CGARS, sez. I, sentenza 2021-04-30, n. 202100388

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
CGARS, sez. I, sentenza 2021-04-30, n. 202100388
Giurisdizione : Consiglio Di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana
Numero : 202100388
Data del deposito : 30 aprile 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 30/04/2021

N. 00388/2021REG.PROV.COLL.

N. 00821/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA

Sezione giurisdizionale

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 821 del 2017, proposto da G L S, rappresentato e difeso dall'avv. G R, con domicilio digitale come da pec da Registri di giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Palermo, via Guglielmo Oberdan, n. 5;

contro

- Assessorato regionale dei beni culturali, ambientali e della pubblica istruzione, Soprintendenza dei beni culturali e ambientali di Palermo, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, domiciliataria ex lege in Palermo, via Villareale, n. 6;

- Comune di Palermo, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avv. V C, con domicilio eletto presso gli uffici dell’avvocatura comunale in Palermo, piazza Marina, n. 39;

per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Prima) n. 746/2017 del 16 marzo 2017

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Palermo e dell’Assessorato regionale dei beni culturali, ambientali e della pubblica istruzione e della Soprintendenza beni culturali e ambientali di Palermo;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza di smaltimento del giorno 16 marzo 2021, svoltasi con collegamento da remoto, il consigliere Giovanni Ardizzone;

Nessuno è presente per l’appellante e vista la richiesta di passaggio in decisione senza discussione presentata dall'Avvocatura dello Stato con nota di carattere generale a firma dell’Avvocato distrettuale del 2 febbraio 2021;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. È stata appellata la sentenza, in epigrafe indicata, con la quale il T.a.r. ha respinto il ricorso R.G. 1844/2007, proposto dall’odierno appellante per l’esecuzione del giudicato formatosi sulla sentenza del T.a.r. Sicilia – Palermo, sez. I, n. 544 del 16 febbraio 2007;

quanto al primo dei motivi aggiunti:

per l’annullamento del provvedimento della soprintendenza dei beni culturali e ambientali di Palermo prot. n. 3596 del 9 ottobre 2007, con cui è stato espresso parere contrario sull’istanza di condono edilizio;

e per il risarcimento del danno subito per effetto della mancata conclusione del procedimento finalizzato al rilascio del condono edilizio;

quanto al secondo ricorso per motivi aggiunti:

del diniego della concessione in sanatoria n. 42 del 5 novembre 2013, notificato il giorno 20 successivo.



1.1. L’odierno appellante con il ricorso originario, premettendo di essere proprietario di un immobile ubicato in Palermo, via Nave n. 5, rientrante all’interno di un fondo sottoposto in parte a vincolo diretto e in parte a vincolo indiretto, aveva lamentato che la Soprintendenza per i beni culturali e ambientali, cui si era rivolta per chiedere il parere relativamente a due istanze di condono (prot. n. 16891 e n. 16892 del 20 aprile 2004), con provvedimento prot. n. 3692/A del 31 ottobre 2005, aveva ordinato al riduzione in pristino dello stato dei luoghi ritenendo che l’immobile ricadesse in zona di rispetto, ex art. 21 della l. n. 1089/1939, del “Castello Uscibene” sottoposto a vincolo e che le opere abusive non fossero suscettibili di sanatoria. Tale provvedimento veniva impugnato innanzi al T.a.r. che, con sentenza n. 544 del 16 febbraio 2007, lo annullava atteso che «l’immobile è stato erroneamente ritenuto non suscettibile di sanatoria (con conseguente adozione dell’ordine di ripristino) a causa dell’illegittima applicazione alla particella in questione del vincolo di inedificabilità assoluta». Il Comune di Palermo, che con nota prot. n. 4839/2006 aveva comunicato l’avvio del procedimento di rigetto delle istanze di condono edilizio, successivamente, in esecuzione della citata sentenza, con nota prot. n. 240186 del 10 aprile 2007, aveva revocato il diniego delle istanze di condono.

