e la destinazione funzionale ”, atteggiandosi a strumento di pianificazione territoriale, per quanto limitato all’area portuale. L’art. 5 comma 2 l. n. 84/1994 ‒ nel prevedere che “ le previsioni del piano regolatore portuale non possono contrastare con gli strumenti urbanistici vigenti ” ‒ presuppone infatti una evidente comunanza funzionale di oggetto tra i due strumenti pianificatori.

La struttura del procedimento prevede che il PRP venga adottato dal comitato portuale “ previa intesa con il comune o i comuni interessati ”, per poi essere inviato per il parere al Consiglio superiore dei lavori pubblici, e da ultimo essere approvato dalla regione.

La complessità contenutistica e strutturale del piano, dovuta alla compresenza di due distinti interessi, quello connesso allo sviluppo del traffico marittimo e quello relativo alle finalità di carattere urbanistico, non rende agevole la sua riconduzione nelle categorie in cui vengono usualmente classificati gli strumenti di pianificazione territoriale, facendone uno strumento di governo del territorio atipico, a metà strada tra un piano urbanistico speciale e un piano di settore (Cons. St., sez. VI, 28.12.2020 n. 8356).

Nei termini in cui il PRP è qualificabile come atto di pianificazione di settore non rientra nell’ambito di applicabilità dell’art. 208 del d. lgs. n. 152/2006, che dispone esclusivamente la portata di variante allo strumento urbanistico: “ la disciplina di cui all'art. 208 del d.lgs. n. 152/2006, che prevede che l'approvazione dell'autorizzazione costituisca, ove occorra, variante allo strumento urbanistico va interpretata in senso stretto e, come tale, non è estensibile a casi diversi rispetto a quelli ivi contemplati ” (Cons. St., sez. IV,11.10.2018, n. 5841).

In ogni caso, anche a ritenere che l’AIA 2014, aggiornata nel 2017, abbia costituito una variante del piano regolatore, il procedimento di perfezionamento del piano regolatore portuale si conclude con l’approvazione regionale e il PRP che viene in evidenza in relazione alla presente controversia è stato approvato dalla Regione Siciliana nel 2018 (quindi successivamente all’AIA e all’aggiornamento della medesima).

Nel PRP del 2018 l’area in questione è destinata in parte a parcheggio e in parte a cantieristica (così dall’atto di revoca impugnato).

11.4. La seconda censura contenuta nel motivo in esame riguarda un’asserita discrepanza fra parte normativa e parte grafica del PRP, derivante (in tesi) dal fatto che la procedura integrata di VAS relativa al PRP ha avuto quale presupposto il rapporto ambientale, il quale menziona l’impianto quale strumento di “ risposta ai fabbisogni di gestione dei rifiuti nel porto di Palermo ” e che tale rilievo sarebbe compreso nella parte normativa del PRP, che (in tesi) contrasterebbe con le tavole del PRP, nelle quali l’area in questione risulta destinata a parcheggio e cantieristica minore.

Il Collegio osserva che, anche a ritenere che detta circostanza comportasse un onere motivazionale specifico in sede di nuova pianificazione, tale censura non è stata dedotta, né, appunto, è stato impugnato il PRP (allo stesso modo è a dirsi con riferimento alla censura volta a evidenziare come sia contraddittorio parlare di riqualificazione di un’area che viene destinata alla cantieristica: l’obbiettivo della censura sarebbe dovuto essere il PRP, non l’atto qui impugnato).

La discrasia fra parte normativa e parte grafica del PRP, oltre a riguardare detto atto ormai inoppugnabile, non sussiste in fatto in quanto, al più, sussiste una contraddizione fra motivazione del provvedimento pianificatorio e pianificazione in esso contenuta.

Nondimeno non si richiede una specifica motivazione in sede di redazione del PRP. Il disegno urbanistico espresso da uno strumento di pianificazione generale, o da una sua variante, costituisce, infatti, estrinsecazione di potere pianificatorio connotato da ampia discrezionalità, che rispecchia non soltanto scelte strettamente inerenti all’organizzazione edilizia del territorio, bensì afferenti anche al più vasto e comprensivo quadro delle possibili opzioni inerenti al suo sviluppo socio-economico: l’onere di motivazione gravante sull’Amministrazione in sede di adozione di strumenti urbanistici è di carattere generale e risulta soddisfatto con l’indicazione dei criteri principali che sorreggono le scelte effettuate, potendo la motivazione desumersi anche dai documenti di accompagnamento all’atto di pianificazione urbanistica e, più in generale, dagli atti del procedimento.

In occasione della formazione di uno strumento urbanistico generale, le decisioni dell’amministrazione riguardo alla destinazione di singole aree non necessitano di apposita motivazione, oltre quella che si può evincere dai criteri generali – di ordine tecnico discrezionale – seguiti nell’impostazione del piano stesso ” (Cons. St., sez. II, 8.1.2020, n. 153).

In tale contesto una contraddizione contenuta nell’argomentazione che precede l’adozione dell’atto non è di per sé decisiva, specie in mancanza di argomentazione circa la rilevanza della medesima sul complessivo atto pianificatorio e in presenza di uno specifico focus sull’aumento della disponibilità di parcheggio di cui al nuovo PRP (parere CTS n. 73 del 28.3.2018), cui è destinata in parte anche l’area qui controversa.

Né potrebbe prevalere un aspetto della motivazione sul contenuto cogente dell’atto: il criterio di prevalenza della parte normativa sulla parte grafica dei piani regolatori (Cons. St. sez. II, 26.8.2019 n. 5876) si riferisce all’effetto dell’atto, nel senso che, se una zona è individuata sulla mappa come di una certa tipologia, tale indicazione recede rispetto alla (eventualmente) diversa descrizione dell’area. La prevalenza non riguarda invece il rapporto fra presupposti indiretti di un atto (nel caso di specie la VAS, che nel rapporto ambientale richiama l’impianto dell’appellante, quale atto prodromico del PRP) ed effetto cogente del medesimo.

11.5. Neppure rileva, nella prospettiva della domanda di annullamento dell’atto di revoca, la circostanza che l’impianto dell’appellante sia o meno da annoverare fra gli impianti portuali ai sensi del d. lgs. n. 182/2003, atteso che la circostanza avrebbe al più potuto assumere rilevanza in sede di approvazione, e di impugnazione, del PRP (ma detto atto non è stato impugnato nell’ambito del presente giudizio), e solo in via derivata in questo giudizio, e comunque “ il PRP non prevede azioni relative alla gestione dei rifiuti, esistendo un piano specifico per tale tematica ambientale al quale dovrà farsi riferimento ” (pag. 105 del rapporto ambientale).

Si rileva in ogni caso che, ai sensi dell’art. 1 del d. lgs. n. 182/2003, la nozione di impianto portuale è riferibile a “ qualsiasi struttura fissa galleggiante o mobile all’interno del porto dove, prima del loro avvio a recupero o allo smaltimento, possono essere conferiti i rifiuti provenienti dalle navi ed i residui del carico ” mentre l’art. 2 dell’atto di concessione stabilisce che l’Impresa Profeta non può ritirare direttamente dalle navi ormeggiate nel porto di Palermo, fino alla naturale scadenza dei rispettivi contratti di affidamento, né gli RSU e assimilati, né rifiuti speciali né rifiuti alimentari provenienti da paesi extra Schengen, attività affidate ad altre ditte.

D’altro canto è lo stesso d. lgs. n. 182/2003, richiamato dall’appellante, a prevedere che il porto sia dotato di impianti e di servizi portuali di raccolta dei rifiuti prodotti dalle navi e dei residui del carico adeguati in attuazione del Piano di raccolta e piano di gestione dei rifiuti (artt. 4 e 5), così come anche la direttiva 2000/59/CE (art. 5) e la successiva direttiva.

E’ quindi a tale ultimo piano che deve essere riferita la necessità di organizzare la raccolta dei rifiuti prodotti dalle navi, non al PRP (e tantomeno alla revoca disposta in relazione all’approvazione del PRP).

Il piano dei rifiuti del 2007 (vigente all’epoca della revoca) comprende sì l’impianto di trattamento di acque di sentina fra quelli “ attualmente operanti ” (art. 4) ma, nel descrivere l’impianto qui controverso, specifica che esso non è “ mai entrato in servizio ” (art. 5), con la conseguenza che non può desumersi dal richiamo a detto impianto contenuto nel piano rifiuti una sorta di indispensabilità del medesimo.

Quanto sopra rende priva di supporto fattuale anche la censura relativa alla mancanza di impianti alternativi.

A tale ultimo riguardo si aggiunge inoltre che la scelta della localizzazione delle attività nell’area portuale è stata compiuta dall’Autorità preposta con l’adozione del PRP: non può quindi essere motivo di doglianza dell’atto di revoca la scelta già compiuta, e ormai inoppugnabile, in sede pianificatoria.

Neppure risulta dirimente la circostanza che nel verbale della conferenza di servizi per la redazione dell’ approvando piano dei rifiuti, svoltasi il 16.12.2015, l’impianto qui controverso venga menzionato (così come nella nota 3.3.2016 n. 9685), atteso che quel piano è comunque in itinere e che, in termini generali, la pianificazione di un settore è da considerare nella sua complessità, che non viene compromessa dalla presenza di qualche contraddizione interna, specie in mancanza di prova in ordine alla rilevanza sistemica di detta contraddizione.

Non può quindi inferirsi dall’asserita mancanza, negli atti pianificatori (qui non impugnati), di impianti alternativi l’illegittimità dell’atto di revoca in quanto posto in essere in seguito, e a causa, all’approvazione del PRP.

11.6. Il motivo di appello pertanto non può essere accolto.

12. Con ulteriore motivo l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza nella parte in cui il Tar ha ritenuto infondata l’ultima censura contenuta nel primo motivo del ricorso introduttivo, riguardante l’asserita nullità della clausola per genericità e indeterminabilità, avente ad oggetto la facoltà (esercitata con l’atto impugnato) di revoca dell’Autorità portuale in ragione dell’approvazione del PRP, nonché la violazione del principio di buona fede e la nullità per mancata previsione di indennizzo e risarcimento del danno.

12.1. Il motivo non è meritevole di accoglimento.

Con la clausola di cui all’art. 3 della concessione perfezionata nel 2015 l’appellante ha dichiarato di “ essere a conoscenza del nuovo Piano Regolatore del porto di Palermo, adottato dall’Autorità Portuale ed in fase di approvazione da parte della Regione Siciliana ”, e ha accettato espressamente la facoltà dell’Autorità portuale di “ revocare, ai sensi dell’articolo 42 del codice della navigazione, la presente concessione demaniale ”, con rinuncia ad ogni pretesa risarcitoria (” il concessionario non avrà diritto ad alcun indennizzo e/o risarcimenti di danni ”), impegnandosi, altresì, a lasciare l’area demaniale a semplice richiesta scritta della stessa Autorità.

La clausola contiene un impegno precisato nell’ an , anche se non nel quando e nel quomodo , atteso che questi due ultimi elementi sono rimessi, nella logica della clausola, alle esigenze dell’Amministrazione, nel momento in cui essa ritenga, ad nutum , di manifestarle. Dato che la clausola contiene una facoltà di revoca ad nutum , non era necessario specificare quando e quomodo.

L’Amministrazione ha avvertito il concessionario che l’approvazione del piano era in itinere , e che pertanto essa avrebbe potuto in qualsiasi momento revocare la concessione, così evitando di creare nella controparte un affidamento al permanere della situazione quo ante .

La clausola, per come formulata, assume la valenza di una facoltà di revoca ad nutum con effetti non retroattivi per volontà delle parti (art. 1360 c.c.), in quanto la revoca non si riverbera sul tratto del rapporto pattizio che si è già consumato.

Il contenuto della clausola può esplicitarsi proprio nel preavviso, dato alla società nel rispetto del canone della buona fede, di un possibile e futuro mutamento delle prescrizioni pianificatorie riguardanti l’area portuale, così da porre la concessionaria nelle condizioni di potersi organizzare senza confidare sul necessario protrarsi della concessione fino alla scadenza, inizialmente fissata al 31.12.2021.

Né l’Amministrazione avrebbe potuto essere più precisa, attesa la competenza di altro ente al perfezionamento dell’ iter di approvazione del PRP: la circostanza che la clausola non contenga un termine certo non è quindi di per sé causa di nullità, considerato anche che la concessione ha essa stessa un termine finale, così non ricadendo nel novero degli impegni a tempo indeterminato stigmatizzati nei termini di cui al principio espresso nell’art. 1569 c.c.

All’Amministrazione non può pertanto essere rimproverato né di avere inserito la clausola, né di essersi servita della facoltà ivi prevista: né l’inserimento, infatti, può essere ascritto ad un abuso di posizione dominante, né il suo esercizio a un abuso di potere con violazione del principio di buona fede.

Quanto al primo aspetto la doverosità dell’azione pubblica e il principio di competenza determinano la soggezione della stessa Autorità portuale alla doverosità dell’ iter di approvazione del PRP, con la conseguenza che l’apposizione della clausola non costituisce una modalità di strumentalizzazione della propria posizione al solo fine di mantenerla ma risponde invece alla consapevolezza di soggiacere all’attività altrui, rendendo partecipe il concessionario del possibile ricorrere di detta condizione e degli effetti dell’avverarsi della medesima nella sfera giuridica di quest’ultima.

Né l’esercizio della revoca configura un’ipotesi di abuso del diritto, considerato che l’Amministrazione ha esercitato la medesima al fine di adempiere alla doverosa attuazione del piano e quindi non con il solo scopo di ledere la posizione dell’appellante e comunque preavvertendo quest’ultimo: è stato quindi posto in essere nel rispetto del canone della buona fede (Cass. civ., sez. III, 18.9.2009 n. 20106), così come richiamato anche dall’art. 1 comma 2- bis della legge n. 241/1990.

Neppure è nulla la clausola che prevede la revoca della concessione in ragione del fatto che alla previsione della facoltà di revoca si accompagna la precisazione che nulla è dovuto a titolo di indennizzo e risarcimento.

La corresponsione dell’indennizzo e/o del risarcimento del danno non è infatti oggetto della presente controversia e, anche a ritenere invalida detta previsione, essa non si riflette sull’intera clausola di cui all’art. 3 della concessione in ragione del disposto dell’art. 1419 c.c. e del generale principio della conservazione degli atti giuridici.

Detto ciò con riferimento alla concessione del 2015, il 6 aprile 2017 è stato sottoscritto l’atto di proroga della concessione fino al 31 dicembre 2028, con la dichiarata finalità di consentire l’ammortamento degli ingenti investimenti effettuati dall’Impresa Profeta e autorizzati dall’Autorità portuale.

Tale proroga contiene anch’essa la clausola di cui all’art. 3 della concessione originaria, con le conseguenze già dette in punto di (non venire in essere di alcun) affidamento.

Né tale affidamento può trovare ragion d’essere nella circostanza che detta proroga sia stata perfezionata nel 2017, e faccia menzione degli investimenti effettuati, con efficacia fino al 2028.

Innanzitutto la gestione finanziaria dell’impresa afferisce al rischio tipico dell’attività imprenditoriale e non può essere riversata sul soggetto pubblico che si limita a concedere l’immobile sul quale insiste l’azienda.

Le sovvenzioni sono state poi ottenute dall’appellante in vista della prima concessione, quella del 2015. In particolare, nel ricorso in appello, sono richiamati la sovvenzione parzialmente rimborsabile pari a € 2.245.500,00 concessa con decreto del Ministro dello sviluppo economico 29.7.2013 n. 182, da rimborsare in quattordici rate semestrali (per un totale di sette anni, pari alla durata della concessione originaria), e il finanziamento sino all’importo di € 2.200.000,00, concesso con provvedimento 27.1.2015 dall’Irfis – FinSicilia s.p.a.

La società avrebbe dovuto programmare gli investimenti resi possibili da dette sovvenzioni facendo affidamento sulla sola concessione del 2015, senza potersi basare sul prolungamento di efficacia (di cui non poteva avere certezza, anche in ragione dell’art. 3 sopra esaminato), e rispetto ai quali, quindi, si è assunta la responsabilità di ammortizzarli nei termini originariamente previsti.

Atteso che la proroga non costituisce un atto dovuto, con essa l’Amministrazione ha consentito di posticipare il termine di detto ammortamento, pur preavvertendola circa le conseguenze derivanti dall’approvazione del PRP. A tal atto non può quindi essere ricondotta una connotazione lesiva della posizione dell’appellante (per non avere considerato che la tempistica di ammortamento non era compatibile con la facoltà di revoca

L’Amministrazione pertanto risulta avere tenuto una condotta trasparente e idonea a mettere la concessionaria in parte degli eventi che sarebbero potuti accadere e comportare conseguenze nella sfera giuridica di quest’ultima.

12.2. Il motivo non è pertanto meritevole di accoglimento.

13. Con ulteriore motivo l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza nella parte in cui il Tar ha respinto il motivo del ricorso introduttivo volto a sottolineare come la sopra scrutinata clausola rebus sic stantibus ancorasse la revoca non all’approvazione del PRP ma all’attuazione del medesimo, che non sarebbe stata ancora avviata.

13.1. Il motivo non è meritevole di accoglimento.

La facoltà di revoca è stata strutturata come facoltà esercitabile ad nutum dato che il PRP era in corso di approvazione.

E’ vero che nell’art. 3 della concessione si prevede la possibilità di revocare la concessione “ per l’attuazione delle previsioni del citato p.r.p. ”, ma tale espressione contiene un elemento finalistico e non anche un elemento temporale.

Essendo la facoltà di revoca ad nutum, la stessa non era delimitata da alcun dies a quo che ne condizionasse l’esercizio.

L’inciso in questione intende solo chiarire quali sono le finalità per cui è stata introdotta la facoltà di revoca.

Non è affatto necessario che la revoca sia preceduta dalla adozione di misure attuative del piano e nemmeno dalla previa puntuale programmazione di esse.

E d’altro canto, nell’ordine logico delle attività dell’Amministrazione, è l’adozione delle misure attuative del PRP e della relativa tempistica ad esigere che l’Amministrazione abbia un previo quadro chiaro delle aree libere e che pertanto le aree su cui intervenire siano con certezza libere. Per cui contrasterebbe con tale logica di pianificazione pubblica che prima si adottino le misure attuative del piano e poi si chieda lo sgombero delle aree necessarie per porle in essere.

Posto, dunque, che l’Amministrazione non può dare esecuzione alle intenzioni pianificatorie prima di avere riottenuto la disponibilità dell’area, correttamente nel caso di specie l’Amministrazione, dopo l’approvazione del piano, ha esercitato la facoltà di revoca.

La considerazione che “ nel Piano operativo triennale 2019-2021, approvato con delibera n. 15 del 30.10.2018, non si rinviene il riferimento alla realizzazione di alcuna opera nella zona della Diga Acquasanta, meno che mai di opere coerenti alla nuova destinazione impressa dal PRP ” contiene, da un lato, l’ammissione che l’attuale destinazione dell’area concessa non è compatibile con la pianificazione della medesima contenuta nel PRP (peraltro neppure il POT è stato impugnato).

Dall’altro lato, essa non è di per sé sola atta a rendere illegittima la revoca, dal momento che la destinazione a infrastruttura di mobilità (parcheggio) e in parte all’area funzionale dedicata alla cantieristica non necessariamente comporta la realizzazione di opere rilevanti, pur richiedendo il rispetto della destinazione impressa.

E in ogni caso la facoltà di revoca di cui all’art. 3 della concessione non è ancorata ad una specifica (e diversa) destinazione dell’area in concessione all’appellante ma è priva di limite temporale e sul piano finalistico è legata genericamente all’esigenza di attuazione del PRP complessivamente inteso (al fine dell’intera e sistematica attuazione del medesimo). Ciò risponde a un dato di razionalità amministrativa: la potestà pianificatoria richiede, infatti, di essere (doverosamente) attuata nel rispetto della destinazione delle singole aree sulle quali è stata esercitata allo scopo di realizzare un rinnovato assetto complessivo della medesima che tenga conto dei vari profili che la connotano, rispondenti anche all’interesse urbanistico e ambientale, che presuppone l’inserimento delle singole realtà in un tutto complessivo e armonioso, che risulterebbe compromesso dalla continua ricerca di motivi (non giustificati) per escludere delle parti dalla destinazione ricevuta.

Non può quindi essere attribuita importanza redimente alla circostanza, allegata dall’appellante, circa il mancato avvio dell’attuazione del PRP, risultando così recessive anche le critiche relative al progetto di riqualificazione della Borgata Acquasanta, non incompatibili rispetto all’attuale destinazione dell’area e quindi (in tesi) attuabili pur nella perdurante vigenza della concessione all’appellante: l’evento che rende esercitabile il potere di revoca è infatti costituito, per le ragioni sopra addotte, dall’approvazione del PRP, mentre l’attuazione del medesimo ne specifica la ratio complessivamente intesa, non il momento di esercizio della facoltà.

13.2. Ne deriva che la censura non è meritevole di accoglimento, con la conseguente infondatezza dell’intero primo motivo di appello.

14. A seguire l’appellante ripropone il motivo del ricorso introduttivo, non esaminato dal Tar, riguardante la mancanza del presupposto costituito dal “ verbale di sopralluogo, contestazione e operazioni compiute, trasmesso dall’ARPA con nota Adps n° 3478 del 13 marzo 2019 considerata la rilevanza delle contestazioni ivi contenute in merito al mancato rispetto delle prescrizioni contenute nell’Autorizzazione AIA D.D.G. 496 del 24 giugno 2014 e successiva integrazione ” e l’omesso rispetto, in relazione a detto presupposto, delle regole che governano l’istituto dell’autotutela (partecipazione procedimentale, affidamento e canone della proporzionalità).

14.1. Il motivo risulta assorbito dallo scrutinio dei motivi di ricorso volti a censurare la revoca impugnata in quanto esercizio della facoltà di cui all’art. 3 della concessione, ragione da sola sufficiente a sostenere la legittimità del provvedimento impugnato. Quest’ultimo infatti costituisce un atto plurimotivato, come si evince anche dal fatto che l’Amministrazione, pur facendo riferimento al verbale di sopralluogo, ne prende atto specificando che lo fa al fine di “ rafforzare le motivazioni della presente revoca ”.

15. Con ulteriore motivo l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza nella parte in cui il Tar ha respinto l’ultimo motivo del ricorso introduttivo, volto a criticare l’esiguo termine di 120 giorni concesso per lo sgombero.

15.1. Allo stato non vi sono ragioni sufficienti per accogliere il motivo, fatte salve gli eventuali provvedimenti che l’Amministrazione vorrà assumere.

Da un lato le affermazioni, di contenuto tecnico, relative alle attività necessarie per lo sgombero non trovano un supporto motivazionale adeguato, né sono comprovate. Ciò considerando, da un lato, che la concessione del 2015 è stata rilasciata con lo scopo di utilizzare e di rendere funzionale una parte dell’impianto esistente e di rimodernare ed adeguare lo stesso mediante la realizzazione di alcuni interventi con “strutture di facile rimozione e non” e, dall’altro lato, che controparte ha rilevato il carattere amovibile delle strutture che insistono sull’area demaniale.

Risulta poi generica l’affermazione, recata in calce all’elenco delle incombenze da compiere al fine di sgomberare l’area, circa il fatto che “ è evidente l’irrazionalità del termine di 120 giorni per il rilascio dell’area ”, che questo Giudice non può apprezzare in mancanza di un compendio tecnico adeguato.

Dall’altro lato, l’atto di revoca è divenuto efficace con la notifica del 6.4.2019. Gli effetti sono stati sospesi per un periodo limitato, con la conseguenza che i 120 giorni sono decorsi e comunque è decorso un tempo piuttosto prolungato per poter provvedere all’organizzazione dello sgombero.

16. In conclusione, l’appello deve essere respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

Le spese seguono la soccombenza, con la conseguenza che Impresa Profeta è tenuta al rimborso delle spese di lite, che si liquidano in dispositivo, a favore dell’Autorità di sistema portuale del Mare di Sicilia Occidentale e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

Sono compensate le spese dell’Assessorato regionale territorio e ambiente, del Dipartimento acqua e rifiuti e della Soprintendenza dei beni culturali e ambientali della Regione Siciliana.

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