L’originario ricorrente, ritenendo che la sentenza n. 544/2007 fosse rimasta ineseguita, previa richiesta alla Soprintendenza di riesame delle istanze, si rivolgeva nuovamente al T.a.r. lamentando la «violazione ed elusione del giudicato […]». Nel corso del giudizio la Soprintendenza produceva un nuovo provvedimento (prot. n. 3596 del 9 ottobre 2007) con cui era stato espresso parere contrario sulla domanda di condono in applicazione dell’art. 160 del d.lgs. n. 42 del 2004 in quanto «le predette opere sono abusive […] e per entità e caratteristiche tipologiche modificano l’ambiente esistente e non si armonizzano con il complesso monumentale del Castello dell’Uscibene, nella cui zona di rispetto ricadono». Provvedimento che veniva impugnato con il primo ricorso per motivi aggiunti i) «per elusione del giudicato nascente dalla sentenza n. 544/2007 […] eccesso di potere» sotto diversi profili;
ii) «violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del decreto dell’Assessore regionale ai beni culturali e ambientali n. 2160 del 22 luglio 1991;
dell’art. 21 della legge 1° giugno 1939, n. 1089;
dell’art. 160 del d. lgs. 22 gennaio 2004 n. 42;
eccesso di potere sotto i profili […]»;
iii) «violazione e falsa applicazione dell’art. 7 l. n. 241/1990;
eccesso di potere […] per travisamento dei fatti;
mancanza ed erroneità dei presupposti».
Chiedeva, altresì, il risarcimento del danno per la mancata conclusione del procedimento di rilascio del condono edilizio. Con un secondo ricorso per motivi aggiunti l’originario ricorrente ha impugnato il provvedimento del Comune di Palermo prot. n. 42 del 5 novembre 2013, con cui l’Amministrazione, richiamando il parere negativo della Soprintendenza, aveva rigettato l’istanza di condono, affidando il ricorso a vari motivi: elusione del giudicato nascente dalla sentenza n. 544/2007 per diversi profili;
violazione dell’art. 3 del decreto dell’Assessore regionale dei beni culturali e ambientali n. 2160 del 22 luglio 1991;
l’eccesso di potere sotto diversi profili.



1.2. Le Amministrazioni resistenti si sono costituite nel giudizio di primo grado.



2. Il T.a.r., con sentenza non definitiva n. 1310 del 27 maggio 2016, ha dichiarato l’improcedibilità del ricorso introduttivo per sopravvenuta carenza di interesse in quanto la contestata inerzia era stata superata dal sopravvenuto provvedimento negativo e ha disposto incombenti istruttori.



2.1. Con l’impugnata sentenza n. 746/2017, il Giudice di prime cure ha ritenuto infondate le censure avverso: i) il parere contrario della Soprintendenza sulla richiesta di sanatoria;
ii) il diniego di sanatoria adottato dal Comune, motivato sia con riferimento al citato parere negativo della Soprintendenza sia «all’asserita insanabilità, in base al P.R.G., delle opere realizzate su beni vincolati». Nell’impugnata sentenza viene evidenziato che sono infondate le censure che si basano sulla violazione della sentenza n. 544/2007 poiché «a seguito di un giudicato di annullamento, l’Amministrazione torna ad essere pienamente titolare del proprio potere di valutazione discrezionale […] nella specie la sentenza n. 544 del 2007 aveva fatto salvi gli ulteriori provvedimenti della Soprintendenza la quale, riesaminata funditus l’istanza di sanatoria, è pervenuta all’adozione di una determinazione che non si pone in contrasto con il giudicato amministrativo e va esaminata nel merito». Nel merito il T.a.r., anche sulla base dell’attività istruttoria espletata, ha ritenuto che vi sono opere abusive realizzate «anche nella particella n. 53 (adesso 1762), per la quale vige il divieto assoluto di edificazione» ed ha individuato le cosiddette “opere isolate abusivamente realizzate”: «un edificio ad un piano, un locale cucina con tetto a falde, un portico realizzato in legno con copertura a falde una piccola struttura in muratura destinata a canile, un piccolo locale in cemento armato, per le quali è stata disposta la rimessione in pristino». Ritiene, altresì, inammissibile il terzo motivo del primo ricorso per motivi aggiunti avendo il ricorrente aveva avuto conoscenza del decreto assessoriale n. 2160 /1991 «quantomeno alla data del ricorso definito con la sentenza n. 544/2007, ma non è stato impugnato nei successivi 60 giorni […]». La domanda di risarcimento del danno è stata ritenuta infondata e inammissibile per genericità. Il T.a.r., infine, ha ritenuto infondati anche i secondi motivi aggiunti aventi ad oggetto il diniego di condono adottato dall’Amministrazione comunale «in quanto contenenti censure identiche a quelle già esaminate».

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi